8 novembre 2024

Quante cose potremmo copiare da Varsavia. Cronache di un viaggio
















Inizio a descrivere l’esperienza del mio ultimo viaggio a Varsavia partendo proprio dal rientro a Roma. Lo shock che più o meno tutti abbiamo sperimentato tornando nella nostra amata capitale dopo un viaggio all’estero (ma in realtà basta scegliere una qualsiasi meta fuori dal G.R.A.), anche questa volta si è manifestato senza pietà: dopo un viaggio, ti si palesa più feroce che mai una città piena di graffiti che i figli di buona famiglia, griffati dalla testa ai piedi, lasciano ormai anche di giorno su ogni muro; cassonetti sgangherati con gli immancabili sacchetti attaccati al gancio di presa ; raccoglitori di abiti usati aperti e con vestiti disseminati ovunque ; giardini pieni di bottiglie e giaciglio notturno di disperati ; tram di oltre 60 anni ; sopraelevate, infrastrutture, condomini, rimasti esattamente come nei film comici di Fantozzi. Una città non solo ferma in tutto ciò che è innovazione, dove per realizzare uno straccio di progetto passano decenni, ma in rapido declino su tutto ciò che è stato realizzato negli anni a causa di una manutenzione completamente assente.

 

Torniamo quindi a parlare di Varsavia. E’ una meta probabilmente non frequentatissima, forse anche per via di quel preconcetto completamente sballato che molti italiani hanno ancora in testa e che la associa allo stereotipo delle ex città sovietiche viste magari nei film di Kieślowski, fatte di grigi palazzoni, Fiat 126, vecchie fabbriche e così via con gli stereotipi.

 

Bene, chi ha superato le ritrosie e ha deciso di ficcarci il naso si è trovato di fronte un gioiello di metropoli, per tantissimi -o tutti- gli aspetti decisamente più avanti di Roma: convogli del tram nuovissimi e tecnologici, tempi di attesa minimi per tram e bus (in 4 giorni non mi è capitato di dover attendere alla fermata più di 3-4 minuti), due linee della metropolitana scintillanti di pulizia e dal design attualissimo, marciapiedi larghi -tutti, ma proprio tutti, fatti di basaltina, non si sognano minimamente di usare l’asfalto, ciclabili presenti ovunque e segnalate benissimo, parchi pubblici immacolati, raccolta porta a porta (non c’è ombra di cassonetti e naturalmente di immondizia in giro).

 

Dal punto di vista urbanistico e architettonico, Varsavia è poi un concentrato di novità e sperimentazioni: lungo il fiume Vistola hanno ad esempio creato dei suggestivi parchi lineari, con tanto di amache, zone relax, aiuole fiorite. E lì è stato realizzato il museo scientifico/planetario Nauki Kopernik nonché un importante intervento di riconversione della centrale elettrica Elektrownia Powiśle, dove i locali dell'ex edificio industriale sono stati rivitalizzati e trasformati in strutture culturali, di servizio, uffici e residenze aggiudicandosi importanti riconoscimenti internazionali. Quello che da noi nella migliore delle ipotesi verrebbe chiamata “speculazione” e nella peggiore farebbe la fine dell’area degli ex Mercati generali ad Ostiense.

Tornando ai mitologici palazzoni grigi ex sovietici, questi ovviamente in grandissima parte ci sono ancora, ma sono stati gradualmente e saggiamente riqualificati con interventi radicali, lavorando sulle facciate, sui balconi, sulle aree comuni: non sono opere d’arte, ma certamente sono accettabilissimi e in linea con la media delle altre città occidentali.

 

Insomma, Varsavia è una città dalla quale i nostri amministratori potrebbero prendere tanti spunti, anche solo copiandone l’energia, la capacità organizzativa e di richiamo dei capitali privati.

 

Ah, anticipando i commenti “ma Varsavia è grande come un quartiere de Roma”, sollevo dalla fatica di cercare su Wikipedia: “Varsavia è la città più grande della Polonia in termini di popolazione con 1.764.615 residenti registrati nel 2017 e la sua area metropolitana di circa 3.100.844 abitanti. Si classifica al decimo posto delle città più popolose dell'Unione europea”. Rimangono poche scuse. Pochissime. 

 

ANDREA