Ultimo
scatolone sigillato.
Valigie
pronte, casa ormai praticamente vuota.
Conto
e riconto la lista delle scatole da far salire sul camion, controllo
che non sia rimasto fuori niente, mi preoccupo ancora di sollecitare
gentilmente ACEA nell’inviarmi i moduli per la voltura del gas:
l’ho chiesto da 15 giorni, ad ora non ho avuto risposta.
Sarà
il periodo di iper-lavoro, o sarà che - tendenzialmente - poco
gliene frega.
Lascio
un bellissimo appartamento in un quartiere una volta bellissimo, ora
ridotto in stile Beirut post-bombardamento: i marciapiedi sono
inagibili, le lamiere impediscono di percorrere quelle - poche -
parti ancora calpestabili.
Ufficialmente
il maxi-quartiere si chiama Gianicolense, ma tutti gli abitanti lo
chiamano “Monteverde”.
L’origine
del nome sembra provenire dalle vecchie cave di tufo verde che, ormai
oltre un secolo fa, avranno sicuramente dato un bel colore naturale
alle collinette che compongono la zona.
Ora,
di verde credo ci siano solo le tasche di chi si svena per acquistare
un appartamento in questa zona: i prezzi sono da mazzata secca, in
certe parti (nella zona dei famosi ‘villini’, oppure nella parte
vecchia verso via Alessandro Poerio) sfondano gli oltre € 4.000 a
metro quadrato.
Per
carità, la zona è storica, residenziale e tranquilla: forse troppo
tranquilla, visto che non ci passa la metro e che l’unico vero
mezzo per non morire isolati è il tram numero 8 o (ma secondo alcuni
sembrerebbe trattarsi di una creatura mitologica) il famigerato bus
H.
Se
non ci fosse il tram, una zona popolata da circa 150.000 residenti
sarebbe praticamente isolata non solo dal centro, ma pure anche dalla
semplice stazione di Trastevere.
Forse
è per questo che ogni famiglia ha in media tre automobili, che
ovviamente parcheggia perennemente sulla strada: i box, i posti auto
ed i garage ci sarebbero - non molti, ma ci sono - ma perché
spendere € 100 al mese quando puoi trovare posto sul marciapiede,
magari dopo aver girato 135 volte attorno al tuo isolato e perso 40
minuti della tua giornata?
L’importanza
di parcheggiare ‘a maghina
A
Monteverde, ma in tutta Roma in generale direi, ci sono auto che
stanno ferme nello stesso punto per settimane, se non mesi: magari
solo la terza o quarta auto della famiglia e, finché nessuno si
deciderà di mettere finalmente una zona blu a pagamento
(rigorosamente DA PAGARE anche per i residenti), tali vetture
rimarranno a soffocare il quartiere per sempre.
Nei
circa dieci anni che ho vissuto a Monteverde, mi sono slogato due
volte le caviglie cadendo (letteralmente) in due crateri scavati in
marciapiedi che neppure Bagdad durante pesante bombardamento
combinato anglo-americano.
C’era
un ragazzino qui nella zona pregiata dei ‘Villini’, lo
conoscevano tutti: purtroppo, era un povero sfortunato tetraplegico.
Non
solo al padre i bastardi occupavano abusivamente il posto invalidi
faticosamente ottenuto in concessione, ma per far uscire il povero
infelice e portarlo anche solo al pacchetto di Largo Ravizza era ogni
giorno un’avventura.
Tra
macchine parcheggiate in doppia o tripla fila, marciapiedi totalmente
impercorribili anche per un normodotato di gambe, merde di cane che
Arale si troverebbe nel suo paradiso ideale, il povero genitore, già
in sofferenza per il proprio figliolo, doveva fare la gincana e la
corsa agli ostacoli ogni santo giorno, ovviamente ripiegando poi
quasi sempre per transitare - pericolosamente ma obbligatoriamente -
sulla carreggiata, spingendo la carrozzella del ragazzo.
Ogni
volta che vedevo quel poveraccio tentare anche solo di uscire dal
portone - con un cazzo di SUV a sbarragli la trada di fronte, oppure
un’altra cazzo di Smart di merda messa per traverso - mi saliva una
rabbia generalizzata non solo verso i residenti, ma verso chi
permetteva loro di UMILIARE così tanto un essere umano, già
peraltro umiliato dalla sorte avversa.
L’amministrazione
capace per gente capace
Monteverde,
così come Roma tutta, ha l’amministrazione non solo che si merita,
ma che gli calza a pennello: incapace in quasi tutti i settori,
incompetente a livello di gestione, logistica e marketing, lassista
con doveri e responsabilità, violenta ed arrogante col debole e
meschina e servile col potente.
Da
ragazzo pensavo che questi problemi, questi mali diciamo, fossero
appannaggio di un po’ tutto il Paese, e non solo di Roma; crescendo
e viaggiando, ho constatato che Roma è “la Capitale” in tutti i
sensi: non ho visto mai (mai, lo ripeto) nessun altro posto d’Italia
con tale degrado non solo sociale, ma oserei dire ‘strutturale’.
Se
a Palermo fottono 10, a Roma la ‘struttura’ creata in anni ed
anni di lassismo e pessima gestione, ti fotte 100, forse 1000.
Lassismo
e cattiva gestione perpetuati grazie al voto compiacente dei romani;
a volte, anche del mio.
Il
decadimento socio-economico cittadino, che solo agli occhi di chi non
è nel settore terziario da anni pare scoppiato tutto d’un botto,
altro non è che la fine di un lungo periodo di stupri che la
piccola-media economia cittadina (essenziale in ogni grande metropoli
e fondamentale anche nei paesini) ha accettato, firmato e deciso di
subire. E con gioia, anche.
Amministrazioni
incompetenti non esisterebbero se la maggioranza dei residenti
s’intendesse un po’ di economia aziendale, di mercato e di
mercatologia.
Ma
la maggioranza della gente non ha mai avuto un’impresa - seppur
piccola - non sa eseguire uno scorporo d’IVA, non sa cos’è
l’IRAP, non sa fare distinzione tra un bilancio consuntivo e
preventivo, non è assolutamente in grado di organizzare manco un
trasloco di casa, figurarsi occuparsi della logistica di un’azienda,
ad esempio.
Roma
e la sua economia sono morte e sepolte perché è da almeno vent’anni
che i cittadini hanno smesso di contare, affidandosi piuttosto al
lamento come arma di distrazione di massa (e sfogo).
Dico
venti ma in realtà basterebbero anche dieci, e se qualcuno era a
Milano dieci anni fa e c’è riandato ora sa perfettamente di cosa
parlo.
Un
degrado che parte da non troppo lontano
Posso
dire una cosa senza che i soliti ‘honesti’ mi spaccino per
piddino, per colluso, per mafioso o per corrotto, senza nessun tipo
di avvisatore acustico orario a casa?
Il
degrado di Roma, specie della sua amministrazione, parte da lontano
ma... Non troppo.
Guardando
PIL ed interventi strutturali della città, gli ultimi fondi spesi
seriamente, rinnovando pesantemente il tessuto urbano e portando i
vantaggi di cui tutti ora stanno godendo (che all’epoca però,
ovviamente, crearono caos e disagi) furono quelli che gestì
Francesco Rutelli durante la propria gestione di Roma.
Sì,
quella ormai ‘storica’ a ridosso del Giubileo del 2000.
Con
una giunta competente, Rutelli fece uscire Roma da decenni di
isolamento, trasformandola in una metropoli più o meno moderna.
Dico
‘più o meno’ perché tutte le massicce opere realizzate durante
quegli anni, benché appunto strategiche e fondamentali, non furono
comunque sufficienti a portare a compimento il cambio e la
trasformazione cittadina.
Complice
un mandato scaduto, certe scelte scellerate dell’allora PDS e la
venuta di un pessimo Sindaco come Walter Veltroni, il famoso ‘Mister
Lottizzazione’.
Negli
anni di Rutelli, anche Milano guardava con una certa invidia e
rispetto Roma: se l’economia viaggiava su ben altri livelli - mi
spiace per leghisti e grillini - il vantaggio non era di quella
merdosa moneta che avevamo e che volava perennemente in
iper-inflazione, ma fu un progetto condiviso e a lungo termine,
durato anni, in cui l’amministrazione decise di uscire dalla merda.
Perché
cambiare si può, quando ci sono le condizioni e le possibilità.
Milan
l’è un gran Milan... Ora, però
È
notizia abbastanza recente quella in cui Milano è stata considerata
come la città (parlando di metropoli, s’intende) più vivibile
d’Italia.
La
cosa personalmente non mi sorprende: negli ultimi tempi, ho
praticamente passato più tempo a Milano che a Roma, e ho potuto
apprezzare il grande sforzo per il rinnovamento totale che la città
ha sostenuto nell’ultima decade.
Uno
sforzo condiviso dalla sua amministrazione, a livello
inter-partitico, dal tessuto produttivo e anche dai cittadini.
Uno
sforzo che è costato molto ma che ha dato indietro un ritorno
d’investimento decisamente eccellente.
Milano
15 anni fa era Roma: io c’ero, me la ricordo bene.
Un
accumulo di lamiere, sporcizia, grigio, inquinamento e gente che
parcheggiava praticamente davanti a San Babila, e si sentiva
legalizzata a farlo.
Poi,
l’amministrazione ha deciso di cambiare. E l’ha fatto, con un
progetto condiviso e di lungo respiro.
Certo,
gestendo anche bene i fondi dell’EXPO, come peraltro Rutelli e la
sua giunta gestirono bene i fondi del Giubileo.
Si
può dire questo, evitando d’essere accusati di far parte di Mafia
Capitale da gente che mediamente occupa posizioni che non le
competono, visto che ci sono curricula che non permetterebbero
neppure di pulire i cessi da Mc Donald’s?
Ora
Milano è una città moderna, molto meno grigia e depressa di come lo
era pochi anni fa, in cui muoversi in maniera sostenibile non solo è
possibile, ma è la scelta primaria (per quelli dotati di buon senso
e logica, ovvio), in cui il tessuto economico vede l’intreccio di
tante tipologie di servizi, anche un incredibile nuovo settore
terziario che, diciamocelo, i milanesi si sono costruiti da soli e da
zero.
Tutto
ciò è costato fatica, cantieri, lavori, cambi d’abitudini nefaste
e una buona dose di rigidità e tolleranza zero da parte
dell’amministrazione verso piccoli e grandi abusi che, di fatto,
poi alla fine regolano il vivere quotidiano.
Un
esempio rapido? Dissuasori pressoché ovunque sui marciapiedi, da Via
Brera a Viale Monza.
Curve
degli stessi rifatte, strette, protette da paletti e che rendono
impossibile il parcheggio selvaggio sopra il mattonato.
Cordoli
per le preferenziali dappertutto, che rendono impossibile la doppia
fila.
Il
milanese imbruttito medio, ovviamente, abituato per decenni a
parcheggiare praticamente dentro l’androne del suo palazzo,
sicuramente avrà masticato amaro, e sicuramente avrà inveito contro
l’amministrazione, ma poi si sarà trovato obbligato a comportarsi
bene e, in ultima battuta, s’è trovato una città percorribile a
piedi senza corse ad ostacoli, e senza prendere un jet a decollo
verticale per uscire dal portone di casa.
A
Roma devi soffrire
Forse,
me la prendo troppo.
Forse,
Roma è destinata ad essere così.
Forse,
dovevo anch’io abituarmi allo schifo del lago di siringhe usate che
vedevo al Parco di Centocelle negli anni ‘80, alla pila di rifiuti
che si formava dopo ogni Natale sotto casa mia davanti ai secchioni,
al lassismo e all’ignoranza dei miei compagnucci di scuola, che
s’ingollavano di Girella e buttavano la plastica per strada, anche
quando a soli due metri c’era il secchio.
Forse,
dovevo abituarmi anch’io alla sciatteria, alla speranza - anzi,
all’epoca era una certezza - del ‘posto fisso al Comune’ a fare
il meno possibile, ad evitare di applicare i regolamenti con buon
senno, ad interpretare la legge in favore del cittadino e non in
favore della voglia di fare sempre il minor compito auspicabile.
Forse.
Ma non l’ho fatto.
Non
l’ho fatto ed è per questo motivo che ogni volta che sono dovuto
andare in Municipio, dal banale rinnovo della Carta d’Identità
alla SCIA per l’apertura di un’attività, ho sofferto.
Ho
sofferto quando ho dovuto spiegare al solerte istruttore comunale
che, vivendo solo con una madre gravemente invalida, non potevo farla
uscire di casa senza pericoli, per via del marciapiede devastato dove
è già caduta una decina di volte.
Ho
sofferto quando due tecnici del SUAP - uno alla scrivania di destra
ed uno a quella di sinistra nella stessa stanza - sciorinavano pareri
diametralmente opposti sulla stessa, grave problematica (un accidenti
di muro in cartongesso divisorio della mia attività), facendomi
perdere sei mesi di tempo, oltre 2.000 Euro e 200 grammi di fegato.
Ogni
volta che vedevo una maledetta automobile salire di prepotenza il
marciapiede di Via del Babuino - perché qualche genio, durante la
comunque ottima ristrutturazione, ha scordato di far installare
semplici dissuasori - io vi dico che soffrivo.
Io
soffrivi quando dovevo aspettare il 719 per un’ora e mezza solo per
arrivare ad una metro che, seppur in linea d’aria molto vicina, è
di fatto un miraggio per tutti quelli che vivono nell’abbandonato -
amministrativamente - quadrante della Gianicolense-Portuense.
Soffro
ogni volta che vedo un articolo impietoso su “Roma fa Schifo”,
perché... Roma fa schifo davvero. E per un romano ammettere questo è
sofferenza.
Soffro
ogni qual volta sento parlare i soliti radical-chic, che in vita loro
non hanno mai preso compasso e riga in mano manco alle scuole medie,
parlare di ‘sbegulazione’ per ogni progetto serio che invece
riqualificherebbe la montagna di letame post-guerra di cui Roma è
vergognosamente fatta.
Tutti
architetti, tutti ingegneri, tutti lì a decretare ‘sbegulazione’
ogni maledetta idea di recupero del territorio.
Io
soffrivo e ancor soffro, ma evidentemente la maggior parte dei romani
no.
A
30 chilometri dal centro, non ci toccate ‘a maghina
Lo
‘sbattersene i coglioni’, il lassismo come stile di vita, il ‘ma
bbasta che parcheggiamo ‘a maghina’,
il ‘vabbè
ma Roma è grande’
e cazzate simili, che sento ripetere come un maledetto mantra sin da
quando ho memoria, evidentemente sono ‘must have’ intellettuali e
comportamentali dei cittadini dell’Urbe.
Ormai,
di ciò ne ho praticamente certezza: esattamente come il lavativo che
cerca lavoro e poi prega un qualsiasi dio di non trovarlo, anche il
romano medio si lagna costantemente dello stato in cui è piombata la
città ma non ha invero nessuna intenzione di far cambiare le cose.
Non
si spiega sennò la vena masochistica di circa 2.800.000 persone -
solo nell’area del vecchio Comune di Roma - che, da almeno 15 anni
a questa parte, hanno scelto quasi sempre i peggiori soggetti
politici a cui affidare le loro vite.
Dal
2000 al 2017, in Italia gli stipendi medi sono cresciuti tra l’1,4
e l’1,7%, a fronte di un tasso di inflazione medio annuo di circa
3% (che fa oltre il 50% su base di diciassette anni).
Se
il dato fa già paura da solo, a Roma diventa ancora più orribile:
durante la bolla immobiliare, questa città ha visto i prezzi di
tutte le zone - in particolare modo quelle periferiche e meno
pregiate - rincarare con picchi fino al 300%.
Ovviamente
l’amministrazione locale, invece che contrastare il fenomeno
tentando di riqualificare le aree depresse e modernizzare quelle di
pregio (consentendo dunque ai nuovi schiavi dei mutui trentennali di
non morire in solitudine, Porta di Roma docet), inasprendo quindi
l’emarginazione sociale e l’esclusione di oltre due milioni di
residenti da una vita perlomeno dignitosa.
Piuttosto,
s’è deciso di ghettizzare ed umiliare ancor di più chi è stato
costretto da un mercato letteralmente impazzito ad andare a vivere a
20 o 30 chilometri dal centro.
Come?
Facendo fallire ATAC e la sua folle politica di tolleranza estrema
(leggasi: lassismo) verso gli abusivi del tornello, togliendo le
corse e le linee, riducendo al minimo indispensabile la manutenzione
del parco mezzi, evitando quanto più possibile la costruzione di
nuove linee di tram, rimanendo completamente indifferenti alla
richiesta di corsie preferenziali per i bus (sennò ‘e maghine dove
si parcheggiano?), gestendo la ZTL di uno dei patrimoni mondiali
dell’Unesco con un piano semplicemente schizofrenico (attualmente
non esiste ancora una ZTL continua e, soprattutto, unificata negli
orari!), permettendo ad aziende palesemente inadempienti di
proseguire appalti milionari per infrastrutture cardine come le
metropolitane e.... Veramente, qui ci vorrebbero un’altra ventina
di pagine elettroniche solo per elencare tutte le operazioni
VIGLIACCHE che questa sciagurata città ha perpetuato nei confronti
dei propri cittadini; quelli, per intenderci, che per un motivo o per
l’altro non volevano o non potevano scegliere ‘a maghina come
mezzo di locomozione.
Chi
ha distrutto il TPL romano?
Per
la cronaca: io odio le autovetture, almeno in una metropoli moderna.
Nel
2018, una città che voglia definirsi tale la riconosci non solo per
il numero di esseri umani che riesce a stipare, ma anche (e forse,
soprattutto) per la qualità di vita e di servizi che essa riesce a
garantire.
Un
efficiente sistema di trasporto è uno dei servizi cardine di questo
supposto.
Altrimenti,
Calcutta (che pure ha una rete su ferro invidiabile!) oppure Città
del Messico od ancora Il Cairo, se si prendesse ad esempio solo il
numero di gente che ammassano, sarebbero posti idilliaci.
Così
proprio non è.
Un
efficiente Trasporto Pubblico Locale è quindi indispensabile per
garantire la mobilità dei residenti, e deve essere costantemente
potenziato ed accordato al numero degli stessi, comprensivo anche di
tutti gli ‘esterni’ (turisti, pendolari, viaggi d’affari, ecc.)
che comportano un ulteriore aggravio al muoversi quotidiano della
città.
È
semplicemente impensabile pensare ad un 100% di cittadini che si
muovono ogni giorno con mezzi privati: neppure nei sobborghi di
Cleveland (dove ho vissuto ed in cui il trasporto pubblico fa
abbastanza schifo) è ipotizzabile la totalità dei cittadini a
muoversi con le autovetture proprie!
Se
questo è ben chiaro alle maggiori metropoli europee, americane,
cinesi e giapponesi, a Roma la cosa è stata sempre sottostimata.
Il
problema del TPL romano ha origini antiche ma neppure troppo, a ben
vedere: nell’immediato dopoguerra, Roma aveva una rete su ferro
invidiabile per davvero, tra le prime d’Europa.
Il
‘tramvetto’ copriva quasi tutta l’estensione cittadina, ancora
non stuprata in ogni orifizio possibile dal potere dei ‘palazzinari’.
I
guai cominciarono dagli anni ‘70 in poi, per acutizzarsi e divenire
cronicizzati a fine anni ‘80: piano piano si sono smantellate
infrastrutture su ferro di superficie utili, per far posto ai nuovi
quartieri e preferendo costantemente il trasporto privato.
La
costruzione della Metro A, ad esempio, fu un calvario degno delle
peggiori amministrazioni sudamericane, che durò ben oltre il limite
dei consegna dell’opera: fu ostacolato in ogni mezzo possibile (i
soliti ‘comitati di quartiere’, e se non ci credete rivedetevi le
cronache del ‘Messaggero’ dell’epoca), il consorzio che costruì
l’opera lavorò in modo dissennato ma, incredibilmente, il progetto
almeno fu completato.
Cosa
che di certo non si può dire della Metro C attuale, al momento
moncata a San Giovanni (e molto probabilmente, senza grandi speranze
di continuare oltre i Fori Imperiali).
Rivedere
tutto il percorso accidentato che ha portato a ritardare di così
tanto i lavori della Metro C, gli sbagli, le inadempienze, gli errori
e le omissione di entrambe le parti (consorzio e Comune) credo sia
impossibile da sintetizzare: se lo volete (e volete soffrire ed
incazzarvi) vi consiglio l’ottimo blog del “Comitato MetroxRoma”,
poiché posto più completo d’informazioni e dettagli sul web
davvero non c’è.
Prenditi
anche tu un fantastico bilocale in estrema periferia a 3.000 Euro al
mq, dai!
Chi
ha ben pensato di acquistare una casa a 30 chilometri dal centro, per
gentile concessione delle lottizzazioni selvagge della giunta
Veltroni, negli anni d’oro del mattone romano?
Tanta
gente, a giudicare dal NTN (Numero Transazioni Normalizzate) nel
periodo della bolla immobiliare: un settore, quello edilizio, che
arrivava a fatturare 2/3 (considerando l’indotto) di tutto il PIL
romano.
Di
rimando, l’altra domanda che i romani dovrebbero farsi ora che la
bolla è scoppiata dovrebbe essere: chi ha permesso la costruzione di
interi ed enormi quartieri-dormitorio bruttissimi, scomodissimi,
isolati da tutto e da tutti, buoni solo ad aumentare la percentuale
di impermeabilizzazione del territorio e il livello di smog?
Già,
perché proprio nessuno in questi 15 anni di amministrazione romana
s’è fatto seriamente due calcoli sull’effettiva convenienza di
indire la circolazione a targhe alterne e i blocchi domenicali quando
invece migliaia di metri cubi di (brutto) cemento, tutti contornati
da altrettanto orribili centri commerciali, causano sì
l’agglomerarsi di inquinamento spaventoso.
Perché?
Perché questi quartieri a decine di chilometri dal centro della
città, non essendo serviti da nessun mezzo pubblico efficace,
obbligano i residenti a spostarsi con i mezzi privati!
Sul
serio, pensate davvero che un blocco delle macchine a targhe alterne
ogni morte di Papa può mai far scendere il livello di polveri
sottili ed inquinamento vario quando ogni santo giorno centinaia di
migliaia di romani s’intasano tutti su Prenestina, Tiburtina,
Collatina, Casilina, GRA e tutte le altre consolari per ritornare ai
loro quartieri-dormitorio?
Se
davvero lo pensate, vi meritate davvero di pagare un mutuo tombale
persi nel traffico, nell’inquinamento e nella certezza che le cose
non miglioreranno mai.
Zona
a Cervelli Limitati
Quando
venne istituita la prima ZTL romana, a metà degli anni ‘90, come
al solito il romano medio cominciò a sbraitare e ad infuriarsi,
sempre per il solito, annoso problema del ‘ce levate er posto a ‘e
maghine!’.
Ovviamente,
per tali buzzurri, era molto più praticabile ed urbanisticamente
ineccepibile continuare ad usare San Giovanni o Piazza del Popolo
come enormi parcheggi gratuiti a cielo aperto.
Se
è quello che vi meritate...
La
verità è che la maggior parte della popolazione romana è lassista.
E
adora esserlo.
La
verità è che gran parte della popolazione si davvero di sprofondare
nel letame e nei rifiuti, come si merita di morire bruciata dentro un
bus vecchio di 15 anni senza più olio nel motore, si merita che i
piccini crescano giocando sopra a cumuli di topi morti ed immondizia.
Si
merita il peggio, perché quello ha comunque voluto: se è
refrattaria ad ogni tipo di cambiamento (leggasi il referendum
sull’ATAC, ignobilmente boicottato!), che la smetta di lamentarsi e
continui a vivere nella perenne indigenza strutturale, nella parvenza
di civiltà, nel sogno (che mai si realizzerà) di una metropoli
europea, che di europeo ha solo il collocamento geografico.
Buon
decadimento nel vostro bilocale a Centocelle comperato a 200.000
Euro, buone bestemmie ogni mattina quando pesterete una merda di cane
che vi farà spaccare la caviglia su un cratere lasciato lì sul
marciapiede che ormai è più vecchio di voi.
Che
dite, vi sembra fin troppo ‘celodurista’ tutto questo? Vi sembra
decisamente stantio e inutilmente retorico?
Sì,
è vero: lo sembra. Non so se lo sia veramente.
Però
è quello che attualmente appare: appare che la popolazione romana
sia totalmente refrattaria al cambiamento, e che il lagnarsi ed il
piangere miseria di mali (risolvibili) sia l’unica soluzione
possibile.
ATAC
offre un servizio pubblico mediocre, quando non inesistente, ed il
romano che fa?
Quando
ha l’opportunità di cambiare le cose, come con lo scorso
referendum, si dilegua.
Se
è questo che la maggioranza della popolazione vuole, questo ha
ottenuto.
Eppure,
io credo che ciò non sia totalmente attinente al vero.
Non
lo credo non solo perché ho vissuto a Roma buona parte della mia
vita, ma perché ho anche visto la disperazione dei romani tramutata
nei voti di Gianni Alemanno e Virginia Raggi, ad esempio.
Il
lassismo c’è, è indisponente e fagocitante, ma la scossa non si
può dire che non sia arrivata: l’elezione dell’ultimo Sindaco
del Movimento 5 Stelle è la massima espressione della frustrazione
cittadina, che per una volta tanto ha dato una (mezza) spallata al
lassismo.
Appunto,
mezza: e manco troppo forte, però.
Sicuramente
inutile, visti i disastri dell’amministrazione pentastellata.
Vi
saluto, tante cose e un bacio ai pupi
Per
evitare le solite puerili polemiche degli analfabeti funzionali: sono
romano, figlio di romani (per quanto la cosa possa valere, poi).
Di
più: sono trasteverino, nato proprio nel ‘core de Roma’.
Ho
ricordi meravigliosi di questa città, che purtroppo però sono tutti
solo ricordi.
E
manco tanto recenti considerata, ahimé, la mia età non proprio
giovanissima.
Due
anni fa, prospettando un calo considerevole del fatturato aziendale
unito a contingenze sia locali che di settore, ho cominciato a
trasferire il mio business a Milano.
Città
che, lo ripeto a costo di divenire ossessivo, ormai ha superato Roma
in ogni campo: economico sicuramente, ma ormai anche sociale e
culturale.
Rispetto
ai ricordi che avevo di Milano quando la frequentavo da ragazzo, ho
trovato un ambiente eccezionalmente propositivo, aperto ed
incoraggiante.
Urbanisticamente
può piacere o non piacere, e di certo nemmeno il milanese più
campanilista oserebbe mai paragonare il centro di Milano a quello di
Roma, Firenze o Venezia.
Ma
è una città vivibile, pratica e funzionale.
Quartieri
che io un tempo vedevo orripilanti come la Bovisa, Loreto o la
Ghisolfa sono rifioriti del tutto, o stanno per rifiorire.
Come?
Semplicemente portando un po’ di ordine e riqualificazione del
territorio.
E
senza neppure spendere molto, a ben vedere: in molti casi è bastato
ordinare il traffico, impedire le soste selvagge, potare l’erba dei
parchi e riportare il decoro urbano.
Certo,
poi ci son stati gli investimenti pesanti, quelli grossi, come le
nuove linee di metro; ma anche lì, la scelta è stata sostenuta da
un progetto forte, portato avanti a prescindere dal partito politico
al potere comunale.
Non
c’è solo il caso - per quanto eclatante - di Isola o City Life:
Milano ha usato saggiamente le risorse e le trasformazioni dell’EXPO
in una grande occasione che non s’è fatta sfuggire per migliorare
tutta la città.
Sì,
esatto, come fece il povero Roberto Giachetti a Roma nel 2000, sotto
la giunta Veltroni.
“PIDDINOOOOOO,
CORROTTOOOO!!!111” tra 3, 2, 1...
Pazienza:
hanno provato ad insultarmi con parole ben peggiori.
Io
me ne vado.
Io
vado a portare la mia esperienza e la mia capacità di far ricchezza
altrove, nell’unica città veramente europea d’Italia, che - tra
le altre cose - con me e col mio lavoro non s’è mai dimostrata né
fredda e né inospitale, anzi.
E
se direte “E ‘sti caxxi?!” - e non ho dubbio alcuno che
eviterete di farlo - sta bene, ma ricordatevi che, negli ultimi 10
anni, c’è stata una quantità enorme di persone come me, che hanno
chiuso i battenti qui e se ne sono andati verso altri lidi, un pelo
più sostenibili e un pelo anche più convenienti.
Quando
rimarrete solamente con Bangla-Shop, con urtisti, con
All-you-can-eat, con kebabbari e con parrucchieri, con centri
commerciali enormi in cui vi delizierete a non potere spendere soldi
che non avrete (perché non lavorerete), forse ‘i caxxi’ vi
importeranno un poco di più.
La
umana è breve, e passarla tutta a rodersi il fegato nell’impotenza
è decisamente un qualcosa che lascio volentieri agli altri.
Mi
auguro e vi auguro che da qui a poco tutti i problemi romani saranno
risolti o comunque ridimensionati, e mi auguro e vi auguro di poter
tornare in gita qui un giorno e dire: “Però, com’è cambiata
Roma, che bello!”.
Dire
‘che bello’ sarebbe bello, in effetti.
Fino
ad allora, scusate ma ho una pin-up vestita da coniglietta che mi
aspetta in via Brera.
See
you later, taaac!
Giorgio
Fiorini
georgefiorini.eu
P.S.
A
scanso di equivoci, per evitare il solito trollaggio degli analfabeti
funzionali o dei galoppini di partito vorrei precisare che:
- Non sono iscritto al PD né a nessun altro partito politico;
- Non sono - purtroppo - finanziato da George Soros;
- Eccezion fatta per un anno in cui ho svolto il ruolo di docente, non ho mai preso un euro di soldi pubblici, né tantomeno mi guadagno il pane con la politica;
- Non ho piantato radici solo a Roma, e qualche grande città europea ed americana l’ho vista... E l’ho ben vissuta;
- Di sveglie ne ho già imballate un paio per casa nuova, potete anche evitare di consigliarmene altre
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