30 novembre 2018

Video. Con le chiappe al vento di fronte al Cupolone di San Pietro (ancora una modella nuda)







Molti staranno lì a cercare di fare i confronti, del resto la sagoma è molto simile. La modella di questo video che si denuda e si fa fotografare con alle spalle la Cupola di San Pietro in Vaticano è o non è la stessa che ieri mattina si è messa in posa, sempre spogliata di tutti i vestiti, nella Fontana dei Quattro Fiumi di Gian Lorenzo Bernini a Piazza Navona (qui le foto)?


Insomma o c'è un servizio fotografico hot in corso (chissà dove lo vedremo pubblicato) che prevede una modella integralmente svestita e collocata tra le bellezze più iconiche della città, oppure c'è una vera e propria moda, una mania, una nuova tendenza. 

Sta di fatto che nella sola giornata di ieri questo è il secondo contenuto di questo tipo. In pieno giorno, arrivano, lei si spoglia nuda, lui la fotografa per il tempo necessario, se ne vanno senza subire il minimo controllo, la minima sanzione, senza preoccuparsi di nulla. 

Le riflessioni su quali siano i significati di tutto questo le abbiamo già abbozzate nell'articolo di ieri. La novità che pubblichiamo oggi ci fa riflettere però sulle condizioni assolutamente selvagge delle banchine del Tevere. Valorizzate in maniera straordinaria in tutto il mondo (basti pensare alla Senna a Parigi), le banchine a Roma sono totalmente abbandonate alla spazzatura, alle sterpaglie, alle erbacce (ormai divenute alberi) e ai mille accampamenti abusivi. Sotto ogni ponte ci sono tende di tipo canadesi abitate da personaggi aggressivi e violenti coi loro cani, discuterci - come è successo - significa farsi ammazzare dopo essere spinti nel fiume.
In questo contesto di totale anarchia spogliarsi e mettersi con le natiche in prospettiva sul Cuppolone è davvero il male minore, è semplicemente coerente con il contesto. Un contesto che manga un messaggio non scritto a chiunque, cittadino o turista, il messaggio della sciatteria e del pressappochismo. Fa un po come caxxo ve pare, tanto non succede niente... 

Immaginate qualsiasi altra grande città-con-fiume in Europa e immaginatevi una scena simile. A Londra sul Tamigi, a Vienna sul Danubio. Lì ti riprendono le telecamere di sorveglianza e poi devi spiegare in commissariato cosa stai facendo, qui al massimo ti riprendono i telefonini dei cittadini (come quelli di Roma ieri oggi che ci hanno mandato questo video) e nella peggiore delle ipotesi esci su Roma fa Schifo.

29 novembre 2018

Nuda dentro la Fontana dei Fiumi di Piazza Navona. Tanto a Roma si può. Le foto

Ormai la lettura che diamo di queste cose è noiosa e pedante. Per cui cerchiamo di farla breve. Anche perché gli episodi si susseguono (l'altra sera una coppia, minorenne lui, quasi trentenne lei, è stata denunciata a piede libero mentre si stava accoppiando davanti ad altri utenti all'interno di un bus dell'Atac...) e non servono le denunce e le sanzioni probabilmente, conta l'atmosfera.
When in Rome do as the romans do. Quando sei a Roma, dice il motto diffuso in tutto il mondo, fai come fanno i romani. Una frase fatta, utilizzata a livello globale, per dire "adatti ai costumi locali". E i costumi locali sono quelli che hanno un solo unico comandamento: ciascuno può fare come cavolo gli pare e non devono esistere conseguenze.

Questo è quello che ti comunica Roma. Un posto - probabilmente l'unico posto d'Europa e d'occidente - dove hai la netta sensazione che nessuno ti stia controllando, nessuno ti farà mai nulla, non esisterà mai l'ombra di un controllo civico (quella cosa per cui, da Milano a Berlino, da Copenhagen a Londra se fai una roba sbagliata in città i primi a correggerti sono i tuoi concittadini, non le pubbliche autorità) a prescindere da qualsiasi atto tu compiari. 



Dopo l'uomo nudo che faceva bella mostra di se facendo il bagno dentro le fontane dell'Altare della Patria di Piazza Venezia (nostro scoop, ripreso da tutti i giornali del pianeta) in agosto, ora abbiamo la versione autunnale. E se non c'è l'oltraggio ad un monumento simbolico per la nazione, c'è però la violazione di un bene culturale di valore strepitoso, che come tale dovrebbe essere sempre tutelato, sottoposto quanto meno alla videosorveglianza delle telecamere a circuito chiuso di cui Roma, unica capitale dell'universo, non è minimamente dotata.




E invece eccola lì, la modella che si spoglia totalmente nuda, si mette in posa a favore di fotografo, si fa immortalare come mamma l'ha fatta per un servizio che andrà pubblicato chissà dove, con alle spalle una scultura mitica di Gian Lorenzo Bernini, con in secondo una architettura mitica di Francesco Borromini. Una inquadratura unica. Con dietro gli operatori dell'Ama che intanto puliscono la piazza alle 7 di questa mattina, che guardano pensando "tanto a Roma si può" e poi aggiungono magari: "aho ma è na bella fregna, alla fine che fastidio te dà...". Intanto tutto attorno si allestisce l'orripilante mercatino di Natale che l'amministrazione ha deciso di regalare per nove anni alla peggior dinastia di ambulanti che la storia della città abbia mai avuto. Tutto torna...

26 novembre 2018

Termini muore di spaventoso degrado. Sistemare Via Gioberti risolverebbe

Parliamo del progetto di canalizzazione del traffico in funzione anti-sosta selvaggia delle zone circostanti alla Stazione Termini. Come molti nostri lettori sanno - perché abbiamo elogiato il provvedimento nelle sue parti azzeccate, perché abbiamo criticato i tanti difetti del provvedimento e perché abbiamo parecchie volte approfondito con foto, video e riflessioni - da qualche tempo alcune strade attorno alla Stazione sono state dotate di un sacrosanto sistema di canalizzazione del traffico. 

La cosa interessante è che nelle sue primissime stesure il provvedimento non riguardava, come è poi avvenuto, soltanto Via Marsala e Via Giolitti, ma anche Via Gioberti. Ad oggi Via Giolitti funziona relativamente (abbastanza bene vicino alla stazione, abbastanza male allontanandosi dove la canalizzazione diventa singola e non doppia); Via Marsala funziona male perché viene consentito alle auto di usare una corsia  per la sosta parcheggiandosi in parte sul marciapiede; mentre Via Gioberti non è stata minimamente toccata dal provvedimento. Si è completamente dimenticato di sistemarla. 

Le conseguenze sono ormai evidenti. Le persone via via che passano i mesi si sono abituate e hanno compreso che a Via Giolitti e Via Marsala non è facile come un tempo fermasi "un attimino" per fare un kiss & ride bloccando tutto; questo ha comportato che molti hanno cambiato i loro costumi, molti finalmente hanno capito che c'è un comodo kiss&ride peraltro regolare di fronte alla Stazione, molti hanno capito che conviene andare coi mezzi, molti altri hanno cercato altre strade dove esprimere tutta la loro inciviltà in termini di sosta selvaggia.

E quale strada ne ha fatto le spese? Ovviamente Via Gioberti, proprio la strada che doveva beneficiare di una riqualificazione che però non c'è mai stata. Tutto il lato sinistro di Gioberti è devastato dalla sosta selvaggia, ad ogni ora, come se non bastasse la sfilza di bancarelle vomitevoli che umiliano questa strada. Questo comporta una congestione terribile del traffico che va a scapito degli autobus e dei taxi che passano in questa strada e che sono qui per condurre in velocità e puntualmente le persone alla stazione. Capita, insomma, che bus e taxi rimangano bloccati qui in una congestione dovuta esclusivamente alla doppia fila e che non possano utilizzare minimamente la corsia preferenziale sia a causa della doppia fila a destra sia per il fatto che la corsia stessa viene spesso utilizzata dai taxi per far scendere i passeggeri (in assenza, ad onor del vero, di serie alternative di drop off). Insomma chi deve transitare si blocca e la strada - peraltro piena di spazzatura, loschi figuri, brutti ceffi, trans e prostitute - risulta essere un posto davvero spiacevole. 

Il sogno (che sarebbe normalità in tutte le città del mondo) per Via Gioberti sarebbe quello di una strada elegante, con larghissimi marciapiedi, con due corsie carrabili (una preferenziale e una normale) al centro ben canalizzate per evitare la sosta, con i grandi alberghi e i ristoranti che si affacciano con i loro dehors tutti uguali. Un collegamento di fatto pedonale che interrompe l'isolamento della stazione, una spina di luce nella tristezza di questo pezzo marcio e dall'aspetto sinistro di città, un link anche visivo tra Stazione e Santa Maria Maggiore. Una scorciatoia già esistente ma oggi abbandonata che porta la Stazione in centro, a Monti, all'Esquilino. E il centro in stazione.
Si perdono tanti posti auto e posti moto? E certo, ma tra pochi mesi apre sopra la stazione un parcheggio gigantesco, con migliaia di posti. E si vorrà o non si vorrà fare qualcosa a seguito di questo? Quella offerta di parcamento la sopra deve essere eliminata dalle strade e un progetto simile su Via Gioberti va esattamente in questa direzione
In alternativa sarebbe molto risolutivo anche semplicemente proteggere con cordoli le preferenziali già esistenti (già esistenti!) di Gioberti e Turati, e le cose cambierebbero già non poco. 

Ma davvero non si capisce quanto è cruciale mettere in sicurezza i dintorni del secondo scalo ferroviario più frequentato d'Europa? Ma davvero non si capisce che questa area di città deve essere controllatissima, illuminatissima, curatissima più di ogni altra? Ma quale interesse c'è a tenere in queste condizioni vomitevoli l'area circostante a Termini? Riqualificare profondamente Via Giolitti togliendo ambulanti e sosta selvaggia potrebbe a cascata risolvere tutti gli altri problemi.

23 novembre 2018

Centinaia di milioni al vento. La presa per i fondelli delle ex rimesse Atac

foto di Lucilla Loiotile


In questi giorni la novità - al netto della squallida operazione pubblicitaria sui Casamonica - riguarda le ex rimesse Atac di Piazza Bainsizza, Piazza Ragusa e San Paolo. Atac ha deciso di fare un bando per renderle utilizzabili nell'intervallo che passerà tra l'oggi e il momento in cui verranno cedute visto che questo è comunque l'esito. 

In apparenza il progetto sembra pieno di cose positive: spazi abbandonati che tornano in qualche maniera ai cittadini, cultura, rapporti coi grandi musei di Roma che così hanno una ipotesi di nuova location dove esporre opere altrimenti in magazzino, grande richiesta di eventi in una città molto avara di grandi superfici e grandi spazi coperti. La ex rimessa di Piazza Ragusa, per dire, diventerà in questo periodo lo spazio espositivo più grande di Roma. E' facile intuire l'appeal commerciale che tutto questo può avere. Positivo anche il nome della società che ha vinto l'appalto Atac per valorizzare le rimesse, la Ninetynine di Simone Mazzarelli sa il fatto suo ed è reduce del successone di numeri e pubblico al Guido Reni District. Con queste tre location, affidatele per 8 mesi (prorogabili, assai prorogabili!) Ninetynine farà ottimi affari e quando una ditta seria fa affari e genera lavoro e ricchezza noi siamo sempre felici. Giusto per premettere e non essere tacciati di andare contro qualcuno nei ragionamenti successivi.

A questo punto però ci facciamo delle inevitabili domande visto che in città non se le pone nessuno. La prima è una domanda culturale: a Roma i processi di trasformazione urbanistica vanno lentissimi, soprattutto per incapacità cronica degli uffici. Pensate agli Ex Mercati Generali: il 16 settembre 2017 la Giunta si è vantata di aver sbloccato l'annosa questione (iniziata 10 anni prima!), ma oggi dopo 14 mesi i cantieri non sono partiti perché inquietanti personaggi all'interno dei dipartimenti e degli assessorati (ai lavori pubblici, ad esempio) non riescono a sciogliere alcuni banali nodi sulla convenzione tra pubblico e privato. Stessa cosa su, appunto, lo spazio di Guido Reni dove deve nascere un nuovo quartiere, un albergo, servizi e musei: tutte cose necessarie e utilissime all'area del Flaminio (per tacere dei posti di lavoro) ma inesorabilmente ferme. Ebbene, la presenza di eventi, manifestazioni e vita all'interno di questi spazi, non rischia anche di diventare una giustificazione? "Okkay siamo lentissimi, ma per lo meno nel frattempo c'è qualcosa e gli spazi non restano in abbandono e non ci costano in manutenzione", potrebbe essere il retropensiero della città. E così anche un mese, un anno o un decennio di ritardo diventano meno gravi pur continuando ad esserlo. Questo è un aspetto da gestire.

L'altro aspetto da gestire e l'altra domanda che ci poniamo è il ricavo che l'ente pubblico proprietario dei cespiti immobiliari ha da questo genere di operazioni. Stiamo parlando di Atac. Atac ha dei problemi industriali ma ancor più finanziari clamorosi. Questi complessi immobiliari abbandonati possono essere la sua salvezza economica se valorizzati a dovere in maniera spinta e seria, stanno in luoghi ambitissimi a livello real estate e con dei bei progetti di trasformazione ci potrebbe essere la fila per sviluppare qui. Da tutto il mondo. Perché si decide ci non farlo? Perché Atac decide sistematicamente di non guadagnare?
foto di Lucilla Loiotile
Il problema più grosso verrà dunque dopo. Ovvero al momento dell'ipotetica vendita di queste rimesse. Si parla non a caso del 2021, ovvero a babbo morto, guarda caso l'anno delle ipotetiche elezioni se questa giunta arriverà fino a naturale scadenza. Equivale a dire che non se ne farà di nulla. Ma ipotizziamo che questa vendita prima o poi si farà. Come si farà? Quale approccio stanno avendo Atac e l'amministrazione? Ieri durante la conferenza stampa i vertici di Atac e di Roma capitale sono stati chiari: le rimesse avranno destinazione pubblica. Inutile dire che questo equivale a svalutarne il potenziale immobiliare in maniera clamorosa. Qui non si potranno fare nuovi edifici, non si potranno fare nuove architetture, non si potranno fare spazi commerciali. Insomma si impedisce alla città di trasformarsi.

Perché siamo arrivati a questa assurdità? E' un po' come se un malato di tumore (Atac) peraltro in fase abbastanza avanzata ma comunque curabile, non possa PER LEGGE curarsi con la chemio o con altre terapie pur avendo fior di farmaci sul comodino. Tutto questo è inaccettabile. Da cosa deriva? Sia da una impostazione ideologicamente folle contro le trasformazioni urbane e le nuove edificazioni contemporanee (che invece stanno costituendo la svolta di città come Londra o Milano ma a Roma sono considerate dai più, specie dai borghesi benpensanti, delle "speculazioni") sia da un vincolo della Soprintendenza messo nel 2013, con chiari intenti politici, contro Alemanno quando quest'ultimo - peraltro giustamente, e non era cosa comune - indicò che le ex rimesse Atac dovevano essere valorizzate immobiliarmente. A quel punto i funzionari misero dei vincoli assurdi su edifici di nessunissimo valore, palazzine orribili, superfetazioni. Non si può toccare nulla. Tutto deve marcire così com'è, al più si possono fare eventi temporanei. Alcune grandi società immobiliari hanno in passato effettuato delle due diligence su questi immobili e sono arrivate alla conclusione che non c'era alcunché da fare: qualsiasi investimento non sarebbe stato profittevole. Fuga degli investitori causa Soprintendenza e miopia politica. E' accettabile suicidarsi così?

Questa amministrazione ,invece di sovvertire questa follia e invece di vedere che la soluzione per quanto meno la metà dei problemi finanziari di Atac era lì alla portata, si è messa in scia sulle follie precedenti: vincoli della Soprintendenza confermati e svendita prossima ventura. Perché mettere sul mercato degli immobili sui quali non si può fare nulla, significa svenderli. Significa condannarli ad essere tutt'al più appunto degli eventifici, delle location in subaffitto perenne senza una reale identità. Totalmente inappetibili sul mercato dei grandi capitali di investimento immobiliare che muovono il mondo e rendono solide le economie delle città. Invendibili, al massimo svendibili. Una tristezza senza fine. O magari tutto sarà venduto qualcuno che pagherà spiccioli e poi, col tempo, a spallate, con sotterfugi, corruzioni, forzature e relazioni riuscirà comunque a fare delle trasformazioni che però saranno determinate a valle e non pianificate a monte. Insomma: Roma!

E' un po' come se un concessionario Maserati in difficoltà per scelte gestionali sbagliate e nelle condizioni di non saper più pagare lo stipendio ai suoi dipendenti, decida deliberatamente di vendere le sue auto da cento e oltre mila euro col vincolo per chi le comprerà di non poterci mai fare il pieno per evitare di di inquinare! Grottesco, no!? Ovviamente non potrà venderle più a 100 o 120mila euro ma dovrà accontentarsi di un decimo, o forse meno. E a comprarle sarà solo qualche furbacchione convinto che prima o poi riuscirà a raggirare le norme e i patti...

Cosa si sarebbe dovuto fare con queste rimesse una volta sentiti i cittadini e analizzato il quadro? Si sarebbe dovuto fare un roadshow presso i grandi investitori mondiali che comunemente, in tutto il mondo, trasformano questi spazi, si sarebbe dovuto capire quali esigenze c'erano cosa si poteva ottenere, quali erano gli intendimenti del mercato. Successivamente si sarebbe dovuta far passare in giunta la delibera per il cambio di destinazione d'uso e dopo un bel bando a chi offre di più. Atac avrebbe ricevuto una valanga di soldi salvandosi, la città avrebbe ottenuto dei nuovi quartieri, spazi pubblici, piazze, vaste aree verdi e pubbliche pagate degli sviluppatori, progetti di grandi studi di architettura, finalmente residenze e spazi commerciali o direzionali moderni e credibili su un mercato che oggi ci vece esclusi, l'economia di Roma ne avrebbe beneficiato in maniera decisiva sia grazie ai posti di lavoro nella fase di costruzione sia successivamente e sarebbero entrati nel Comune tanti soldi di oneri concessori per sistemare i dintorni delle ex Rimesse a beneficio di tutti.

In questo quadro utilizzare la rivitalizzazione culturale di Ninetynine per il paio d'anni che servono per il disbrigo delle procedure burocratiche ha un senso eccome. Ed è complementare.

E invece, come ha detto il numero uno di Atac ieri in conferenza stampa, si punta sulle "micro economie" che questa mentalità poraccista e suicida genera. Una operazione che potrebbe generare per tutti centinaia di milioni  e nuovi pezzi di città, frutta in realtà centomila euro e tuttalpiù mostre, fiere e rassegne culturali. Sarebbe impensabile da ogni altra parte del mondo. E ancor più da noi dove si pretende di dire che i problemi esistono perché "non ci sono i soldi". Nulla di più falso come questo racconto dimostra. 

***
In un momento successivo alla pubblicazione del nostro articolo abbiamo approfondito alcuni aspetti dell'operazione, di seguito alcuni importanti dettagli integrativi per fornire una visione più completa del progetto. 

Ninetynine - Urban Value, in virtù del contratto con Atac si è fatta carico delle seguenti cose:  
di tutti i costi, del rischio rischi di impresa,  di pagare una locazione ad Atac pari a 160.000€ per il periodo ma più che altro retrocede ad Atac ben il 25% di tutti i ricavi derivanti da tutte le attività che si svolgeranno all'interno degli ex depositi, siano esse attività relative a eventi privati o commerciali. Di fatto quindi grazie a questo seppur temporaneo modello di rigenerazione Ninetynine attraverso le proprie competenze e investimenti permette ad Atac di valorizzare gli spazi e restituirli vivi alla città.

21 novembre 2018

Finalmente i grillini ne fanno una giusta: l'albero di Natale sarà bellissimo

Eh già, siamo al secondo appuntamento de "Finalmente i grillini ne fanno una giusta". Nel nostro (sovente vano) tentativo nel quadro dell'amministrazione più distruttiva e micidiale della storia di Roma - i danni li pagheremo per 40 anni, anzi probabilmente saranno irreversibili in assoluto - di trovar qualcosa di buono, eccoci alla puntata numero due.
Eh no, non parliamo del patetico tentativo di distogliere l'opinione pubblica punendo gli abusi edilizi dei Casamonica. Parliamo piuttosto dell'albero di Natale ufficiale del Comune previsto come da tradizione nella aiuola centrale (sì, abbiamo a Roma ancora le piazze con le auto che girano tutte intorno e l'aiuola centrale, tipo Anni Sessanta) di Piazza Venezia. 

Dopo due anni di figure di palta (nel 2016 l'albero venne soprannominato "Povero Tristo" e nel 2017 assunse il nome di Spelacchio che diventò celebre nel mondo in primis per la sua bruttezza da record, ma anche perché - come rivelò un nostro articolo - fu protagonista di un assurdo spreco di denaro pubblico all'insegna di quanto peraltro correntemente fanno i pentecatti a tutti i livelli amministrativi: bruciare risorse e impedire lo sviluppo. Qualche giorno dopo, sempre parlando di Spelacchio, chiedevamo in questo articolo all'amministrazione per quale assurdo motivo non si procedesse, come a Milano, con una gara per affidare la realizzazione dell'albero ad uno sponsor privato invece che spendere denari pubblici. 

Ebbene i grillini hanno fatto una cosa giusta sia perché ci hanno dato retta (addirittura l'albero non solo lo farà un privato, ma lo farà lo stesso privato che si è occupato di Milano realizzando lì, in Piazza Duomo, un allestimento spettacolare: bingo!) facendo esattamente quello che chiedevamo un anno fa, sia perché hanno contravvenuto in maniera clamorosa al castelletto di idiozie supreme che costituisce la loro ideologia malata che sta mandando a gambe all'aria - se guardiamo lato nazionale - un intero paese. 

Lo scorso anno per difendere Spelacchio dicevano che era bellissimo, che era tenero, che era il simbolo di Roma (!), che era un ritratto della sostenibilità ambientale, che loro non volevano sponsor o privati. Se era così bello e se addirittura come disse una inqualificabile borgatara poi divenuta vicepresidente del Senato "attirava turismo", perché hanno cambiato tutto? Se non volevano sponsor perché alla fine hanno accettato - per fortuna! - le centinaia di migliaia di euro di Netflix, ovvero una temibile multinazionale? 

Sta di fatto che siamo in questa condizione (attenzione: non ci siamo arrivati subito, prima di questo i geni al Campidoglio hanno fatto un altro bando - naturalmente andato deserto come specialità della casa insegna, leggete qui - dove chiedevano a eventuali mecenati di pagare spese, trasporto e albero senza comparire minimamente a livello di visibilità: stupendo, no!?) e bisogna dire che questa è la situazione ideale: l'albero sarà bellissimo, sarà associato ad una società amata da molti e celebre, il tutto sarà gestito da una compagnia di gestione degli spazi di pubblicità professionale e il Comune otterrà in cambio ritorni senza spendere alcunché di soldi pubblici. 

Dopo 30 mesi, ci sono arrivati. Se ci dessero retta sui mille altri suggerimenti che diamo ogni giorno forse tra 70 anni si potrebbe qui vivere in una città normale. In realtà in presenza di amministratori degni di questo nome ne sarebbero sufficienti 7...

20 novembre 2018

Vi racconto come (non) funziona la nuova raccolta differenziata a Torre Gaia



Qui da noi a Torre Gaia è partita da quasi tre mesi la raccolta differenziata. Dopo 10 settimane abbondanti ho pensato di mandarvi un report dal mio punto di vista. A riprova che anche le cose giuste (la raccolta differenziata spinta porta a porta, appunto) possono essere vanificate se fatte con poca organizzazione, poca precisione, troppa tolleranza per furbi e paraculetti. Importante discuterne dopo le vostre discussioni sul nuovo porta a porta per le utenze non domestiche
Sostanzialmente le modifiche principali della nuova raccolta sono due:
1. la sostituzione  dei vecchi cassonetti, ora sono uguali a prima solo che all'interno dovrebbero avere un chip con tecnologia RFID la quale permette, avvicinando il cassonetto al camioncino Ama, di identificare sia di chi è quel cassonetto sia l'avvenuto passaggio dell'operatore Ama. Ed ora ogni cassonetto (mastello) è associato ad un proprietario per condomini sotto alle 7 unità immobiliari, per condomini sopra le 7 unità immobiliare il bidoncino è associato all'amministratore di condominio.
Addirittura in caso dovessero rubare il mio mastello privato, dovrei denunciare il furto ai carabinieri per richiederne uno nuovo.

2. il calendario di raccolta è cambiato, prima prendevano carta, plastica, e indifferenziato 2 volte a settimana, ora la prendono 1 volta a settimana. E l'umido 3 volte a settimana che è rimasto come prima. Quindi se non passano a prendere la plastica 1 volta, bisogna mettere dentro casa (i più civili, altri lasciano in strada) il bidoncino pieno di plastica pregando che vengano la settimana dopo.
Il 7/7/2018, sono passati da tutti i residenti un operatore con tesserino Ama e due persone che lavoravano per una ditta appaltatrice per la consegna dei kit, queste persone avevano un'elenco con le persone che risultano nei tabulati Ama perché pagano la tassa e dovevano segnalare chi non risultava. 
Ad esempio nel mio palazzo di 5 condomini, risultavo io e solo io. Il mio vicino, appena trasferitosi, si è autodenunciato evitando delle multe più pesanti. Gli altri hanno fatto finta di niente: continueranno a non pagare.

A settembre è partita la nuova raccolta con i nuovi orari di ritiro. Dove, secondo locandine consegnateci, i mastelli devono essere esposti tra le ore 19 e le ore 21 e ritirati dopo l'avvenuto svuotamento, entro e non oltre le ore 9 del mattino del giorno successivo.

Da settembre fino a due settimane fa, almeno da me hanno sempre ritirato la mondezza salvo 5 volte in 2 mesi circa. Quindi visto il servizio medio a Roma, non mi posso lamentare. Salvo nell'ultima settimana dove è la 4 volta che non passano a prendere solo l'umido in tutta la zona, io personalmente non so più dove metterlo, per fortuna ho un garage... Ho fatto costantemente segnalazioni tramite portale Ama, ma niente.

La cosa che mi lascia perplesso è che gli operatori non avvicinano i mastelli al camioncino Ama, quando passano a ritirare, bensì lasciano i mastelli a terra, li aprono, prendono i sacchi con i rifiuti e li tirano dentro al camioncino. La mia domanda allora è: funziona questo chip RFID? Avranno i primi dati di raccolta? Misurano davvero?
Dalle foto si vede che sono presenti molti sacchi a terra senza bidoncino, quella è la mondezza delle persone che non pagano la tariffa e la gettano a terra lontano da casa perché sprovvisti di bidoncini. Semplicemente, in ossequio alla Teoria delle Finestre Rotte, gettano sporcizia dove è già sporco. Perché ancora non sono state multate le persone scovate dagli operatori che sono passati a censirci porta per porta?



Inoltre, per l'indifferenziato che viene ritirato 1 volta a settimana, è previsto per chi ha bambini piccoli - quindi deve buttare più indifferenziato - un modulo da inviare per mail, per avere dei sacchi dove gettare i pannollini. 
Io ho inviato il modulo 2 volte da settembre, ma nessuno mi ha mai risposto. Sono passato anche al centro Ama di zona a chiedere info e mi hanno detto che finché non mi chiamano non possono darmi le buste per gettare i pannolini. Kafka.
Ultimo elemento di caos che umilia l'approccio civico - che pure ci sarebbe - di molti cittadini. Qui da noi al parcheggio di Grotte Celoni, sulla Casilina organizzano 1 volta al mese o forse più l'isola ecologica mobile, c'è gente che va per buttare le cose ma deve attendere code di auto che attendono il proprio turno, so di persone che perdono pazienza e chissà dove vanno a buttare...

Conclusione: con una azienda organizzata la raccolta differenziata dei romani schizzerebbe al 75% (questo non vuol dire che si potrebbe stare senza termovalorizzatore, intendiamoci!) perché l'approccio delle persone è buono e collaborativo e i pochi cafoni tendono ad adeguarsi alla massa. Però abbiamo Ama...
LETTERA FIRMATA

18 novembre 2018

Finalmente i grillini ne fanno una giusta: parcheggi a pagamento anche per residenti

Anche se il 99% dei romani (d'altro canto la città è nelle condizioni in cui è perché ha la cittadinanza che si ritrova) penserà ad un paradosso, noi non stiamo scherzando affatto. Il provvedimento annunciato nei giorni scorsi sul pagamento della sosta sulle strisce blu anche per i residenti è un provvedimento sacrosanto che va nella direzione giusta e nella direzione da noi auspicata da ormai 10 anni. Tra l'altro un provvedimento - visto il livello infimo della cittadinanza - molto impopolare e dunque coraggioso, che fa onore a chi lo propone.
Un provvedimento che va dunque nella direzione di combattere una delle malattie, forse la principale malattia, della città: l'eccessivo possesso-per-abitante di autovetture private. E l'abuso della loro presenza - quasi sempre stanziale - su suolo pubblico.

Il suolo pubblico - questo vale per tutte le città - non solo è una cosa sacra e preziosa, ma è la principale risorsa, il cespite primario di una città e della sua economia pubblica e condivisa. Il terreno la maggiore fonte di introito per una amministrazione locale che poi, con i denari incassati, può permettersi di erogare i servizi essenziali in special modo a beneficio di chi ne ha più bisogno e dunque alla parte più debole della città. Ogni centimetro di suolo pubblico, dunque, deve essere messo profondamente e oculatamente a reddito e deve fruttare il più possibile all'amministrazione e dunque alla collettività. E i comuni in effetti tendenzialmente lo fanno: dalle insegne ai tavolini dei bar, dai cartelloni pubblicitari alle impalcature temporanee per i lavori su palazzi e facciate passando per cantieri, sviluppi immobiliari e urbanistici. Tutto paga, spesso profumatamente. Non si capisce dunque perché l'unico oggetto appoggiato sul suolo pubblico che non debba pagare sia l'automobile. Una stortura che ha creato tragedie urbanistiche: visto che non costa nulla, molte famiglie hanno comprato seconde o addirittura terze auto completamente inutili, lasciate sul suolo pubblico spesso settimane o mesi senza essere utilizzate. Tanto è gratis. Ecco come si arriva alle 80 vetture per 100 abitanti che si ritrova Roma che sono - sia ben chiaro - solo in parte giustificate dalla penuria di mezzi pubblici e anzi in parte non ne sono l'effetto bensì la causa: i mezzi pubblici di superficie sono lenti e poco puntuali proprio perché restano incagliati tra le auto parcheggiate (è storia di tutti i giorni) e congestionati tra le auto in movimento. E dunque è chiaro che la sosta in superficie non deve e non può essere mai più gratis: finalmente il Comune di Roma, dopo anni di politiche scellerate, sembra averlo capito partendo con una sperimentazione su alcune strade già da Natale.

Ovviamente chi possiede una vettura perché davvero (davvero!) gli occorre e la usa al mattino per andare al lavoro e ritorna la sera neppure si accorgerà della novità visto che le ore di pagamento sono quelle centrali della giornata (8-18). Il provvedimento non c'entra nulla con i "normali" possessori di vetture e non ha nulla a che spartire con l'offerta ottimale o scarsa (purtroppo la seconda che hai detto!) di trasporto pubblico locale. Se ne accorgerà invece chi lascia sul suolo pubblico vita natural durante auto che non usa o usa troppo poco per giustificarne il possesso interpretando il suolo pubblico come proprio garage: queste auto finalmente dovranno anche loro contribuire, risarcire la collettività sulla quale gravano quotidianamente occupando fior di metri quadri h24. È la cosa più normale e corretta del mondo. 

I romani hanno reagito come solo loro sanno fare: "e le macchine dove ce le mettiamo???". Come se il problema della custodia di un elettrodomestico privato fosse da scaricare sulla collettività. Come se una famiglia di quattro persone che vive in 40mq comprasse un grande congelatore a pozzetto o un frigorifero enorme di quelli americani e poi, non potendo metterlo in casa viste le eccessive dimensioni, lo piazzasse sul marciapiede fuori dal portone calando l'alimentazione elettrica dalla finestra. Non funziona così: se non hai spazio forse il mega congelatore non te lo compri o te lo compri molto più piccolo in modo tale che possa entrare nella disponibilità di spazio che possiedi, senza invadere lo spazio di tutti. Stessa cosa per la macchina, se vuoi possederne una devi provvedere a tante cose: l'acquisto della macchina stessa, il carburante, i controlli e i tagliandi, il bollo e l'assicurazione, l'olio, i pneumatici, il carrozziere e l'elettrauto quando occorrono e il luogo dove riporla quando non la usi. Se proprio insisti a lasciarla nello spazio pubblico, nello spazio di tutti, allora per il disturbo devi pagare come pagano TUTTI coloro che occupano lo spazio pubblico. 

Non fa una piega, ma a Roma questo ragionamento genera crisi isteriche surreali a tutti i livelli, nevrosi che accomunano persone di tutti i livelli, tutti i credo politici, tutti i quartieri, che vanno dal "prima dammi alternative" (incuranti delle migliaia di box auto sfitti in città, spesso per la disperazione dei proprietari trasformati in supermercati o palestre) al "ma io già pago le tasse" (come se le tasse di possesso fossero la stessa cosa di ipotetiche tasse di occupazione di suolo pubblico) fino ad arrivare al "per me la macchina è indispensabile, dunque il parcheggio deve essere gratuito" (anche mangiare è indispensabile, ma quando vai a comprare cibo non è affatto gratuito). Insomma provate a chiedere in giro e scoprirete che la gggente di tutti i ceti e i censi la pensa allo stesso modo: far pagare i residenti è una follia, peccato che sia invece un provvedimento inattaccabile e che semmai va reso più ampio e strutturale.

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Ovviamente questo ragionamento non scagiona il Movimento 5 Stelle e i suoi 30 mesi di profondo malgoverno. Sulla mobilità infatti il Movimento poteva fare e non ha fatto nulla. Anzi sovente ha fatto passi indietro. Vediamo qualche punto. 

- Il provvedimento delle strisce blu a pagamento per i residenti sarà operativo solo in alcune strade. Questo è surreale e non servirà ad altro che a spostare il problema da una strada ad un altra. Il tizio che teneva la sua terza auto ferma un mese su Viale Libia, da domani lo farà aspettando che si liberi un posto in una traversa e occupandola per tutto il tempo che vuole. IL PROVVEDIMENTO DEVE INTERESSARE TUTTE LE STRADE, ALTRIMENTI SARÀ VANO SE NON CONTROPRODUCENTE.

- Le ZTL andavano allargate e ne andava inasprito l'orario (oggi alle 18 entrano cani e soprattutto entrano porci), non si fa per non irritare l'atteggiamento suicida dei commercianti del centro.

- Le zone pedonali nuove quasi non esistono salvo poche eccezioni piccolissime, dopo 4 mesi dall'elezione Marino aveva già pedonalizzato i Fori cosa che era oggetto di ridicoli dibattiti da 35 anni.

- L'attuale politica della sosta è ancora vittima delle malsane e tossiche decisioni di Alemanno che introdusse gli abbonamenti giornalieri e mensili rendendo vano il ruolo stesso delle strisce blu. Solo eliminando gli abbonamenti e aumentando il costo delle strisce blu (costano un terzo che del resto d'Italia!!!) si abbatterebbe il traffico in città del 10 per cento. A costo zero. Anzi guadagnandoci, diteci voi! Marino ovviamente fece immediatamente questo provvedimento ma associazioni senza scrupoli procedettero ad un esposto e il Tar con una sentenza assurda ("non si può aumentare il costo del parcheggio perché i romani non sono abituati a usare i mezzi pubblici" scrissero i giudici) bloccò tutto, è sufficiente ripartire da lì, correggere le cose impugnate, e andare avanti. Meleo si è tenuto il provvedimento nel cassetto per un anno.
Oltre a questo l'area con strisce blu va aumentata e di molto, oggi è ridicola e, tra le altre cose, ignora la presenza della Metro C per tacere del fatto che il centro storico, anche dentro la ZTL, è pieno di assurde strisce bianche a profusione: alle 18 si entra si posteggia gratis a pochi passi da Piazza Navona. Una roba simile esiste solo a Roma. Ricordiamoci come abbiamo ampiamente spiegato da anni e anni che la presenza e l'aumento delle strisce blu è un beneficio anche per chi è costretto a pagare. 

- Non si è fatto nulla sulla sicurezza stradale tanto che i morti si apprestano a raddoppiare. Un'autentica carneficina che si potrebbe diminuire (così hanno fatto a Milano) con una politica repressiva intelligente, ad esempio installando autovelox. Zero anche su questo. Se si impongono - come è giusto fare - maggiori regole, poi bisogna valorizzare chi le rispetta sanzionando senza pietà chi le viola.

- Quasi zero anche su preferenziali, fondamentali per rendere più sexy il traporto pubblico rispetto all'auto: pochissime le strade protette dopo 30 anni. Quelle pochissime funzionano benissimo e dunque fa ancora più rabbia che non si sia proceduto in maniera massiva. Un filo meglio sulle ciclabili, ma l'unica novità è la pista leggera sulla Tuscolana.

- Velo pietoso sulle metropolitane. Dopo essere stati a lungo contrari a dopo essere stati sbugiardati dalla democrazia diretta della città (la gente le vuole più di ogni altra cosa), i pentastellati ancora non hanno deciso su Metro C, mettendo a rischio anche parecchi finanziamenti. Idem su Metro D che rimane un'utopia. Sulle nuove tramvie anche nulla di nulla salvo la riproposizione a babbo morto di qualche linea già impostata dal piano di Ignazio Marino. Ma al di là delle metropolitane il velo pietoso andrebbe sparso su tutta la gestione dell'Atac come sappiamo.

- Importanti anche le mancanze sul lato dei controlli e sanzioni. L'arrivo degli honesty al governo della città poteva far presagire un cambio radicale dell'approccio delle forze dell'ordine capitoline all'annoso problema dell'indisciplina diffusa. E invece niente, tolleranza più di prima. Sulla mobilità peggio che mai: parcheggi in doppia fila, in curva, sulle strisce, dentro le rotatorie, sui marciapiedi, nelle isole pedonali e hai una percentuale di farla franca vicina parente del 100%. Coi grillini uno si aspettava una città disseminata di pattuglie con lo Street Control in modo da essere praticamente sicuri di pigliare la contravvenzione posteggiando in mezzo alla strada. Non hanno fatto nulla e la cafonaggine è ulteriormente dilagata. Oggi si chiede a chi si comporta bene di pagare (giusto) ma si tollera chi si comporta male (profondamente sbagliato) di fatto spingendo i cittadini a trasformarsi in pessimi cittadini. Un danno enorme. Oggi con un giusto inasprimento delle strisce blu si dovrebbero avere ausiliari spietati e multe a raffica. E invece il rischio che a pagare anche questi corretti aumenti siano solo coloro che hanno una coscienza.

- Ultima ma non ultima è la mancanza di visione su uno degli elementi più strategici di tutta questa partita: i parcheggi interrati. Tutte le critiche che abbiamo evocato sopra da parte dei romani a qualsiasi cambiamento che punti a modificare la loro città-favela (la favela sarà anche degradata, ma vuoi mettere il gusto di far quel che ti pare h24!?) potrebbero essere rispedite al mittente semplicemente se ci fosse una serie offerta di sosta in struttura. I parcheggi però non si fanno e quando si fanno si fanno male e coinvolgendo società improbabili. Invece realizzare parcheggi interrati è un vantaggio enorme per tutti: si riqualificano strade e piazze (pensate a Piazza Cavour, unica piazza europea della città grazie ad un parcheggio), si tolgono le auto dalla superficie, il Comune incassa milioni e milioni in oneri concessori da reinvestire su arredo urbano e ciclabilità e si possono dare servizi di qualità: car sharing, scooter sharing, in struttura possono essere trasferite le officine che oggi anomalmente occupano fondi commerciali così come i distributori di benzina. Insomma davvero una strategia ampia che oggi è totalmente ferma, dando adito alle sciocche voci di chi "vabbè, ma la macchina ndo a mettemo?".

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Questa amministrazione, insomma, ha fatto danni economici, sociali e politici che la città pagherà nei prossimi 40 anni. Contro di questi nessun cittadino ha detto nulla. Quando si è trattato di provare a cambiar faccia al trasporto pubblico nessun cittadino si è presentato a votare un referendum. Ora però che si tratta di rinunciare a qualche ingiusto e ipotetico privilegio riguardante la propria maghina sembra che stia per scoppiare una rivoluzione. Una cittadinanza semplicemente raccapricciante che merita il peggio. Il peggio. E che non potrà mai farcela a salvarsi da sola. Veniteci ad aiutare, salvateci da noi stessi. 

14 novembre 2018

L'invasione dei bidoncini. L'ultima assurdità di Ama sulla differenziata non domestica



 


Come al solito nessuno ne sta parlando (caro Di Maio, il problema dei giornalisti è che vi attaccano poco, non che vi attaccano troppo!) ma Sora Pinuccia con la magica dirigenza dell'Ama hanno preparato l'ennesimo biscottino alla città che andrà a rendere ancor più raccapriccianti e orribili le nostre strade dopo il bel regalo degli assurdi bidoni gialli per la raccolta degli abiti usati.

Cosa è successo? Dal mese di novembre - dopo l'aggiudicazione del grosso bando di gara (oltre 150 milioni di euro) che trovate qui - Ama ha affidato alle società vincitrici Sangalli, Avr, Sarim e Multiservizi il servizio di raccolta porta a porta dei rifiuti anche alle utenze non domestiche. Significa qualcosa come oltre 80mila utenze che vanno dagli uffici, gli studi professionali, gli esercizi di ristorazione (quasi la metà del totale) e poi anche sebbene con una modalità ad hoc scuole e mercati.

Di per se l'approccio è giusto. Questi esercizi, che prima sversavano direttamente i loro rifiuti nei cassonetti, devo avere una raccolta puntuale e misurata. Bisogna capire quanto effettivamente producono in termini di chilogrammi (oggi a Roma ancora si paga in base ai metri quadri, semplicemente assurdo) e bisogna spingerli a differenziare il più possibile i rifiuti. Bene ad esempio che i bidoncini abbiano tutti un tag con codice a barre per gestire i big data utili a migliorare il servizio. Oltre a questo bisognerebbe controllarli e sanzionarli anche perché ad oggi in assenza di controlli, multe e sanzioni, cosa vieta ad un ristoratore di continuare a buttare cose nei cassonetti normali per far "pesare"  un po' meno i suoi bidoncini? Infatti già lo fanno! A Prati un ristoratore ha i suoi bidoncini, ovviamente abbandonati sul suolo pubblico e opportunamente lucchettati, e ogni mattina presto sversa i suoi rifiuti nei cassonetti regolari. Così quando in giornata la ditta viene a ritirare i suoi rifiuti il peso risulta minimo e la tariffa probabilmente gli si ridurrà. A spese di tutti. La totale disorganizzazione porta a questo. 

Fermo restando l'approccio giusto, dunque, come ha deciso di procedere Ama? Ovviamente all'insegna del caos a dar credito ai commercianti che sono piuttosto disperati dopo qualche giorno dall'inizio del nuovo servizio. La raccolta si espleta come detto tramite bidoncini. Giusto che sia così. Ma ogni esercizio commerciale non ha un bidoncino (dentro al quale mettere la busta dell'umido, della plastica, della carta differenziando per colore dei contenitori) bensì qualcosa come quattro bidoncini. Avete capito bene: ad ogni bar o ristorante sono stati consegnati e posizionati quattro bidoncini come potete vedere dalle immagini. 

Come risolvono a Milano? I bidoncini degli esercenti vengono posizionati dentro a dei cavedi appositamente ricavati (il regolamento edilizio di Milano è altra cosa rispetto a quello di Roma e i condomini devo avere spazio per i rifiuti essendoci la differenziata da oltre vent'anni, e anche spazio per i bidoncini dei negozi che insistono nel condominio) nei cortili dei palazzi, si mettono fuori la sera, si rimettono dentro al mattino presto. Se qualcuno sgarra il condominio viene multato. Selvaggiamente multato! Insomma, organizzzione.

Il risultato nelle strade in cui il servizio è iniziato è semplicemente surreale. I marciapiedi si sono riempiti di bidoncini, così i dehors (la gente prende il caffè in mezzo ad una discarichetta...). Nessun commerciante - benché presumibilmente la cosa sarebbe obbligatoria, per lo meno ce lo auguriamo - ripone i bidoncini all'interno dell'esercizio ma questi ultimi sono collocati nello spazio pubblico. Le strade hanno cambiato faccia dall'oggi al domani e questo interesserà tutta la città a brevissimo. 
Da Prati all'Esquilino ogni percorso è ormai caratterizzato da un panorama all'insegna della plastica colorata (oggi sono nuovi e fa freddo, domani saranno vecchi e puzzeranno di cadavere). Dovunque. Ovviamente la disinformazione vuole che non si sa l'orario preciso in cui la società di raccolta passerà a svuotare per cui, per non sbagliare, i cassonettini vengono lasciati sempre fuori. H24. Sotto le finestre dei condomini, sui marciapiedi a restringerli, vicino ai tavolini all'aperto, al posto di regolari posteggi auto. Molti commercianti non li vogliono proprio vicino o di fronte al negozio e dunque li mettono un po' distanti. In molti quartieri dove si è finalmente eliminata la piaga dei cassonetti normali e dove i residenti si tengono dentro al condominio i loro bidoncini ora si è tornati ad avere cassonettini per strada, il colmo dei colmi. Se poi si pensa che questo porterà agli esercenti ad avere probabilmente degli sconti sulla TARI il colmo si colma ulteriormente. Sconto per far tornare il degrado sul suolo pubblico!? Roba da guerra civile. 
Un casino che la metà basta. Nelle altre città (Milano come detto ma anche Madrid, Parigi) ci sono i bidoncini? Certo che ci sono, ma sono gestiti con orari precisi, non stanno fuori tutto il giorno (altrimenti giù multe!), vengono messi fuori solo nel tempo necessario - solitamente la notte e poi vengono ritirati la mattina - per il ritiro dei rifiuti e poi riposti all'interno.
Ma anche se domani ci fosse un timing preciso di orari di ritiro, comunque quasi nessun esercizio commerciale avrebbe la possibilità di mettere all'interno un grappolo di quattro (!) bidoncini. Pur anche fosse previsto, sarà pressoché impossibile obbligare i commercianti a ricoverare questi bidoncini all'interno. Tra chi non ha spazio e chi non ha voglia (divisi equamente a metà) nessuno lo farà. E nessuno sarà nelle condizioni di sanzionare.

Ovviamente queste migliaia e migliaia di metri quadri di suolo pubblico rubati alla città si assommano al suolo pubblico rubato dai cassonetti normali (che comunque rimangono rendendo peraltro assurdo il progetto: la differenziata porta a porta spinta funziona solo se è l'unica opzione, ma se lasci comunque i cassonetti è un cavolo e tutt'uno), si assommano al suolo pubblico rubato dai bidoni gialli dei vestiti (altra follia di questa amministrazione) e si assommano al suolo pubblico rubato dalle auto in sosta e in sosta selvaggia. Tutte le città del mondo col suolo pubblico fanno altro (verde, arredo urbano di qualità, servizi, eventi, pedonalità), mentre Roma continua ad usare questo che è il suo più grande valore come discarica e parcheggio a raso. Una tristezza infinita.
"Il primo obbiettivo di questo nuovo progetto" ha dichiarato Ama qualche settimana fa presentando la novità "è migliorare il decoro delle strade". Beh, fatevi una passeggiata.


11 novembre 2018

7 motivi per cui il referendum non è andato così male come sembra

Molta gente è arrabbiata, delusa, inviperita contro i propri concittadini per i risultati poco lusinghieri dell'affluenza del Referendum. Noi non lo siamo poi granché, non più del solito insomma.
Sia perché abbiamo una tale bassa considerazione degli abitanti di questa città (se Roma è ridotta così è perché è piena di gentaccia, altrimenti nessuna - nessuna! - città si riduce a questi minimi termini se dotata di una cittadinanza un minimo decente e relativi anticorpi) che nutriamo sempre aspettative contenutissime, sia perché non consideriamo poi così male (le previsioni parlavano di un 12% di affluenza) i risultati così come emersi dalle urne quest'oggi. Lo spieghiamo in questi sette punti.


1. Il referendum è stato sabotato a livello di comunicazione e di dibattito dalla più squallida e raccapricciante amministrazione che la città abbia mai avuto, per meri motivi clientelari oltre che - ed è peggio - ideologici. Una confusione montata ad arte per affossare, con le solite strategie di comunicazione studiate dalla Casaleggio: studia il mercato, individuane le debolezze, colpisci.

2. Il referendum si sarebbe dovuto votare assieme alle elezioni politiche del 4 marzo (come richiesto a gran voce dai promotori), questo ci avrebbe permesso di risparmiare denaro e disagi (domani le scuole resteranno chiuse, dopo le ridicole chiusure dell'amministrazione "causa vento" di qualche giorno fa) e di avere un quorum elevatissimo, ma l'amministrazione rivoltante di cui sopra ha deciso di sposarlo in una data perfetta per farlo fallire.

3. Il referendum era molto tecnico, molto specifico, molto direzionato ad una specifica fascia di utenza sempre più debole, sempre più composta da stranieri (privi del diritto di voto), sempre più fatta di gente che vive fuori dai confini del comune, e sempre più rarefatta perché in questi anni di dramma-Raggi moltissimi cittadini sono dovuti passare dal mezzo pubblico al mezzo privato.

4. Sia dal Movimento 5 Stelle, sia da altri disgustosi partiti italiani (Lega, ma anche quel che resta di spazzatura politica tipo Leu), si è agito in maniera sconsiderata mistificando il quesito. I referendum hanno il pregio di essere chiari: aborto si, aborto no; divorzio si, divorzio no e così via. Qui si parlava di "gare sì \ gare no" per l'assegnazione del servizio di trasporto pubblico. Punto. Far restare Atac pubblica o non pubblica non c'entrava niente, così come non c'entravano niente le presunte privatizzazioni. La peggiore politica da una parte ha negato visibilità e dibattito alla consultazione, dall'altra ha disinformato ad arte. Sono i metodi putiniani e neofascisti di questa nuova classe dirigente che punta tutto sui cittadini ignoranti. Il popolino bue è il loro brodo di coltura, finché ci sarà ignoranza diffusa loro saranno fortissimi e imbattibili. Guardate i risultati del VI Municipio: solo il 9% delle persone è andato a votare. Tor Bella Monaca ormai è la Scampia del Movimento 5 Stelle. Più le persone sono disperate, povere, ignoranti, in difficoltà, prive di visione e speranza per il futuro, più la narrazione infame e meschina di questa nuova classe dirigente senza scrupoli attecchisce alla grande.
Questa continua mistificazione sulla "privatizzazione" e sull'ingresso dei privati ha ingrossato poi anche la percentuale di NO sulle schede. Ovviamente non è all'ordine del giorno nessuna privatizzazione ne tanto meno un ingresso di operatori privati a Roma. Si è parlato molto della società Roma TPL dicendo che a Roma già i privati ci sono e funzionano male. In primis non funzionano male ma funzionano come e forse un pelo meglio di Atac, in secundis Roma TPL non è affatto semplicisticamente privata. E' ovviamente una società di diritto privato (lo è anche Atac!) ma gli azionisti, così come per Atac, sono in buona parte parte pubblici. Roma TPL altri non è, semplificando per fare un paragone, che l'Atac dell'Umbria visto che questo è il principale azionista. Quale privato e privato? Questo per dire come si è lavorato per ingannare gli elettori.
Ma il grande raggiro riguarda anche e soprattutto i dipendenti Atac, i primi sponsor della vittoria del NO o del fallimento del referendum. Le prime vittime sono loro. In caso di messa a bando del servizio avrebbero potuto beneficiare della riassunzione in qualche società seria che sarebbe venuta a gestire il trasporto pubblico a Roma; così restano legati ad Atac, una società clinicamente morta che da un giorno all'altro può crollare su se stessa generando migliaia e migliaia di disoccupati. A questo punto se lo meritano, intendiamoci, me pensate come sono stati ingannati anche loro... Ad ogni modo a restare a casa sono abituati, visti i tassi di assenteismo neppure paragonabili con i loro colleghi in altre città italiane.
Rapporto tra votanti al Referendum e votanti per il M5S alle scorse Regionali. Più c'è malaffare e degrado più si vota come dice il M5S, ecco perché la città deve essere sommersa di immondizia e povertà perché solo la gente tenuta in queste condizioni è disposta a votare per atroci partiti populisti

5. Il referendum è fallito solo perché con un colpo di mano il Comune ha reintrodotto un quorum fake visto che il quorum è stato abolito per tutti i referendum di questo tipo. Per tutti ma non per questo ovviamente. Il M5S sono 10 anni che predica che bisogna abolire i quorum a tutti i referendum perché loro sono per la democrazia diretta, urlano che il quorum è un furto di democrazia (leggi qui e schiuma di rabbia), ma qui come al solito ha fatto il contrario di quello che ha detto. Del resto sono anni che predicano l'onestà e invece sono i più imbroglioni e bugiardi di tutti...
Su questo i Radicali hanno pronto un ricorso e auguriamoci che lo vincano: le scorse elezioni municipali nei municipi in cui le ridicole giunte pentecatte erano saltate (l'VIII Municipio, il III Municipio...) hanno visto affluenze inferiori al 30%, e si tratta di elezioni determinati per la qualità della vita dei cittadini, con eletti, presidenti, giunte nuove da fare. Invece per un mero referendum consultivo si pretendeva un terzo degli elettori. Questo è semplicemente ridicolo.

6. C'è stata una giornata clamorosamente bella oggi a Roma. Se andavi a Villa Pamphili sembrava Ferragosto. Caldo, sole stupendo, cielo meraviglioso. Tanta gente in giro, per strada, nei parchi, fuori città. Dice: si ma al referendum si può votare pure di sera. Col cavolo! Al referendum si poteva votare fino alle 20 e basta! Chi era andato al mare o a fare una gita fuori porta ha dovuto rinunciare a votare causa orari di apertura seggi assurdi. Qualcuno (sono tanti gli habitué del voto all'ultimo) si è recato ai seggi alle 21 o alle 22 trovandoli chiusi. Se guardate i dati dell'affluenza ora per ora noterete un picco nelle ultime ore quando, dalle 16 alle 20 l'affluenza è passata dall'8 al 16 raddoppiando. Molto probabile un 20% si sarebbe raggiunto agevolmente con una normalissima apertura fino alle 22.

7. Nei seggi c'è stato caos e una brutta atmosfera. Pieno di personale Atac tra gli addetti alle urne, uno scandalo che potrebbe verificarsi solo a Roma. Tanta gente rimandata indietro perché priva di tessera elettorale, che però non era obbligatoria.


Ebbene in queste condizioni, e considerando il livello ormai infimo a cui è ridotta la cittadinanza romana (esiste una civilizzazione di pari livello al mondo? Esiste un tale assembramento di gentaglia? Di feccia autolesionista e protesa al suicidio sociale, economico, civile? Se esiste, se esiste in giro per il pianeta gente come i romani, ditecelo) aver portato a muoversi quasi 400mila persone è un risultato clamoroso, altro che storie.
Fatevi una risata confermando le vostre idee sul ritardo mentale di Sindaca & assessora ai trasporti andandovi a leggere i loro tweet post chiusura urne. Entrambe dimostrano, non che sia una sorpresa, di non essere state minimamente in grado di comprendere il quesito. Eppure era scritto in italiano semplice. Ma ormai la demenza si ostenta, non si nasconde più.
Il referendum voleva affermare un concetto molto semplice: i servizi non si danno ad una società per affidamento diretto, ma si affidano dopo una gara pubblica, europea, trasparente a chi dimostra di poterli erogare al meglio. Il M5S, invece, per alimentare le sue clientele elettorali ha rinnovato in maniera illecita l'affidamento diretto ad Atac nonostante il parere negativo dell'Anac.


Insomma, referendum o non referendum, continuare ad assegnare il servizio ad Atac è illegale (non che i pentecatti si vergognino a far robe illegali, intendiamoci: scrupoli zero quando si tratta di raccattare due voti in più) e bisogna procedere con delle gare. Lo dice Cantone in persona. Quanto ad Atac stessa, referendum o non referendum, l'azienda è morta. Morta! Solo questione di mesi o al massimo di settimane. In attesa ovviamente di qualche clamoroso incidente serio, perché per ora i morti ammazzati tra bus incendiati e scale mobili si sono scampati solo per miracolo.