28 agosto 2018

L'incredibile storia di Parco Aurora. Fanno uno stupendo giardino completamente a spese loro, ma il Municipio boicotta

La nostra storia inizia quando viene a mancare mia figlia Aurora (aveva 7 mesi) a causa di una grave e rara malattia nel dicembre del 2015.

Noi viviamo a Villaverde, un bellissimo quartiere in estrema periferia, confinante con la borgata Finocchio con torre Gaia e Tor Bella Monaca.
Villaverde sta più o meno lì... nel mezzo.
Quello che manca(va) a Villaverde -a dispetto del nome- erano gli spazi verdi dove potersi incontrare.

In via Gagliano del Capo c’era un terreno di qualche migliaio di mq “abbandonato a se stesso” (ci andavano gli zingari al bagno e molti ci buttavano la mondezza passando) che il Cdq stava cercando di recuperare. Era stato chiamato “parco archeologico villaverde”, questo in virtù di alcuni reperti archeologici sotterranei che pochi ricordano di aver visto ma che la soprintendenza dice ci siano.

Al tempo in cui Aurora è morta erano riusciti a farlo recintare e pulire e si iniziava a parlare di trasformarlo in un parco giochi.  Ovviamente non c’erano fondi a disposizione, quindi per il Momento oltre alla recinzione non si sarebbe potuto fare molto di più.

Quando perdi un figlio, ti ritrovi tuo malgrado in un limbo dal quale non uscirai mai più. 
La sola cosa che puoi fare è cercare di trasformare quel purgatorio in modo che sia il più “confortevole” per te.
Noi piuttosto di piangerci addosso pensammo agli altri bambini.

Per ricordare Aurora, con mia moglie Valentina, pensiamo quindi di acquistare un gioco (magari un’altalena) da regalare a quel parco (già all’epoca iniziava ad esser frequentato da famiglie senza che però ci fosse nulla), poi però mi imbatto in un articolo su internet in cui si parla del “crowdfunding “ e inizio a pensare che se fossi riuscito a coinvolgere qualche persona in più, magari invece di una piccola altalena, ne avrei messa una più grande.


Così in un pomeriggio, nasce la pagina “un parco per Aurora”, faccio un breve video dove “recitano” i fratelli di Aurora realizzo un sito in cui mi ripropongo di tener aggiornato al centesimo le donazioni e scrivere le varie iniziative e i nomi dei donatori.. e la campagna parte.

La faccio breve,  in quasi 4 mesi di campagna (8 gennaio-29 aprile compleanno di Aurora) la nostra iniziativa diventa “virale”, coinvolgiamo attori, tv, giornali e tantissime persone “normali” dal cuore enorme.
In moltissimi si innamorano di Aurora e della sua storia e -incredibilmente - donano migliaia di euro da tutto il mondo (Usa, Canada, Emirati Arabi Italia e ovviamente Roma).

Alla fine raccoglieremo 55000€ (euro più euro meno) ed il giorno del compleanno di Aurora li abbiamo regalati “virtualmente” al quartiere e al Comune di Roma.

All’epoca c’era la giunta Scipioni, che come ricorderete non stava passando un buon periodo. Il sindaco Marino era “caduto” da qualche mese, e Roma aspettava di conoscere chi l’avrebbe governata.

In tutta  questa confusione “politica” inizia il nostro iter “amministrativo burocratico” alla ricerca delle autorizzazioni per costruire il Parco Aurora.

Inizialmente commettiamo degli errori e perdiamo tempo.
Pensando a come muoverci ragioniamo con il presidente del Cdq, con quello del Consorzio Villaverde che il primo passo da fare fosse quello di ottenere l’ok a costruire da parte della Sovrintendenza (essendoci sottoterra dei reperti archeologici). Avviamo -autonomamente- l’iter con quegli uffici che va avanti per tutta l’estate 2016.

Erano ovviamente titubanti a far costruire un parco sopra dei “reperti storici”, tuttavia dopo numerosi incontri e “pacate” discussioni otteniamo l’autorizzazione a poter costruire il nostro parco su quel terreno. Sembrava ce l’avessimo fatta ma in realtà non era così. 

Quel parco, non era destinato ad essere un “parco pubblico” nel piano regolatore avrebbe dovuto essere un parco destinato a “servizi” che però - visti i vincoli della soprintendenza - mai avrebbero potuto ospitare nulla che fungesse come “servizio” per la città. Occorreva quindi trasformare la destinazione d’uso del parco da “servizi” a “parco pubblico”.

Di questa cosa, se n’era iniziata ad occupare la giunta Scipioni, in particolare con Pasquale Gidaro (all’epoca mi sembra di ricordare fosse assessore o consigliere) e che fra l’altro vive nel quartiere ed ha un ottima memoria storica.

Prima che la giunta decadesse, era riuscito a far approvare una delibera fondamentale che se utilizzata adeguatamente avrebbe abbreviato i tempi burocratici per il cambio di destinazione d’uso.

Arriviamo a settembre 2017, Roma ha un nuovo sindaco, siamo felici di vedere che sugli scranni del VI Municipio c’è una giunta composta da persone “come noi”, gente di borgata che viene dal basso con tanta voglia di fare. Sentiamo che con loro il Parco vedrà la luce in tempi brevi. L’inizio - fra l’altro - è dei più incoraggianti. 

Leggiamo che di lì a pochi giorni la commissione lavori pubblici del VI municipio si sarebbe riunita per la prima volta, così vado a presentarmi e a far conoscere il progetto. 

Fui lieto di vedere che la cosa fosse ben nota e ancora più lieto nel vedere come la commissione si rese disponibile sin Da subito ad appoggiare il progetto.

Nel giro di poche ore dalla mia visita, venni contattato per prender parte ad una nuova commissione in cui si sarebbe parlato solo del Parco.

A questa commissione ne seguirono altre dov’è venne focalizzato un percorso da seguire (ammetto che questo modo di lavorare mi piaceva, non si navigava a “vista”) che trovó il suo apice quando venne indetta la prima “conferenza dei servizi” fatta apposta per il parco.

La conferenza dei servizi è una riunione in cui allo stesso tavolo si ritrovano i vari dirigenti degli uffici pubblici con i politici, affinché in poco tempo si inquadrino le problematiche e si risolvano più velocemente.

Bene la nostra conferenza andò deserta.
Allo stesso tavolo ci ritrovammo sempre i soliti, la commissione LLPP, il presidente del Cdq, gli esponenti dell’opposizione pochi altri.
Mancavano i dirigenti di alcuni uffici - come il Simu - indispensabili per avere delle risposte chiare.

Quel giorno però accadde una cosa fantastica che non dimenticherò mai. Il presidente Agnini, chiamò il responsabile del Simu che non era potuto venire (mancava una macchina di servizio) e disse che saremmo andati noi da lui. Così facemmo. Al Simu ci venne detto che sarebbe stato possibile fare il cambio di destinazione d’uso del Parco a condizione che il municipio ne facesse richiesta “ufficialmente”. In sostanza avrebbero dovuto emettere una delibera consigliare in cui avallavano questa cosa.

Siamo più o meno a novembre del 2016. Onestamente credevo sarebbe stata una cosa molto semplice, sarebbe bastato riunire il consiglio municipale, deliberare questa cosa, protocollarla e mandarla al Simu. Bene, qui iniziano i veri problemi.

Fino a quando si trattava di “dover parlare”, la giunta si è resa disponibile, quando si è iniziato a dover mettere per iscritto le cose (e quindi occorreva che qualcuno si prendesse delle responsabilità) i dubbi iniziarono a farsi avanti, e con essi la perdita di tempo.

Prima la Commissione aveva pensato di coinvolgere il consorzio Villaverde chiedendogli di provvedere con i loro fondi a fare il parco; il consorzio per dire ufficialmente che non aveva i fondi in quanto vincolati per possibili beghe legali del centro polifunzionale che stava sorgendo a pochi passi dal Parco Aurora c’ha messo comunque del tempo. 
Poi mi proposero di “cambiare parco” e costruire il Parco Aurora in altra zona come ad esempio Ponte di Nona.
Ovviamente rifiutai.

Poi mi venne paventata la necessità di “fare una gara d’appalto” per poter appaltare la costruzione del Parco (ma ovviamente questa richiesta non aveva senso essendo io un privato che non donava soldi ma beni e la cosa finì lì) fino a quando la cosa andò in stallo perche quella famosa delibera consigliare con la richiesta del cambio di destinazione d’uso non si riusciva a fare. 

Ogni volta c’era un problema che la faceva rimandare.

Poi però dopo un ennesimo sfogo sulla pagina Facebook in cui spiegavo il problema, vengo contattato da Gidaro che mi disse: “guarda che quella delibera l’avevamo fatta noi non potemmo mandarla avanti perché decademmo come giunta pochi giorni dopo ma è valida, scaricatela da internet e portagliela che devono accettarla”. È così arriviamo all’ultimo incontro in cui ci siamo seduti allo stesso tavolo.

Ricordo che erano presenti Agnini, Ilaria, e diversi altri.
La riunione era iniziata con le solite storie, che si stava cercando di capire come avrebbero dovuto “scrivere” questa delibera. Poi interviene mia moglie e dice, scusate ma perché non mandate avanti questa, è pronta. E mostra la delibera fatta dalla giunta Scipioni.

Al di là dello stupore e del lasciare intendere che quella delibera fosse stata “tenuta nascosta” chissà per quale ragione (noi l’abbiamo trovata in 5 minuti su internet nel sito del municipio) si decide di accoglierla e ovviamente modificarla qualora ce ne fosse stata la necessità e farcela avere entro il 31 dicembre 2016.

Ricordo bene questo impegno, perché glielo strappai con un po’ di fatica, considerando che eravamo intorno a metà di dicembre.

Bene la delibera alla fine è arrivata, ovviamente non utilizzarono quella che già c’era, ne fecero un’altra pressoché identica alla precedente ma con firme nuove. 

Chiaramente non arrivò per il 31 dicembre ma per febbraio 2017 cosicché perdemmo altri due mesi.

Da quell’incontro di dicembre fino ad ottobre 2017 (giorno dell’inaugurazione) io non ricordo di averli più incontrati, mi sentivo con Agnini raramente tramite whatsapp ma nulla di più. 

Da quel momento i rapporti con i vari dipartimenti li prendemmo in mano io e il presidente del Cdq Villaverde, se fosse stato per il municipio avrebbero aspettato tranquillamente che i vari dipartimenti seguissero il loro iter (esattamente come sta accadendo ora per la fontanella) con i tempi che ci sarebbero voluti.

E invece, grazie alla disponibilità di persone coscienziose trovate al Simu, al Pau e nel servizio giardini nel giro di pochi mesi abbiamo avuto l’ok ad iniziare i lavori (partiti a fine agosto 2017) ed arrivare all’inaugurazione il 21 ottobre 2017.

La “resa dei conti” c’è stata il giorno dell’inaugurazione. Per prima cosa non inviarono nessuno (dico NESSUNO nemmeno un usciere) a presenziare al taglio del nastro. Il motivo era valido, andò a fuoco un asilo nido il giorno prima e il presidente era impegnato in questa cosa tuttavia non trovate una persona disposta a presenziare in vostra vece? 

Sono poi venuti nel tardo pomeriggio quando la festa stava per concludersi. 
Vederli così soddisfatti mi rallegrava, mi chiesero di farci alcune foto vicino ai giochi, le solite cose... 
Poi però ebbi la pessima idea (col senno di poi ammetto che fu un passo falso) di chiedere di non pubblicare quelle foto sui vari profili dicendo che quella era “una loro vittoria” perché non era vero, era la vittoria in primis di noi cittadini che c’abbiamo scommesso e investito tempo e danari e poi -solo poi- una vittoria politica.

Apriti cielo, in due secondi si sono trasformati. 
Da lì è nata una discussione infinita conclusasi con l’abbandono in blocco della festa dei vari rappresentanti politici del Municipio e l’invio dopo nemmeno 20 minuti di una pattuglia dei vigili urbani che avrebbe dovuto far sgomberare il Parco (dove c’erano non meno di 4-500 persone di cui la metà bambini). 

Per fortuna, alla fine non ci sgomberarono e la festa (seppur rovinata) poté andare avanti.

Il giorno dopo sulle pagine Facebook di alcuni di loro  si parlava di “vile aggressione politica” avvenuta all’inaugurazione di “un Parco a Villaverde”, di “irriconoscenza”...

Chiaramente si erano guardati bene dal bloccarmi e cancellarono prontamente i commenti di persone presenti che controbattevano.

Il tempo passa, i nostri rapporti diventano inesistenti ma arriviamo al punto in cui ho necessità di dover riallacciare -mio malgrado - dei contatti per chiedere a che punto fosse la pratica della fontanella.

Si perché al Parco Aurora, nonostante il Comune non abbia speso un centesimo, manca una fontanella.

Nella delibera n 12/17 è scritto chiaramente che nel parco dovrà esser messa una fontanella, l’illuminazione notturna, ed altre cose. Il municipio tramite Agnini dice che non è compito loro.

Nel frattempo il presidente del Cdq (uno dei pochi che si sta veramente facendo il mazzo con me) cerca di andare a parlare con l’assessore ai lavori pubblici Margherita Gatta la quale si impegna a fare qualcosa entro breve (passa ovviamente altro tempo) poi Acea viene a fare il preventivo di spesa per installare questa fontanella (circa 2200€) e la palla passa nuovamente all’assessore Pinuccia Montanari e al Simu.

Io non posso far altro che tenere alta l’attenzione inviando mail ad Agnini (nel frattempo mi ha bloccato anche su Whatsapp e al telefono non mi risponde) chiedendo ai miei follower di scrivere alla sindaca (ne sono state inviate centinaia di mail) e informando gli utenti del Parco circa l’immobilita di questa giunta.


Ora nell’ultimo consiglio (vedi video) un consigliere chiede esplicitamente perché non viene installata la fontanella, e la risposta del presidente della Commissione LLPP è chiara e netta “Non occorre sollecitare la pratica che è al
Simu e ci metterà il tempo che ci vorrà.”

Adesso il problema principale della giunta non è cercare di recuperare alla figuraccia che stanno facendo, ma è quello di minacciarmi di querelarmi perché ho divulgato - a loro dire -  un video “artefatto” e scrivere sui social che il Parco era bloccato da anni e che se alla fine è stato aperto è grazie a loro.

Ricordiamo che il Parco è autofinanziato, viene manutenuto solo da volontari e il municipio si è perfino lamentato che mettemmo delle telecamere finte (che nonostante avessi chiesto un parere (favorevole) al garante della privacy mi hanno fatto togliere a scopo deterrente.

Quello che chiedo è che ci si muova affinché una benedetta fontanella venga installata al Parco. E che i politici alzino il telefono e rappresentino il nostro disagio è quello di centinaia di bambini che con questo caldo sono costretti a raggiungere una fontanella distante 400 mt o a portarsi l’Acqua da casa.
Guido Troianelli

23 agosto 2018

Tiberis a 20 giorni dall'inaugurazione. Spiaggia deserta, dintorni pericolosi, aggressioni rom

Ebbene sì, dopo una ventina di giorni dall'inaugurazione siamo tornati a Tiberis, la mitologica e famigerata spiaggetta lungo il fiume Tevere. Un errore sotto ogni punto di vista, uno degli ennesimi di questa amministrazione scellerata e caricaturale. La cosa l'abbiamo spiegata bene qui. E poi anche qui.

Pensavamo di trovare l'area in condizioni molto peggiori dopo le piogge dei giorni scorsi e invece tutto sommato la manutenzione regge. I problemi di Tiberis però sono altri e non sono pochi. In primo luogo la frequentazione. A Tiberis, è opportuno dirlo chiaro, non mette piede nessuno: la città sarà anche svuotata ma non si superano mai i 20 "clienti", specie dopo i primi giorni quando l'impressione di affollamento era aiutata dalla presenza di tanti entusiasti militanti pentastellati e dipendenti comunali. La desolazione vera. Sei o sette auto parcheggiate nel parking dedicato e una ventina di persone sotto. Campi da beach volley vuoti e un bambino (uno!) impossibilitato anche dal trovare un coetano con cui giocare. 


Il fallimento è davanti agli occhi di tutti sotto ogni lettura e sotto ogni aspetto. Danno di immagine, spreco di denaro e tutto quello che ne consegue. Si voleva fare un arenile? Bene, lo si faccia. Ma non è il mestiere e il compito del Comune, che non sa fare neppure il suo lavoro, figurarsi allestire uno stabilimento balneare. S'individui un'area, la si bonifichi, si predisponga tutto a livello burocratico, si faccia un bando e si consenta di realizzare il "prodotto" a chi è capace di farlo, a chi fa questo di mestiere e di professione. Magari, invece di spendere, si sarebbero incassati degli oneri di concessione e si sarebbero creati posti di lavoro veri permettendo ad una ditta del territorio di lavorare. Esattamente come viene fatto da anni lungo l'Arno a Firenze.


Questa tristezza e senso di scoramento è trasmesso in pieno dal primo video. Ma poi c'è il secondo video. Nel secondo video abbiamo fatto quello che tutti coloro sani di mente che visitano un nuovo posto farebbero: una passeggiata nei dintorni. Se vado al mare, chessò, a Anzio e non conosco per niente Anzio, dopo la spiaggia mi concedo un giretto nel paese, nel porticciolo, nel borgo antico o decidete voi dove. La stessa cosa abbiamo fatto con Tiberis simulandoci turisti o romani provenienti dall'altra parte della città curiosi e attratti dalla novità.

Abbiamo scoperto un quartiere raccapricciante ma con enormi potenzialità. Spazi vuoti davvero a non finire, funzioni interessanti (piscine pubbliche - abbandonate! -, spazi sportivi - occupati! -, università...) lasciate in abbandono, aree di potenziale sviluppo incredibili a pochi passi dal centro. Ci sono delle opportunità infinite lasciate senza esito, qui ci potrebbe essere uno sviluppo immobiliare, sociale, ambientale di qualità come è avvenuto in aree similmente disastrate di Milano. E invece è tutto fermo: zero progetti, zero visioni. 


E poi c'è una cosa grave. La percepite osservando il secondo video fino in fondo. Vedete quella Punto grigia? Dentro c'erano tre ragazzi rom giovani, sui 20 anni. Ci hanno fermato e ci hanno impedito di proseguire a filmare. Siamo a meno di 100 metri in linea d'aria da Tiberis, su una pubblica strada c'è un consistente campo rom pieno di bambini che giocano nella terra e in pozze d'acqua stagnante. Spazzatura dappertutto con addirittura intere vetture ricoperte di rifiuti. Una situazione fuori controllo ad un isolato dalla "spiaggia" comunale. È lo stesso campo che dà letteralmente il tormento agli studenti di Roma Tre che hanno le loro facoltà giusto qui di fronte. È lo stesso campo governato dal celebre Zorro probabilmente.


Spingere le persone, le famiglie, i bambini a venire in quest'area per "balneare" è da matti, è da irresponsabili. Prima bonifichi la zona, prima togli i pericoli, poi coinvolgi i cittadini a venirci. 

Qualche lettore dirà: nel video si vede solo avvicinarsi una Punto, non si vede nessuna aggressione ne tantomeno nessun campo rom. Già, vero. Perché per fortuna venendo arrivare quelle furie sgommando abbiamo avuto la freddezza di spengere il telefono. Sono serviti 10 minuti di dialogo con costoro per spiegargli che non c'era nulla contro di loro e per qualche strano miracolo telefonini e portafoglio sono stati risparmiati. Ma magari è vero, magari ci inventiamo tutto. E allora vi invitiamo a smentirci: andate a Tiberis, balneate, poi andate magari quando la spiaggia chiude verso le 20 a farvi una passeggiata nelle strade circostanti. Basta fare 100 metri, forse meno, andate verso Vicolo Savelli, verso Via della Vasca Navale e provate, come noi, a fare un filmato. Poi mandatecelo che lo pubblichiamo... Così vi renderete conto in che luogo l'amministrazione comunale vi ha invitato a villeggiare. E ci raccomandiamo: portatevi i bambini a spasso eh!

21 agosto 2018

Ecco perché Ponte della Scafa chiuso blocca mezza città e perché non si è fatto il nuovo ponte

Ostia, l'entroterra lidense, e Fiumicino. Prendile tutte assieme, come è giusto prenderle, e hai una delle più grandi città italiane. Roba da quasi top-10. Verona tipo, anche qualcosa di più. Ma stiamo su Verona che ci aiuterà nel ragionamento. 
Questa città, che possiamo chiamare Costa di Roma o Mare di Roma o Roma Marittima, totalizza 300mila abitanti, è dotata di un aeroporto tra i più importanti d'Europa, di un porto, speriamo presto di un porto per i traghetti e di molte altre funzioni. Questa città è percorsa da un fiume che si chiama Tevere. La città Roma Marittima si adagia, come tante città italiane, da una parte e dall'altra del fiume. Questo fiume è attraversato... da un ponte. Uno. Come nelle città medievali: c'è un ponte soltanto. Non si può interrompere, non lo puoi manutenere, non lo puoi bypassare. Perché è uno. Uno solo. Come se Verona, tagliata in due dall'Adige, offrisse a cittadini, auto, bici, merci, mezzi pubblici un solo ponte per andare di qua e di là: in realtà sono una dozzina abbondante, quasi quindici.

A Fiumicino e a Ostia, invece un ponte solo. Perché fare altri ponti altera l'ecosistema, perché fare altri ponti rovina l'ambiente, perché fare altri ponti è gentrificazione, colata di cemento, cattedrale nel deserto e cementificazione. Tutte le idiozie con cui vi hanno riempito il cervello per anni fino a farvici credere. Con la scusa del ritrovamento archeologico o della riserva naturale. Non c'è nessuna civilizzazione al mondo, da quando l'uomo esiste, che ha rinunciato alla propria stessa vita pur di tutelare i resti delle civilizzazioni precedenti. Un suicidio civico e sociale che si verifica invece in Italia, e ancor più a Roma, ogni giorno. Tutelare cosa poi, se gli scavi vengono abbandonati per mancanza di risorse dovuta proprio all'olocausto economico e di sviluppo di cui sopra?!
Astral chiude il Ponte della Scafa

Progetti per nuovi ponti non ce n'erano e non ce ne sono (mentre più a nord, come abbiamo raccontato, i progetti c'erano eccome ma sono saltati), ma per lo meno c'era eccome il progetto del rifacimento del Ponte della Scafa. Proprio per evitare che da un momento all'altro - magari sull'onda dell'emotività nazionale dovuta ai fatti che sappiamo - qualcuno decidesse di chiuderlo per non pigliarsi più responsabilità superiori al dovuto. E invece così è andata: Astral ieri ha chiuso il Ponte della Scafa non si sa per quanto. Per capire l'importanza di questo attraversamento sul Tevere basti sapere che non se la sono sentita di vietare il passaggio delle autoambulanze visto che è l'unica strada per Fiumicino per raggiungere il "suo" ospedale, che sta a Ostia. Aggiungeteci poi che per i motivi di cui sopra (il famoso No a Tutto, alimentato da comitati, urbanisti, finti ambientalisti e teppaglia dei centri sociali e dei "movimendi"), Fiumicino rischia anche di "perdere" l'altro suo ponte, il 2 Giugno, quello che collega le due parti più centrali della città.

Il progetto per il nuovo Ponte della Scafa è stato approvato come definitivo nel 2009. Progetto definivo nel 2009, ripetiamolo. Nove anni fa c'era già il progetto definitivo santo iddio, ribadiamolo ancora una volta perché è per questo motivo che si muore ammazzati, è per questo motivo che sono morti ammazzati a Genova, perché la Gronda di Ponente andava finita vent'anni fa e invece i cantieri non sono manco iniziati grazie all'alleanza tra la burocrazia più ignobile del mondo e la protesta più stupida.

Tra tempi dilapidati per gli espropri, tempi dilapidati per l'archeologia (sono state trovate delle barche romane e vuoi mettere quanto è più prioritario sistemare le barche romane piuttosto che dare una viabilità efficiente e sicura ad un territorio sconfinato?), tempi dilapidati dal Comune di Roma per le procedure, tempi dilapidati per i ricorsi sono passati anni e anni. Solo lo scorso febbraio si è mosso qualcosa con l'assegnazione e la stipula del contratto. Così quando partirà il cantiere (2019? Chi può dirlo) avremo un'opera approvata definitivamente 10 anni fa e pensata 20 anni fa.
E intanto chi è di Fiumicino non può andare all'ospedale e chi è di Ostia non può andare all'aeroporto. E, tra breve, nessuno può andare a scuola. Tutti, però, rischiano la vita su infrastrutture allucinanti. Però abbiamo dato tutto il tempo agli archeologi per studiare le barche romane (qui parte di una tiritera che è iniziata tuttavia nel 2011), siamo stati garantisti con la ditta arrivata seconda e quella arrivata terza, abbiamo dato tutto il tempo agli ambientalisti che non volevano il pilone in quel dato punto e ai proprietari che per questioni d'affetto non volevano mollare quel dato pezzo di terreno necessario per il pilone. Tutto questo è ovviamente ridicolo e crea delle conseguenze micidiali: il paese è stato costruito negli anni Cinquanta e Sessanta (prima fu raso al suolo), il calcestruzzo armato sta morendo perché ha un termine preciso come uno yogurt, nel frattempo - visto che abbiamo deciso di autobloccarci da soli - non abbiamo costruito più niente, quindi verrà nei prossimi anni giù tutto, piano piano, uno stillicidio di "incidenti" che incidenti non sono ma che sono le cause di una ideologia malata e diffusa che non c'è da nessuna altra parte del mondo. L'ideologia che considera la "normalità" una "grande opera" da combattere. Così la capiremo sulla nostra pelle la conseguenza del finto ambientalismo e della burocrazia pelosa. Intanto tra qualche giorno chiude pure il Ponte della Magliana, nel frattempo gli alfieri del No a Tutto si sono concentrati sul nuovo aeroporto, sul nuovo porto per i traghetti, sulla nuova autostrada per Grossetto e chissà cos'altro ancora...

20 agosto 2018

Video. Si fanno il bagno nudi nelle fontane dell'Altare della Patria a Piazza Venezia

Potrebbero essere siparietti divertenti, goliardici, ludici. Cosa rispetto alle quali, ogni tanto, chiudere un occhio. A Roma tutto questo non è possibile. A Roma tutto si trasforma in certificazione di fallimento, in un allarme rispetto a temi sensibili come quelli della sicurezza, del controllo del territorio, della stessa voglia-de-lavorà (saltame addosso!) delle forze dell'ordine e dei responsabili dai cittadini profumatamente pagati per fare quello che non fanno.

È sempre più difficile biasimare chi - specie riferito a chi viene da fuori - fa fatica a rispettare Roma. La città ha le sembianze del luogo dove nessuno paga per le sue azioni. Le aree più significative suggeriscono al 100% la sensazione dell'anarchia, della vittoria di chi fa quel che gli pare, della sconfitta di chi rispetta le regole. Dovunque è il caos, l'abbandono, la sporcizia, il degrado più miserabile e repellente immaginabile. Nelle piazze storiche più famose, poi, i monumenti sono alla mercè di chiunque. I pochi cittadini che ancora si rivolgono alle sparute forze dell'ordine per chiedere un intervento vengono guardati male, talvolta vengono identificati loro per essersi permessi di segnalare una violazione. Questa è l'atmosfera, dovunque. E ogni giorno peggiora.


Per cui non ci deve sorprendere se ieri pomeriggio un gruppo di giovani ragazzi provenienti chissà da dove si sono immersi nelle fontane dell'Altare della Patria - che, ricordiamolo, è un sacrario militare - e hanno iniziato a giocare, a farsi le foto, a farsi la doccia, ripresi dagli smartphone dei tanti che erano lì, impunemente coi piedi a mollo. 
Siamo nel luogo che dovrebbe essere più presidiato, controllato, percorso dalle forze dell'ordine d'Italia. Siamo, va ripetuto, all'interno del perimetro di un sacrario militare. Eppure ad un certo punto uno dei protagonisti del video si sente così sicuro, così a suo agio, ha percepito (magari stando a Roma da qualche giorno) che la città è così permissiva verso qualsivoglia azione che si toglie le mutande, nasconde il pisello in mezzo alle cosce e si mette in posa per un ulteriore servizio fotografico. 
Una scena di divertimento e spensieratezza solo in apparenza che invece è simbolo di una città alla totale deriva sotto ogni singolo punto di vista. Veniteci a salvare. 
(Video www.vrime.ru)

14 agosto 2018

Il Ponte Morandi ce l'abbiamo anche noi. Ma il progetto-Stadio di Marino risolveva il problema

Vista da Roma, Genova sembra lontanissima. Complice la mancanza di collegamenti veloci, il capoluogo della Liguria è più distante e più difficilmente raggiungibile di moltissime altre città italiane. Assai più remota di Napoli e Milano naturalmente, ma pure di Venezia, di Torino o di Bolzano. È colpa dei treni veloci che, nonostante la contrarietà di gruppi di citrulli, hanno migliorato i collegamenti e cambiato la conformazione del paese lasciando isolati alcuni territori e avvicinandone tantissimo altri.

Tuttavia la tragedia che sta interessando la Superba e il paese è tutt'altro che distante da Roma. Roma ha, come Genova, un viadotto progettato dal grande ingegnere Riccardo Morandi. Esattamente come Genova questo viadotto è sottoposto ad una pressione del traffico non prevedibile al momento della progettazione e della costruzione (oltre 50 anni fa), esattamente come Genova questo ponte è l'unica soluzione viabilistica ai flussi di traffico in quel tratto, esattamente come per Genova questo ponte non può beneficiare di manutenzione al 100% perché deve essere tenuto in costanza di servizio, non può essere chiuso neppure per un giorno ammesso e non concesso che un giorno sia sufficiente.

Ma ci sono anche delle differenze rispetto a Genova. Differenze tutte in negativo e gravissime. La prima è che il nostro viadotto Morandi si trova su un'autostrada che, pochi km dopo, presenta un'altra enorme criticità: il Viadotto della Magliana. Sanno tutti che andrebbe chiuso, sanno tutti che potrebbe creare gravissimi problemi e che si sta letteralmente sbriciolando e corrodendo, ma tutti preferiscono mettere la testa nella sabbia in attesa dell'irreparabile. Due criticità su uno stesso tracciato dunque. Sebbene non vi sia nessun allarme manutenzione che riguarda direttamente il Ponte Morandi che tuttavia diventa una criticità anche solamente per conseguenza ai fatti di Genova.

C'è poi la seconda differenza rispetto al capoluogo ligure. E la differenza sta nelle alternative. A Genova si stava cercando di porre rimedio, la Gronda di Ponente era stata finalmente approvata e i cantieri (nonostante il tentativo dell'attuale vomitevole governo di mettere i bastoni tra le ruote definendo "una favoletta" i rischi per il ponte che poi oggi è crollato) pronti a partire a fine 2018 dopo decenni di assurdi dibattiti. A Roma anche si stava cercando di porre rimedio: il progetto dello Stadio della Roma a Tor di Valle toglieva le castagne dal fuoco in maniera onestamente brillante. Come? Semplice. Poco prima (venendo da Fiumicino) del Viadotto Morandi ci sarebbe stato un grande svincolo con un nuovo ponte sul Tevere - il Ponte di Traiano - che avrebbe portato le auto provenienti dall'aeroporto e dalla costa sulla Via Ostiense. Sia il raddoppio della Via Ostiense, trasformata così in una sicura superstrada unita alla Via del Mare, sia la realizzazione del ponte erano a carico dei privati. Zero spese per il Comune e per lo Stato. Il combinato disposto di questa operazione avrebbe permesso di decongestionare radicalmente il Morandi e il Viadotto della Magliana e di offrire alternativa a una buona parte del traffico da e verso il centro di Roma. Di più: l'operazione avrebbe consentito anche chiusura programmata della vecchia A91 Roma Fiumicino per manutenzioni approfondite e monitoraggi seri e sicuri perché nel frattempo si poteva offrire l'alternativa dell'altra autostrada capace di portare, per un percorso sulla riva sinistra del Tevere, le auto fino a oltre il Viadotto della Magliana: le due criticità superate e bypassate tutte e due dalla nuova bretella.

A dispetto di ogni logica, di ogni parere tecnico e di ogni buon senso, l'amministrazione a Cinque Stelle capitanata dalla signora Raggi ha fatto in modo (nell'ambito di corruzioni e ruberie in perfetta salsa pentecatta che secondo la Procura di Roma sono state capeggiate da una cupola formata da Lanzalone e Parnasi) di approvare un progetto-Stadio tutto nuovo nel quale moltissime tra le infrastrutture succitate venivano meno e in particolare veniva meno l'elemento cardine: il nuovo Ponte di Traiano.
Per raggirare l'opinione pubblica come è loro solito, prima Berdini e poi tutto il Movimento 5 Stelle (assessori e consiglieri) hanno raccontato alla città la favola del Ponte dei Congressi (peraltro pagato dallo stato e proprio per questo enormemente più caro) come possibile alternativa al Ponte di Traiano. Peccato che anche un bambino capirebbe la differenza: il Ponte dei Congressi non offre alternativa al Ponte di Morandi, non delinea un nuovo tracciato, ed in più è pensato come ponte a senso unico e dunque non stappa neppure il Viadotto della Magliana: le due criticità rimangono entrambe. Nelle intercettazioni a margine dell'inchiesta si sentono i costruttori che parlano tra loro: "aoh ma senza il Ponte qui è un casino", "si si vabbe, ma tu lascia perdere sta cosa in Conferenza dei Servizi non la dire"...

Questa cattiveria, questa sevizia, questa tortura alla città inflitta dal Movimento 5 Stelle con l'unico scopo - forsennato - di togliere i tre grattacieli firmati Daniel Libeskind dal progetto dello Stadio della Roma provocherà, come abbiamo raccontato mille volte, conseguenze economiche gravissime per la città (oltre che congestioni del traffico atroci qualora davvero si faccia lo stadio così come previsto), ma un giorno, visti e considerati i fatti di Genova, potrebbe provocare anche tragedie sulle quali piangere. Per qualcuno che si è divertito a trasformare una grande operazione urbanistica in una speculazione edilizia di quart'ordine (come da noi denunciato a febbraio del 2017!) però saranno lacrime di coccodrillo. Hanno eliminato il ponte di Traiano pur SAPENDO BENISSIMO dei gravi problemi del Viadotto della Magliana. Succederà tra un anno? Succederà tra 10 anni? Tra 20 anni? Ma quello che è successo a Genova, succederà sul Viadotto della Magliana e questo articolo sarà su Google per ricordarvi a chi assegnare le responsabilità. 


Chiediamo che in virtù di quanto avvenuto a Genova si rivedano immediatamente le scellerate decisioni prese sullo Stadio della Roma e si ritorni al progetto precedente che consentiva alla città di prendere i proverbiali due piccioni (o perfino tre) con una sola fava. Ora come ora (tra l'altro col progetto bloccato a causa dell'inchiesta) siamo rimasti con una fava in mano da infilarci decidete voi dove.

11 agosto 2018

"Abbiamo fatto una spiaggia dove c'era una discarica". Storia della più clamorosa bugia su Tiberis

Ormai l'hanno capito anche i bambini, dietro Tiberis non c'è solo una squallida operazione estiva per distogliere il dibattito da cose più serie, bensì un raffinatissimo piano strategico che così può essere raccontato in estrema sintesi: se abitui la gente ad essere poraccia, se la assuefai al cattivo gusto e all'accontentarsi di poco, se elimini qualsiasi ambizione a migliorare, poi questa gente non ti verrà mai a chiedere servizi di qualità, non avrà mai esigenze evolute e dunque con poco, sempre con meno, potrai dire di aver risolto qua, di aver risanato là. 
Tìberis (assurdamente sottotitolata "la spiaggia di Roma", quando Roma è l'unica capitale occidentale a poter vantare 18km di vere straordinarie spiagge!) rappresenta un workshop di abbassamento dell'asticella dell'aspettativa civica di chiunque ci metta piede e si faccia la doccia in quei box che neppure la Protezione Civile dopo un grave terremoto oserebbe. 


Ma a proposito di coloro che ci vanno, forse vi sarà venuto in mente che non può esserci nulla di più triste della processione di dipendenti del Campidoglio, capistaff, militanti irriducibili e impiegati per certi versi costretti nel loro ruolo di comparse balneari nello stabilimento più triste d'Europa. E invece no, oltre a questo c'è di più. C'è qualcosa di molto più triste ed è la frase che ormai da giorni sentiamo saltare di bocca in bocca tra gli ormai pochi pentascemi ancora disposti a difendere l'autentica sciagura rappresentata da questa amministrazione. E quale è questa frase? Eccola: "Ah non ti piace Tiberis, e che era meglio prima che qui c'erano discariche e accampamenti abusivi?". Quante volte avete sentito questa provocazione sarcastica? Quante volte l'avete letta sui social? Ebbene, pure qui, come per tutto il resto (l'ultima menzogna è sul benestare della Regione Lazio), hanno mentito spudoratamente.


Hanno mentito nel senso che non c'era nessuna discarica, non c'era nessun accampamento (forse qualche residuo sotto a Ponte Marconi?). Il terreno è stato girato all'ente Roma Capitale da parte dell'ente Regione Lazio in buone condizioni. Era particolarmente in abbandono fino al 2016, ma poi tra la fine di quell'anno e l'inizio del 2017 era stato ripulito e quando Raggi, a dicembre, lo ha chiesto per farci la sua imbarazzante spiaggetta era un condizioni accettabilissime. Come facciamo a dirlo? E' sufficiente rivolgersi a Google Maps e saper armeggiare nel servizio che su Google Street View permette di andare a ritroso negli anni. Così facendo abbiamo ricavato le foto di cui sopra, chiaramente tutte e due con la relativa data. Si comprende bene allora che nel luglio 2016 l'area era un gran bel caos (un canneto più che una discarica comunque) ma già l'anno successivo, nel luglio 2017 (un anno fa) l'appezzamento gestito dalla Regione Lazio era stato pulito e sistemato. 

Nonostante i continui latrati di fans sfegatati, lacché, tifosi e politicanti di serie C allo sbaraglio, i grillini non hanno trovato nessuna "discarica" e nessun "accampamento". Se ce li avessero trovati, infatti, mai sarebbero state sufficienti le poche decine di migliaia di euro per allestire, mai ce l'avrebbero fatta in un mese e mezzo, e mai si sarebbe potuto proprio aprire perché discariche abusive significa necessità per legge non solo di sgomberi dei materiali ma anche e soprattutto di bonifica dei luoghi e dei terreni. Quindi si scherzi ben poco con "la discarica che abbiamo trasformato in spiaggia". Trasformare una discarica in spiaggia, infatti, necessita anni di lavoro e di bonifiche accurate, perché in una discarica ci possono essere sostanze pericolose, ci possono essere sversamenti tossici e quindi bisogna fare carotaggi, analizzare i terreni e spendere tanti, tantissimi soldi per ripristinare. Nulla di più falso dunque dell'area "degradata e abbandonata in discarica oggi restituita alla città". L'area era una normalissima area golenale come ce ne sono tante, anzi come purtroppo a Roma ce ne sono poche perché le altre, sia sul Tevere che sull'Aniene, sono davvero discariche tossiche e accampamenti pericolosi per chi ci passa vicino e per chi li abita, fino al cuore del centro storico della città. La spiaggia Tìberis è stata fatta insomma nell'unica area di lungotevere che beneficiava regolarmente di un po' di manutenzione, altro che riqualificazione urbana di aree abbandonate. E' stata fatta nell'unica area che non necessitava urgentemente di riqualificazione. E intanto lungo Tevere e Aniene restano discariche e accampamenti spaventosi che si vedono perfino dal satellite. Come discariche e sversamenti continuano in maniera violenta a Tor di Valle, dove oggi potevano fervere i lavori per la realizzazione del più bel quartiere della periferia romana e dove invece Raggi ha tramutato un progetto straordinario di trasformazione urbana in una occasione di corruzione e speculazione edilizia finendo per bloccare tutto. Perché la spiaggetta non l'hanno fatta a Tor di Valle dove c'era davvero necessità di riqualificare visto che i grandi progetti urbanistici capaci di portare miliardi di euro di investimento li hanno bloccati? 


Insomma delle due l'una: o non c'era nessuna discarica e dunque stanno solo spargendo bugie perché quella della discarica restituita alla città è l'unica narrazione che tiene in piedi la schifezza immonda della Raggi Beach; oppure c'era davvero una discarica e stanno facendo balneare la gente, a 38 gradi all'ombra, sopra potenziali rifiuti pericolosi e dannosissimi per la salute di chi passeggia scalzo in un terreno che può avere subito qualsiasi tipo di sversamento e non è stato bonificato.

Per concludere guardate la prima foto di questo articolo, quella in alto. Guardate quella scritta sopra bianca, sopra i teloni neri piazzati per coprire le erbacce, che tramutano la Spiaggia Raggi in una specie (ora sì) di discarica o di deposito di ecoballe. Ebbene avete letto bene: Cinodromo. Il Comune a pochissimi metri dall'ingresso di Tìberis è proprietario di una struttura con potenzialità enormi, che può essere valorizzata, che può generare reddito, lavoro, dignità, servizi per il quartiere. Tutto l'anno. Hai voglia a fare solarium e campi da volley se solo ti metti a recuperare ciò che è tuo e a cacciare via chi lo occupa senza titolo. Ed è solo un'idea tra mille possibili se un giorno si volesse uscire dal continuo ricorso allo spot e si volesse strutturalmente iniziare a governare la città.