Il San Calisto è indubbiamente un bar particolare. Ci sono tanti bar così a Roma, intendiamoci, ma non più tantissimi al centro della città dove un minimo di pressione dovuta a qualche micragnoso investimento in chiave turistica ha teso a modificare ed aggiornare i connotati (spesso in peggio, talvolta in meglio) degli esercizi commerciali tradizionali.
Come tanti bar di Roma il San Calisto è un bar di medio livello. Liquori e distillati commerciali, vini commerciali, gelato mediocre, lieviti e dolci provenienti da laboratori lontani dall'eccellenza, caffè idem. Il suo nome non esiste in nessuna ipotizzabile classifica dei migliori bar della città, luoghi dove con ricerca, impegno e investimenti si cerca di fare qualità elevando un livello che tende ad adagiarsi sull'idea diffusa che la sciatteria sia la normalità. A Roma, tuttavia, essere mediocri equivale ad essere "tradizionali" e un certo pressapochismo andante e incuranza verso le novità, verso i tempi che cambiano, verso una attenzione al prodotto equivale a un sapore local da tutelare. Lo strapaese e la provincialità dovunque sono un po' uno stigma da superare, qui sono issate a vessilli inscalfibili. Una faccenda antropologica unica, questo crogiolarsi nel proprio squallore combattendo chi vuole migliorarlo, che verrà studiata in futuro nelle università di mezzo mondo.
Ma chi va al San Calisto non è interessato alla qualità, alla naturalità o all'artigianalità dei prodotti, al fatto che i succhi siano di quella azienda che lavora in quel dato modo o che il caffè sia scelto e selezionato chicco per chicco come ormai i bar tendono sempre di più a fare, chi va al San Calisto lo fa perché questo è considerato, a torto o a ragione (in parte a torto, perché le forzature sono evidenti, in parte a ragione), un luogo dove si respira ancora una veracità trasteverina sebbene da tempo la fauna indigena sia stata imbastardita e diluita da un'orda di radical chic, sfaccendati, scemografi, pseudo drammaturghi in cerca di ispirazione, paraculetti figli di papà, militanti di estrema sinistra dal lun al ven (sab e dom a Porto Ercole) e hipster come in una sorta di enclave-Pigneto nel cuore della città. L'esprit borgataro di un tempo (quando Trastevere era una borgata) è stato totalmente soppiantato e non è neppure detto che questo fosse un male, perché va bene l'autenticità e la genuinità ma non si capisce perché a Roma spacciatori, tagliagole, ladruncoli, scippatori cialtroni, cazzari, trucidoni, avanzi di galera e ignoranti debbano essere considerati "folklore da difendere" da difendere invece che "problema da risolvere" o quanto meno da affrontare.
Il bar San Calisto è stato chiuso per tre giorni per via di qualche assurda normativa (retaggi di qualche Regio Decreto degli anni Trenta o Quaranta, I presume) che permette ai Prefetti di sigillare i locali frequentati da pregiudicati che per di più recano disturbo alla quiete pubblica. Come se servire un caffè ad uno che in passato ha scontato delle pene possa farti rischiare, a te esercente, di dover chiudere bottega rinunciando al tuo business.
A Roma i commercianti, specie quelli onesti (e non abbiamo motivi di dubitare che i titolari del San Calisto lo siano in pieno), sono oggetto di attacchi continui da parte della burocrazia e delle forze dell'ordine. Quasi mai per cattiva volontà di qualcuno, quasi sempre per via di normative assurde, mai riformate, mai sistemate, ma adeguate ai tempi.
Chiusure, danni economici gravi, autentiche cattiverie e prepotenze verso chi ha l'unica colpa di dare un servizio ai clienti e di creare benessere, ricchezze, posti di lavoro rischiando in proprio sono all'ordine del giorno. Nonostante questo nessuna ingiusta chiusura beneficia di una mobilitazione come quella che c'è stata per i tre giorni (tre giorni, non tre anni eh!) comminati al San Calisto.
Appena diffusa la notizia c'è stato un fuoco di fila incredibile armato proprio da quel fighettume di "avanzi del Pigneto" che ha fatto diventare il San Calisto ciò che non era e che ora dice di volerlo tutelare. Paradossale no? Professionisti, giornalisti impegnati, blog benekomunisti (un fanomeno romano sul quale bisognerebbe studiare, guarda caso gli stessi blog gestiti dalla camorra che hanno additato Roma fa Schifo come fosse una sorta di cripto ufficio stampa di Metro C, sic.), cronisti di Repubblica che vivono eternamente come se fossero immersi nell'okkupazione di quarta liceo (ovviamente Liceo Virgilio o Liceo Visconti, beninteso, al massimo Liceo Tasso o Mamiani), politicanti del Pd, redattori de Il Manifesto (ma esiste ancora? Su web pare di sì) e gli immancabili "ragazzi" del Cinema America incavolati perché non c'è nulla che si può muovere a Trastevere senza il loro consenso...
"Aprite il San Calisto dove il caffè costa ancora 0,80". Questa la filastrocca. Mentre tutte le città europee fanno a gara ad offrire format gastronomici di qualità che tramutano il bar non solo in una piazza aperta a tutti, ma in una ambasciata di prodotti e di stili di consumo di ricerca e di qualità, qui stiamo a pensare a risparmiare 10 o 20 centesimi per un caffè. "Il San Calisto accetta tutti, dal senza tetto al notaio, dal povero al politico" urlano i pasdaran radical chic orfani per 72 ore del loro quartier generale, incuranti che questo è ciò che fanno tutti i bar a Roma. Tutti. Questo sarebbe il loro preteso "presidio contro la gentrificazione"; e giù risate a crepapelle da parte di chi ha capito da sempre il giochetto di questi personaggi che con la loro mentalità malata hanno contribuito, non combattuto, alla rovina di quartieri come San Lorenzo, Pigneto e appunto Trastevere. L'unico presidio anti gentrificazione al mondo peno zeppo di imbrazzante fighettume. I veri presidi contro la gentrificazione a Trastevere sono altri: sono Marco Radicioni, artigiano del gelato forse primo a livello planetario, che ha aperto da qualche giorno la seconda sede della sua Otaleg; sono Giuseppe Solfrizzi col suo laboratorio di pasticceria Le Levain che dà lavoro vero e diffonde qualità assoluta; sono Antonio Marino e Marisa de Les Vignerons, l'enoteca che ha insegnato a Roma il vino naturale; sono Antonio Ziantoni che ha raccolto tutti i risparmi di famiglia e ha aperto qualche giorno fa il suo ristorante Zia dove un menù degustazione di livello stellare costa 45 euro; sono Pier Daniele Seu che mettendoci faccia, nome e soldi suoi ha aperto quella che dopo poche settimane dall'inaugurazione è già sul podio delle pizzerie di Roma. E poi ci sono posti straordinari di ricerca gastronomica come Glass, progetti unici nel proprio campo come Eggs, Bir e Fud, Ma che siete venuti a fa, La Punta, l'Enoteca Ferrara, il primo ristorante dei Trapizzini con un'offerta di una bontà indimenticabile e molti altri a venire come il futuro Jacopa. Giusto per contrastare la sciocca narrazione giustificazionista (nella quale però tutti cascano) di un rione pieno solo di postacci per turisti dove c'è chissà quale bisogno di "presidi" contro la gentrificazione. Sono le bugie che una certa Roma racconta e si racconta, sempre uguali da anni: menzogne su menzogne. Per non dire delle cento gallerie d'arte, dei cento negozi di artigianato, dei panifici, delle pasticcerie e così via. A Trastevere (come altrove) c'è solo bisogno di presidi contro l'idiozia di chi diffonde il virus nocivo di un modo di pensare marcio che ha cittadinanza ormai solo a Roma, proprio quel modo di pensare che tiene alla larga gli investimenti di qualità e onesti (che potrebbero essere molto di più) creando per questi un ambiente ostile e spianando la strada ai soldi sporchi, al riciclaggio, ai locali dei localari e alle pappatoie per turisti.
"Riaprite il San Calisto, dove il gelato costa 1 euro" urlano i paladini dell'autenticità perduta. Ma il gelato, signori miei, non deve costare "1 euro", il gelato deve essere buono, anche se poi questo lo fa costare un euro e mezzo. Il gelato deve essere cultura, deve essere ricerca, deve essere il terminale di artigiani, allevatori, ortolani, aziende agricole. Questo è il gelato, il resto è polverina industriale fatta chissà dove, assemblata chissà dove e a forza di mangiarla si diventa come voi: cervelli totalmente atrofizzati. Questa mentalità schiude la città alle mafie con l'ulteriore colpa mistificatoria di dire di combatterle. Non si capisce perché Roma fa Schifo debba essere l'unico luogo della città dove questo inganno viene raccontato. Perché? Non vogliamo questa esclusiva!
Il gelato chimico a 1 euro e la Birra Peroni (il cui logo brandizza tutto il San Calisto) ormai da tempo proprietà di un gruppo giapponese da 7 miliardi di fatturato. Però la sorseggiano discutendo di fare la guerra alle multinazionali cattive perché loro sono contro la gentrification. Perché li sputtaniamo soltanto noi e non lo facciamo tutti assieme una buona volta? "Il San Calisto è un bar che non caccia via chi ha solo 2 euro in tasca" spiega solerte Puntarella Rossa mentre noi ci domandiamo: ma quale diamine di bar a Roma caccia via chi ha due euro? Con due euro fai la tua consumazione al San Calisto come in millemila altri bar, compreso il bellissimo Giselda di Viale Trastevere che dà lavoro e decine di persone dopo aver investito centinaia di migliaia di euro e che da anni chiede aiuto perché letteralmente sommerso da una cordigliera putrescente di bancarelle: nessun radical chic si è mosso a pietà scrivendo un articolo o confezionando un tweet però...
E poi che razzo di modo da sfigati e da perdenti è questo per combattere il commercio scadente e turistico? Se c'è un problema di commercio scadente cosa fai, ti rifugi nell'unico posto che ha rifiutato di cambiare, come in una fortezza per eletti, oppure aiuti chi vuole cambiare a farlo bene sostenendo l'imprenditoria di qualità, i giovani che rischiano e i progetti di innovazione e di ricerca? Il "presidio" non è mai chi resta uguale a se stesso, ma chi evolve nella direzione corretta contrastando così chi lo fa nella direzione errata semmai.
Ma la protesta è ancor più ridicola, ignobile, patetica (in una parola "romana") se pensiamo che nessuno di questi signori ha protestato quando ingiustizie ben più ingiustificate sono state comminate ad esercizi commerciali che, a differenza di San Calisto, hanno investito sulle strutture, sulla qualità dei prodotti, sugli arredi provando a dare a giovani romani una speranza diversa dall'E' il caso del Casale dei Cedrati, storia incredibile di cui abbiamo parlato qui giusto un mese fa. A parte Roma fa Schifo, il silenzio di tutti coloro che oggi sbraitano. Eppure stiamo parlando di un Comune che si comporta come la 'Ndrangheta, possibile che nessuno si sia scandalizzato? Dopo quel nostro articolo ci sono purtroppo delle novità negative: il Casale dei Cedrati ha addirittura rinunciato a combattere e sta restituendo la concessione. Una sconfitta enorme, passata sotto silenzio.
Ma i casi di questo tipo sono decine e decine al giorno. Lo schema è sempre il solito. Giovani imprenditori che provano a far qualcosa in questa città, investano, sognano, progettano, magari riescono ad aprire il loro locale provando a farlo per bene, in linea con quello che si fa in tutto il mondo e, proprio per questo (la città non può accettare cose fatte in maniera seria, perché altrimenti farebbero emergere in maniera evidente lo scarto con tutto il resto dunque qualsiasi cosa onesta e bella è destabilizzante per l'ordine costituito), vengono massacrati.
L'ultimo caso riguarda Materia, progetto a San Giovanni, nelle strade depresse e deserte (prima del loro arrivo) attorno a Via Carlo Felice. Una iniziativa di un gruppo di architetti che ha aperto con un anno di ritardo a causa delle autentiche angherie e sevizie da parte delle nostre preziose società di multiservizi (quelle presiedute da Lanzalone), che ora è stata costretta a chiudere per qualche cavillo relativo ai "locali tecnici". Poco importa se tutto intorno vivacchino indisturbati locali di dubbissimo livello e se di fronte, sul marciapiede lungo il giardino, si svolga ogni giorno uno sconfinato mercato abusivo di prodotti rubati o trafugati dai cassonetti dell'Ama: è più facile colpire i commercianti per bene. Specie quelli che non otterranno mai la mobilitazione della parte peggiore, ma più influente e rumorosa, della città.
Come tanti bar di Roma il San Calisto è un bar di medio livello. Liquori e distillati commerciali, vini commerciali, gelato mediocre, lieviti e dolci provenienti da laboratori lontani dall'eccellenza, caffè idem. Il suo nome non esiste in nessuna ipotizzabile classifica dei migliori bar della città, luoghi dove con ricerca, impegno e investimenti si cerca di fare qualità elevando un livello che tende ad adagiarsi sull'idea diffusa che la sciatteria sia la normalità. A Roma, tuttavia, essere mediocri equivale ad essere "tradizionali" e un certo pressapochismo andante e incuranza verso le novità, verso i tempi che cambiano, verso una attenzione al prodotto equivale a un sapore local da tutelare. Lo strapaese e la provincialità dovunque sono un po' uno stigma da superare, qui sono issate a vessilli inscalfibili. Una faccenda antropologica unica, questo crogiolarsi nel proprio squallore combattendo chi vuole migliorarlo, che verrà studiata in futuro nelle università di mezzo mondo.
Ma chi va al San Calisto non è interessato alla qualità, alla naturalità o all'artigianalità dei prodotti, al fatto che i succhi siano di quella azienda che lavora in quel dato modo o che il caffè sia scelto e selezionato chicco per chicco come ormai i bar tendono sempre di più a fare, chi va al San Calisto lo fa perché questo è considerato, a torto o a ragione (in parte a torto, perché le forzature sono evidenti, in parte a ragione), un luogo dove si respira ancora una veracità trasteverina sebbene da tempo la fauna indigena sia stata imbastardita e diluita da un'orda di radical chic, sfaccendati, scemografi, pseudo drammaturghi in cerca di ispirazione, paraculetti figli di papà, militanti di estrema sinistra dal lun al ven (sab e dom a Porto Ercole) e hipster come in una sorta di enclave-Pigneto nel cuore della città. L'esprit borgataro di un tempo (quando Trastevere era una borgata) è stato totalmente soppiantato e non è neppure detto che questo fosse un male, perché va bene l'autenticità e la genuinità ma non si capisce perché a Roma spacciatori, tagliagole, ladruncoli, scippatori cialtroni, cazzari, trucidoni, avanzi di galera e ignoranti debbano essere considerati "folklore da difendere" da difendere invece che "problema da risolvere" o quanto meno da affrontare.
Il bar San Calisto è stato chiuso per tre giorni per via di qualche assurda normativa (retaggi di qualche Regio Decreto degli anni Trenta o Quaranta, I presume) che permette ai Prefetti di sigillare i locali frequentati da pregiudicati che per di più recano disturbo alla quiete pubblica. Come se servire un caffè ad uno che in passato ha scontato delle pene possa farti rischiare, a te esercente, di dover chiudere bottega rinunciando al tuo business.
A Roma i commercianti, specie quelli onesti (e non abbiamo motivi di dubitare che i titolari del San Calisto lo siano in pieno), sono oggetto di attacchi continui da parte della burocrazia e delle forze dell'ordine. Quasi mai per cattiva volontà di qualcuno, quasi sempre per via di normative assurde, mai riformate, mai sistemate, ma adeguate ai tempi.
Chiusure, danni economici gravi, autentiche cattiverie e prepotenze verso chi ha l'unica colpa di dare un servizio ai clienti e di creare benessere, ricchezze, posti di lavoro rischiando in proprio sono all'ordine del giorno. Nonostante questo nessuna ingiusta chiusura beneficia di una mobilitazione come quella che c'è stata per i tre giorni (tre giorni, non tre anni eh!) comminati al San Calisto.
Appena diffusa la notizia c'è stato un fuoco di fila incredibile armato proprio da quel fighettume di "avanzi del Pigneto" che ha fatto diventare il San Calisto ciò che non era e che ora dice di volerlo tutelare. Paradossale no? Professionisti, giornalisti impegnati, blog benekomunisti (un fanomeno romano sul quale bisognerebbe studiare, guarda caso gli stessi blog gestiti dalla camorra che hanno additato Roma fa Schifo come fosse una sorta di cripto ufficio stampa di Metro C, sic.), cronisti di Repubblica che vivono eternamente come se fossero immersi nell'okkupazione di quarta liceo (ovviamente Liceo Virgilio o Liceo Visconti, beninteso, al massimo Liceo Tasso o Mamiani), politicanti del Pd, redattori de Il Manifesto (ma esiste ancora? Su web pare di sì) e gli immancabili "ragazzi" del Cinema America incavolati perché non c'è nulla che si può muovere a Trastevere senza il loro consenso...
"Aprite il San Calisto dove il caffè costa ancora 0,80". Questa la filastrocca. Mentre tutte le città europee fanno a gara ad offrire format gastronomici di qualità che tramutano il bar non solo in una piazza aperta a tutti, ma in una ambasciata di prodotti e di stili di consumo di ricerca e di qualità, qui stiamo a pensare a risparmiare 10 o 20 centesimi per un caffè. "Il San Calisto accetta tutti, dal senza tetto al notaio, dal povero al politico" urlano i pasdaran radical chic orfani per 72 ore del loro quartier generale, incuranti che questo è ciò che fanno tutti i bar a Roma. Tutti. Questo sarebbe il loro preteso "presidio contro la gentrificazione"; e giù risate a crepapelle da parte di chi ha capito da sempre il giochetto di questi personaggi che con la loro mentalità malata hanno contribuito, non combattuto, alla rovina di quartieri come San Lorenzo, Pigneto e appunto Trastevere. L'unico presidio anti gentrificazione al mondo peno zeppo di imbrazzante fighettume. I veri presidi contro la gentrificazione a Trastevere sono altri: sono Marco Radicioni, artigiano del gelato forse primo a livello planetario, che ha aperto da qualche giorno la seconda sede della sua Otaleg; sono Giuseppe Solfrizzi col suo laboratorio di pasticceria Le Levain che dà lavoro vero e diffonde qualità assoluta; sono Antonio Marino e Marisa de Les Vignerons, l'enoteca che ha insegnato a Roma il vino naturale; sono Antonio Ziantoni che ha raccolto tutti i risparmi di famiglia e ha aperto qualche giorno fa il suo ristorante Zia dove un menù degustazione di livello stellare costa 45 euro; sono Pier Daniele Seu che mettendoci faccia, nome e soldi suoi ha aperto quella che dopo poche settimane dall'inaugurazione è già sul podio delle pizzerie di Roma. E poi ci sono posti straordinari di ricerca gastronomica come Glass, progetti unici nel proprio campo come Eggs, Bir e Fud, Ma che siete venuti a fa, La Punta, l'Enoteca Ferrara, il primo ristorante dei Trapizzini con un'offerta di una bontà indimenticabile e molti altri a venire come il futuro Jacopa. Giusto per contrastare la sciocca narrazione giustificazionista (nella quale però tutti cascano) di un rione pieno solo di postacci per turisti dove c'è chissà quale bisogno di "presidi" contro la gentrificazione. Sono le bugie che una certa Roma racconta e si racconta, sempre uguali da anni: menzogne su menzogne. Per non dire delle cento gallerie d'arte, dei cento negozi di artigianato, dei panifici, delle pasticcerie e così via. A Trastevere (come altrove) c'è solo bisogno di presidi contro l'idiozia di chi diffonde il virus nocivo di un modo di pensare marcio che ha cittadinanza ormai solo a Roma, proprio quel modo di pensare che tiene alla larga gli investimenti di qualità e onesti (che potrebbero essere molto di più) creando per questi un ambiente ostile e spianando la strada ai soldi sporchi, al riciclaggio, ai locali dei localari e alle pappatoie per turisti.
"Riaprite il San Calisto, dove il gelato costa 1 euro" urlano i paladini dell'autenticità perduta. Ma il gelato, signori miei, non deve costare "1 euro", il gelato deve essere buono, anche se poi questo lo fa costare un euro e mezzo. Il gelato deve essere cultura, deve essere ricerca, deve essere il terminale di artigiani, allevatori, ortolani, aziende agricole. Questo è il gelato, il resto è polverina industriale fatta chissà dove, assemblata chissà dove e a forza di mangiarla si diventa come voi: cervelli totalmente atrofizzati. Questa mentalità schiude la città alle mafie con l'ulteriore colpa mistificatoria di dire di combatterle. Non si capisce perché Roma fa Schifo debba essere l'unico luogo della città dove questo inganno viene raccontato. Perché? Non vogliamo questa esclusiva!
Il gelato chimico a 1 euro e la Birra Peroni (il cui logo brandizza tutto il San Calisto) ormai da tempo proprietà di un gruppo giapponese da 7 miliardi di fatturato. Però la sorseggiano discutendo di fare la guerra alle multinazionali cattive perché loro sono contro la gentrification. Perché li sputtaniamo soltanto noi e non lo facciamo tutti assieme una buona volta? "Il San Calisto è un bar che non caccia via chi ha solo 2 euro in tasca" spiega solerte Puntarella Rossa mentre noi ci domandiamo: ma quale diamine di bar a Roma caccia via chi ha due euro? Con due euro fai la tua consumazione al San Calisto come in millemila altri bar, compreso il bellissimo Giselda di Viale Trastevere che dà lavoro e decine di persone dopo aver investito centinaia di migliaia di euro e che da anni chiede aiuto perché letteralmente sommerso da una cordigliera putrescente di bancarelle: nessun radical chic si è mosso a pietà scrivendo un articolo o confezionando un tweet però...
E poi che razzo di modo da sfigati e da perdenti è questo per combattere il commercio scadente e turistico? Se c'è un problema di commercio scadente cosa fai, ti rifugi nell'unico posto che ha rifiutato di cambiare, come in una fortezza per eletti, oppure aiuti chi vuole cambiare a farlo bene sostenendo l'imprenditoria di qualità, i giovani che rischiano e i progetti di innovazione e di ricerca? Il "presidio" non è mai chi resta uguale a se stesso, ma chi evolve nella direzione corretta contrastando così chi lo fa nella direzione errata semmai.
Ma la protesta è ancor più ridicola, ignobile, patetica (in una parola "romana") se pensiamo che nessuno di questi signori ha protestato quando ingiustizie ben più ingiustificate sono state comminate ad esercizi commerciali che, a differenza di San Calisto, hanno investito sulle strutture, sulla qualità dei prodotti, sugli arredi provando a dare a giovani romani una speranza diversa dall'E' il caso del Casale dei Cedrati, storia incredibile di cui abbiamo parlato qui giusto un mese fa. A parte Roma fa Schifo, il silenzio di tutti coloro che oggi sbraitano. Eppure stiamo parlando di un Comune che si comporta come la 'Ndrangheta, possibile che nessuno si sia scandalizzato? Dopo quel nostro articolo ci sono purtroppo delle novità negative: il Casale dei Cedrati ha addirittura rinunciato a combattere e sta restituendo la concessione. Una sconfitta enorme, passata sotto silenzio.
Ma i casi di questo tipo sono decine e decine al giorno. Lo schema è sempre il solito. Giovani imprenditori che provano a far qualcosa in questa città, investano, sognano, progettano, magari riescono ad aprire il loro locale provando a farlo per bene, in linea con quello che si fa in tutto il mondo e, proprio per questo (la città non può accettare cose fatte in maniera seria, perché altrimenti farebbero emergere in maniera evidente lo scarto con tutto il resto dunque qualsiasi cosa onesta e bella è destabilizzante per l'ordine costituito), vengono massacrati.
L'ultimo caso riguarda Materia, progetto a San Giovanni, nelle strade depresse e deserte (prima del loro arrivo) attorno a Via Carlo Felice. Una iniziativa di un gruppo di architetti che ha aperto con un anno di ritardo a causa delle autentiche angherie e sevizie da parte delle nostre preziose società di multiservizi (quelle presiedute da Lanzalone), che ora è stata costretta a chiudere per qualche cavillo relativo ai "locali tecnici". Poco importa se tutto intorno vivacchino indisturbati locali di dubbissimo livello e se di fronte, sul marciapiede lungo il giardino, si svolga ogni giorno uno sconfinato mercato abusivo di prodotti rubati o trafugati dai cassonetti dell'Ama: è più facile colpire i commercianti per bene. Specie quelli che non otterranno mai la mobilitazione della parte peggiore, ma più influente e rumorosa, della città.
67 commenti | dì la tua:
È sabato. A Roma Ponte da ieri, non c è una nuvola. Fanno 38 gradi all' ombra. Andate al mare.
Anonimo delle 13:05: sei un coglione e un poraccio.
"Radical chic" non l'avevo mai sentita. Qui addirittura tre volte...
Non avevi mai sentito il termine "radical chic"? Vivi in una grotta in fondo all'oceano?
Capirai, Tonelli, mo' ti sei messo contro tutta la folla di fancazzisti dell'apero, è finita!!!
Caro scrivitore di questo blog, mi spiace per lei ma evidentemente non tutti amano le atmosfere da rivistina patinata scicchettosa e se ne fregano se il caffè è una classica miscela da bar e i chicchi non sono scelti uno a uno, magari tirandoli fuori da una cacata di scimmia o di elefante; pensi che qualcuno preferisce addirittura un peroncino a prezzo onesto bevuto in un ambiente di gente perbene, meno perbene, variamente assortita e proprio per questo interessante, invece che sorseggiare l'ennesima stronzata di birra sedicente artigianale fatta pagare più di un Barolo. Ho il sospetto che scambiare quattro parole con un redattore del "Manifesto" (giornale che non stimo affatto dal punto di vista politico) sia molto, ma molto più proficuo che leggere tanti sproloqui perbenisti e che sia istruttivo anche ascoltare le storie di persone vere, quelle che lei, da autentico poraccio snob dei miei zebedei, si permette di insultare, avendone il coraggio solo da dietro la tastiera, ça va sans dire... Personalmente adoro il buon gelato, ma qualche volta mi prende pure la voglia di un cornetto, di un mottarello e persino di un ghiacciolo, magari azzurro. E sa come me lo spiego che vi siano molte e varie persone che mostrano solidarietà ai gestori di questo locale? Mi sa che oltre ad offrire un servizio apprezzato dagli avventori, sono stati capaci anche di costruire con loro un rapporto umano che va al di là delle sue facoltà di comprensione: professionalità vera, autentica, da barista di Trastevere, come ne sono rimasti pochi.
Però la cosa che la Asahi si è comprata Peroni è vero, non riusciamo a tenerci una industria italiana che è una, santo Iddio!
Sara' che vivo su Marte, ma la professionalita' e il rispetto per il cliente di baristi e ristoratori romani io l'ho incontrata molto raramente. Anzi, mi viene da dire che non c'e' mai stata, visto che la mentalita' da "sfrutta, getta e avanti il prossimo" e' sempre stata la regola nella capitale, riflettendo la sciatteria e la pochezza di chi la abita e la gestisce. E la connotazione da "citta' turistica" non c'entra una mazza, basta frequentare qualsiasi altra citta' turistica fuori Roma, da Nord a Sud per accorgersi come la professionalita' abiti da un'altra parte. Certo, quando i clienti non ti cadono dall'alto perche' ti puoi permettere un cacatoio immondo (che solo in una realta' parallela si sognerebbero di chiamare bar) solo perche' sei a due passi da Fontana di Trevi, l'ingegno deve aguzzarsi per forza, puntando sulla qualita' dell'offerta (merce introvabile sul territorio romano). Il tutto al netto delle romanticherie da bar di quartiere che oramai fanno solo rima con pressapochismo e punto d'incontro di fancazzisti di professione.
Comunque, la cosa più assurda di questa vicenda, è la scusa tragicomica con la quale hanno sanzionato il locale. Per la legge italiana, quello è un "pubblico esercizio" e chi sta dietro al bancone è OBBLIGATO a lasciare entrare chiunque e servirlo, al massimo può/deve rifiutarsi di servire alcolici a chi è palesemente ubriaco. In pratica, anche se sai che chi entra è un pregiudicato, non puoi rifiutarti di servirlo, tantomeno puoi cacciarlo; se decidi di essere ligio alle leggi e chiami le cosiddette Forze dell'Ordine, se arrivano, 90 su 100 arrivano dopo un tempo sufficiente all'eventuale delinquente per spaccarti la faccia e devastarti il locale e, poi, sei ovviamente abbandonato alla mercé di ogni ritorsione, pagherai di tasca tua i danni che per vendetta saranno fatti al tuo locale e deciderai di chiudere. Non parliamo poi di mettersi a fare "ordine pubblico" in proprio e cercare di impedire a orde schiamazzanti di recare disturbo alla quiete pubblica: la denuncia per rissa aggravata è quel che ti spetta se le buschi e basta, se per caso riesci anche a restituire qualche schiaffone pagherai a vita e se, invece, ti rivolgi a chi di dovere la trafila è quella descritta prima.
tutta la vita il san calisto.
tonelli, gamberi rossi, localini fichetti: vadano pure comodamente a fare in culo per i prossimi 10 anni.
cordialità
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Finalmente a Roma si chiude sul serio un locale per disturbo alla quiete pubblica ed invece di applaudire parte una supercazzola sulla qualità del caffe. Ma ? Tonelli guardi il dito e non vedi la luna.
Applausi per anonimo 4.39.
Tonelli Roma e' grande ci stanno si i bar fighetti che i baretti di zona in alcuni casi scrausi ebbasta in altri casi scrausi e simpatici.
Incazzati per i mutandari, i centurioni, i mercati abusivi, colla svanita che ti amministra, ma lascia che le persone si ritrovino in armonia dove cazzo gli pare.
Domani vado al trani a farmi un 2in3.
Il San Calisto è buono. Ha la peroni come sponsor mentre gli altri hanno la heineken. Ha il caffè ad 80 centesimi ed il gelato ad 1 euro allora per tanti è scomodo perchè non lucra. Il San Calisto è a favore dei poveri e contro la multinazionali e non caccia via i clienti poveri come fanno i bar dei capitalisti.
Deduco che non sei al Mare neanche te. Capra.
Qualcuno sa se oggi ha riaperto?
I fascisti fissati con il decoro non mi tocchino il S Calisto solo perchè vogliono gentrificare contro il presidio per i poveri, verace e popolare che è il S Calisto. Quando mi siedo a quei tavolini scorreggio ed annuso la fragranza di pino selvatico che fuoriesce dal retto. A fine agosto torno da Capalbio, in Roma restano solo le mie filippine quindi il S Calisto può stare pure chiuso, ma quando torno voglio ancora frequentare il S Calisto tutti i giorni ed annusare le mie scorregge.
Ho 32 anni e studio legge. Quello che sta capitando al S. Callisto è una censura opera del turbo-liberismo-capitalistico. Le multinazionali non tollerano la presenza di un solo bar anti-capitalista con prezzi calmierati. Mio padre è magistrato e mi auguro si farà sentire.
@ 11:05 e 11:47, voi magari non ci crederai/crederete, ma al San Calisto saresti/e benvenuto/i persino tu/voi, con o senza i tuoi/vostri disagi. In tanti altri locali sarebbero assai meno tolleranti e ai primi segni evidenti di squilibrio ti/vi caccerebbero come punkabbestia o tossici qualsiasi. Ora prendete le goccine, lasciate perdere i brutti pensieri, ignorate le voci e godetevi questa splendida giornata estiva. Baci.
GAMBERO ROSSO VAFFANCULO (E PURE CHI SAPPIAMO CHI)
una poesia da Il Manifesto (altro che sta cacata de blog poliziesco)
Preferisco un bar con l’insegna consumata
una sedia di un modo e una di un altro
come le persone che ci stanno sopra
preferisco gustà un gelato sano dal gusto sopraffino
tra un vaffanculo e l’altro, pure questo genuino
preferisco fà due chiacchiere con uno sconosciuto che viene da lontano
senza volé sapé se da Malindi o da Bolzano
preferisco sentì le vecchie storie raccontate da matti innocui e strambi cialtroni
preferisco stà da solo a un tavolo senza nessuno che me rompe li cojoni
preferisco du’ pischelletti con li capelli strani e ’na chitara
preferisco vedé un laureato giocà a scacchi con un avanzo de galera
preferisco vedé li vecchi del rione giocà a carte sulla piazza da mattina a sera
strillanno a squarciagola tra ’na scopa e ’na premiera
Preferisco pensà che come uno scolaro un po’ vivace, er preside severo l’ha sospeso:
3 giorni a casa e poi ricominciamo in santa pace
preferisco non pensare che quest’oasi di colore diventi un deserto arido senza un goccio di folclore
e sbiadisca piano piano senza che nessuno s’accorga de niente
preferisco non svejamme ’na mattina e trovacce n’artro brutto ristorante
le tovaglie bianche e rosse come orribili scacchiere e in bella mostra un’amatriciana in plastica e un prosecco in un bicchiere
du’ ragazzetti svegli che te invitano a pijà posto: «come inside, come inside, benvenuti da Callisto!»
preferisco de ’sto santo no la catacomba o er pozzo ma solo l’insegna bianca de un baretto vecchio e pazzo.
Ho provato ad andare in tanti bar. Ma appena provavo ad entrare veniva il barista e mi chiedeva di mostrargli la mia dichiarazione dei redditi, dopo averlo visionata la risposta era sempre la stessa "non puoi entrare, sei povero". Avevo perso le speranze di poter frequentare un bar. Per caso una volta sono capitato a Trastevere. Mi hanno notato ed invitare ad entrare al S Calisto, io ho risposto "non posso, sono povero". Quelli si son fatti una gran risata e mi hanno risposto "Da oggi in poi sei il nostro cliente preferito, entra dentro così ti offriamo gratis la colazione". Il loro gesto mi ha riempito il cuore di gioia. Da quel giorno sono rinato ed anch'io ho un bar che posso frequentare.
Vabbeh, scrivere qui sopra in gran parte è come tentare di parlare al tizio della prima fotografia, quello vestito strano, colle righe rosse sulle braghe, il cappelletto, vicino alla Punto; l'immagine non è nitidissima, ma dall'espressione si intuisce quali possono essere i suoi pensieri: lo stipendio sicuro a fine mese, il posto fisso a meno di fare cazzate sesquipedali, la prossima licenza, i turni, gli extra, il maresciallo rompicoglioni... Ma in fondo va bene così, che cazzo gliene frega? A lui gli hanno detto che c'è da mettere i sigilli a 'sto baretto, dice che ci va gente che fa casino e tanto basta. Lui esegue, uso obbedir tacendo, come gli hanno insegnato, nei secoli fedele, con la certezza di essere dalla parte giusta.
Io non ho un cazzo da fare, ragion per cui passo le mie giornate al S.Callisto col prosecchino in mano, e parlo con tutti, imparando tanto da questi vari umani. Quindi riaprire il bar se no non so come fare!
I ragazzi del Cinema America non sono stati neanche consultati. Spero che Claudio Amendola, Michele Rech si facciano sentire.
Non distorcete volutamente i fatti: il San Calisto non è stato chiuso perché forse ha servito un caffè a qualcuno con precedenti penali.
L'art. 100 del Testi uni di Pubblica Sicurezza stabilisce che il prefetto può sospendere la licenza di un pubblico esercizio quando questo sia ABITUALE RITROVO DI PERSONE PREGIUDICATE O PERICOLOSE.
Quindi prima di parlare a vanvera controllate che tipo di feccia frequenta 'sto cazzo di bar patrimonio dell'umanità.
Al tizio della prima fotografia con quelle striscette rosse gli dicono "vai lì, chiudi il S Calisto" e lui come un robot esegue senza farsi domande sulla storia che c'è dietro. Io non sono così, sono intellettuale e nessuno mi comanda in cambio di un misero stipendio perchè paparino mio è ben messo. 1300 euro che quello guadagna in un mese da schiavo me li spendo in una sera. E mi sto mobilitando per il S Calisto.
E l'acqua del sindaco pure
A Roma pure i radical chic fanno schifo rispetto ai radical chic del resto dell'Occidente che già fanno schifo di loro. Ma i radical chic romani, radical cafonazzi, so pure coatti ed hanno solo letame nelle cervella, almeno altrove qualche radical chic è davvero chic ed ha talento. Sta città è proprio merda sciolta.
11:11 bravissimo, 10 minuti di applausi: finalmente qualcuno che impiega utilmente il patrimonio famigliare.
Mi scusi gentilmente mi saprebbe indicare dove comprare i ghiaccioli azzurri all'anice? Non li trovo più da nessuna parte!
per 2:27, va bene qualsiasi bar decente che venda ghiaccioli, ma è solo questione di fortuna, perché in ogni scatola ne mettono al massimo 2 o 3, quindi finiscono subito (è anche vero che spesso i baristi non hanno voglia di ravanare nella scatola per cercarli...). Io chiedo di tenermeli da parte ;-))
Curiosamente gastrofighetto il concetto che il caffe' DEVE costare di piu' per essere buono. Che il gelato buono NON puo' costare 1 euro e via via "ragionando". Con questa "logica" vanno chiusi tutti i discount (non parliamo di mercati e bancarelle). Agli straccioni al massimo un caffe' in cialda (non in capsula di lusso che 35 cent sono gia' troppi)
Troppi ce ne sono da chiudere di locali a Roma "ABITUALE RITROVO DI PERSONE PREGIUDICATE O PERICOLOSE"
Ci sei mai stato al San Calisto? Non c'è un saltuario passaggio di pregiudicati, è la loro seconda casa.
Quanto alla qualità nell'accezione tonellian - contemporanea, si può tradurre in un oceano di fuffa gastronomica, cibi di plastica che sanno di niente, molto colorati, che compongono un casino inspiegabile nel piatto, con un nome che vuole essere trendy e un finto dop a coronare il blob culinario.
Naturalmente, la porcheria in oggetto viene servita in qualche nuovo locale in cui la ndrangheta ricicla, immediatamente riconoscibile perché li ristrutturano a spese dello stato con quell'inconfondibile tocco dell'architetto di gioia tauro che levate.
Tra due mali - burino rifatto e strappone conclamato - effettivamente meglio il san Calisto.
non me ne frega un cazzo di san callisto.....ritrovo per coglioni che stanno in piedi 3 ore e turisti da 2 soldi che bevono peroncini e cocktail annacquati.....tanto ormai a trastevere non ci abita più nessuno......è diventata una terra di nessuno....
saluti
Che noia! Uno sproloquio di parole che fa perdere il senso di tutto l'articolo. Al di là del condivisibile o meno, se fosse scritto meglio avrebbe pure senso
Trastevere com'era una volta, quella verace, umana, sanguigna, non era certo quella dei perdigiorno della Peroni e dello spritz
certo che l'argomento è di estremo interesse.
invece di uscire resterò al pc per seguirne lo svolgimento!
Ma quanto vi rode che il San Callisto è sempre pieno e i vostri locali ristrutturati e luccicanti dove avete speso migliaia di euro, per la maggior parte riciclo di organizzazioni criminali o frutto di evasione, sono miseramente vuoti e pieni di buffi?!!!
Certo i chicchi di caffè non sono stati selezionati uno a uno (li vorrei vedere in faccia questi selezionatori;), non si trova la pizza con farina ai 7 cereali a 3 euro al pezzo o gli imperdibile estratti di zenzero e mela verde a 10 euro ma vuoi mettere il piacere di non vedere questi ex avvocati falliti che provano con avidità da sciacalli a spennarti in tutti i modi!!
P.S Se Roma vi fa così schifo perchè non emigrate in altre città dove, sicuramente, faranno a gara per valorizzare al massimo la vs capacità di innovazione e creatività?
Da Giselda, la pizza al kg costa più di un'orata di mare.
Io personalmente emigrerei anche oggi pomeriggio, ma un'antica maledizione recitata ai danni della mia famiglia mi costringe a restare in questo buco di merda.
Ciao Ragazzi, scusate l'ora,ma mi chiedevo: sempre lì a sputare fiele e rodervi il fegato abboccando alle cazzate sul decoro e le parodie urbanistiche del mentecatto scrivente su questo sito? Dài che basta una ricerchina e trovate un sacco di occasioni per divertirvi e capire davvero come gira... Baciotti a tutti, un pensiero a Barbarella e a domaniiiiiiii!
Il problema è che a Roma vi fate spennare come polli per qualunque cosa
9.53 PM un sacco di occasioni per divertirti te non le hai visto che alle 22 stai a scrive calzate su questo blog
Questo articolo mi sembra pieno di pregiudizi, cosa sarebbe il "fighettume" ? insomma io sono anche un estimatore del sito, per via di alcune inchieste ben fatte, ma qui mi pare si esageri. Il pregiudizio è quello di considerare stupidi o inetti coloro che difendono il bar , in una città moderna non sarebbe il caso di far convivere pacificamente le due realtà? Chi vuole offra il gelato a un euro, chi vuole a 3 euro, cioè basta con queste guerre inutili.
Beh, RfS non è "Pravda", ci si scrive di tutto e non sempre si può essere d'accordo. Quando si parla di ristoranti, boutique, alberghi e simile prevalgono quasi sempre i chic, quella che piange perché le hanno tolto il dehors (legge è uguale per tutti), quell'altro che deve chiudere il negozio di lusso, quello che vorrebbe fare un albergo di lusso "ottimo investimento e posti di lavoro garantiti" (a tua nonna forse)... Ho apprezzato in questo pezzo il fatto che rappresenti il contrasto e le contradizioni che ci sono nella città di Roma di adesso tra ex-popolani, radical chic, gentrificazione e degrado. Personalmente, preferisco un posto come San Callisto mille volte ai ristoranti chic aperti con i soldi della camorra e della ndrangheta. Perché non vi fate un outlet con tutti i posti dove uno può spendere 30-50 euro per una pizza fatta con farina su base di cacca di piccioni secca ?
In realtà il punto non è i fighetti del peroncino o meno, il punto è che è buffo vedere tante energie nela protesta per questa chiusura di tre giorni ( che poi sappiamo tutti che il terzo giorno c'è il lieto fine, basta vedere Lui che è resuscitato!), e invece altre realtà tartassate, perseguitate, appesantite da richieste di pizzo e minacce, vengono completamente ignorate.
Sono cliente del san callisto da 50 anni. Esistono luoghi che indipendentemente dal loro lato estetico hanno acquisito bel tempo un loro "signficante" autonomo. "Er sancallisto" è uno di questi. Rfs fattwne na raggione....
Noto con dispiacere (o forse e' solo una presa di coscienza tardiva) che il tono dei post di questo blog e' sempre piu' aggressivo e ipercritico verso chiunque non la veda come l'estensore. Peccato.
Altri blog e altre associazioni che hanno a cuore Roma segnalano e fanno altrettanto se non piu' mantenendo posizioni critiche senza trascendere nel linguaggio sciatto e aggressivo che sta caratterizzando sempre piu' questi post di Tonelli.
Dispiace, perche' qualcosa di buono s'e' visto qui dentro, ma e' sempre piu' rarefatto.
Forse Tonelli dovrebbe essere un po' meno autoreferenziale e magari trovare qualche collaboratore meno astioso.
Davvero, peccato. Leggevo spesso e spesso mi trovavo d'accordo o comunque interessato ai post, adesso invece mi trovo sempre piu' frequentemente infastidito.
E no, non voto cinquestelle.
A.
Quando sovseggio il mio fevnet al bav San Callisto e pavlo con tutti questa vavia umanità, bavboni, disoccupati, opevai, studenti calabvesi e altvi povevi sfivtunati, mi sento quasi come lovo e questo mi fa sentive pvopvio come se appavtenessi alla stessa umanità! Poi pevò si fa tavdi, e devo tovnave nel mio attichetto mogio mogio, sotto il bvaccio Vepubblica e il Covvieve, e sono un po tviste!
Ogni tanto esce fpri no stronzetto (stronzo sarebbe troppo onore) che se penza de esse spiritoso... ar sancallisto ce vengo da 50 anni mo un po de meno visto che l'attichetto ce l'ho a torbella... mo me rimane solo de compiagne quella poraccia de ru madre che s'è rotta er xulo a partotitte e nun me rimane artro che invitatte a annattelapijànderculosenzasputo... ce dovessi pijà gusto. Tanti saluti da un trasteverino in trasferta periferica.
Ma Salvini non ti nota? Non ti ha chiamato al ministeto del cattivismo? Hai notato che avete le stesse uscite? I radical chic, i licei... Nte fai schifo?
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Non vado al San Calisto da quasi 10 anni ma continuo ad amare questo bar che è una vera barricata contro la standardizzazione turistica e il profitto ad ogni costo che ha invaso la maggior parte dei locali di Roma. Vero, il gelato non è quello di San Crispino e la birra è la Peroni multinazionalizzata ( non lo sapevo, grazie per l'informazione ) ma questo bar è uno dei pochi squarci di realtà non prefabbricata che è rimasta a Roma, oltre ad essere un posto che anche se non hai una lira puoi sederti e chiacchierare con amici e sconosciuti tutta la giornata perché mai nessuno ti chiederà di consumare per forza. A qualcuno questo sembra niente, e lo contrappone alle eccellenze gastronomiche ( e chi le contesta ?) ....ma l'anima, la forza del San Calisto è altro, che chi non l'ha mai frequentato per un po'di tempo semplicemente non può capire. Niente di male, mica è obbligatorio esserci mai andato. Ma ridurre in burletta la reazione innamorata di chi ne ha preso le difese è un gesto abbastanza arrogante e volutamente ignorante. Io mi sarei forse chiesto "perché tanto amore?" e su quello avrei scritto qualcosa.E' sembrato invece al nostro castigamatti molto più di costume fare la tirata antifighetti ( che pure al San Calisto ci sono in abbondanza ).E va be'....ognuno scatena il proprio livore sommerso come può.E' una terapia, in fondo.
Dissento,alla stragrande maggioranza delle persone non frega nulla che il caffe sia controllato un chicco alla volta..non mi frega nulla di questi prodotti pseudo chic. Da voi citati.
Nella stragrande maggioranza dei casi sono prodotti identici a quelli della grande distribuzione.
Quindi fesso chi spende un capitaleper una normale birra o un normalissimo caffè o peggio ancora un pasto stellato a 45 euro...che consiste in un normalissimo piatto di pasta..e anzi spesso questi prodotti gourmet come sapore fanno schifo!
Perfettamente d'accordo con voi, mangiare bene e di qualità costa ed è giusto, ma 15€ per tre pezzetti di pizza in quel posto bellissimo che è il Mercato Centrale a Termini li ritengo un furto regolarizzato
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Il San Callisto, un posto che ha il Negroni già preparato e in fresco. È tutto.
Fier!
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