26 febbraio 2018

"Ecco perché ho spostato la mia famiglia a Milano"

Cari amici di Roma fa Schifo,
dopo aver venduto l'ultima casa di Roma ci stiamo accingendo a comprare per me e la mia compagna una seconda casa a Milano dove poter crescere in serenità la nostra famiglia in rapido aumento di unità. 
Anche se saremo in una periferia (comunque piena di verde, servizi e strutture), senza usare la pur efficiente metro con gli altri mezzi pubblici in qualsiasi ora in 10 minuti siamo in centro e la sola macchina che abbiamo in due la usiamo raramente, giusto nei weekend per fare qualche gita fuoriporta.

Siamo entrambi scappati qualche anno fa Roma dove avevamo entrambi un buon lavoro ma eravamo perfettamente consapevoli che MAI avremo potuto fare progetti in quella città. E cosi pian piano abbiamo venduto i nostri immobili e chiesto trasferimento a Milano. 


Da un rapido calcolo indicativo in 5 anni fino ad ora abbiamo "spostato" a Milano più di 700.000 euro e da ora con i soli stipendi sono quasi 70.000 euro NETTI i soldi che ogni anno spendiamo e investiamo a Milano ma che fino a qualche anno fa spendevamo a Roma.
Questi che allego sono due grafici indicativi presi da immobiliare.it alla faccia di tutti quelli che si domandano del perché ce ne siamo andati via a gambe levate...

Michele C. 


*Caro Michele,
anche tu quando sai andato all'anagrafe di Milano a cambiare residenza - se l'hai già fatto ma si presume di sì - avrai avuto un rapido e simpatico dialogo col funzionario immaginiamo. E anche a te avrà detto le stesse parole: "ma perché da Roma state venendo tutti a Milano". 
Roma, se non cambierà registro e non sembra avere alcuna intenzione di cambiarlo, perderà tutta la fascia media, famiglie come la tua che hanno qualche immobile e guadagnano 70mila euro l'anno, famiglie che sono l'architrave dell'economia e della civiltà di una città, famiglie che fanno figli, che fanno attività, che hanno consumi culturali, che hanno richieste di qualità, che partecipano alla vita sociale in maniera attiva e costruttiva. 
Questa gente, quando può, sta letteralmente scappando andando a far ricca e bella Milano (quando non all'estero). Un declino che quel grafico rappresenta visivamente, un declino che è ancor più grave perché sembra non interessare nessuno. Un impoverimento in termini economici ma anche in termini civili. Perché il PIL perso si conta ma anche si pesa. Ma come diavolo si fa a vivere  nell'unica città che non ha la minima preoccupazione del proprio sviluppo economico? Andate sul profilo della sindaca, tre giorni fa si vantava di poter tagliare le cubature del progetto di trasformazione urbanistica della ex Fiera di Roma, un'area che nessuno andrà a sviluppare perché con quei vincoli non è conveniente. Rimarrà così abbandonata mentre Milano (che ha dismesso la sua vecchia fiera negli stessi anni) sta completando brillantemente la trasformazione in CityLife generando qualità urbana, risorse economiche, attrattiva turistica e posti di lavoro di alta qualità. Ed è solo uno dei mille esempi. Una pena infinita e profonda
-RFS

24 febbraio 2018

Riaprono 7 cessi pubblici. Ecco perché per i cittadini e per i turisti è una truffa in piena regola

Ieri con un video che passerà direttamente agli annali dell'avanspettacolo politico cui la capitale d'Italia viene sottoposta da mesi, un personaggio surreale che risponde al nome di Pinuccia Montanari e che ci dicono essere l'assessore all'ambiente in una delle città più importanti del mondo, ha inaugurato in pompa magna sette cessi pubblici.

Le immagini si sono soffermate sulle tazze, sui lavandini e sull'assessora che provava il flusso dell'acqua. Una cosa raccapricciante e impensabile in qualsiasi altra città del mondo. Un siparietto vergognoso e umiliante per chiunque abbia un minimo di sale in zucca. Due assessori, all'ambiente e ai lavori pubblici, che hanno un potere paragonabile e superiore a quello di alcuni ministri nazionali, che si prestano a un simile teatro. Ehssì perché non c'è solo Sora Pinuccia e il povero Diaco (vi prego la faccia, guardate la faccia!), ma anche la mitica no vax Margherita Gatta, assessora alle infrastrutture (probabilmente il ruolo più delicato della Giunta) che quando chiedi conto di cosa sta facendo tutti - anche i 5 Stelle - ti rispondono "lasciamo perdere", una che è stata nominata a agosto e pur avendo le deleghe più importanti in assoluto non ha fatto nulla, prima uscita pubblica inaugurare un gabinetto. Praticamente mezza giunta per l'opening di queste grandi opere. 
Ma proviamo ad andare oltre alla scenetta riprovevole di due importanti assessori ed un presidente di commissione che inaugurano un cesso e entriamo nel merito dell'operazione. Che è una fregatura per tutti: per la città, per i turisti, per i cittadini. Una fregatura fatta passare come grande opportunità come costume del Movimento 5 Stelle in ogni sua attività: raggirare le persone sfruttando la loro ignoranza. Raggirare le persone sfruttando la loro ignoranza e ancora raggirare le persone sfruttando la loro ignoranza.

La verità ovviamente è molto diversa da quello che dice la Montanari nell'ignobile filmato. Per almeno 4 motivi.


1. GLI INVESTIMENTI
Sora Pinuccia si vanta di aver investito centinaia e centinaia di migliaia di euro versati da cittadini, aziende e contribuenti per riqualificare e aprire i cessi. Dovrebbe vergognarsene, però se ne vanta. Tanto nessuno approfondisce, nessuno capisce e i giornali trascrivono il comunicato stampa. Le buone pratiche però sono altre: a Parigi i bagni sono gestiti dalla stessa società che gestisce i cartelloni pubblicitari, in cambio della concessione per i cartelloni la città ha ottenuto in maniera gratuita sia per se che per gli utilizzatori la gestione e la manutenzione di centinaia (non 7) di toilette pubbliche tra l'altro realizzate con un design contemporaneo d'eccellenza (non gli aborti architettonici che vediamo nel filmato). A Roma si poteva fare? Certo che si poteva: il Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari predisposto da Marino prevedeva esattamente questo obbiettivo, naturalmente a costo zero per l'amministrazione e per gli utenti. Per conseguirlo però bisognava andare avanti con quella riforma, sconfiggere le mafie dei cartellonari romani, pubblicare le gare, assegnarle a ditte serie possibilmente internazionali e ottenere in cambio i servizi. La Giunta di cui Montanari fa parte ha invece, da due anni, preferito insabbiare tutto e (esattamente come sta accadendo per lo Stadio) quello che ieri era impostato come contributo dei privati, oggi è pagato dal pubblico sottraendo risorse all'erario. Una frode in piena regola: "abbiamo investito una cifra di 256mila euro per ora". E se ne vanta pure. Sono soldi rubati ai cittadini ed è un'operazione che dovrebbe chiamare in causa la Corte dei Conti.  Ma poi 256mila eurini per 7 latrine? Quasi 40mila euro a cesso? Ma voi a casa vostra quanto spendete per fare un bagno nuovo? 5mila? 8mila? Massimo 10mila? Come si arriva a 40mila?

2. IL PRESIDIO
Il concetto di presidio per una toilette pubblica è semplicemente patetico. Oggi ci sono (appunto basta guardare Parigi) tecnologie autopulenti e videosorveglianze efficientissime. E' su quello che bisogna investire (o meglio chiedere ai privati di investire) non sui bidelli dei bagni come in un autogrill degli anni ottanta. Una città ferma a 40 anni fa con soluzioni di 40 anni fa con gli approcci di 40 anni fa con le tecnologie di 40 anni fa con dirigenti e uomini politici che sarebbero stati già vecchi e superati 40 anni fa.

3. IL PAGAMENTO PER L'UTILIZZO
Fare pipì in questi bagni sarà almeno gratuito in modo da incentivare davvero chi la faceva all'angolo o dietro la siepe di smettere? Niente affatto! Oltre all'investimento fatto dal Comune, si pagherà anche 1 euro a pisciata. Il cittadino così è fottuto due volte: da una parte ha pagato i cessi con le sue tasse (laddove dovunque vengono pagati dai privati nell'ambito di accordi avanzati di scambio servizi), dall'altra deve pagarli di nuovo ad ogni utilizzo. Il turista poi è fottuto ancora di più perché dopo aver pagato le tasse di soggiorno più alte delle terre emerse, deve mettere mano al portafoglio anche per pisciare. Ovviamente questa cosa non disincentiverà (come invece si è riusciti a fare a Parigi) tutte quelle persone che, non avendo nessuna intenzione di pagare 1 euro ogni volta che gli scappa, la facevano dietro l'angolo. E così le aree interessate, dopo gli investimenti profusi e i video promozionali, continueranno a accorare di piscio per tutti i mesi caldi.

4. I BAGNI - GALLERIA D'ARTE
Su questo non aggiungiamo altro perché siamo convinti che i nostri lettori sappiano capire da soli il livello e perché Artribune ha fatto già un'ampia analisi di questo ennesimo scempio che speriamo si possa interrompere. Qui l'articolo.


PS. Il filmato della Montanari, che racconta una truffa amministrativa in piena regola ai cittadini e ai turisti come se fosse una felice riforma, veleggia sopra le 1000 condivisioni...

20 febbraio 2018

Il 70% dei follower su Twitter di Roma fa Schifo sono falsi, fake, fasulli. Perché?

Non siamo affatto delusi della nostra attività su Twitter. Anzi. Riusciamo a fare cose interessanti, riusciamo a mandare in giro messaggi forti e molto coerenti con la nostra identità e il nostro ruolo, riusciamo infine a fare in modo che questi messaggi abbiano una bella reach, una bella portata, in termini di numeri.
Tutto bene? Sì, ma qualcosa da dire c'è comunque. E non è una cosa simpatica. Da un po' di mesi, ormai anni, a questa parte, infatti, il profilo Twitter di Roma fa Schifo ha iniziato a crescere a ritmi sostenuti, mai interrottisi. Aveva già dei numeri di tutto rispetto, ma ad un certo punto la crescita si è fatta vertiginosa. Non potevamo credere ai nostri occhi quando il numero dei nostri seguaci ha superato le 50mila unità, figuratevi quando ha doppiato le 100mila, privilegio che tocca davvero a poche realtà in Italia. E il passaggio da 100 a 150mila è stato sbrigato in pochi mesi...

A quel punto ci siamo un po' insospettiti. Del resto soldi per "comprare" follower come fanno aziende e politici non ce ne abbiamo e allora perché tra i nostri nuovi seguaci una percentuale schiacciante aveva iniziato ad essere rappresentata dai tipici "fantasmini" di Twitter senza foto e identità? Continuiamo a non avere una risposta per questa domanda, ma qualche numero ce lo siamo andati a cercare adoperando i sistemi (ad esempio Twitter Audit, qui sopra) che analizzano seppur grossolanamente la qualità della popolarità social e la risposta è stata inequivocabile: il 72% dei nostri follower è rappresenato da profili finti. E in effetti basta guardare questa schermata, che mostra gli ultimi profili diventati nostri follower, per convincersene.

Questi sono gli ultimi 12 personaggi che hanno "deciso" di seguire gli aggiornamenti e i retweet di Roma fa Schifo, tra questi solo uno appare essere un cristiano in carne ed ossa, gli altri sono probabilmente inutili robottini.

Questo significa che la presenza su Twitter di Roma fa Schifo è insignificante? Niente affatto: i nostro tweet funzionano alla grande e hanno un numero soddisfacente di "cuoricini" e di "retweet" (e queste sono interazioni vere, non fake) e gli oltre 40mila follower autentici che costituiscono il terzo buono della nostra fan base sono comunque tanti. 
Resta da capire perché? Perché Twitter, considerando che non gli abbiamo pagato un centesimo, ci ha "regalato" decine di migliaia di cose? Chi decide queste dinamiche? Perché Twitter è vittima (o artefice) di queste anomalie?

18 febbraio 2018

Gregorio VII. Perché Roma ha il distretto del design e dell'arredamento più triste del mondo?


 
Un po' è colpa della crisi economica post Lehmann che da 10 anni a questa parte ha cambiato il mondo; un po' è colpa delle grandi catene del mobilio economico (da Ikea a Mondo Convenienza) che hanno cambiato il mercato e la percezione dei cittadini; un po' è colpa dell'inguaribile cattivo gusto diffuso a Roma, città maleducata al bello e incline a considerare "strano" e "sospetto" ciò che è ben fatto, curato, accurato.
Fatto sta che oggi la città può vantare, tra tanti mille altri "vanti", il distretto del design più triste d'Europa.


Stiamo parlando ovviamente di Via Gregorio VII, la piazza che raccorda San Pietro con Piazza Pio XI e dunque con l'Olimpica e col quartiere Aurelio. Per anni, sebbene ora la situazione sia in fase di stagnazione se non di declino, su Gregorio VII si sono concentrati i più bei brand del design italiano per quanto riguarda l'arredamento, la cucina, la camera da letto, la sedia, gli accessori. 

In qualsiasi città occidentale ad un tale impegno sulla qualità e l'eccellenza da parte di decine di imprenditori la risposta pubblica non si sarebbe fatta aspettare. Si sarebbero sistemati gli spazi comuni, si sarebbe valorizzata questa eccellenza, si sarebbe realizzata una passeggiata attraverso il meglio del made in Italy a disposizione di tutti i visitatori del Vaticano e ben servita anche dal treno con la stazione di San Pietro che si trova esattamente all'inizio di questo percorso.

La realtà è tutt'altra. L'area versa in una situazione di depressione e tristezza senza eguali. I parcheggi spelacchiati dei torpedoni, le colline di canneti e di baraccopoli, i mercati rionali come a Durazzo nel 1975 (andate a vedere il Mercato di Via San Silverio per fare un salto nel tempo e nello spazio a gratis!), la spazzatura dappertutto, i cassonetti traboccanti di fronte agli straordinari marchi di Boffi, Varenna, Rimadesio e Valcucine, i marciapiedi completamente divelti, i cartelloni pubblicitari alla romana. "Dall'inizio dell'anno almeno due cadute gravi di due signore solo davanti al mio negozio" ci racconta il titolare di un importante marchio di design. 

Il percorso arriva a Piazza Pio XI che pare uno slargo di Timisoara negli anni ottanta. Perché Roma è l'unica città dove mega incroci abbandonati e progettati senza il minimo pensiero e criterio vengono chiamati "piazze" bestemmiando un nome che è architrave, colonna e storia dell'identità italiana. 


Non si capisce perché i commercianti, che insistono ad investire e a rappresentare in città il meglio della produzione di forniture nazionale, non si coalizzino per porre il problema, per farsi sentire, per chiedere un minimo di qualità. Qui dovrebbero esserci dei marciapiedi ampi, ben arredati, non certo rivestiti in catrame. Qui si dovrebbero eliminare tutti i posti auto dalla strada creando marciapiedi-piazze, i posti auto si dovrebbero recuperare in grandi aree interrate, magari a Largo Cardinal Micara. L'unica novità degli ultimi mesi è stata l'appena conclusa riqualificazione della corsia preferenziale centrale. "Qui ogni giorno gli autobus perdevano pezzi a causa delle buche e delle radici" raccontano i commercianti del design dimostrando di essersi accontentati per un intervento che in realtà, se bene approfondito, nasconde una grande occasione persa: su questa strada infatti doveva passare il grande progetto TVA, ovvero la tranvia che da Termini percorreva Via Nazionale, Piazza Venezia, Corso Vittorio e poi, superato il Vaticano, si sarebbe diretta verso i Giureconsulti percorrendo appunto tutta la parte centrale di Gregorio VII. 
Vedere che l'amministrazione investe per riqualificare la preferenziale significa solo una cosa: quello straordinario progetto che avrebbe portato un trasporto di qualità in quest'area e l'avrebbe connessa velocemente al centro, a San Pietro e alla Stazione è distante da qualsiasi progetto concreto per i prossimi decenni. Come dire che siamo nella melma e ci resteremo per sempre continuando a deprimerci e a declinare. Le grandi high street commerciali (vale anche per l'Appia o per Cola di Rienzo) ridotte a discariche di sciatteria hanno delle conseguenze gravi sull'economia della città, sulla capacità di attirare investimento e di generare nuovi posti di lavoro dando un'opzione e una alternativa ai nostri giovani. Amministrare così è un crimine. Punto. 

14 febbraio 2018

L'incredibile vicenda di Carlo Macro e la gara di solidarietà a favore della famiglia: donate

Francesco Macro e, a destra, il fratello Carlo Macro
Il 17 febbraio 2014 alle due e mezzo di notte, in via Garibaldi al Gianicolo, un lungo cacciavite entrava nel cuore di mio figlio Carlo. Quel giorno Carlo e Francesco, i miei due figli, tornavano a casa dopo un concerto. Carlo scese dalla macchina per fare pipì, lasciando la radio della macchina accesa. A quel punto, un uomo che viveva nel caravan lì parcheggiato, uscì dal caravan e colpì Carlo con un cacciavite. Francesco spinse Carlo a rientrare in macchina, Carlo chiuse gli occhi e non si riprese più.”

Inizia con queste parole la campagna di raccolta fondi su Gofundme lanciata da Giuliana Bramonti, mamma di Carlo Macro. Lo scorso anno si è chiuso il processo sull'assassinio di suo figlio e il colpevole sta scontando la sua pena (qui la cronaca). Eppure i debiti per le spese legali a carico della famiglia di Carlo sono ancora tanti. Per questo Giuliana chiede solidarietà per poter saldare le spese legali, che al momento ammontano a circa 15000 euro: “Ho sempre voluto che la morte di Carlo diventasse simbolo di solidarietà e di non violenza; rendere Roma un posto più piacevole in cui vivere, un ambiente più sicuro. Tutto questo in nome di Carlo, che ha pagato l'insicurezza e il degrado della città che più amava.”

Oltre alla perdita irreparabile dell’esistenza di Carlo, Giuliana e Francesco, rispettivamente madre e fratello, furono costretti ad affrontare numerose ingenti spese: dal funerale alle spese legali per poter presenziare al processo penale contro l'omicida, durato ben tre gradi di giudizio finiti “con una condanna molto lieve rispetto alla gravità del reato”. Esperite con modesti risultati le richieste alle Istituzioni per avere un sostegno che riparasse anche alle responsabilità pubbliche riguardo le circostanze dell'accaduto, hanno deciso di provare la strada della solidarietà.

Sulla vicenda di Carlo Macro qui su Roma fa Schifo abbiamo riflettuto più volte. In particolare con questo articolo che facemmo uscire esattamente 2 anni dopo la morte di Macro. Con un filmato raggelante, un autentico insulto alla memoria del ragazzo morto. Ora di anni ne sono passati altri due ancora e le cose non sono ancora affatto cambiate. Tutto questo è semplicemente meschino e atroce.

La curiosa storia delle targhe di prova che proliferano a Roma


Dal vostro blog ho imparato molte cose, vi leggo sempre e condivido molto di ciò che scrivete (infatti poi praticamente tutte le notizie che avete pubblicato sono risultate vere).
Tra le altre cose che ho imparato, quella che spicca maggiormente è il comportamento del romano medio attaccato a frasi e certezze che sono reali solo nella sua mente e nella mente di tutti quelli come lui, prendo ad esempio il caotico nodo della questione parcheggio: anche se l'auto è "messa male" per il romano medio "nun dà fastidio a nessuno" oppure "è una consuetudine per cui ci può stare".
Spesso su queste realtà fittizie il romano medio si infila ai limite del lecito (e spesso va oltre) per trarre un profitto, un vantaggio, una "corsia preferenziale" per guadagnare qualcosa tutto questo sulle spalle di altri, del sistema e via dicendo.

Ecco perché sono diventato un assiduo osservatore di molte dinamiche che al romano medio piace adottare per prendersi di fatto la sua fetta di comodo, dunque ho notato da un po' di tempo a questa parte il proliferare di "targhe prova" attaccate ai veicoli. Partendo dal presupposto che: La targa prova è una targa utilizzabile per "i veicoli che circolano su strada per esigenze connesse con prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni o trasferimenti, ma anche per ragioni di vendita o di allestimento" questo proliferare mi ha suscitato un certo dubbio. Ripeto se NON ci trovassimo a Roma forse la cosa potrebbe essere quasi normale ma dato che questa è la città del "chi si fa l'affari sua torna sano casa sua" la cosa suona strana. 
Le foto sono solo alcune auto che sono riuscito a fotografare, altre per motivi di sicurezza o altro non sono riuscito a scattarle ma sono molte di più. 
Se qualcuno avesse informazioni in merito sarebbe interessante approfondire il fenomeno.
Lorenzo

12 febbraio 2018

La deriva imbarazzante e delirante del Cinema America: ora querelano il vicesindaco

Lo hanno fatto davvero. Sono arrivati a farlo davvero. Nel loro improbabile delirio di onnipotenza che dura ormai da oltre un lustro, i "ragazzi" del Cinema America hanno querelato il vicesindaco della città. Hanno ritenuto insomma che la magistratura dovesse venire distolta da altre questioni per occuparsi di Luca Bergamo che li avrebbe diffamati.

Lo avrebbe fatto in questa intervista (peraltro da leggere) dove ad un certo punto Bergamo parla di denunce. Ovviamente non si riferiva con ogni probabilità a denunce formalmente intese, giacché quando uno fa una denuncia perché ha caos sotto casa non è che ricorre alle carte bollate, ma semplicemente fa una telefonata, manda una mail o ferma il giorno dopo il vigile urbano sotto casa. Si tratta comunque di denunce sebbene non risultino da nessuna parte. Ma i "ragazzi" non possono essere toccati, nell'ambito dell'inquietante (inquietante!) sostegno  politico e mediatico che la loro attività riscuote da sempre non possono essere mai messi in discussione. Questa volta ci sono andati, come si dice a Roma, particolarmente in puzza. Hanno fatto un po' di domande a vari enti chiedendo robe tipo "ma è vero che risultano denunce contro di noi?". Gli enti hanno risposto di no e allora giù querela per diffamazione al Vicesindaco. Oltre ogni ridicolo.

Tutti si svolge nell'ambito di un braccio di ferro relativo all'utilizzo di Piazza San Cosimato. I "ragazzi" sono convinti che loro e solo loro possono utilizzare quella piazza semplicemente per il fatto che per la prima volta l'hanno utilizzata loro (cosa c'è di male, del resto tutti i bambini di 4 anni alla scuola materna ragionano così e non è mai morto nessuno!), il Comune invece non ha alcuna intenzione di procedere con deroghe e forzature e vuole assegnare le manifestazioni cinematografiche nel cuore di Trastevere magari alla stesa associazione ma per lo meno dopo la vittoria di un regolare bando di gara, aperto a tutti, aperto anche ad esempio ai tanti cineclub romani che mentre i "ragazzi" del Cinema America occupavano immobili di proprietà privata per svolgere la loro attività, pagavano affitto, utenze, personale. Ovviamente i "ragazzi", che da sempre si sentono degli eletti e considerano paria tutti coloro che non appartengono alla loro casta, al bando non vogliono partecipare per mera questione di principio. "Non perdiamo tempo a partecipare ad un bando anche se senza dubbio vinceremo". 

Questi sono i personaggi che fanno "cultura" a Roma. Questi sono i loro atteggiamenti. Questo è l'esempio che dovrebbero dare verso i giovani. Solo spocchia, prepotenza, aggressività, forzature delle norme, occupazioni abusive e mancanza di rispetto verso le istituzioni. Il tutto in un ambito di raccomandazioni politiche diffuse, rapporti incestuosi con i partiti, copertura mediatica feroce e a tappeto da parte di tutti i giornali (trovate qualcuno che ne mette in discussione il modo di fare, oltre a questo blog che lo fa da anni). Con buona pace di chi a Roma rispetta le norme, si mette in fila e aspetta il suo turno, fa cultura senza mobilitare personaggi famosi usati come testimonial a seconda della bisogna, paga quel che c'è da pagare e vince (o perde) i bandi partecipandovi con umiltà e rispettando gli altri soggetti. Per tutte queste realtà serie non ci sono registi che si spendono, non ci sono star che rilasciano dichiarazioni, non ci sono capi del governo (capi del governo!) che esternano a favore e non ci sono quasi mai sponsor che pagano il conto.  

Loro no. Loro occupano. Loro considerano le leggi (che tutti gli altri sono costretti a rispettare) come degli insulti o degli ostacoli. Loro si prendono un cinema di proprietà altrui per svolgere le loro attività e riempiono la città di adesivi illegali per promuoverne il brand. Loro bloccano la trasformazione regolare di altri cinema (si deve anche alla loro pressione lo stop di anni che ha dovuto subire il Cinema Metropolitan) perché altrimenti la cosa cozzerebbe con la loro narrazione. Loro si alleano con una parte politica contro un'altra strumentalizzando per fini di consenso, di clientela e di parte tematiche e contenuti culturali (spesso peraltro, non si fa fatica a riconoscerglielo, buoni contenuti) che dovrebbero volare molto più alte. Loro fanno terrorismo un tanto al chilo cercando di suggestionare il popolino al grido di "il Comune vuole una piazza vuota e grigia", quando in realtà l'amministrazione sta facendo esattamente l'opposto, regolarizzando e dando stabilità ad una manifestazione che oggi vive sul crinale della legittimità.

Qualcuno fermi questi "ragazzi" vittime di se stessi e vittime di una città meschina e infame incapace di dirti quando stai sbagliando di grosso e pronta sempre a sposare cause perse. E adesso querelate anche noi...

8 febbraio 2018

Pensate cosa potrebbe essere Ostia se non fosse amministrata da romani...

Recentemente Ostia, il lido di Roma, è venuto alla ribalta delle cronache per ragioni non del tutto commendevoli.
Secondo me dovremmo rivalutare alcuni aspetti di Ostia e di Roma in generale e per questo vorrei riportare quanto di triste e regressivo ho visto questa estate in un'altra località balneare all’estero.
La località, pur avendo una storia molto antica, ha oggi una impronta moderna, ma al di là delle parole qualche foto può essere esplicativa della terribile situazione.
Fin dall’800 la località aveva fra la spiaggia e la città un giardino alberato lungo circa un chilometro percorso da un viale pedonale, che creava una ferita e una separazione fra la città e la riva del mare. Le amministrazioni locali, passate ed attuali, hanno avuto la folle idea di estenderlo per svariati altri chilometri e di aggiungere una pista ciclabile, privando i cittadini del sacrosanto diritto di parcheggiare vicino all’ombrellone, e costringendoli a lasciare l’auto in regolari parcheggi a pagamento e a camminare sotto il sole!
Qualche foto che documenta lo scempio:





Da queste foto, oltre a vedersi l’inumano trattamento riservato ai bagnanti costretti a camminare e impossibilitati dal parcheggiare la maghina a vista bagnasciuga, è possibile dedurre l’altra grande limitazione alla libertà economica e d’impresa: gli unici esercizi commerciali sono quelli degli stabilimenti o della città; sul viale non è presente neanche una bancarella dove poter acquistare indispensabili generi di sussistenza ed eleganti capi di abbigliamento.
Il giardino è inoltre intervallato da aree giochi per bambini e mini palestre all’aperto. Altra abnorme limitazione delle libertà fondamentali: parrebbe che nessun abitante di questa sfortunata località abbia il sacrosanto diritto di vandalizzare giochi e palestre, né di adornarli di pregevoli espressioni artistiche con lo spray, né tantomeno di abbandonare ovunque cartacce, rifiuti e bottiglie di birra.
Credo che questa repressione dei fondamentali diritti umani sia dovuta ad una inspiegabile frequenza di contenitori (peraltro sempre vuoti) dall’uso misterioso nonché dall’assidua ed inquietante presenza di personaggi in divisa preposti all’osservanza di queste barbare regole.



Per non parlare dell’arenile. Già provati dalla camminata fra il parcheggio regolamentare e il mare, i bagnanti devono subire lo sconcio di trovare ombrelloni e sdraie tutti uguali, anziché avere la libertà di portarsi ombrelloni, sdraie e frigobar da casa.

Se poi vuoi un caffè o una bibita anziché avere la libertà di poterla acquistare in un baracchino abusivo di lamiera, sei costretto ad accomodarti o nello stabilimento balneare con tavolini e sedie o su pontili attrezzati. Dove peraltro accettano carta di credito e rilasciano ricevuta. Inaudito.


Tutta la parte balneabile è poi delimitata da boe che separano le imbarcazioni da diporto dai bagnanti. Anche qui il povero possessore di motoscafo o moto d’acqua, oltre ad essere obbligato a prendere il largo solo in un delimitato punto autorizzato, non può scaricare la moto d’acqua dal rimorchio del suv parcheggiato direttamente in spiaggia, e non ha nemmeno la sacrosanta libertà di sfrecciare a suo piacimento a 10 metri dalla riva in mezzo a festosi e felici bagnanti.
Anche questo è costantemente controllato da occhiuti uomini in divisa che pattugliano la costa su una motovedetta: un vero clima di terrore!



E infine che dire dell’edilizia?
In questa sventurata città la libertà di costruire abusivamente secondo la vena artistica del geometra locale, di chiudere una semplice verandina, di fare una sopraelevazione posticcia, di piazzare i condizionatori sulle facciate dei palazzi, insomma il piccolo abuso di necessità figlio dell’italico genio, sembra essere negata. Le persone sono obbligate a vivere in condomini costruiti da architetti. E i palazzi degradati della seconda metà del XX secolo vengono addirittura demoliti e sostituiti da grattaceli: non è questa un’altra feroce violazione delle libertà individuali?



Addirittura alcune di queste costruzioni non hanno nessun uso abitativo, e sciupano terreno con costruzioni il cui unico scopo sembra essere estetico.


Per quale assurda ragione una amministrazione locale sensata dovrebbe sprecare del terreno in riva al mare antistante al porto, che potrebbe essere utilmente utilizzato come parcheggio (o anche come sfasciacarrozze, o come deposito di materiali edili) e invece vi costruisce una torre di metallo che si illumina la notte, con in cima un ristorante panoramico e un piccolo museo del folklore locale, e poi pretendere addirittura il biglietto per salirci sopra con l’ascensore?
E infine adibisce lo spazio sottostante a zona di passeggio con vialetti e aiuole?
Totalmente assurdo.
In alcuni casi poi l’antico, il XX° secolo e il moderno si fondono nello stesso luogo, probabilmente su suggerimento di un urbanista folle, senza che questo sollevi sacrosante sollevazioni popolari in nome della tutela della palazzina anni ’40.

Ebbene nonostante tutte queste brutture e atteggiamenti illiberali e repressivi, la località è, inspiegabilmente, frequentata da migliaia di turisti che arrivano persino e soprattutto da paesi esteri confinanti. Mha.
Ah, dimenticavo, la sventurata località balneare è Batumi sul Mar Nero, Georgia, Caucaso, ex Unione Sovietica.
Che tristezza.
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Al di là di tutto quello che non riesco a mostrare con le foto è la percezione di un costante tentativo, pur in una situazione di partenza più difficile della nostra, di migliorare, e contemporaneamente l’orgogliosa percezione che i passi in avanti siano una apertura di credito verso il futuro. Si percepisce però che questo sviluppo avviene all’interno di un contesto ordinato e regolamentato, non lasciato al caso e alla prepotenza. E questo in tutti gli aspetti della vita cittadina.
Provo a fare qualche esempio, riferito a Batumi, ma sovrapponibile alle altre mete turistiche georgiane.
1.       Esiste una piazza in pieno centro (che paradossalmente chiamano proprio Piazza, con il termine italiano) che è stata costruita (o ricostruita, non saprei) con i portici per alloggiare bar e ristoranti (i cui tavolini occupano d’estate l’intera piazza) nonché alberghi e case di abitazione. Su un lato della piazza c’è un palco dove suonano dal vivo.
Ebbene:

·         si consumano bevande esclusivamente seduti ai tavolini, non esiste che qualcuno cammini bevendo da una bottiglia di vino o consumi della birra in un bicchiere di plastica fuori da un negozio di alimentari.
·         c’è un palco nella piazza da cui si suona dal vivo: alle 10 di sera la musica pop lascia spazio ad un sommesso pianobar che intorno alla mezzanotte cessa del tutto, tant’è che gli alberghi intorno ne traggono beneficio e non danni.
·         L’unico venditore che ho visto è una cortese signora che, nel pomeriggio, dipinge dal vivo e vende le sue realizzazioni.
·         Il tutto avviene in un contesto di relax e di calma: niente ubriachi, niente posteggiatori abusivi, niente motorini e macchinette smarmittate, nessuna macchina parcheggiata sui marciapiedi.

È forse superfluo, ma aggiungo che la piazza era sempre strapiena di persone e tutte le centinaia di tavoli erano occupati.

2.       In tutti i ristoranti/trattorie dove siamo stati a Batumi si notava lo sforzo di rendersi accessibili ai turisti: i menù sono in genere scritti in inglese, russo e a volte in turco. Prima di ordinare sai già cosa mangerai e quanto spenderai: cose incomprensibili fuori dall’Italia come pane e coperto sono assenti.
Naturalmente lo street food, che da noi alimenta degrado, sporcizia e lavoro irregolare, non esiste.

3.       I negozi di abbigliamento o di scarpe, anche i più semplici, spesso propongono, oltre ai soliti capi internazionali, tutta una serie di prodotti, a volte anche molto costosi, di stilisti locali. Mai viste bancarelle di stracci sui marciapiedi.

4.       Ugualmente le enoteche, con personale che si esprime in inglese, propongono accanto a prodotti internazionali, generalmente francesi, vini georgiani che negli ultimi anni hanno una qualità paragonabile ai migliori vini europei. Ovviamente non vendono birre fredde da asporto.

5.       Nessun negozio di paccottiglia per turisti: evidentemente nessuno dei turisti che affolla la località sente la necessità di una torre di Pisa in plastica cinese. I cosiddetti souvenir avevano comunque una loro dignità artigiana. Presenti comunque alcuni negozi antiquari e gallerie d’arte.
Ora si tratta di fenomeni che possono apparire fra loro slegati, ma che in realtà vanno tutti nella stessa direzione: cercare di attirare un turismo civile e consapevole e, perché no, benestante. Un turismo che alimenti la ricchezza e la crescita della città.
Sono fenomeni che cercano di realizzare un ambiente che, al contrario, non attiri un turismo che consuma, logora le città e alla fine distrugge sé stesso e le città che le ospita. Mi riferisco al turismo alcolico, al turismo dello sballo, della movida e del casino a tutti i costi, che alla fine scaccia il turismo stesso e lascia le città impoverite e imbruttite.
Con quasi 3,5 milioni di turisti stranieri il piccolo e periferico paese caucasico trae dal turismo straniero il 7% del Prodotto Nazionale Lordo (https://gnta.ge/statistics/ ).
In Italia (con la maggiore concentrazione del mondo di patrimonio artistico, culturale e culinario) il peso del turismo arriva al 10,2%, percentuale che però va dimezzata considerato che la quota di stranieri su turismo complessivo è solo del 49%. (http://www.enit.it/it/studi.html )

Che tristezza un'altra volta.
Paolo

6 febbraio 2018

5 ridicole critiche al nuovo tram su Via Cavour e noi che le smontiamo

Ieri sindaca, assessora e presidente della commissione trasporti hanno presentato il nuovo progetto di tram che, con partenza dei cantieri a metà 2019 e termine dei lavori probabilmente nel 2021 (sic!), collegherà Piazza Vittorio a Largo Corrado Ricci (Fori Imperiali) via Statuto\Lanza\Cavour. Non si tratta di una totale novità in quanto tutto era stato già ipotizzato dal sindaco Ignazio Marino a fine 2014 insieme ad altre 6 nuove linee di tram di cui si sono perdute le tracce purtroppo. Questa sembra però sulla via della realizzazione e, a differenza tre anni fa, si sta formalizzando sebbene il progetto sia stato un po' modificato: invece di realizzare una tramvia lineare su Via Cavour connettendo direttamente i Fori Imperiali alla stazione e così riqualificando l'intero asse della strada principale che separa Esquilino e Monti, si è optato per uno sfioccamento del tram a Piazza Vittorio (che così diventa un hub tramviario modello quasi-Porta Maggiore) e una discesa da Via dello Statuto e dalla ripidissima (non troppo per un tram!?) Via Lanza con poi l'attestamento a Via Cavour all'altezza della stazione Cavour della Metro B. Un percorso meno convincente ma comunque valido. Valido onestamente un po' meno a livello trasportistico ma comunque assai interessante a livello di riqualificazione urbana. Lo abbiamo detto mille volte: tramvie e preferenziali sono la spina dorsale delle strade. Se ci sono loro tutto assume un ordine maggiore i rendering qui ve lo dimostrano: luoghi mostruosi come Via dello Statuto, Largo Brancaccio, Via Lanza, Piazza San Martino ai Monti e l'imbarazzante Largo Corrado Ricci coi suoi parcheggi creativi e i suoi benzinai potranno tornare a vivere dopo anni di gravissimo degrado. 
Il progetto insomma, che porta oltre 20 milioni di investimento, ci piaceva un po' di più prima ma comunque è positivo e va sostenuto. E invece niente, anche questa volta ci sono state critiche ridicole, comitati, politici locali e azzeccagarbugli che hanno cercato di spargere un po' di veleno e di alzare un po' di polvere e di chiacchiericcio quando c'era solo da sostenere la novità. Vediamo quali critiche sono state mosse e smontiamole una a una...

1. Il progetto mal si concilia con l'isola ambientale di Via Urbana
Ma chi l'ha detto? Perché? Il passaggio del tram su Via Cavour rende più accettabile il fatto che i vicoli di Monti siano una scorciatoia per i suv e un parcheggio a cielo aperto? Neppure per sogno! Anzi: Via Cavour sarà più sistemata con meno sosta, meno spazio per la doppia fila, meno spazio per i flussi e se Via Urbana resterà aperta rischierà davvero di diventare un percorso alternativo pieno di lamiere e scappamenti. I due progetti, anzi, devono andare proprio in parallelo.


 2. Si perderanno 220 posti auto
E' vero che nell'ambito del progetto di isola ambientale si era parlato di riservare dei posti auto su Via Cavour, ma probabilmente Via Cavour potrà ancora avere la sosta al largo del marciapiede e basterà mettere quella sosta come sosta gialla, riservata solo ai residenti. Un istituto che a Roma, non si sa perché, non viene usato e che invece è la svolta in moltissime città italiane, da Milano a Firenze. Gialla potrà diventare (se qualche illuminato non si deciderà finalmente a pedonalizzarla) anche Piazza San Pietro in Vincoli.
Detto ciò duecento posti auto in meno sono una manna per questa zona: convincono i residenti a rinunciare all'auto (alla schiacciante maggioranza in realtà non serve, la tengono solo perché tanto c'è posto gratis in strada dove lasciarla) e soprattutto convincono chi residente non è a non avventurarsi in auto in centro perché tanto "un buco a Largo Corrado Ricci lo troviamo". Ora i buchi si chiudono e tutti fanno, a monte, scelte più acconcie. 

3. La tratta è già coperta dalla metropolitana
Ma quando mai? Quale metropolitana arriva a Largo Corrado Ricci? Forse si pensa alla (lontana) B al Colosseo? Ma quella mica parte da Piazza Vittorio, a Piazza Vittorio c'è la A. Insomma non c'è nessuna sovrapposizione e anche se ci fosse non sarebbe un male perché poi la linea tranviaria che arriverà qui potrà prendere avvio da molto lontano: Pigneto, Centocelle, Piazzale Prenestino, Porta Maggiore, Scalo San Lorenzo. In ogni caso un percorso nuovo e utile. E anzi speriamo che il nuovo attracco a Largo Corrado Ricci non sia altro che la terza punta di una nuovo collegamento da realizzare visto che poco distante c'è Via Labicana con il curvone che potrebbe avere uno sbinamento verso Corrado Ricci e dalla parte opposta l'attuale capolinea dell'8 a Piazza San Marco. Bisogna tifare per una linea lungo i Fori invece di dire che ci sono già le metro, tanto a Roma le metro son sempre poche.

4. Il tram dividerà in due il quartiere
Davvero! Lo hanno detto davvero. "Il tram dividerà in due il nostro quartiere" (non sanno di essere in un "Rione" non in un "quartiere") "e ci separerà dalle scuole dei nostri bambini che sono tutte al di là. Cioè hai Via Cavour che è una strada che pare la periferia di Caracas con un flusso continuo di lamiere e di furgoni del 1988 e va bene, quando arriva il tram sicuro, pulito e nuovo diventa una "barriera"? No vabbeh...

5. Ci siamo trovati un progetto calato dall'alto
Falso come una banconota da 7 euri. Il progetto, a dispetto di quel che vogliono far credere dal municipio, non è calato dall'alto ma, come abbiamo detto e come è facile dimostrare, esiste quanto meno dal 2014 quando venne impostato da Marino. 

5 febbraio 2018

La storiaccia dei bancarellari che bloccano la Tuscolana spiegata bene (E parla Adriano Meloni)

Cosa sta succedendo nel settore marcio e malato dell'ambulantato romano? Perché c'è questa aria di rivolta? Come mai i bancarellari, fino a ieri tutelati in tutto e per tutto (basti pensare al bando di Piazza Navona o alla micidiale Delibera 30) tutelati dall'amministrazione oggi si ritrovano a combatterla così duramente da bloccare per giorni e giorni importanti strade? 

La storia non è stata mai raccontata in maniera compiuta e cerchiamo di farlo per spiegare cosa succede in queste ore e per dare sostegno a quella parte dell'amministrazione che si sta battendo per rendere esecutive le norme e per ripristinare un briciolo di decenza. 

Tutto parte, come volevasi dimostrare dagli anni di Marino e nella fattispecie dal PGTU impostato dall'allora assessore Guido Improta. Il dispositivo, approvato nel 2015 obbliga "entro tre anni dall'entrata in vigore" l'eliminazione delle bancarelle. Il provvedimento obbliga i Municipi a togliere i banchi di pigiami&mutande dalla viabilità principale e ricollocarla.

Roma fa Schifo è venuta in possesso del vero motivo per cui i bancarellari romani sono andati su tutte le furie nei giorni scorsi. E il motivo è una circolare partita il 24 gennaio: mittente Adriano Meloni, assessore al commercio, destinatari i direttori e i presidenti di tutti e 15 i municipi della città. Oggetto? "Ehi voi, sappiate che la scadenza per spostare le bancarelle si sta avvicinando, dunque sbrigateve". E così anche i municipi più reticenti (per ora si era mosso solo il VII, con l'ormai celebre operazione di Via Tuscolana) si sono dovuti mettere a lavoro prefigurando per i mutandari la perdita, finalmente, di decine e decine di pregiate postazioni ottenute negli anni lasciam perdere come. 

La palla ora è dei Municipi che devono sbrigarsi a togliere le bancarelle pericolose e insultanti dalle strade principali. Pensate che lavorone ad esempio per i due Municipi a guida PD, dove si concentra lo schifo più diffuso. 

La situazione è talmente inarrestabile che Andrea Coia, fino a ieri nume tutelare dei bancarellari in Campidoglio, è stato praticamente costretto per convenienza o convinzione non lo sappiamo, a passare dall'altra part della barricata tanto che oggi, assieme alla presidente del VII Municipio, parteciperà ad una conferenza accreditandosi - lui che secondo alcuni è l'uomo-bancarella e che secondo lo stesso Adriano Meloni aveva concluso presunti accordi con i Tredicine per riconsegnare loro la festa della Befana di Piazza Navona - come il politico che vuole liberare Roma dalle bancarelle. Su questo abbiamo sentito anche Adriano Meloni cercando di capirci qualcosa in più.

Assessore ma insomma ora Coia è il paladino di chi non vuole più le bancarelle?
Onestamente sono contento che dopo i disastri fatti con la Befana e con la famigerata delibera 30/2017 ora ci siamo allineati...

Ma non era meglio allinearsi ancora prima e puntare tutto sulla Bokestein per radere al suolo lo schifo del commercio ambulante romano?
Io ci speravo molto, ma altri erano violentemente No Bolkestein. Ora la Bolkestein è un miraggio per cui bisogna pur usare altri strumenti e il PGTU è un ottimo strumento.

Grazie a Marino, Leonori, Improta...
Ignazio Marino stava portando avanti delle cose importanti. Grazie Ignazio!

Ma non è che ora, visto quanto sono contenti i cittadini degli spostamenti, Coia vuole prendersi un merito che invece è dell'assessorato?
Ma a me del merito non frega nulla. Mi frega fare cose per Roma. E ora che anche il Sindaco si è convinto evidentemente tutti si adeguano. Meglio così.

Che altro state facendo?
Stiamo facendo anche la delibera sulla tutela del commercio nella città storica, la task force sulle somministrazioni, tante cose sul turismo, anzi oggi vado a Fiumicino per un progetto che spinge i visitatori in transito a passare almeno una notte a Roma e poi c'è il nuovo volo Norwegian per San Francisco da inaugurare domani.

Ma con i mutandari? Vi farete fermare da tutte queste proteste?
Non hanno capito che più bloccano le strade, più hanno i cittadini contro, più io vado veloce con gli spostamenti...