Qui teorizziamo (sebbene si possa fare con mille altre luoghi) che Villa Pamphili sia una metafora di Roma tutta. Bella, stupenda, unica, ricca, piena di opportunità, facilmente trasformabile in una miniera economica e di posti di lavoro ma largamente abbandonata, sciatta, tenuta per miracolo sopra il filo della decenza e della dignità di poco più di un millimetro. Potrebbe essere il luogo più bello del mondo, è invece un posto negletto, inutile, che rinuncia ad essere protagonista.
Proprio come Roma. Roma che chiede soldi al governo, Roma che pietisce senza vergogna soldi ai propri cittadini imponendo le tasse più alte d'Italia in cambio dei servizi peggiori d'Italia. Roma che batte rigori a porta vuota e sceglie per idiozia, interesse losco e ideologia di sbagliarli continuamente facendone pagare il prezzo ai residenti.
Villa Pamphili è un luogo unico. Ormai dentro la città, confinante con quartieri eleganti e affluenti, è il parco urbano per eccellenza. Di dimensioni ragguardevoli era un tempo campagna e dunque vanta tantissimi edifici al suo interno. Casali, vaccareccie, poderi e costruzioni anche di rilevante valore storico architettonico. A dispetto del concetto tutto romano (e dannatamente diffuso in città) per il quale fare attività economiche in aree verdi è un peccato di cui confessarsi in chiesa, la villa potrebbe trasformarsi in uno scrigno di proposte: bar, ristoranti, sale da the indimenticabili, ma anche coworking e piccoli incubatori, spazi dedicati alla produzione e alla vendita di artigianato contemporaneo, aree, addirittura, dedicate ad una peculiare ospitalità con progetti specifici di hotellerie integrata nell'ambiente. Un motivo vero per prolungare la propria esperienza a Roma, per fare attività che rimangono nei ricordi in maniera indelebile e per aumentare le patetiche 2,3 notti che i turisti passano oggi in media in città.
Stiamo parlando dunque di grosse potenzialità economiche, grosse chance di sviluppo, enormi possibilità di generare decine e probabilmente centinaia di posti di lavori diretti e migliaia indiretti. E investimenti, anche internazionali. Praticamente senza costruire di più di quel che già c'è e che sta marcendo. Eppure nada.
E invece nulla. Tutto è abbandonato in maniera ignobile, reti arancioni, muri cadenti, ruderi laddove ci potrebbe essere sviluppo. Ville, tenute, casaletti. Tutto chiuso e marcio. In tutta la villa, gigantesca, c'è un solo bar. Dal Casale di Giovi a quello dei Cedrati tutti i progetti sono fermi, i bandi sono stati bloccati, chi ha investito per realizzare progetti è stato bloccato poco dopo l'apertura e altri non sono stati neppure fatti partire. All'abusivo col pony e il carretto (che fa tanto villa romana anni ottanta) nessuno dice niente, per chi arriva ad investire milioni e a creare posti di lavoro regolari e sani c'è un accanimento burocratico feroce e gli attacchi continui dei micidiali gruppi di cittadini che hanno costituito associazioni in "difesa" della villa ad altissimo tasso di ridicolaggine.
Villa Pamphili non ha manco un logo, non ha una seria segnaletica, non ha una comunicazione integrata perché Villa Pamphili, come Roma, se ne fotte della comunicazione e non la considera quello che in realtà è: una cosa importantissima ed un elemento di rispetto del prossimo.
Villa Pamphili è come Roma. Potrebbe essere e non è. Potrebbe facilissimamente essere e decide scientemente di no. Quello che si sarebbe potuto ottenere lavorando, lo si aspetta sottoforma di assistenza finché arriva. Quando smette di arrivare si inizia a declinare, a deprimersi, a peggiorare. Tanto che importa...
Proprio come Roma. Roma che chiede soldi al governo, Roma che pietisce senza vergogna soldi ai propri cittadini imponendo le tasse più alte d'Italia in cambio dei servizi peggiori d'Italia. Roma che batte rigori a porta vuota e sceglie per idiozia, interesse losco e ideologia di sbagliarli continuamente facendone pagare il prezzo ai residenti.
Villa Pamphili è un luogo unico. Ormai dentro la città, confinante con quartieri eleganti e affluenti, è il parco urbano per eccellenza. Di dimensioni ragguardevoli era un tempo campagna e dunque vanta tantissimi edifici al suo interno. Casali, vaccareccie, poderi e costruzioni anche di rilevante valore storico architettonico. A dispetto del concetto tutto romano (e dannatamente diffuso in città) per il quale fare attività economiche in aree verdi è un peccato di cui confessarsi in chiesa, la villa potrebbe trasformarsi in uno scrigno di proposte: bar, ristoranti, sale da the indimenticabili, ma anche coworking e piccoli incubatori, spazi dedicati alla produzione e alla vendita di artigianato contemporaneo, aree, addirittura, dedicate ad una peculiare ospitalità con progetti specifici di hotellerie integrata nell'ambiente. Un motivo vero per prolungare la propria esperienza a Roma, per fare attività che rimangono nei ricordi in maniera indelebile e per aumentare le patetiche 2,3 notti che i turisti passano oggi in media in città.
Stiamo parlando dunque di grosse potenzialità economiche, grosse chance di sviluppo, enormi possibilità di generare decine e probabilmente centinaia di posti di lavori diretti e migliaia indiretti. E investimenti, anche internazionali. Praticamente senza costruire di più di quel che già c'è e che sta marcendo. Eppure nada.
E invece nulla. Tutto è abbandonato in maniera ignobile, reti arancioni, muri cadenti, ruderi laddove ci potrebbe essere sviluppo. Ville, tenute, casaletti. Tutto chiuso e marcio. In tutta la villa, gigantesca, c'è un solo bar. Dal Casale di Giovi a quello dei Cedrati tutti i progetti sono fermi, i bandi sono stati bloccati, chi ha investito per realizzare progetti è stato bloccato poco dopo l'apertura e altri non sono stati neppure fatti partire. All'abusivo col pony e il carretto (che fa tanto villa romana anni ottanta) nessuno dice niente, per chi arriva ad investire milioni e a creare posti di lavoro regolari e sani c'è un accanimento burocratico feroce e gli attacchi continui dei micidiali gruppi di cittadini che hanno costituito associazioni in "difesa" della villa ad altissimo tasso di ridicolaggine.
Villa Pamphili non ha manco un logo, non ha una seria segnaletica, non ha una comunicazione integrata perché Villa Pamphili, come Roma, se ne fotte della comunicazione e non la considera quello che in realtà è: una cosa importantissima ed un elemento di rispetto del prossimo.
Villa Pamphili è come Roma. Potrebbe essere e non è. Potrebbe facilissimamente essere e decide scientemente di no. Quello che si sarebbe potuto ottenere lavorando, lo si aspetta sottoforma di assistenza finché arriva. Quando smette di arrivare si inizia a declinare, a deprimersi, a peggiorare. Tanto che importa...