Ne stanno facendo di tutti i colori ad un livello che nessuno avrebbe potuto realisticamente prevedere: miliardi e miliardi di danni proprio in termini economici diretti, proprio denaro sottratto dalle tasche dei cittadini. E queste sono le conseguenze dirette, poi ci sono quelle indirette che sono cinque o dieci volte più gravi. Da Atac alle Farmacie, da Ama alla Ex Fiera, da Piazza Navona ai cartelloni passando dalle Torri dell'Eur, dalla manutenzione del verde, dalle bancarelle fino alle politiche per la sosta e la sicurezza stradale...
Eppure noi parliamo ancora una volta di Tor di Valle, per l'ennesima volta di Tor di Valle.
Un tempo dicevano: "parlate dello stadio della Roma perché vi paga Parnasi". Magari!, rispondevamo noi. Oggi siamo gli unici e gli ultimi rimasti a parlare contro Parnasi e i proponenti del progetto. I proprietari sono rimasti gli stessi ma noi un tempo parlavamo bene del progetto ma poi, quando il progetto è cambiato, abbiamo iniziato a parlarne male. Come di consueto il mezzo di informazione più indipendente e corretto della città senza false modestie.
Parliamo di Tor di Valle perché Tor di Valle non è un progetto immobiliare, è un simbolo, un baluardo. Per certi versi anche generazionale. "Se riescono a far saltare pure Tor di Valle è la volta proprio che me ne vado" si sentiva dire nel 2016 non di rado dalle (poche) persone davvero attente alle dinamiche della città.
Perché un simbolo?
Uno sviluppatore internazionale fa un piano immobiliare e lo propone affinché venga accettato un cambio di destinazione d'uso.
Il Comune invece di nascondersi dietro facili "no" o complici "sì" sfrutta l'occasione per ottenere il più possibile dalla situazione.
I costruttori vengono letteralmente spremuti come limoni: per fare quel che volevano fare bisognava che qualcosa come il 35% dell'investimento andasse in servizi pubblici (ponti, metropolitane, riqualificazioni idrogeologiche, parchi, stazioni ferroviarie, treni). Per la prima volta il Comune non ha risposto "fate come vi pare, basta che mi date i voti o i soldi sotto banco"; per la prima volta il Comune non ha risposto "no, non si può"; per la prima volta nella storia moderna della città il Comune ha risposto "sì, ma a modo mio!". Eversivo!
Di più: nulla dell'area principale del progetto poteva essere inaugurato se prima non si ultimavano le opere pubbliche.
Di più: era stata imposta la qualità architettonica per cui il progetto si presentava con tre straordinarie torri firmate da un grande architetto.
Tor di Valle è un simbolo perché nulla di questo si era mai sperimentato a Roma. Roma la città dove le operazioni immobiliari fino a quel punto si erano fatte alla maniera di Porta di Roma, di Ponte di Nona o, nella migliore delle ipotesi, di Parco Leonardo. Contribuzione pubblica? Una media del 7%, qui si passava al 35%. Sarebbe stato un precedente. Non si sarebbe più costruire "alla romana" se solo Tor di Valle avesse dato il via ai cantieri. Dirompente e spiazzante per tutti gli speculatori e palazzinari che hanno plasmato la città negli ultimi decenni.
Ma oltre a costituire un precedente Tor di Valle poteva costituire un baluardo per il cambiamento, per la percezione, per una ipotetica rinnovata concordia di questa città. Non è teoria, non è astrattismo. E' successo! E' successo a Milano. La città aveva avuto periodi di alti e bassi: un dopoguerra arrembante e operoso, poi la difficile epoca della deindustrializzazione, poi di nuovo gli Anni Ottanta rampanti e avvincenti e infine gli Anni Novanta, terribili e umilianti per una Capitale Morale che si ritrovava coatta, volgare e profondamente corrotta. La percezione cambiò definitivamente grazie a due cose: nuove architetture e grandi eventi internazionali. Le torri di Porta Nuova & Expo. A Roma il plot poteva essere il medesimo: Tor di Valle e Olimpiadi. Le persone si adeguano al contesto in cui vivono e Roma ha un bisogno enorme di vivere in un contesto che rappresenti ora come ora qualche novità e qualche evoluzione. Questi risultati si ottengono con l'urbanistica e con l'architettura.
"Le torri disturbano il panorama"
Disse la sindaca insultando l'intelligenza degli interlocutori, ben consci che il panorama sulle bidonville, i campi nomadi, i roghi tossici e gli abusi edilizi della Magliana non poteva essere di certo disturbata da degli eccellenti grattacieli disegnati da Daniel Libeskind. Anzi, verosimilmente il panorama sarebbe di gran lunga migliorato. Era una scusa per far saltare quella operazione dirompente e autenticamente sovversiva che abbiamo raccontato sopra. Quella operazione non si poteva fare perché poi nessuna altra operazione "alla romana" sarebbe stata plausibile. Si sarebbe chiuso un capito che nessuno voleva chiudere. Ad ogni nuovo sviluppo immobiliare sarebbe uscito qualcuno a dire: "ehi, ma perché date così poco? Chi ha voluto sviluppare Tor di Valle ha dato il 35% di contribuzione e voi volete dare solo questo? Aumentate la posta e mettete mano al portafoglio". I profitti privati venivano finalmente condivisi con la collettività.
La sindaca con la scusa del panorama disturbato dalle torri chiese al costruttore di tagliarle. In cambio della perdita di metri quadri da vendere (così facendo, per inciso, si impedì a Roma di avere finalmente il suo centro direzionale iconico, e dio sa quanto ce n'è bisogno per attrarre headquarter di aziende che oggi si stanno compensibilmente spostando proprio a Milano) gli disse che le opere pubbliche si potevano anche non fare. A Febbraio 2017 i costruttori uscirono dalla riunione in campidoglio facendo un sospiro di sollievo: "la precedente amministrazione ci aveva strozzato, qui sono arrivati i regali, ora sì che siamo certo che l'operazione stia in piedi economicamente". Il rischio di impresa, come è costume a Roma, era passato così dai privati al pubblico. Ma il regalo (autentico regalo) di decine e decine di milioni ad una società immobiliare non bastava. La conferenza dei servizi fece emergere la necessità assoluta di alcune opere che i privati - decurtati delle cubature - non avevano più alcuna intenzione di pagare. Non aveva però intenzione di pagare neppure il Comune. Il progetto stava andando a sbattere e invece di mandarlo a sbattere come era a questo punto corretto fare il Governo ha deciso di mettere lui i soldi che doveva mettere il privato. Uno scandalo che non ha aggettivi.
Venerdì scorso la novità: il Governo si occuperà lui, coi soldi di tutti i cittadini, di finanziare e realizzare (chissà quando, perché nel frattempo l'obbligo di fare le opere pubbliche prima dello stadio è saltato) le opere mancanti e necessarie.
Avete capito benissimo: nel breve volgere di un anno e mezzo siamo passati dall'avere il progetto di sviluppo immobiliare più innovativo ed evoluto che sia mai stato fatto a Roma ad avere una clamorosa speculazione edilizia con denaro pubblico investito per la realizzazione di un'iniziativa imprenditoriale privata. Nessuno oggi in Italia, salvo il Movimento 5 Stelle che è un partito seguito da plagiati e non sa meri elettori, può permettersi di intraprendere e portare a compimento operazioni di questa efferatezza civile.
Ma nonostante l'autentico olocausto economico (secondo La Sapienza il progetto avrebbe sprigionato più risorse di Expo2015), ciò che più è grave sono le macerie culturali che le forsennate scelte di Virginia Raggi si portano dietro sul campo spelacchiato di Tor di Valle. Una intera generazione che per un attimo aveva sperato di poter vivere in una città normale e orientata al merito, alla trasformazione urbanistica sana e allo sviluppo ha perduto ogni speranza. Le aziende che da fuori ci hanno osservato hanno capito che Roma è un posto inaffidabile e governato sulla base non della razionalità e della logica ma sulla base dell'ideologia.
Sopra a questo fallimento epocale che anche l'ultima possibilità, l'ultimo credibile treno di reale sviluppo della città, il Governo invece di combattere, scommette e investe. Invece di cercare di arginare le scelleratezze di Virginia Raggi, l'esecutivo di Paolo Gentiloni, coi ministri Lotti e Delrio, ci mettono sopra i soldi dei contribuenti pagando loro, nel progetto Raggi, ciò che nel progetto Marino avrebbero ampiamente pagato i privati. Ovviamente da Roma parte la claque a partire da Zingaretti e, anche se un pelo meno, da Giachetti. Invece di denunciare lo scandalo, cercano di dare il merito al Governo per lo sblocco del progetto: lo vadano a spiegare ai contribuenti che stanno subendo un autentico furto sia economico che di servizi.
Tutto questo non fa che dimostrare ciò che realmente era il golpe che ha costretto Ignazio Marino a dimettersi due anni fa: una alleanza tra PD e M5S affinché tutto rimanga com'è, affinché i grandi cambiamenti innescati dal Marziano potessero essere ricondotti a normalità. E così è andata in tutti i comparti - dalle cose enormi come lo smaltimento dei rifiuti fino ai centurioni piazzati di fronte al Colosseo, tutto come prima - con Tor di Valle che è solo punta di un iceberg gigantesco.
Non è un caso se l'opposizione sia totalmente nel silenzio. Con l'aggiunta dei tanti esponenti dell'opposizione che non parlano perché hanno intuito l'enorme regalo che verrà fatto alla propria squadra. E si sa, in Italia e ancor più a Roma, il tifo calcistico (pari soltanto alla maghina) è qualcosa che vale di più di tutto, perfino della propria famiglia o della propria dignità. E così è pieno di esponenti Pd i quali hanno capito perfettamente l'enorme regalo economico che viene fatto alla loro squadra del cuore e tacciono, anzi fanno dichiarazioni positive sull'evoluzione incresciosa del progetto, proprio per questo. Il primo caso mondiale di una squadra di pallone che nei prossimi anni sarà molto più competitiva (100 milioni regalati dallo Stato avranno il loro decisivo impatto) grazie ad un regalo da parte del Governo centrale. Le uniche dichiarazioni civili e serie sono quelle di Dario Nanni, andatevele a cercare.
Ma al di là di questo, la cosa che davvero sorprende è il silenzio dei cittadini: come è possibile che ad uno scandalo di queste proporzioni risponda solitaria la voce di questo piccolo blog e basta? Stiamo parlando della più grande, spregiudicata e assurda speculazione edilizia che si sia mai vista a Roma. Perché tutti zitti?
Eppure noi parliamo ancora una volta di Tor di Valle, per l'ennesima volta di Tor di Valle.
Un tempo dicevano: "parlate dello stadio della Roma perché vi paga Parnasi". Magari!, rispondevamo noi. Oggi siamo gli unici e gli ultimi rimasti a parlare contro Parnasi e i proponenti del progetto. I proprietari sono rimasti gli stessi ma noi un tempo parlavamo bene del progetto ma poi, quando il progetto è cambiato, abbiamo iniziato a parlarne male. Come di consueto il mezzo di informazione più indipendente e corretto della città senza false modestie.
Parliamo di Tor di Valle perché Tor di Valle non è un progetto immobiliare, è un simbolo, un baluardo. Per certi versi anche generazionale. "Se riescono a far saltare pure Tor di Valle è la volta proprio che me ne vado" si sentiva dire nel 2016 non di rado dalle (poche) persone davvero attente alle dinamiche della città.
Perché un simbolo?
Uno sviluppatore internazionale fa un piano immobiliare e lo propone affinché venga accettato un cambio di destinazione d'uso.
Il Comune invece di nascondersi dietro facili "no" o complici "sì" sfrutta l'occasione per ottenere il più possibile dalla situazione.
I costruttori vengono letteralmente spremuti come limoni: per fare quel che volevano fare bisognava che qualcosa come il 35% dell'investimento andasse in servizi pubblici (ponti, metropolitane, riqualificazioni idrogeologiche, parchi, stazioni ferroviarie, treni). Per la prima volta il Comune non ha risposto "fate come vi pare, basta che mi date i voti o i soldi sotto banco"; per la prima volta il Comune non ha risposto "no, non si può"; per la prima volta nella storia moderna della città il Comune ha risposto "sì, ma a modo mio!". Eversivo!
Di più: nulla dell'area principale del progetto poteva essere inaugurato se prima non si ultimavano le opere pubbliche.
Di più: era stata imposta la qualità architettonica per cui il progetto si presentava con tre straordinarie torri firmate da un grande architetto.
Tor di Valle è un simbolo perché nulla di questo si era mai sperimentato a Roma. Roma la città dove le operazioni immobiliari fino a quel punto si erano fatte alla maniera di Porta di Roma, di Ponte di Nona o, nella migliore delle ipotesi, di Parco Leonardo. Contribuzione pubblica? Una media del 7%, qui si passava al 35%. Sarebbe stato un precedente. Non si sarebbe più costruire "alla romana" se solo Tor di Valle avesse dato il via ai cantieri. Dirompente e spiazzante per tutti gli speculatori e palazzinari che hanno plasmato la città negli ultimi decenni.
Ma oltre a costituire un precedente Tor di Valle poteva costituire un baluardo per il cambiamento, per la percezione, per una ipotetica rinnovata concordia di questa città. Non è teoria, non è astrattismo. E' successo! E' successo a Milano. La città aveva avuto periodi di alti e bassi: un dopoguerra arrembante e operoso, poi la difficile epoca della deindustrializzazione, poi di nuovo gli Anni Ottanta rampanti e avvincenti e infine gli Anni Novanta, terribili e umilianti per una Capitale Morale che si ritrovava coatta, volgare e profondamente corrotta. La percezione cambiò definitivamente grazie a due cose: nuove architetture e grandi eventi internazionali. Le torri di Porta Nuova & Expo. A Roma il plot poteva essere il medesimo: Tor di Valle e Olimpiadi. Le persone si adeguano al contesto in cui vivono e Roma ha un bisogno enorme di vivere in un contesto che rappresenti ora come ora qualche novità e qualche evoluzione. Questi risultati si ottengono con l'urbanistica e con l'architettura.
"Le torri disturbano il panorama"
Disse la sindaca insultando l'intelligenza degli interlocutori, ben consci che il panorama sulle bidonville, i campi nomadi, i roghi tossici e gli abusi edilizi della Magliana non poteva essere di certo disturbata da degli eccellenti grattacieli disegnati da Daniel Libeskind. Anzi, verosimilmente il panorama sarebbe di gran lunga migliorato. Era una scusa per far saltare quella operazione dirompente e autenticamente sovversiva che abbiamo raccontato sopra. Quella operazione non si poteva fare perché poi nessuna altra operazione "alla romana" sarebbe stata plausibile. Si sarebbe chiuso un capito che nessuno voleva chiudere. Ad ogni nuovo sviluppo immobiliare sarebbe uscito qualcuno a dire: "ehi, ma perché date così poco? Chi ha voluto sviluppare Tor di Valle ha dato il 35% di contribuzione e voi volete dare solo questo? Aumentate la posta e mettete mano al portafoglio". I profitti privati venivano finalmente condivisi con la collettività.
La sindaca con la scusa del panorama disturbato dalle torri chiese al costruttore di tagliarle. In cambio della perdita di metri quadri da vendere (così facendo, per inciso, si impedì a Roma di avere finalmente il suo centro direzionale iconico, e dio sa quanto ce n'è bisogno per attrarre headquarter di aziende che oggi si stanno compensibilmente spostando proprio a Milano) gli disse che le opere pubbliche si potevano anche non fare. A Febbraio 2017 i costruttori uscirono dalla riunione in campidoglio facendo un sospiro di sollievo: "la precedente amministrazione ci aveva strozzato, qui sono arrivati i regali, ora sì che siamo certo che l'operazione stia in piedi economicamente". Il rischio di impresa, come è costume a Roma, era passato così dai privati al pubblico. Ma il regalo (autentico regalo) di decine e decine di milioni ad una società immobiliare non bastava. La conferenza dei servizi fece emergere la necessità assoluta di alcune opere che i privati - decurtati delle cubature - non avevano più alcuna intenzione di pagare. Non aveva però intenzione di pagare neppure il Comune. Il progetto stava andando a sbattere e invece di mandarlo a sbattere come era a questo punto corretto fare il Governo ha deciso di mettere lui i soldi che doveva mettere il privato. Uno scandalo che non ha aggettivi.
Venerdì scorso la novità: il Governo si occuperà lui, coi soldi di tutti i cittadini, di finanziare e realizzare (chissà quando, perché nel frattempo l'obbligo di fare le opere pubbliche prima dello stadio è saltato) le opere mancanti e necessarie.
Avete capito benissimo: nel breve volgere di un anno e mezzo siamo passati dall'avere il progetto di sviluppo immobiliare più innovativo ed evoluto che sia mai stato fatto a Roma ad avere una clamorosa speculazione edilizia con denaro pubblico investito per la realizzazione di un'iniziativa imprenditoriale privata. Nessuno oggi in Italia, salvo il Movimento 5 Stelle che è un partito seguito da plagiati e non sa meri elettori, può permettersi di intraprendere e portare a compimento operazioni di questa efferatezza civile.
Ma nonostante l'autentico olocausto economico (secondo La Sapienza il progetto avrebbe sprigionato più risorse di Expo2015), ciò che più è grave sono le macerie culturali che le forsennate scelte di Virginia Raggi si portano dietro sul campo spelacchiato di Tor di Valle. Una intera generazione che per un attimo aveva sperato di poter vivere in una città normale e orientata al merito, alla trasformazione urbanistica sana e allo sviluppo ha perduto ogni speranza. Le aziende che da fuori ci hanno osservato hanno capito che Roma è un posto inaffidabile e governato sulla base non della razionalità e della logica ma sulla base dell'ideologia.
Sopra a questo fallimento epocale che anche l'ultima possibilità, l'ultimo credibile treno di reale sviluppo della città, il Governo invece di combattere, scommette e investe. Invece di cercare di arginare le scelleratezze di Virginia Raggi, l'esecutivo di Paolo Gentiloni, coi ministri Lotti e Delrio, ci mettono sopra i soldi dei contribuenti pagando loro, nel progetto Raggi, ciò che nel progetto Marino avrebbero ampiamente pagato i privati. Ovviamente da Roma parte la claque a partire da Zingaretti e, anche se un pelo meno, da Giachetti. Invece di denunciare lo scandalo, cercano di dare il merito al Governo per lo sblocco del progetto: lo vadano a spiegare ai contribuenti che stanno subendo un autentico furto sia economico che di servizi.
Tutto questo non fa che dimostrare ciò che realmente era il golpe che ha costretto Ignazio Marino a dimettersi due anni fa: una alleanza tra PD e M5S affinché tutto rimanga com'è, affinché i grandi cambiamenti innescati dal Marziano potessero essere ricondotti a normalità. E così è andata in tutti i comparti - dalle cose enormi come lo smaltimento dei rifiuti fino ai centurioni piazzati di fronte al Colosseo, tutto come prima - con Tor di Valle che è solo punta di un iceberg gigantesco.
Non è un caso se l'opposizione sia totalmente nel silenzio. Con l'aggiunta dei tanti esponenti dell'opposizione che non parlano perché hanno intuito l'enorme regalo che verrà fatto alla propria squadra. E si sa, in Italia e ancor più a Roma, il tifo calcistico (pari soltanto alla maghina) è qualcosa che vale di più di tutto, perfino della propria famiglia o della propria dignità. E così è pieno di esponenti Pd i quali hanno capito perfettamente l'enorme regalo economico che viene fatto alla loro squadra del cuore e tacciono, anzi fanno dichiarazioni positive sull'evoluzione incresciosa del progetto, proprio per questo. Il primo caso mondiale di una squadra di pallone che nei prossimi anni sarà molto più competitiva (100 milioni regalati dallo Stato avranno il loro decisivo impatto) grazie ad un regalo da parte del Governo centrale. Le uniche dichiarazioni civili e serie sono quelle di Dario Nanni, andatevele a cercare.
Ma al di là di questo, la cosa che davvero sorprende è il silenzio dei cittadini: come è possibile che ad uno scandalo di queste proporzioni risponda solitaria la voce di questo piccolo blog e basta? Stiamo parlando della più grande, spregiudicata e assurda speculazione edilizia che si sia mai vista a Roma. Perché tutti zitti?