La pubblicità ingannevole&abusiva delle "STUDENTESSE" che cercano casa smascherata in 12 secondi

29 settembre 2017

Dopo esigenzacasa, l'agenzia che si nasconde dietro all'enorme mole di finti volantini scritti da studentesse che 'decorano' i tergicristalli della città (ricordate? Riguardatevi la puntata precedente!) oggi ho chiamato anche questo che fa riferimento a romacasa24. E il risultato è nel filmato, surreale come al solito.


Insomma ricapitolando. Le famose STUDENTESSE che da anni riempiono Roma di cartaccia, intasano le fogne, tappezzano le vostre automobili e non solo non sono altro che le seguenti agenzie:

http://www.esigenzacasa.com/ - 3890106935
http://www.romacasa24.com/ - 3939506746

Le ho scoperte da solo, da privatissimo cittadino senza alcun mezzo, in circa 12 secondi e li ho fatti confessare al telefono, liberamente. Pensate cosa avrebbe potuto fare l'autorità giudiziaria o comunque qualsiasi pubblica autorità con mille volta più forza di me. Nei tratti in cui c'è silenzio nella registrazione lui dice precisamente nome dell'agenzia, indirizzo e alla fine anche il suo nome. Non vi è alcun posto al mondo in cui un tale tsunami che dura per anni e anni di pubblicità abusiva e ingannevole potrebbe resistere senza essere sanzionato duramente. Anche qui, solo a Roma. Grande, grandissima tristezza.



Video. Tutto il viaggio a chattare. Perché gli autisti Atac non se la piantano?

27 settembre 2017

Attenzione a leggere la cosa, il rischio non è tanto per voi che state dentro quell'autobus. Tutto sommato dei rischi ci sono, per carità, ma non così terrificanti. Contusioni, fratture. Cose così. Ma chi è che rischia la vita in questo quadro? Chi è che se la vede brutta, senza minimamente aspettarselo, se l'autista del 90 (vettura n. 8*4*) preso alla fermata Vimercati/Ateneo Salesiano (76897) alle ore 21:52 fino al capolinea Labia (77267) a cui è arrivato alle ore 22 sta per minuti e minuti a chattare sullo smartphone?
Beh secondo noi se la vedono brutta i pedoni, gli eventuali ciclisti su bici poco illuminate, se la vede brutta chi attraversa la strada e dà per scontato che un autobus Atac si fermi alle strisce. E questo per micro distrazioni, tralasciando le macro. 

Ma ormai, ovvero da quando gli smartphone hanno dilagato dando la possibilità a chiunque, in qualsiasi momento, di stare connessi, chattare, leggere notizie, navigare nel web, visualizzare filmati o video in diretta, tutto questo sembra assolutamente normale. Sembra assolutamente normale guidare facendo altro. Anche se questo "guidare" è il tuo, si spera unico, mestiere. Sembra assolutamente normale anche se quello che stai guidando è un bisonte di 18 metri di lunghezza capace di buttare giù un edificio all'impatto.

E visto che è tutto normale nessun cittadino, che poi è un utente, che poi è un cacchio di cliente che dovrebbe avere sempre ragione per definizione può permettersi di dire nulla e di aprire bocca. Anche se ha viaggiato dieci minuti con la paura di andare a sbattere visto che l'autista era in altre faccende affaccendato.



Sentite il catalogo delle risposte che l'autista Atac dà al cittadino che gli fa notare il comportamento assurdo. 

"Ma io mica vengo a vedere quello che fai te" (qui c'è tutta la filosofia del farsi gli affari propri: omertà pura).

"Tanto tu non mi puoi fare niente" (l'impunità del dipendente pubblico è una cosa che non hai mai fatto troppa rabbia e ciò nonostante hai forze politiche totalmente mentecatte che vanno in giro urlando "Atac deve rimanere pubblica" come se il punto fosse se sei pubblico o privato invece di essere la qualità e l'efficacia del servizio che eroghi).

"Ma sul tuo posto di lavoro qualcuno ti viene a dire quello che fai?" (questa gente non concepisce che qualcuno possa chiedere loro di lavorare correttamente, per loro il mondo è così, non esistono superiori, non esistono dirigenti, esisto solo i caxxi loro e nessuno può azzardarsi a contestare).

E poi avanti con tutto l'armamentario retorico romanaro che conosciamo alla perfezione: "io nun te devo chiede scusa", "i numeri della vettura giocateli al lotto", "io non ho fatto niente di strano", "er codice de 'a strada 'o conosco meglio de te", "so vent'anni che sto qua"...

"E tanto mica ho fatto un'inchiodata". No, per stavolta no... 

Siamo sicuri che Atac non mancherà di intervenire. Altrimenti quale sarebbe il senso di articoli come questo apparsi in gran numero l'altro ieri sulla stampa cittadina?

Video. Scalo San Lorenzo. La prova su strada dei parapedonali dopo 20 giorni

24 settembre 2017
A distanza di esattamente 3 settimane dalla posa in opera, siamo tornati allo Scalo San Lorenzo per una "prova su strada" della nuova organizzazione garantita nel sottopasso dai parapedonali, arredo urbano da noi richiesto a gran voce per anni e anni e finalmente concretizzato grazie all'impegno di Enrico Stefàno, presidente della Commissione Trasporti in Campidoglio. 

La situazione a 20 giorni dalla novità e dopo le prime reazioni scomposte degli automobilisti ormai totalmente assuefatti ed abituati e parcheggiare sui percorsi pedonali è piuttosto buona. L'abbiamo provata in un momento di affluenza massima: il sabato sera.


Confrontare questo filmato ad uno dei tantissimi del passato che trovate sul nostro canale Youtube è  semplicemente imbarazzante: le cose sono cambiate finalmente in maniera radicale e i pedoni (tanti!) che percorrono tutta la sera questo tratto di strada hanno sicuramente la possibilità di farlo con dignità e sicurezza. La strada risulta talmente ordinata e trasmette talmente un senso di maggiore rispetto e controllo che i gli automobilisti sono portati in maniera pressoché automatica a rispettare perfino la finta corsia ciclabile che è stata disegnata da qualche attivista della pedalata come spesso accade ed è accaduto in alcuni sottopassaggi romani.


Speriamo che l'amministrazione vada avanti sulla strada dell'arredo urbano e del contrasto alla sosta selvaggia. Basta togliere le auto da dove non devono stare e la città cambia faccia in automatico, diventa più pulita, diventa più civile, diventa più sicura e rispettosa per tutti. Ci rimettono solo i cafoni inguaribili della sosta selvaggia. Speriamo, nello specifico di Scalo San Lorenzo, che si curi meglio l'illuminazione, si cancellino i graffiti, si pittino i parapedonali di un colore più degno di una città occidentale civilizzata e si garantisca almeno un passaggio ogni sera con lo street control: chi parcheggia dentro la galleria deve avere la certezza di prendere la contravvenzione. 

La sentenza storica del Tar a favore di Roma fa Schifo spiegata bene (e saluti al Codacons)

23 settembre 2017

Come tutti noi sia privatamente che nel nostro lavoro, la Codacons fa molto e quando fai molto compi tanti sbagli e azzecchi tante cose giuste. Il punto è quale sia il bilanciamento tra i due elementi. Noialtri, pur consci che il Codacons faccia tante cose giuste, siamo da sempre persuasi che le cose sbagliate siano in numero preponderante. E lo facciamo notare ogni volta che possiamo nella libertà delle nostre opinioni.

Ma i nostri rapporti con il Codacons, che oggi hanno un esito incredibile anche per la giurisprudenza italiana tutta, partono ancora più indietro. Prima delle elezioni, bisogna riavvolgere il nastro ad aprile 2016 quando l'associazione capitanata da Rienzi ritenne di intervenire su uno dei tanti atti di intimidazione che in quella stagione il nostro blog dovette subire.

"Si tratta di un inaccettabile gesto di intimidazione che colpisce chi da anni si batte per difendere la città e denunciare i tanti problemi della capitale. Un tentativo di tappare la bocca al blog più seguito della città, che da voce alle denunce dei cittadini e che negli anni ha svolto un importante lavoro, portando alla luce le tante contraddizioni della capitale. Ribadiamo il nostro appoggio e la nostra piena solidarietà".

Così scriveva il Codacons durante la primavera scorsa, quando, guardacaso, Rienzi era candidato sindaco. Poi, grazie a Roma Pulita, il network dei blog romani di cui facciamo parte organizzò un incontro tra i candidati sindaco, il primo incontro che vide insieme Meloni, Giachetti, Raggi. Un successo. Ovviamente affinché fosse un successo gli inviti erano stati ristretti ai candidati davvero credibili e non a Razzi, Rienzi stesso e altre candidature civetta. Rienzi se la prese non poco, gli spiegammo il motivo per cui non era stato invitato tra l'altro sottolineandogli come era davvero poco coerente la presenza di un'associazione che con le sue mosse aveva gettato la città nel panico (in cui ancora è) facendo saltare il sistema delle strisce blu indispensabile per tenere a bada l'assurda tendenza tutta romana ad utilizzare l'auto privata perfino per andare al bagno.

L'arrabbiatura di Rienzi non si arrestò alle e-mail di fuoco, ma proseguì con il peggiore dei falli di reazione. Un esposto durissimo, infarcito di menzogne, scritto in quattro e quattrotto copincollando idiozie pubblicate contro di noi su siti anonimi facenti parte della galassia mafiosa dei "movimenti" romani. Una roba penosa che qui è spiegata molto bene. Esattamente un mese dopo aver espresso totale solidarietà e un mese dopo aver tuonato contro chi cercava di tappare la bocca al blog, il Codacons tentava di tapparci la bocca a sua volta, tra l'altro infilando per ottenere il risultato una bugia dietro l'altra. Da qui si evince facilmente la credibilità di questa associazione.

Naturalmente alcuni degli enti sollecitati dal Codacons risposero per le rime spiegando che non si poteva di certo, come Codacons chiedeva, obbligare un semplice blog civico come Roma fa Schifo ad avere un direttore responsabile, una sede ecc ecc. Contro una di queste risposte, quella del Corecom, il Codacons insistette facendo ricorso al Tar.

La novità di questi giorni è che il Tar ha risposto e tre giorni fa ha pubblicato il dispositivo della risposta. Il ricorso è stato rigettato ma la cosa interessante è che la sentenza farà giurisprudenza per anni e anni. Farà in qualche modo epoca. Codacons, anche in questo caso, per il solo gusto di fare casino e dispetti, ha peggiorato la situazione che voleva "migliorare". Succede ogni volta che le ritorsioni personali o le reazioni scomposte sono spacciate da difesa dei consumatori. 

Roma fa schifo insomma vince davanti al TAR Lazio in un procedimento che aveva visto la partecipazione di fior fior di enti come l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), il CORECOM Lazio, Roma Capitale e appunto l’Associazione di consumatori Codacons.

Rfs assistita dall’Avvocato Fulvio Sarzana di S.Ippolito, dello Studio legale Sarzana di Roma ha ottenuto una significativa vittoria nell’ottenere la prima pronuncia in sede amministrativa in Italia sulla responsabilità dei titolari di un blog e sulla diversità dei siti internet rispetto alla stampa tradizionale.
Il TAR Lazio infatti, nel rigettare la domanda dei ricorrenti, diretta a pretendere l’iscrizione del blog nel Registro degli operatori di Comunicazione tenuto dall’AGCOM (attraverso i CORECOM),  e nell’obbligare quindi il blog a  doversi dotare di un direttore responsabile e a doversi qualificare come testata di stampa a tutti gli effetti, con rilevanti obblighi economici a carico dei blogger, ha invece negato l’estensione della medesima normativa ai blog, sebbene questi ultimi  abbiano la finalità di pubblicare ed esaminare notizie legate all’attualità.
Questi ultimi mantengono una diversa connotazione, maggiormente legata alle dinamiche del web in termini di assenti (o minori) vincoli temporali nella pubblicazione delle notizie o commenti.
Il TAR  infine, in relazione all’attività di Roma fa Schifo, ha sottolineato che la mancata qualificazione di un blog (o altro sito Internet) come testata giornalistica non determina l’assenza della tutela sancita ai sensi dell’art. 21, comma 1, Cost. alla libera manifestazione del pensiero, dal momento che essa si può esprimere anche attraverso un sito Internet.
Insomma, Roma fa Schifo esercita una importante attività a protezione del libero pensiero, ed i Giudici Amministrativi (non solo loro) hanno riconosciuto questo ruolo. Qui è disponibile la sentenza.

Chicca finale? Le dichiarazioni di Rienzi all'Ansa riguardo alla sentenza. State a sentire: "Prendiamo atto che per il Tar i blog, anche quando hanno un enorme seguito e vengono letti da migliaia e migliaia di utenti, possono scrivere tutto ciò che vogliono, senza essere soggetti alle regole che valgono per la stampa. In tal modo però si incrementa la giungla di siti web privi di qualsiasi controllo, dove magari, al di là del caso specifico, vengono diffuse fake news o si scrivono articoli per favorire un soggetto o danneggiarne un altro, anche rispondendo ad interessi personali o altri fini ambigui”. Ebbene, fermo restando che a quanto pare secondo il Codacons un blog che ha un "enorme seguito" va tutelato quando può servire per cavalcarlo a livello elettorale e va invece irregimentato come se fosse una azienda editoriale strutturata quando diventa scomodo, la cosa strabiliante è che proprio sulle idiozie lunari di un sito di fake news (vi ricorderete Dinamopress che pur di infangare Roma fa Schifo lo aveva raccontato come una specie di ufficio stampa della Metro C!) con tanto di articoli anonimi, calunnie e suggestive balle Codacons aveva basato l'impianto del suo esposto come potete evincere dai link sopra. 

Dunque denunciare un sito anonimo chiedendo di farne emergere le generalità, utilizzando come prova della sua ambiguità le mendaci dichiarazioni di un altro sito anonimo. Davvero geniale. Al Tar stavolta si saranno per lo meno fatti una risata! Ma a livello tecnico giurisprudenziale sono stati costretti, come dice qui giustamente Rienzi, a salvare sia il bambino (Roma fa Schifo) sia l'acqua sporca (i tanti blog cialtroni che invece meriterebbero controllo). Non è colpa del Tar ovviamente che ha agito in base alla normativa vigente, ma ora questa sentenza che ben contestualizza il ruolo di Roma fa Schifo potrà essere utilizzata in modo strumentale anche dai tanti difensori dei troppi blog che davvero vivono sulla divulgazione di fake news e non su un approfondimento civico come cerchiamo di fare noi e pochi altri.

In quale altra città del mondo i bagarini fuori dallo stadio lavorano impuniti?

22 settembre 2017

Vorrei segnalare la totale indifferenza nella quale operano i bagarini nei pressi dello Stadio Olimpico a letteralmente pochi metri dai vigili urbani.

Il 15 luglio 2017 ho parcheggiato l'auto in un garage a pochi passi da Piazzale di Ponte Milvio e nei 400 metri che mi separavano dalla fila per l'ingresso allo stadio ho incontrato una ventina di bagarini. Ho anche incontrato tantissimi  vigili (decisamente più dei bagarini) a cui ho personalmente segnalato quello che stava accadendo a pochi passi da loro nella più totale indifferenza. Ho ricevuto risposte diverse, una più avvilente dell'altra; ne riporto giusto alcune:

- "abbiamo le mani legate, deve rivolgersi al numero unico 112 e far mandare la finanza" (ho chiamato il 112 e dopo 3 minuti di attesa mi hanno detto di chiamare la finanza al 119; peccato che fosse il numero sbagliato);
- "non ci possiamo fare nulla, c'è la finanza per quello";
- "ho gia' chiamato qualcuno che sta arrivando"

fino ad un maresciallo, che mi ha lasciato interdetto:

- "c'è una sentenza della Cassazione che ha depenalizzato il reato e quindi non si può intervenire, e in ogni caso diciamocelo, è uno sfogo sociale... se non facessero questo chissà che starebbero combinando". Avevo sentito una versione simile sulla questione per cui  Roma Capitale non si voglia dotare dei tornelli alla metro. Ci tengo a precisare che ho cercato fra i documenti della Corte di Cassazione e non ho trovato nessun riferimento a questa fantomatica sentenza.

Io non credo che i  vigili fossero compiacenti, ma certo è assurdo che nessuno abbia voluto o potuto neanche avvicinarsi ai bagarini per invitarli ad andare via.
Mi chiedo e le chiedo: è mai possibile che la capitale d'Italia si meriti tutto questo? E' normale che la polizia municipale agisca in tale modo?

Fra i vari compiti, come riportati sul vostro sito ufficiale, leggo:

- "Raccoglie notizie di reato"
- "tutelare il decoro urbano"
- "attività a tutela dei consumatori attraverso la verifica della applicazione delle norme sulle attività commerciali su aree private e pubbliche"

Ecco, i punti sopra elencati, sono stati tutti puntualmente e sistematicamente disattesi. Mi vergogno profondamente come elettore di  Roma e come cittadino italiano che ha in  Roma la sua capitale. Come si puo' pretendere che la citta' migliori e collabori se poi si viene addirittura derisi dalle istituzione preposte al controllo?
Qui la segnalazione che ho dovuto fare ben due volte, prima di ricevere risposta. Non so cosa sia più sconfortante, se i bagarini o l'italica risposta con cui si scarica la responsibilità sull'assente Guardia di Finanza.
Non entro nel merito dei disservizi (o meglio sarebbe "mancanza di servizio") dei mezzi pubblici: è vergognoso che una capitale europea qual è  Roma, con milioni di visitatori ogni anno, non sia in grado di gestire un grande evento, potenziando i mezzi pubblici nei pressi dello stadio. E' umiliante sapere che la metropolitana si fermi durante la notte, anche nei fine settimana.

(ho chiaramente omesso le minacce che i bagarini mi hanno rivolto quando segnalavo la loro "attività" ai  vigili).
Roberto

Un altro borseggio in diretta in metro. Filmiamo le ladre, che ci sputano

20 settembre 2017

Ieri a Termini, un video è delle 15:20 e uno delle 15:45. Quello più lungo con inseguimento è delle 15:45.



Ormai le tecniche di queste signore le abbiamo imparate a memoria, ma d'altro canto le leggi italiane dicono che questa gente che scippa dozzine e dozzine di portafogli ogni giorno non deve neppure un istante andare in galera. Nel video sopra si vede una borseggiatrice che una volta scoperta fa cenno alla vittima di stare attenta alla borsa. Guardate con attenzione, siamo all'assurdo. Una volta scoperte di essere riprese via con schiaffi e sputi.



Nel video sopra, invece, si vede bene che puntano una giapponese che poi cambia porta. Gli vanno dietro e gli mettono le mani addosso per tenerla dentro mentre una gli sfila il portafoglio. Poi di corsa tutte fuori. Se guardate con attenzione si vede chiaramente la mano nella borsa. 
Il video arrivati ai tornelli si interrompe, dopodiché riesco a fermare una borseggiatrice che inizia a urlare come una indemoniata e mi rifila qualche calcio. Uscite dalla metro a piazza dei Cinquecento le faccio fermare dalla Polizia che ha presidio fisso lì. Iniziano a dare di matto con urla e pianti. Purtroppo ne hanno fermate solo tre e probabilmente il portafoglio lo avevano passato a quella con i pantaloni bordeaux che è riuscita a dileguarsi.
La prova che il borseggio è andato a segno? Che sono scappate, altrimenti sarebbero rimaste a prendermi a sputi come quelle di prima. 



Tra le altre cose vi invio anche un video di qualche giorno fa girato da una della altre persone che, come me, sotto la metro si "divertono" a salvare decine di turisti al giorno quando si può. Ormai ci sono diversi cittadini che cercano a mani nude e contro una criminalità ramificatissima e come vedete aggressiva e totalmente impunita di sostituirsi alle forze dell'ordine che, a detta loro, hanno "le mani legate". Già, mani legate... Peccato che un giorno ogni tre mesi, chissà perché, come è successo una decina di giorni fa, quando i vigilantes decidono davvero di fare il loro mestiere (presenza, attenzione, occhi aperti, autorevolezza in banchina) di ladre manco l'ombra.
Alfredo R.

Il mercatino del rubato di Via Lombroso e il disperatissimo XIV Municipio

19 settembre 2017
Era da un pezzetto che mancavamo dal XIV Municipio. Ma oggi è arrivata la cronaca, l'ennesima, da parte dei poveri cittadini che in quel territorio da 15 mesi devono avere a che fare con la più atroce forma di sciatteria amministrativa e mediocrità gestionale in assoluto in città. E allora, invitandovi a leggere tutta la nostra copertura su queste lande desolate, godiamoci quest'altra storia. 

***

Venghino, signori venghino... dovete sapere che ogni domenica si svolge un allucinante mercato di paccottiglie ed ambulantato vario autorizzato da ormai oltre dieci anni nello slargo tra via Vinci e via Lombroso, a ridosso del famigeratissimo campo rom dei roghi tossici, a cento metri dal Santa Maria della Pietà e dagli uffici amministrativi e tecnici del disperato Municipio XIV capeggiato da Alfredino Campagna e proprio a ridosso dell'Ex Lavanderia tanto cara all'Assessore Drakula Maggi.

Ma entriamo nel dettaglio, spieghiamo a chi ci legge o quantomeno proviamo a descrivere il surreale.  Ogni santa domenica si svolge a ridosso del mercato ambulante regolare, un mercato di oggetti raccattati con accattonaggio, rovistamento secchioni, svuotamenti cantine e soprattutto furti. Insomma, l'ormai classico e tradizionale mercatino del rubato e della rumenta alla romana. Naturalmente a fine giornata, tutti gli avanzi e la sporcizia vengono accatastati alla meglio e peggio e bruciati, tanto rogo tossico in più, rogo tossico in meno chi volete ci faccia caso?!


Alfredino Campagna, il presidente miracolato del Municipio XIV, il compagnuccio alle superiori di  Andrea Severini in Raggi, assunto in Atac su chiamata diretta dall'ufficio di collocamento ed oggi capotreno, (sempre memorabile il suo video in campagna elettorale sulle tre cose da fare nei primi 100 giorni, il sito internet, la trasparenza e... e... la terza non la ricordava e comunque dopo 15 mesi deve aver scordato anche le prime due), subissato da valanghe di segnalazioni ha fatto fare alla Polizia Municipale ed alle forze dell'ordine due interventucci spot a fine giugno ed inizio luglio, con tanto di post trionfanti su Facebook pieni di like e commenti di suoi fedelissimi sodali. 

La normalità trasformata in eccezionale, l'ordinario in straordinarissimo, il semplice in assolutissimamente complesso. Poi, una volta esaurito l'effetto post su Facebook, tutto torna come prima, anzi peggio perché ogni santa domenica il mercatino del rubato e tutto lo schifo che comporta prosegue indisturbato. Per fortuna che Andrea Severini in Raggi loda gli interventi di ordinario sfalcio stradale e dopo una mattinata di insulti è costretto a rimuovere il post, magari qualche elettore raggirato si sta svegliando dal torpore...
Paolo

6 motivi per cui il bike-sharing a flusso libero può essere un brutto rischio a Roma

18 settembre 2017
Tantissime volte abbiamo ribadito su queste pagine l'importanza del servizio di bike-sharing, specie in una città come Roma che pur con un traffico caotico e alcuni declivi non agevolissimamente affrontabili in bici ha un clima tale da invogliare di molto lo spostamento a pedali. 

Il bike-sharing, inoltre, essendo tradizionalmente un servizio pagato dalle grandi multinazionali delle affissioni (Clear Channel, JcDecaux...), serviva anche a spingere per una necessaria riforma del mondo della cartellonistica pubblicitaria che vede Roma ultimissima capitale occidentale ancora monopolizzata da vecchie dittuncole locali spesso al limite della legalità e della criminalità. 

Purtroppo dopo i grandi passi in avanti effettuati sotto l'amministrazione di Ignazio Marino, la riforma della cartellonistica è ferma da oltre un anno. Oggi oltre alla inattesa ma ormai più che conclamata affettuosità tra il Movimento 5 Stelle che amministra Roma e il racket delle ditte che monopolizzano il settore, c'è qualcosa d'altro che può minare l'arrivo a destinazione del Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari con i relativi bandi pubblici per l'assegnazione dei lotti finalmente a ditte serie e strutturate. Questo ostacolo ulteriore si chiama bike-sharing a flusso libero.

Intendiamoci, in tutti i settori della sharing economy passare da un flusso vincolato ad un flusso libero è sinonimo di evoluzione e di smartness. Pensate alle auto: un conto il car sharing comunale che ti impone di rilasciare l'auto dove l'hai presa, dopo una prenotazione manuale in cui devi prevedere il tempo che la terrai. Altro conto è aprire il telefonino, prendere un'auto per cinque minuti, lasciarla dove ti pare, pagare solo per l'effettivo minutaggio di utilizzo. E infatti il successo è stato clamoroso.

Idem per le biciclette: le vecchie ciclostazioni del bike-sharing rischiano seriamente di essere soppiantate dalle nuove bici del bike-sharing a flusso libero (Mobike ora si chiama l'operatore, ma ne arriveranno altri a Milano e a Firenze): apri il telefonino, fotografi il codice qr della bici, il lucchetto si sblocca automaticamente e si può partire. Poi quando arrivi parcheggi, chiudi il lucchetto e paghi i pochi euro necessari per la corsa. Detta così è una figata e l'espansione sarà probabilmente inarrestabile (già a Milano è boom) facendo apparire il tradizionale bike-sharing come una roba della preistoria, ma la cosa presenta alcuni problemi tant'è che alcune città dopo il primo periodo di entusiasmo sono arrivate perfino a smantellare il servizio di bike-sharing a flusso libero. 

1. LA SOSTA. Ovviamente il rischio di trovarsi bici parcheggiate a casaccio dovunque è enorme. Abituatevi, quando fate manovra con l'auto per uscire dal parcheggio, a dover gestire il fatto di avere dietro attaccata una bicicletta insomma

2. IL VANDALISMO. Al di là del furto, magari poco probabile vista la dotazione satellitare delle bici, il vandalismo rischia di essere molto impattante: senza una ciclostazione le bici sono molto poco controllabili.

3. MANCATO INTROITO. Con il bike-sharing tradizionale il comune incassa (andatevi a leggere quanti soldi becca il Comune di Parigi dal Velib'), con questo nuovo sistema il comune non incassa più niente: regala suolo pubblico agli operatori e basta. Almeno per ora la situazione è questa. 

4. ADDIO PRIMA MEZZ'ORA GRATIS. E' stata per 10 anni il pilastro del bike-sharing, ora salta. Cosa significa? Che conviene meno prendere la bici per spostamenti brevi e concentrati in una zona piccola; ogni volta che si prende si paga qualcosina. E chi fa 10 tratti al giorno che col bike-sharing tradizionale non pagava nulla, qui rischia di essere allettato dal motorino.

5. L'ARREDO URBANO. Addio arredo urbano, addio intere strade riqualificate grazie a enormi ciclostazioni lunghe 50 metri, addio marciapiedi salvati dalla sosta selvaggia grazie alla realizzazione a bordo strada di ciclo stazioni, addio spartitraffico un tempo tramutati in parking e oggi tornati giardini eleganti grazie alle stazioni, addio carreggiate ricondotte ad una larghezza corretta proprio grazie alle bici ancorate. E così via. Da Parigi a Milano passando per Londra le ciclostazioni sono servite molto spesso a dare spina dorsale, ordine e senso a molte strade. Se si passa al flusso libero tutta questa funzione ancillare e accessoria ma decisiva e utilissima va smarrita. E dio solo sa quanto Roma avrebbe bisogno di un intervento simile. 

6. LA STRUMENTALIZZAZIONE
Il quinto punto rimane quello più romano di tutti: la strumentalizzazione. "Eh ma adesso che hanno inventato il bike sharing nuovo, quello previsto nei bandi dei cartelloni non serve più, è superato, cambiamo tutto". Questo stanno già facendo gli avvocati dei peggiori cartellonari a Roma. E rispetto a questa controffensiva, che punta semplicemente a ritardare ulteriormente l'approvazione dei piani e l'avvio dei bandi (con la complicità della Commissione Commercio, che non vede l'ora di fare favori alle lobby così nell'ambulantato come nella cartellonistica), l'amministrazione dovrebbe farsi trovare preparata. 


Nulla contro il bike-sharing a flusso libero dunque (d'altro canto la storia non si ferma e la direzione è quella), ma onestamente lo vediamo più come integrazione ad un bike-sharing strutturale già esistente (come accade a Milano) piuttosto che una sostituzione tout court (come accade invece a Firenze). E solo in presenza di una amministrazione lucida e realmente vogliosa di utilizzare il concetto di bike-sharing come dispositivo per migliorare la città a tutto tondo e non come mero servizio di mobilità. Certo, con una amministrazione che nei mesi passati ha dimostrato di essere di fatto schierata dalla parte delle mafie cartellonare romane è tutto più complicato. 

Chikungunya, zanzare, febbri, epidemie. Di chi è colpa? Perché a Roma? Indovinate...

16 settembre 2017

Superano i 50 i casi di Chikungunya, una malattia molto antipatica (in alcuni casi molto pericolosa) che viene trasmessa dal vettore della famigerata zanzara tigre, la zanzaraccia aggressiva e rompicojoni che punge attivissima anche di giorno. Cosa c'entra l'amministrazione della città di Roma con tutto questo (tra l'altro il focolaio sembra essere partito da Anzio)? L'amministrazione ha fatto tutto il possibile? L'amministrazione ha responsabilità? L'amministrazione ha fatto tutte scelte giuste o, magari seguendo ideologie da setta grillina, ha effettuato degli errori? Vediamo.

Il 30 luglio del 2006 come ieri ha ricordato Mattia Feltri nel suo editoriale su La Stampa, sul sacro blog di Beppe Grillo appare questo articolo dove si sproloquia sull'uso dei pesticidi, si fa terrorismo su danni al cervello e sui soliti profitti delle multinazionali. Insomma gli insetticidi come le scie chimiche e soprattutto come i vaccini che non servono a nulla se non a ingrossare i portafoglio delle ditte farmaceutiche: tutta una macchinazione dei poteri forti. Non è detto che i ragionamenti siano necessariamente sbagliati, intendiamoci. Ed è giusto riflettere su questi tempi. Ma da qui a utilizzare queste congetture per confezionare dei provvedimenti amministrativi ce ne corre. E invece va proprio così...

Nell'aprile del 2017 Pinuccia Montanari, assessore all'ambiente mandata a Roma direttamente da Beppe Grillo in persona, promulga un'ordinanza sulla zanzara tigre in cui di fatto vieta da parte di enti pubblici e da parte dei privati l'utilizzo di una serie di insetticidi. Questa è l'ordinanza e tutto è facilmente desumibile leggendo il dispositivo. Dopo qualche giorno l'associazione delle imprese di disinfestazione scrive una lettera durissima al sindaco, presagendo il disastro: della serie il Comune era stato lucidissimamente avvisato. Rimane tutto fermo come prima. Appello per l'ennesima volta inascoltato: meglio stare a sentire il blog di un guitto che il parere degli esperti, l'importante è arrecare un danno economico alle "multinazionali della disinfestazione" aho...
I disinfestatori, che nel frattempo avevano già comprato il prodotto e il danno economico ce l'hanno sul serio, rilevano la delibera talmente anomala che ricorrono al TAR, ma in questo caso la lotteria del TAR dà ragione alla Giunta Raggi: evidentemente la scelta amministrativa era corretta, ma resta il problema della scelta politica. Pinuccia esulta sui social: "La nostra ordinanza è la prima nel suo genere, basata sulla prevenzione, su prodotti biologici e sulla drastica riduzione di sostanze ad elevata tossicità. La tutela della salute dei cittadini, la salvaguardia dell’ambiente e la conservazione della biodiversità prevalgono sugli interessi economici delle ditte di disinfestazione. La nostra ordinanza è destinata a fare scuola". Ecco tutto il suo post. Già, fare scuola...

Come prosegue la storia? La città si riempie di zanzare tigre ancor più del solito. Un focolaio di Chikungunya nato altrove ha così il suo moltiplicatore ideale anche a Roma. Ben 8 municipi sono a rischio. Lo Stato Italiano ha dovuto bloccare le donazioni di sangue a oltre un milione di persone e a chiunque abbia soggiornato a Roma. Una autentica emergenza sanitaria si sta configurando perché manca sangue e le altre regioni devono correre ai ripari nell'ambito di una gara di solidarietà per rifornire gli ospedali capitolini.

Per giorni, come spiega bene l'attento Fabio Sabatini in un suo post di ieri, la sindaca esita, non fa nulla: non vuole usare gli insetticidi condannati non dalla legge (sono perfettamente legali!) bensì da Giuseppe Grillo da Genova. I casi di contagio aumentano a dismisura. Una parte di popolazione è terrorizzata. C'è un allarme da parte della Regione, della Asl e del Ministero della Salute già da inizio settembre. 

Come finisce questa faccenda atroce? Il 13 settembre, tre giorni fa, la Sindaca è costretta a promulgare una nuova ordinanza (anche qui ecco il link, visto che parliamo solo di documenti ufficiali) che finalmente permette procedure di disinfestazione d'urgenza in parte contravvenendo alle norme imposte in aprile. È la prova che il Comune smentisce se stesso e ammette il grave e fatale errore. Ma è troppo tardi. Intanto Roma è in piena emergenza sanitaria e chi aspetta sacche di sangue lottando tra la vita e la morte in ospedale non ha che da ringraziare governanti irresponsabili che in un paese civile sarebbero presi e posti in arresto. 

Per evitare un danno potenziale, ipotetico, suggestivo (quello fatto dagli insetticidi perfettamente legali che la Giunta ha deciso di vietare) si è contribuito a generare un danno assolutamente reale, concreto e molto più vasto. Impattando sulla qualità della vita di milioni di persone e mettendone migliaia a rischio della loro stessa sopravvivenza. Mettendo addirittura in crisi il sistema sanitario nazionale. 

Questa gente è pericolosa, come chiunque si muove seguendo ideologie. Pericolosa non solo per il fascismo strisciante, per la stupidità cronica o per l'olocausto economico nel quale si divertono a gettare i cittadini. Ma a quanto sembrerebbe da questo episodio, se fosse confermato come ricostruzioni e carte testimoniano, pericolosa proprio per l'esistenza delle persone. Ancor più pericoloso è che quasi nessun organo di stampa e nessun esponente di parti politicamente avverse racconti questa storia che i cittadini sono costretti a trovare sugli editoriali di qualche giornalista coraggioso, di qualche blog, di qualche profilo Facebook. 

Aver portato un bus Atac a servire Ciampino è una piccola rivoluzione. Ecco perché

15 settembre 2017
Mentre la città è violentata dall'assurda protesta dei pulmanari (si lamentano per un sacrosanto aumento delle tariffe, che è l'unico modo per far diminuire finalmente i flussi impossibili attuali) parliamo di pullman, anzi di autobus, specificatamente per quello che riguarda i nostri aeroporto. E mettiamo un attimo l'accento su un provvedimento che dalla prossima settimana diverrà operativo e che riguarda un nuovo collegamento Atac con Ciampino. 

A prima vista è una notizia da poco conto. Tra l'altro già impostata progettualmente fin dai tempi di Marino e ora portata a dama grazie all'impegno dell'attuale amministrazione e in particolare di Enrico Stefàno e della Commissione Trasporti. In realtà una novità di potenziale portata dirompente. Vediamo perché.

Il collegamento del 720 che da lunedì inizierà a servire, dall'interno, anche l'aerostazione di Ciampino a guardarlo superficialmente non è nulla di allettante. Un autobussino che esce dal'aeroporto e percorre stradine di campagna per poi approdare verso l'Eur e Laurentina al capolinea della Metro B. Eppure è una cosa importante. 

Per la prima volta il trasporto pubblico di linea (sì, c'è già un collegamento Atral tra Aeroporto e stazione Anagnina, ma è fuori da Metrebus e non ha una tariffazione urbana integrata con il resto) entra nell'aeroporto. Oggi gli aeroporti di Roma sono il regno del più assoluto e puro racket trasportistico, sia per quanto riguarda il servizio taxi (dove tanti tassisti onesti sono stuprati da corazzati gruppi di furfanti), sia per quanto riguarda il servizio pullman. Contando infatti su tasse ridicole per entrare in città, i pullman privati offrono sia da Fiumicino sia da Ciampino collegamenti a due lire che fanno nel primo caso addirittura una clamorosa concorrenza sleale al treno. Questo comporta una congestione micidiale della città e in particolare delle strade del centro (Merulana, Emanuele Filiberto, Piazza Vittorio) che separano Ciampino dalla Stazione Termini dove solitamente questi servizi fanno capolinea. Il tutto in cambio di nulla per la città se non di pochi spiccioli di tasse. 

Il trasporto pubblico di Atac si inserisce in questo acquario di pirana feroci, abituati a guadagnare milioni su milioni con il minimo sforzo offrendo tariffe basse ma comunque molto più alte rispetto all'euro e mezzo del BIT che sarà sufficiente per salire sul 720 e arrivare alla Metro B. Questo è dunque un atto di grande coraggio. E come tale è stato subito accolto dal fuoco incrociato: da destra a sinistra la risposta è stata veemente e si è arrivati a citare alcune sentenze dell'Authority Antitrust relative alla ipotetica illiceità di un collegamento urbano con l'aeroporto. Niente di più ridicolo. Evidentemente le potenti lobby dei pulmanari aeroportuali sanno quali tasti toccare per suggestionare l'opinione pubblica.

In realtà la speranza è che questa azione sia solo la prima tra le tante possibili per collegare in maniera più civile i nostri aeroporti con la città usufruendo di collegamenti pubblici e integrati con i network di Atac o delle Ferrovie. Questa deve essere la visione. Questo significa però riformare il settore in maniera complessiva, agendo sulle tariffe, sui percorsi, sulle soste e soprattutto facendo in modo che transitare in città con questi bestioni non sia meramente vietato, ma sia intelligentemente disincentivato con un sistema di tassazione adeguato e idoneo. Vuoi portare le persone a Termini in autobus? Bene: devi pagare tot di tassa per entrare nell'area e così almeno sarai impossibilitato dall'offrire posti a 4 euro e 99 capaci di far concorrenza perfino al treno. Speriamo che ora, dopo aver messo una significativa zeppa in una porta più che blindata, il Comune vada avanti con determinazione moltiplicando i collegamenti con la nuova stazione Atac aperta dentro a Ciampino. Sia per la Metro B, ma anche per la vicinissima Metro A e magari proprio per Termini.

Roma è l'unica capitale del mondo a non possedere una sua propria cartografia. La storia

14 settembre 2017

Un nostro ulteriore e ennesimo tentativo per spiegarvi il motivo del caos, della sciatteria, della situazione folle che rischia di farci perdere anche la fantasia e la speranza ma che invece sarebbe se non risolvibile quanto meno affrontabile con pochissime mosse. Che tassativamente non vengono fatte. Ecco una storia incredibile, una di più.

La storia dell’azienda ebbe inizio nel 1998 quando il Comune di Roma ritenne di dare un decisivo impulso alla realizzazione di un progetto per la produzione di una cartografia numerica in scala 1:2000. A tale scopo definì un accordo con ACEA e TELECOM per corrispondere alla comune esigenza di rappresentare le proprie reti tecnologiche ed offrire servizi a soggetti pubblici e privati. Nel 1999 ACEA e TELECOM, sulla scia di questa iniziativa, costituirono una società, CARTESIA Cartografia Digitale SpA, avente per scopo la realizzazione, sviluppo e commercializzazione di cartografia numerica quale infrastruttura necessaria per lo sviluppo di sistemi applicativi e relativo aggiornamento nel tempo nell’ambito territoriale del Comune di Roma.

Nei suoi primi anni di attività Cartesia ha realizzato la cartografia digitale informatizzata in scala 1:2000 del Comune di Roma che, stante la sua connotazione di carta di altissimo pregio per l’esattezza e la ricchezza della rappresentazione, ha richiesto quattro anni di attività, il lavoro costante di decine di tecnici e un investimento di oltre 8 milioni di euro.

Nel 2003 il Comune di Roma ha adottato la cartografia Cartesia per le proprie attività istituzionali (Lavori Pubblici, Nuovo Piano Regolatore, Censimento, Tributi, Condono, Abusivismo) certificandola inoltre quale “Carta Ufficiale del Comune di Roma” (Determinazione Dirigenziale n° 6 prot. 34283 del 27 giugno 2003 del Dipartimento XII - Comune di Roma). A seguito di questa certificazione sono state consegnate tre licenze d’uso gratuite al Comune stesso e sono state intestate all’ex Dipartimento XII (Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana), all’ex Dipartimento VI (Politiche Attuazione Strumenti Urbanistici) e all’ex Dipartimento II (Politica delle entrate). 

Nel 2005 Cartesia è stata acquistata da Gemma SpA.

Dal 2006 l’ex Dipartimento VI (Politiche Attuazione Strumenti urbanistici) ha richiesto la fornitura della cartografia Cartesia aggiornata, utilizzando capitoli di spesa del contratto di servizio a supporto della gestione del condono edilizio. Negli anni 2007, 2008 e 2009  Cartesia ha consegnato, tramite Gemma SpA, la cartografia aggiornata.

Parallelamente alle attività cartografiche si è sviluppato un filone di attività basata su servizi di informatizzazione di reti tecnologiche inizialmente solo per Acea (è stata informatizzata tutta la rete elettrica di dettaglio e schematica di At/Mt e Bt dell’azienda sul terriotorio del Comune di Roma e la rete di alimentazione della Pubblica Illuminazione) in seguito anche per altri Enti extra comunali, per lo più in partnership con altre aziende del settore (A2A di Milano, Acquedotto pugliese, Hera Bologna).

Da luglio 2010 Cartesia è stata trasformata in una S.r.l.

I principali utilizzatori della cartografia Cartesia sono stati il Comune di Roma, Acea Distribuzione SpA, Acea ATO2 SpA, Italgas SpA, Atac SpA, Telecom Italia SpA, Roma Metropolitane srl, Risorse RPR Spa, Autorità di Bacino del fiume Tevere, ISPESL, Università La Sapienza, Università RomaTRE, molti studi di Professionisti e Società di progettazione urbanistica.

La Cartografia del Comune di Roma è uno strumento essenziale per le attività di governo del territorio ed è ormai un patrimonio condiviso da tutti visti anche gli investimenti già effettuati dagli enti locali che attualmente la utilizzano; sarebbe infatti assolutamente antieconomico perdere questo strumento sempre attuale ed insostituibile per la gestione dei tematismi territoriali che ogni Ente ha associato ad essa.

Non esistono altri prodotti sul mercato che possano sostituire la Banca dati territoriale di Cartesia. L’attuale Carta Tecnica Regionale in scala 1:5000 oltre ad avere una precisione cartografica molto inferiore, è aggiornata al 2002 (non sono attualmente previste attività di aggiornamento). Inoltre la cartografia Cartesia memorizza e rappresenta oggetti cartografici non presenti nella cartografia della Regione Lazio. Qualche esempio? Numerazione civica puntuale, muretti di recinzione, cabine elettriche ed edicole, pali di illuminazione pubblica, marciapiedi inferiori al metro, alberi singoli, le volumetrie di tutti gli edifici ed edifici  inferiori a 100 mq. La Carta Tecnica Regionale non può quindi costituire un supporto utilizzabile per chi ha già la cartografia Cartesia in scala 1:2000 aggiornata al 2008.

Dopo mesi e mesi di agonia il 6 novembre 2014 Cartesia è costretta a dichiarare fallimento, come fatto in precedenza dalle Società Gemma Spa ed Italeco Spa di cui Cartesia era partecipata.

Questa la storia fino al 2014, per arrivare ai giorni nostri riportiamo qui di seguito questo articolo tratto dal sito landcity.it che spiega alla perfezione la situazione a cui si è giunti.


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Il database geografico che copre il Comune di Roma è andato all'asta (25/07/2017) ma nessuno ha deciso di acquistarlo. Il database è stato realizzato da una società denominata Cartesia, creata ad hoc per questo da Acea e Telecom Italia alla fine degli anni novanta.

È stata aggiornata fino al 2008, poi l'azienda, è stata abbandonata al suo destino ed è fallita. La banca dati, unico oggetto di valore dell'azienda, è andata all'asta. Ricordiamo che negli anni d'oro avevano comprato licenze d'uso di questo database, il Comune di Roma, l'ATAC, l'ACEA, Italgas e Telecom Italia. Le licenze però non consentono di variare o aggiornare il database, compito riservato alla sola Cartesia, che ha fornito negli anni fino al 2008 gli aggiornamenti a pagamento.

Il Tribunale di Roma, ha proceduto quindi a commissionare uno studio per la valutazione della banca dati al fine di bandire un'asta pubblica e recuperare soldi per coprire i debiti accumulati, che vedono in prima linea come creditori gli stessi ex-impiegati di Cartesia, non pagati per molti mesi.

La banca dati è costituita da un database geotopografico del Comune di Roma in scala 1:2.000 derivata da rilievo aereo è arricchita di toponomastica stradale e numerazione civica puntuale. Un valore notevole aggiunto, quest'ultimo, che ha richiesto oltre ad una attenta ricognizione a terra, un complicato lavoro di confronto con i dati descrittivi ufficiali su strade e civici del Comune.

Da uno studio effettuato nel 2006 da esperti dell'Università La Sapienza di Roma, la banca dati aveva un valore di produzione pari a quasi 9 milioni di euro. Con le nuove tecnologie digitali oggi disponibili si potrebbe produrre lo stesso database geografico con 2.600.000 euro.

Considerando gli adeguamenti strutturali e gli aggiornamenti da apportare, che riguarderebbero essenzialmente le urbanizzazioni periferiche di Roma realizzate negli ultimi 10 anni, la base d'asta è stata posta dal Tribunale a 460.000 euro. Una cifra questa che assicurerebbe all'acquirente la proprietà del dato, con possibilità di apportare modifiche, correzioni e soprattutto aggiornamenti.

Ma l'asta è andata deserta. Il Comune di Roma Capitale che non detiene la proprietà di alcuna base topografica, ha pensato bene di non proporsi per l'acquisto, ne tanto meno si sono proposte le altre grandi aziende di reti tecnologiche che operano su Roma e che usano da anni, probabilmente in modo improprio questa base dati. Dico in modo improprio, perché non è pensabile che in 10 anni non abbiano apportato modifiche ed aggiornamenti al dato fornito da Cartesia, contro le specifiche di licenza.

Non vi sembra assurdo tutto questo? Il più grande Comune d'Italia, Capitale del nostro Stato, che non possiede una propria cartografia per gestire il territorio, non partecipa all'asta della cartografia che, senza ombra di dubbio, fa al proprio caso? Forse non è un oggetto utile per gestire il territorio? Forse non è un oggetto utile per diminuire il caos che si crea a seguito di ogni scelta, a seguito di ogni scavo, a seguito di ogni lavoro pubblico? Forse non è uno strumento per minimizzare gli errori che continuamente si ripetono?

Il database andrà nuovamente all'asta ad ottobre con una base ovviamente più bassa. Vedremo quali livelli potrà raggiungere l'incoscienza degli amministratori pubblici ma anche degli amministratori di quelle aziende private che gestiscono reti e che spendono milioni di euro per la trasformazione digitale delle proprie strutture ma perdono occasioni d'oro come questa.

Stadio Flaminio in abbadono. 30 foto sottolineano la débacle di un'architettura

13 settembre 2017






























Dopo le foto del Palazzetto dello sport a Flaminio, ho pensato di fare un giro di foto allo Stadio Flaminio, oramai in disuso.
Inutile anche qui stare a commentare le istantanee, basta guardarle: quello che non si percepisce è il fetore delle deiezioni e della mondezza che è ovunque nell'area circostante. Uno scempio e mi dispiace molto vedere ridotto così questo storico stadio, dove tra le altre cose negli anni 90, ho visto due concerti meravigliosi e unici di Michael Jackson e degli U2...
CRISTIANO

*Grazie Cristiano,
Come fa una città che ha queste strutture e questo patrimonio abbandonato sostenere che "non ci sono i soldi". Quanti soldi si potrebbe fare valorizzando, rilanciando, sviluppando con coraggio e senza paure e stupidi limiti dati dall'ideologia (o dalla soprintendenza)? Ancora non abbiamo capito che la "tutela" di cui le soprintendenze spesso parlano è solo un modo elegante per obbligare enti pubblici a lasciare patrimonio in abbandono?
L'amministrazione si è mossa? Non zero, ma davvero poco. Frongia, assessore allo sport, in 15 mesi pur avendo una risorsa così clamorosa da mettere a frutto, si è limitato a partecipare ad un bando della Fondazione Getty: il risultato sono circa 150mila euro di grant vinti, una cifra ridicola che servirà al massimo per studiare lo straordinario Stadio disegnato da Nervi. Nessun intervento concreto, nessun bando di gestione, nessun negoziato col Ministero della Cultura che con i suoi stupidi vincoli impedisce a chiunque di considerare la gestione di questa struttura appetibile.
Posti di lavoro, tasse pagate, riqualificazione urbana, ricchezza diffusa, tutela reale della bellezza, servizi per i cittadini, per le imprese per i turisti. Tutti sacrificato sull'altare di sua  maestà l'abbandono: la cosa più comoda e facile del mondo.
RFS

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