Come tutti noi sia privatamente che nel nostro lavoro, la Codacons fa molto e quando fai molto compi tanti sbagli e azzecchi tante cose giuste. Il punto è quale sia il bilanciamento tra i due elementi. Noialtri, pur consci che il Codacons faccia tante cose giuste, siamo da sempre persuasi che le cose sbagliate siano in numero preponderante. E lo facciamo notare ogni volta che possiamo nella libertà delle nostre opinioni.
Ma i nostri rapporti con il Codacons, che oggi hanno un esito incredibile anche per la giurisprudenza italiana tutta, partono ancora più indietro. Prima delle elezioni, bisogna riavvolgere il nastro ad aprile 2016 quando l'associazione capitanata da Rienzi ritenne di intervenire su uno dei tanti atti di intimidazione che in quella stagione il nostro blog dovette subire.
"Si tratta di un inaccettabile gesto di intimidazione che colpisce chi da anni si batte per difendere la città e denunciare i tanti problemi della capitale. Un tentativo di tappare la bocca al blog più seguito della città, che da voce alle denunce dei cittadini e che negli anni ha svolto un importante lavoro, portando alla luce le tante contraddizioni della capitale. Ribadiamo il nostro appoggio e la nostra piena solidarietà".
Così scriveva il Codacons durante la primavera scorsa, quando, guardacaso, Rienzi era candidato sindaco. Poi, grazie a Roma Pulita, il network dei blog romani di cui facciamo parte organizzò un incontro tra i candidati sindaco, il primo incontro che vide insieme Meloni, Giachetti, Raggi. Un successo. Ovviamente affinché fosse un successo gli inviti erano stati ristretti ai candidati davvero credibili e non a Razzi, Rienzi stesso e altre candidature civetta. Rienzi se la prese non poco, gli spiegammo il motivo per cui non era stato invitato tra l'altro sottolineandogli come era davvero poco coerente la presenza di un'associazione che con le sue mosse aveva gettato la città nel panico (in cui ancora è) facendo saltare il sistema delle strisce blu indispensabile per tenere a bada l'assurda tendenza tutta romana ad utilizzare l'auto privata perfino per andare al bagno.
L'arrabbiatura di Rienzi non si arrestò alle e-mail di fuoco, ma proseguì con il peggiore dei falli di reazione. Un esposto durissimo, infarcito di menzogne, scritto in quattro e quattrotto copincollando idiozie pubblicate contro di noi su siti anonimi facenti parte della galassia mafiosa dei "movimenti" romani. Una roba penosa che qui è spiegata molto bene. Esattamente un mese dopo aver espresso totale solidarietà e un mese dopo aver tuonato contro chi cercava di tappare la bocca al blog, il Codacons tentava di tapparci la bocca a sua volta, tra l'altro infilando per ottenere il risultato una bugia dietro l'altra. Da qui si evince facilmente la credibilità di questa associazione.
Naturalmente alcuni degli enti sollecitati dal Codacons risposero per le rime spiegando che non si poteva di certo, come Codacons chiedeva, obbligare un semplice blog civico come Roma fa Schifo ad avere un direttore responsabile, una sede ecc ecc. Contro una di queste risposte, quella del Corecom, il Codacons insistette facendo ricorso al Tar.
La novità di questi giorni è che il Tar ha risposto e tre giorni fa ha pubblicato il dispositivo della risposta. Il ricorso è stato rigettato ma la cosa interessante è che la sentenza farà giurisprudenza per anni e anni. Farà in qualche modo epoca. Codacons, anche in questo caso, per il solo gusto di fare casino e dispetti, ha peggiorato la situazione che voleva "migliorare". Succede ogni volta che le ritorsioni personali o le reazioni scomposte sono spacciate da difesa dei consumatori.
Roma fa schifo insomma vince davanti al TAR Lazio in un procedimento che aveva visto la partecipazione di fior fior di enti come l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), il CORECOM Lazio, Roma Capitale e appunto l’Associazione di consumatori Codacons.
Rfs assistita dall’Avvocato Fulvio Sarzana di S.Ippolito, dello Studio legale Sarzana di Roma ha ottenuto una significativa vittoria nell’ottenere la prima pronuncia in sede amministrativa in Italia sulla responsabilità dei titolari di un blog e sulla diversità dei siti internet rispetto alla stampa tradizionale.
Il TAR Lazio infatti, nel rigettare la domanda dei ricorrenti, diretta a pretendere l’iscrizione del blog nel Registro degli operatori di Comunicazione tenuto dall’AGCOM (attraverso i CORECOM), e nell’obbligare quindi il blog a doversi dotare di un direttore responsabile e a doversi qualificare come testata di stampa a tutti gli effetti, con rilevanti obblighi economici a carico dei blogger, ha invece negato l’estensione della medesima normativa ai blog, sebbene questi ultimi abbiano la finalità di pubblicare ed esaminare notizie legate all’attualità.
Questi ultimi mantengono una diversa connotazione, maggiormente legata alle dinamiche del web in termini di assenti (o minori) vincoli temporali nella pubblicazione delle notizie o commenti.
Il TAR infine, in relazione all’attività di Roma fa Schifo, ha sottolineato che la mancata qualificazione di un blog (o altro sito Internet) come testata giornalistica non determina l’assenza della tutela sancita ai sensi dell’art. 21, comma 1, Cost. alla libera manifestazione del pensiero, dal momento che essa si può esprimere anche attraverso un sito Internet.
Insomma, Roma fa Schifo esercita una importante attività a protezione del libero pensiero, ed i Giudici Amministrativi (non solo loro) hanno riconosciuto questo ruolo. Qui è disponibile la sentenza.
Chicca finale? Le dichiarazioni di Rienzi all'Ansa riguardo alla sentenza. State a sentire: "Prendiamo atto che per il Tar i blog, anche quando hanno un enorme seguito e vengono letti da migliaia e migliaia di utenti, possono scrivere tutto ciò che vogliono, senza essere soggetti alle regole che valgono per la stampa. In tal modo però si incrementa la giungla di siti web privi di qualsiasi controllo, dove magari, al di là del caso specifico, vengono diffuse fake news o si scrivono articoli per favorire un soggetto o danneggiarne un altro, anche rispondendo ad interessi personali o altri fini ambigui”. Ebbene, fermo restando che a quanto pare secondo il Codacons un blog che ha un "enorme seguito" va tutelato quando può servire per cavalcarlo a livello elettorale e va invece irregimentato come se fosse una azienda editoriale strutturata quando diventa scomodo, la cosa strabiliante è che proprio sulle idiozie lunari di un sito di fake news (vi ricorderete Dinamopress che pur di infangare Roma fa Schifo lo aveva raccontato come una specie di ufficio stampa della Metro C!) con tanto di articoli anonimi, calunnie e suggestive balle Codacons aveva basato l'impianto del suo esposto come potete evincere dai link sopra.
Dunque denunciare un sito anonimo chiedendo di farne emergere le generalità, utilizzando come prova della sua ambiguità le mendaci dichiarazioni di un altro sito anonimo. Davvero geniale. Al Tar stavolta si saranno per lo meno fatti una risata! Ma a livello tecnico giurisprudenziale sono stati costretti, come dice qui giustamente Rienzi, a salvare sia il bambino (Roma fa Schifo) sia l'acqua sporca (i tanti blog cialtroni che invece meriterebbero controllo). Non è colpa del Tar ovviamente che ha agito in base alla normativa vigente, ma ora questa sentenza che ben contestualizza il ruolo di Roma fa Schifo potrà essere utilizzata in modo strumentale anche dai tanti difensori dei troppi blog che davvero vivono sulla divulgazione di fake news e non su un approfondimento civico come cerchiamo di fare noi e pochi altri.