"Al Viminale siamo gli unici a fare commercio di qualità, il Comune vuole farci chiudere"

31 luglio 2017
Il mio nome è Cristina Belli, lavoro nel campo della moda dal 1982 insieme con mia madre Maria Luisa Marchetti, classe 1937. Lei è la capostipite ed unica titolare della gloriosa ditta Marchetti.

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Nel  1968 lei apre il suo primo negozio in Via Agostino Depretis 75 di cui possiede dal 1998 anche le mura. Il negozio resta aperto con noi fino al 2000 poi viene affittato, sempre per abbigliamento, per 12 anni. Mia mamma nel 1974 apre poi il suo secondo negozio in piazza San Silvestro. Nell’Ottobre 2016, per assencondare i voleri della Reale Mutua  (da cui è in affitto da 43 anni) di voler unificare negozi piccoli a favore di grandi superfici, ci viene dato uno sfratto provvisorio.
Uscite dal negozio di Piazza San Silvestro ci trasferiamo nuovamente nel nostro negozio di proprietà di Via Agostino Depretis. Facciamo la Scia richiedendo il trasferimento di attività ma con nostro stupore ci viene rifiutato. Quello che facevamo a Piazza San Silvestro non si poteva fare al Viminale\Esquilino.
Causa? Una delibera (la 10/09 del 2009) che vieta l'apertura di qualsiasi negozio di produzione e/o vendita abbigliamento per la tutela del Rione Esquilino (nella delibera viene inclusa anche Via Depretis) e per la strada che è sotto tutela UNESCO  Ci viene rifiutata la Scia in quanto il nostro negozio SVALUTA LA STRADA . ( nessuno ha mai visitato né la strada né il nostro negozio )
Abbiamo cercato di parlare con l’Ufficio Commercio in Via dell’Anagrafe perché la delibera prevede una deroga in caso di evidente valore del negozio, in questo senso la norma potrebbe anche stare in piedi ed avere un senso, ma... La deroga deve essere discussa dalla Giunta, ma nessuno ha tempo per occuparsi della nostra deroga!
Ad oggi abbiamo ricevuto già ricevuto 2 multe di 5.300 euro dalla Polizia Amministrativa di Trastevere e rischiamo la chiusura: abbiamo avviato ricorsi vari ma i tempi sono infiniti
La nostra è un azienda di 49 anni, quasi storica, vendiamo capi esclusivi di livello medio alto. Il nostro è un negozio conosciuto per la peculiarità dello stile e delle cose vendute.
La strada sotto tutela Unesco e nel rispetto di questa bellissima Delibera 10/09 è una strada ridotta ormai ad un serie di negozi di souvenir, minimarket e cinesi che occupano i marciapiedi rendendola una strada senza alcun valore commerciale.
È la strada del Ministero degli Interni (che, unico Ministro degli Interni d'Europa, ha di fronte una coltre di negozi cinesi che vendono souvenir e che hanno aperto da pochissimo mesi!), di lato c’è il Teatro dell’Opera, tutto rinnovato, e di fronte a lui un altro minimarket aperto pochi mesi fa! Loro sì che ottengono licenze senza problemi. Se fai qualità vieni massacrato, se degradi il territorio con esercizi commerciali raccapriccianti sei libero di farlo cambiando faccia ad un intero rione storico e pieno di istituzioni culturali, storiche, politiche.


*Signora Belli,

si fidi di noi: chiuda tutto e apra una bancarella. Abbassi il livello di qualità della merce. Smetta di pagare regolarmente le bollette, le tasse, i mutui, le sanzioni, i collaboratori. Passi a fare la mutandara, si trasformi in ambulante. Magicamente l'amministrazione diventerà amica e la burocrazia non si accanirà più. Le chiederanno magari qualcosina in cambio, ma con tutto il nero che farà pagare qualche mazzetta sarà semplice e fisiologico. Si fidi. Provi. Vedrà...
-RFS

10 punti per sintetizzare come sta morendo il Villaggio Olimpico

30 luglio 2017
Contraria in maniera forsennata alle Olimpiadi del 2024, evidentemente questa amministrazione sta giocando anche per cancellare la gloriosa memoria delle Olimpiadi del 1960. Lo testimoniano le condizioni inquietanti dello splendido quartiere del Villaggio Olimpico. Vittima di anni di degrado negli Ottanta e nei Novanta, era rifiorito a dir poco.  Oggi siam tornati indietro di trent'anni. In questa lettera il cittadino Livio elenca 10 punti e invia foto a supporto. Il tutto è stato inviato anche alla presidenza del II Municipio


1) I lavori di potatura dell'erba da lei annunciati sono stati effettuati in data odierna. Ma riguardano solo una piccola porzione di verde del quartiere (il parco che costeggia via Germania) e sono di qualità assolutamente scadente e approssimativa, effettuati da personale senza alcun segno di riconoscimento e senza l'uso della mascherina protettiva nonostante l'enorme quantità di polvere e materiale erboso sollevato. Come potrà vedere dalle immagini che ho scattato nel pomeriggio, l'erba tagliata non è stata rimossa, in molti punti la potatura stessa è mancante, i rami secchi sono ancora tutti al loro posto, così come la montagna di spazzatura che si è andata accumulando nei 9 mesi che hanno preceduto questo intervento. Non mi risulta difficile pensare che questo servizio violi i requisiti richiesti dall'affidamento. Aggiungo che il vicino spazio giochi per bambini è in uno stato penoso, dopo aver subito il crollo di un pino che ha parzialmente distrutto la casa dei bambini e un incendio che ha carbonizzato parte della recinzione. 



2) La sporcizia inonda tutto il quartiere, compresa piazza Grecia in prossimità della circoscrizione (allego foto). Non credo sia più rinviabile un servizio di  pulizia, che la si chiami ordinaria o straordinaria.



3) L'enorme buca sul tratto carrabile di piazza Palach (altezza civico 34) si sta espandendo. Ormai è larga quanto una macchina.

4) Mi risulta che in passato  era stata presentata una richiesta da parte di cittadini ed esercenti che affacciano su piazza Palach di provvedere a loro spese alla pulizia e alla manutenzione della piazza, vista la totale assenza del servizio pubblico.Non sono state prese decisioni in merito.

5) Sarà mia premura accertare che il disturbo arrecato dall'attività concertistica all'aperto sia solo il mio (ne dubito). Mi chiedo in ogni caso cosa dicano le regole comunali riguardanti la quiete pubblica e l'esercizio di attività all'aperto nel mezzo di un quartiere abitato.

6) Segnalo che sul marciapiede di via Finlandia, nel retro del civico 39 di piazza Palach, si stanno aprendo delle inquietanti voragini. Sarebbe pertanto necessaria un'ispezione della polizia municipale, sperando che possano qualificare l'intervento come messa in sicurezza e provvedere a richiuderle. Allego anche in questo caso una foto.

7) piazza Palach è diventata, nella parte "verde" una discarica di oggetti di elettronica e creme (forse ciò che resta di una rapina);



8) via Gran Bretagna rischia di diventare transitabile solo per mezzi 4x4 dopo che le radici di un pino in procinto di crollare (all'inizio della via) hanno sollevato il manto stradale di mezzo metro, creando un dosso molto pericoloso

9) la stele commemorativa delle Olimpiadi del '60 è immersa nelle erbacce e in rifiuti di ogni genere

10) la quantità di alberi secchi o morenti non si conta in tutto il quartiere.

La questione di Enrico Stefàno e dell'Atac. O dell'elogio della raccomandazione

28 luglio 2017
Il dato che emerge da questa storia incresciosa non è neppure un dato, è una conferma: Atac sta morendo. E speriamo che l'agonia non sia troppo lunga e che di questa azienda non si senta più parlare. 
A dire il vero i referendum Radicali (li avete firmati, si!?) stanno contribuendo ad accelerare il processo penoso di trapasso di una azienda in decomposizione. Ogni giorno che passa, però, questo marciume lascia cadaveri sul terreno. 

I due cadaveri di ieri sono stati particolarmente illustri: Enrico Stefàno, presidente della commissione mobilità del Campidoglio, e Bruno Rota, neo direttore generale di Atac.

Riavvolgiamo il nastro. Alcuni mesi fa il Movimento 5 Stelle, dopo essersi assurdamente liberato del direttore generale Rettighieri, nomina dopo una evidenza pubblica Bruno Rota al suo posto. Un grosso manager proveniente da Milano dove, tra litigiosità e scontri, era riuscito a portare l'Atm a livelli di efficienza e qualità del servizio altissimi. Europei. Rota però risultava allergico al renzismo e questo ha contribuito non poco al raffreddamento dei rapporti con Beppe Sala e col potente assesssore Maran e al rafforzamento della sua posizione a Roma quando è stato lanciato il concorso per il nuovo dg in Atac: e così Virginia Raggi e i suoi lo hanno scelto anche se magari non era la persona più adatta per Atac, anche se ha un po' un profilo da solista, da uno che funziona in contesti che funzionano e non in scenari tragicomici come quelli dell'azienda romana.

Ad ogni modo Rota è stato nominato. E dopodiché è stato tenuto due mesi a bagno maria: il presidente non gli girava le deleghe e dunque non gli consentiva di iniziare il suo lavoro da Direttore Generale: solo il 28 giugno qualcosa si è mosso. Un mese fa. Cinquanta giorni persi, fatali. Dopo soli ulteriori 10 giorni, dunque all'inizio di luglio, Rota comunque già capisce perfettamente che la situazione non è recuperabile, probabilmente neppure affrontabile. Che non c'erano insomma le condizioni minime per intervenire in Atac. E che in qualità di DG rischiava pure procedimenti legali seri. Ad ogni modo prepara un report per la sindaca, che si dimostra interessata ma che - come al solito - nulla fa e nulla decide. Tergiversando come è suo costume da mesi e mesi mentre la città crolla. Il direttore generale pazienta qualche altro giorno e poi affonda.

L'affondo arriva con due interviste taglientissime, una sul Corriere della Sera a Federico Fubini, l'altra sul Fatto Quotidiano a Gianni Barbacetto. Si tratta di interviste non concordate con il referente politico, fulmini a ciel sereno per la maggioranza. 
Si tratta di lettere di dimissioni camuffate da interviste perché tra le righe si legge un attacco alla parte politica, ma soprattutto si legge (qui non serve andare tra le righe) un attacco frontale ad uno dei grandi cancri di Atac: i dipendenti. Nullafacenti, ritardatari, assenteisti, allergici alle regole, tutti col doppio lavoro, "lavorano tre ore al giorno, se ci arrivano" dice Rota sprezzante. Facendoci capire che poche migliaia di paraculati tengono in ostaggio una città, deprimono la qualità della vita dei cittadini, umiliano quando non fanno scappare i turisti e tengono alla larga gli investimenti stranieri. Una accusa probabilmente giusta, ma pesantissima in un contesto dove l'amministrazione pentastellata ha fatto dell'alleanza con questi profittatori un architrave del proprio consenso.

La reazione più veemente è quella di Enrico Stefàno, capo della Commissione Trasporti e di fatto assessore alla mobilità della città. 
Dopo qualche ora dalla pubblicazione delle interviste Stefàno se ne esce come peggio non potrebbe. Invece di far buon viso a cattiva sorte e ringraziare Rota per la grande sincerità e schiettezza con cui dava una lettura trasparente e aperta dei problemi aziendali sollecitando la politica a fare il suo mestiere, ovvero a decidere, lo accusa di non essersela presa con "i dirigenti" (tra le righe si legge: il problema non sono i dipendenti, ma i dirigenti, vecchia filastrocca, quasi sempre sbagliata, del Movimento), insinua che in questi 3 mesi Rota non avrebbe fatto abbastanza (ma non aveva le deleghe!), si chiede se abbia davvero voglia di cogliere l'opportunità e ribadisce la carta bianca da parte dell'amministrazione. Ma di quale carta bianca stiamo parlando se il tuo azionista di maggioranza è una parte politica che arriva a coprirsi di ridicolo in tv pur di difendere lo scandalo dell'assenteismo? Non a caso Rota proprio sull'assenteismo puntava nelle sue interviste come prima causa della putrefazione Atac. Insomma a leggere Stefàno Rota, arrivato a Roma, si sarebbe trasformato in un somaro laddove a Milano era un manager capace. Un po' come Rettighieri, uno dei più capaci manager italiani il quale, una volta entrato nelle dinamiche pentastellate, veniva presentato come un cretino. Non c'è approccio più sbagliato. 

Le cose potevano finire qui. Intervista scomposta e inaspettata. Reazione indispettita della politica. Dimissioni del tecnico e tanti saluti. Ma Rota ha pensato di non porre limiti al suo carattere particolare la cui fama così tanto lo precedeva quando era a Milano, ed ha deciso di sbracare anche lui. Perfino peggio di Stefàno. Anzi molto peggio. 
Prima tutti gli osservatori hanno pensato ad un commento finto, ad un troll. Ma poi si sono tutti convinti, anche perché la smentita non arrivava: era proprio Rota a commentare. Leggendo il commento al post di Enrico Stefàno si fa fatica a credere che un grande manager di lunghissimo corso possa lasciarsi andare a siparietti di tale natura. Ma a Roma non ci si annoia mai e mai si finisce di scoprire i confini a cui arriva il genere umano e il relativo comportamento. Rota opta per il fallo di reazione: lasciare l'incarico facendosi seguire da una scia di fango e sterco sulla propria controparte politica. Senza un motivo, senza uno scopo, forse solo per il gusto gigionesco di imbrattare qualcuno (non è la prima volta che Rota accusa il prossimo di voler "mettere le mani" nel suo lavoro; lo fece anche a Milano contro Pietro Bussolati tanto per fare un esempio). In un messaggio mal scritto e dalla punteggiatura e dalla sintassi zoppicante, Rota annuncia di aver subito pressioni da Stefàno e da altri esponenti del Movimento 5 Stelle. Ma la denuncia è articolata in maniera subdola.
Leggendo con un attimo di calma si capisce chiaramente che le accuse sono inconsistenti. 

Cosa avrebbe fatto Stefàno? Consigliato al DG dell'Atac di guardare una azienda innovativa magari avendogli mandato un mero sms ("Ehi dott. Rota, ha visto come hanno risolto a Vienna quella faccenda? La società che se n'è occupata è questa...")? Indicato persone in gamba e giovani tra le pochissime che si danno da fare e lavorano in azienda in modo che potessero essere valorizzate? E cosa ci sarebbe di male? Davvero pensiamo che se una persona è eletta e scova una società interessante deve astenersi e autocensurarsi dal segnalarla a chi di dovere affinché se ne possa servire per il bene di tutti? Davvero pensiamo che se un cittadino viene eletto non può aspirare che persone in gamba crescano nelle società pubbliche in modo che queste ultime lavorino meglio? Davvero un eletto non può dare consigli (perché solo di consigli si può parlare visto che poi le norme, le procedure, gli atti e le gare - tra l'altro obbligatorie per trovare fornitori - sono responsabilità di chi è in charge) ad un manger pubblico? A questo abisso di perbenismo piccolo borghese ci hanno portato decine di anni di pessima politica? La pratica della raccomandazione (come quella dell'attività di lobby) sono in tutto il mondo delle opportunità, solo da noi dei problemi. Perché solo da noi si dà per scontato che un eletto anteponga di default l'interesse personale a quello comune e collettivo. E così anche chi è in perfetta buona fede, informato, proattivo e voglioso di risolvere i problemi, finisce per starsi zitto e farsi i cavoli suoi per evitare che le proprie indicazioni, suggerimenti, consigli, aiuti, vengano strumentalizzati e scambiati per pressioni indebite. Questo è il risultato che reazioni come quella di Rota comportano. 

"Che vergogna, Stefàno promuoveva una società privata" ora scrivono tutti sui social, magari anche tanti 5 Stelle contenti di aver ridotto 'alla normalità' l'unico pentastellato che appariva come un amministratore serio, preparato e spendibile. Eh beh? E allora? Dove sa il problema? Perché non potrebbe fare una cosa del genere una figura politica che di fatto rappresenta l'assessorato ai trasporti della città? A cosa serve allora la politica se non a trovare le soluzioni ai problemi? Se io amministratore trovo una soluzione devo esimermi dal segnalarla ad un mio manager per paura che poi mi sputtani su Facebook? Ma siamo impazziti? Segnalare, indicare, indirizzare (sempre nel rispetto del ruoli e delle leggi che regolano forniture e assunzioni) non solo è un diritto, ma è un dovere della parte politica. Ammesso che lo si faccia per un tornaconto di qualità e collettivo e non di mero interesse personale.
Certo se siamo ormai assuefatti e rassegnati a che la politica fa tutta schifo, allora è ovvio che ci auspichiamo che questa politica schifosa non suggerisca alcunché e non sponsorizzi alcunché. Ma non si può ragionare così...


Ma intendiamoci noi possiamo solo ipotizzare, affidandoci alla nostra sensibilità che raramente toppa, ma non sappiamo realmente come sono andate le cose. Magari Stefàno ha davvero fatto pressioni eccessive, magari davvero ha parenti nella società "Conduent Italia" e magari, come forse vorrebbe far intuire Rota, ha davvero degli inconfessabili interessi personali che lo muovono. Ma se così fosse perché un manager dell'esperienza di Rota che subisce pesanti pressioni politiche non lo denuncia o pubblicamente o presso la Procura della Repubblica?

Delle due l'una. La segnalazione della Conduent Italia o era un semplice suggerimento - e allora Rota doveva solo ringraziare di essere circondato di referenti politici informati e aggiornati - oppure era una pressione indebita volta a alterare la concorrenza, la normativa sugli appalti ecc. E allora Rota doveva andare di corsa a Piazzale Clodio. Non c'è una terza opzione. Non c'è l'opzione "la butto lì in un commentino meschino su Facebook". 
Delle due l'una. Le segnalazioni sui giovani o erano consigli costruttivi (magari consigli chiesti insistentemente proprio da Rota, perché "non conosco l'azienda") su figure da valorizzare, magari penalizzate da anni di gestione criminale della società - e allora Rota doveva solo ringraziare e far tesoro, specie in un contesto in cui i dipendenti di qualità si contano sulle dita di una mano - oppure erano minacce, insistenze e voto di scambio da pagare. E allora Rota doveva andare di corsa a denunciare.

In ogni caso Rota ha sbagliato di grosso. Ma anche se Rota se ne va (e noi speriamo di no: speriamo che il M5S abbia la superiorità di rigettare le dimissioni e di confermare al DG la massima fiducia nonostante tutto), resta sulle spalle di tutti noi tutta la deprimente situazione dell'Atac. Una malattia incurabile che può uccidere la città e avere un impatto deflagrante su tutto il paese.

L'imbarazzante assalto dei vu cumprà a Piazza del Popolo. Il video

26 luglio 2017
Come è gestita Piazza del Popolo, ovvero l'accesso alla città storica da nord, il più importante, in questi mesi estivi pieni di calura, di turisti spaesati e di sole a picco? Come è assicurata la sicurezza delle persone che vengono a farci visita? Come è represso il racket più o meno organizzato dei venditori abusivi?

Dopo i tanti "test" invernali abbiamo optato anche per un passaggio estivo e abbiamo trovato una situazione davvero imbarazzante. La quantità di generi merceologici offerti è sempre più varia, la presenza delle forze dell'ordine nulla, la sicurezza dei venditori totale e sprezzante. Non c'è turista che non riceva offerte anche insistenti. 

Non esiste nulla di paragonabile in nessuna piazza-principale di nessun altro centro storico occidentale. 

La desolazione che ti avvolge quando vai al mare a Ostia. Una testimonianza

24 luglio 2017
Scrivo per esprimere il mio dissenso, ma soprattutto il senso di impotenza che abbiamo nei confronti del malaffare e dell'incapacità di governare questa città.

La faccio breve: domenica, unico giorno libero io e la mia compagna decidiamo di andare al mare ad Ostia (abitiamo a 5 km) in una spiaggia libera attrezzata ben servita che negli anni passati frequentavamo spesso.

Arriviamo e notiamo lungo tutto il tratto di lungomare fino al porto un senso di abbandono e degrado più totale. Nessun servizio di bar, nessun servizio di spiaggia ne tantomeno un qualsiasi tipo di servizio per passare una giornata di mare da persone civili.

Unico servizio per i bagnanti era quello del salvataggio con i cani. La cosa che però mi ha lasciato più amareggiato è stato il fatto di trovare un servizio di lettini e ombrelloni non autorizzato da parte di alcuni nomadi e una signora italiana. Questi signori, padroni della spiaggia, avevano tappezzato tutto l'arenile adiacente al salvataggio 6 con il loro lettini ed ombrelloni. Ovviamente per non farci mancare nulla, sulla spiaggia era presente un bbq fantastico dove alcuni personaggi poco raccomandabili arrostivano e vendevano in tutta tranquillità pannocchie, mentre altri tre "imprenditori della domenica" si accingevano con un carrello della spesa del supermercato vicino, ad allestire una bancarella di bibite.

Ora io mi domando, ma per quale motivo siamo arrivati a tutto ciò? A causa del commissariamento del Municipio non sono state rinnovate le concessioni per le spiagge?

Ah dimenticavo, i bagni a disposizione dei bagnanti sono bagni chimici messi qua e la sul lungomare.

La mia giornata di mare è andata a finire con un nulla di fatto, visto questo scempio me ne sono andato a casa a prendere il sole in giardino. Cosi, con questo modo di governare, si sta demolendo definitivamente il litorale romano, e credo che ci vorranno decenni prima di tornare a periodi rosei per l'economia. Ieri, da commerciante, sono tornato a casa con una tristezza di una profondità inaudita.
Lettera Firmata

*Caro amico,
ne abbiamo parlato qualche settimana fa qui arrivando grosso modo alle tue stesse conclusioni. Una depressione senza confini... Ma perché? Chiediamo agli altri nostri lettori di raccontare la loro esperienza sul litorale della città durante l'appena concluso fine settimana...
-RFS

Il dramma dei lavori pubblici a Roma raccontato dall'interno

23 luglio 2017


Scrivo per sottolineare un aspetto della nostra economia cittadina che più volte avete trattato, ma vorrei ribadirlo perché a forza di lasciar passare il tempo ci stiamo condannando (sperando di non essere già definitivamente condannati) alla disoccupazione generale.

Lo premetto, rivolgo la mia attenzione ad un ambito che mi coinvolge per lavoro, perché di gru e autocarri mi occupo, e per questo ovviamente è corretto rimanere anonimo anche se firmo la lettera.

I lavori pubblici a Roma lo sappiamo, sono eseguiti molto male, in deroga a qualsiasi norma tecnica, nella migliore delle ipotesi sono “presentabili” a tempo determinato, perché poi la logica ribassista da cui nascono determina il deterioramento di tutto, a cui si aggiunge lassismo e noncuranza dei cittadini. Ma questa è solo una parte dell’inferno economico a cui siamo sottoposti.
Nelle foto che allego c’è un camion con una gru, stazionato per lavori di non si sa chi, eseguiti con le solite tracce di scavi riasfaltate, sul solito manto stradale già ampiamente devastato. 
Non si sa per conto di chi siano stati eseguiti questi lavori perché ovviamente non ci sono tracce di segnaletiche, tabelle di cantiere e tutto quel che dovrebbe essere “trasparenza”.
Non mi interessa attribuire la responsabilità a questa giunta o alle precedenti, mi interessa il presente ed il futuro economico della mia città.

Il camion avrà una trentina d’anni abbondanti, e la gru venti se va bene. Età che da professionista del settore, vi assicuro essere anche mal portate.
Mi chiedo come sia possibile, nel 2017, che proprio chi esegue lavori pubblici o infrastrutturali di aziende partecipate possa annoverare tra le strumentazioni disponibili dei rottami del genere.
Funzionano lo stesso, obietterebbe qualche cialtrone, ma se non si capisce che la crescita di un territorio passa soprattutto dalla crescita e dall’innovazione delle imprese, siamo falliti prima di tutto moralmente, e poi economicamente. Ancor prima di cominciare. 

Alle imprese quelle “normali”. cioè che non hanno a che fare con i lavori del comune o dei committenti semi-pubblici, non è assolutamente concesso di utilizzare questi rottami, e giustamente direi.
Cito solo alcuni motivi del perché ai “normali” non sarebbe concesso:
- i camion ad emissioni pari all’era del carbone li hanno dovuti abbandonare nel 2006 quando la normativa Euro IV ha indotto le amministrazioni a limitare l’utilizzo di mezzi inquinanti (almeno per le zone centrali, visto che in periferia si può circolare ed inquinare senza problemi a quanto pare)
- le revisioni su questo genere di mezzi per chi non è “ammanicato” non ne consentirebbero certamente la circolazione
- è dal 2000 che le gru devono obbligatoriamente avere dei sistemi di sicurezza per evitare rischi sia all’operatore che a chi potrebbe ruotare nell’ambito del cantiere
- dal 2011 è cambiata la direttiva macchine che ha fatto introdurre norme molto stringenti che in qualche modo hanno rivoluzionato il settore del sollevamento, imponendo dispositivi che quel pezzo di ferro in foto di certo non ha, e sono ovviamente tesi a garantire condizioni di lavoro con una sicurezza molto elevata, o comunque con un notevole abbattimento dei rischi.
- a seguito di queste norme è fatto obbligo di effettuare delle verifiche ventennali sulle gru, che impongono a chi le compie (enti notificati privati o INAIL) di certificare la vita residua della struttura e i costi per questo genere di certificazioni sono elevati ( o lo sarebbero se non ci fossero lestofanti anche qui…) perciò arrivati ad un certo punto un’impresa “normale” deciderebbe di sostituire la gru (il camion nemmeno al proprio museo potrebbe tenerlo)
- il DL81 del 2008 sulla sicurezza quasi vieterebbe di usare quei rottami, o quanto meno imporrebbe di modificarne alcune parti che renderebbero necessario valutarne la sostituzione

Si potrebbe pensare che queste prerogative determinino chissà quali investimenti costanti. Niente. Stallo. Asfissia da almeno 8 anni.

Tante imprese “normali”, in un contesto come quello romano, in cui la maggior parte degli indotti gravitano proprio sul pubblico che si avvale di questi rottami, ad effettuare sostituzioni di mezzi o ad ammodernare il parco delle attrezzature non ci pensano proprio. 
Fanno quel che possono con quello che hanno fino a quando non sono costrette a pianificare investimenti o a chiudere, perché poi quelle stesse imprese che lavorano per il pubblico, se le ritrovano in concorrenza anche nei lavori privati. 
Cornuti e mazziati: non si aggiudicano le gare perché non possono ribassare come chi opera con questa robaccia, e se li ritrovano in concorrenza forti dei capitali introitati dagli appalti stessi.

Ci sono anche quelli che se ne infischiano ed investono, competono seriamente ed hanno crescita ed opportunità costanti: sono quegli eroi che hanno finanza+ASL+municipale+ispettori+fisco attaccati al collo ogni giorno (loro si), ma vanno avanti lo stesso per fortuna. Ma sono sempre di meno.

Se tutte le imprese “normali" e non, alzassero i prezzi uscendo dal ribassismo imperante, il pubblico farebbe uscire i suoi mezzi degli anni ’80 parcheggiati e cannibalizzati nella marea dei depositi che ci sono. 
È già accaduto ed accadrà sempre di più visto il tasso di chiusura delle imprese. È disoccupazione per chi non se ne rendesse conto: imminente e devastante ancor più della situazione che viviamo.

Ogni giorno cerco di far capire che non si tratta di una crisi, perché una crisi è congiunturale, temporanea, per definizione. Qui si tratta di qualcosa di sistemico, di molto più complesso da debellare.

Vi assicuro, perché svolgo il mio lavoro in tutta Italia ed ho anche l’opportunità di interfacciarmi con l’estero, che a Roma questo problema è molto più grande che in altre realtà, straordinariamente più grande: non ci sono controlli random nei cantieri, non ci sono controlli negli accessi ad aree in funzione delle emissioni, non c’è un briciolo di cultura della sicurezza perché altrimenti tutte (dico TUTTE) le squadre di operai dovrebbero andare in pellegrinaggio a ringraziare di non essere crepati fino ad oggi, non esiste uno straccio di regolamento che imponga di affidare gli appalti a chi non solo abbia i mezzi, ma li abbia di un certo tipo, non esiste più una conoscenza finanziaria in grado di sbloccare risorse.

È quasi sparita la fantasia di ricercare il bello e il meglio. Ed è normale, perché quando ogni giorno vivi a contatto con queste forme di degrado, che imprenditori di domani vuoi che nascano?

Vi ho indicato un aspetto del ciclo economico della città, ma se guardiamo bene a tutta l’economia cittadina è un problema che coinvolge tentacolarmente qualsiasi ambito.

Lo avete sottolineato molte volte che chi investe in questa città è un marziano e nella migliore delle ipotesi è tacciato di speculazione, ma ci tenevo a focalizzare l’attenzione su ciò che è in pianura del ciclo dei lavori pubblici o che dal pubblico dovrebbero essere controllati; dico pianura perché a monte c’è il degrado umano e di competenze della classe dirigente, e a valle ci sono i lavori fatiscenti oltre ai cittadini che poi subiscono le frane del sistema.
Investire con queste condizioni non conviene, e senza investimenti, senza lo sforzo di qualcuno che poi da quello sforzo ambisce a trarne un miglioramento (economico, di qualità, di performance, di tutto), siamo condannati alla disoccupazione o alla precarizzazione delle nostre vite.

Vi ringrazio anticipatamente se vorrete condividere con la nostra città queste righe di preoccupazione e di denuncia, oltre che rinnovare la mia stima per il vostro lavoro incessante.
MARCO

P.S. le foto sono fatte a Selva Candida, nel municipio dove l’esimio Ass. Menna e il Pres. Campagna vantano successi che ampiamente avete rendicontato…ma a Roma è così da decenni. Forse ci si aspettava qualcosa dal nuovo che avanza, ma finora, a quanto pare, sono avanzi del passato.

*Davvero interessante e tutta da leggere questa comunicazione dall'interno. La nostra ricetta in questo senso è sempre la stessa da dieci anni e radicale: a Roma bisogna attuare tutte le misure possibili per far lavorare ditte grandi o grandissime e far tornare al loro posto quelle che noi chiamiamo "dittuncule", ovvero società che per dimensioni e storia non sono all'altezza di mettere le mani ai lavori pubblici di una grande capitale occidentale. Purtroppo l'amministrazione sta andando esattamente nel senso opposto, lo abbiamo raccontato quando abbiamo criticato il progetto (o meglio l'hashtag) #stradenuove. Siamo, in ogni caso, nel quadro della ben nota eutanasia economica della città. E tutto sommato la maggioranza è felice così. Anche perché far lavorare "e murtinazionali" e i "poteri forti" sia mai...
-RFS

Via Taranto, La Spezia e Castrense. Quello che ci piace e quello che non ci piace

19 luglio 2017
Grandi movimenti attorno alla Stazione San Giovanni della Metro C che si appresta, pur con ritardi allucinanti, a diventare un importantissimo nodo di scambio del disastrato sistema di trasporti pubblici della città: l'unico luogo in cui le metropolitane cittadine si incrociano oltre che a Termini. 

La Commissione Trasporti ha presentato un ampio piano di revisione della sosta e della viabilità con anche qualche investimento per la riqualificazione urbana. Cambiano un po' i flussi, Via La Spezia diventa a senso unico con un bel tratto di corsia preferenziale, Via Taranto pure diventa in parte a senso unico (dalla parte opposta) e intanto Viale Castrense diventa piccola piccola, lasciando tanto spazio al verde. Nel complesso un buon lavoro: "i lavori partiranno in autunno e finiranno quando aprirà la stazione della Metro C di San Giovanni" dicono dalla Commissione ammettendo di fatto amplissimi ritardi sull'apertura della stazione stessa, prevista solo qualche mese fa per ottobre. Se ne riparlerà nel 2018 inoltrato. Ma intanto vediamo le cose che ci piacciono e non ci piacciono di questo progetto: finalmente qualcosa di concreto su cui parlare dopo 13 mesi di amministrazione.

VIA LA SPEZIA CON LA PREFERENZIALE

Bene una preferenziale qui. Peccato che ci sia un istmo in cui si interrompe e dunque i bus non vanno in velocità fino a Piazzale Appio ma hanno una strozzatura che con ogni probabilità si poteva evitare facendo continuare la preferenziale. 
Grande problema con le bici: sebbene la preferenziale a scendere sarà accessibile anche per le bici (per legge si può fare se è superiore ad una certa larghezza) ci sarà un sacco di gente che si farà il pezzo contromano in direzione opposta (verso Lodi): è vero che c'è la rinnovata Viale Castrense (vedi sotto) assai potabile per chi si muove in bici, ma perché non prevedere una bike line contro flusso?

VIALE CASTRENSE VERDE

Molto bene. La strada si restringe, si toglie la sosta (attenzione all'arredo urbano però, altrimenti sai quante macchine con due ruote sopra e due ruote sotto al marciapiede!), si allarga l'area verde e si collega con la più grande area verde su Viale Carlo Felice. Davvero un buon lavoro che conferma la visione del "parco delle Mura Aureliane". Da non dimenticare tuttavia che a causa della situazione dei bandi e del caos diffuso, il Parco di Viale Carlo Felice - che così andrà ad aumentare la sua superficie - è abbandonato dalla città. Per fortuna da qualche mese un'associazione di cittadini volontari se ne occupa, altrimenti il parco sarebbe inservibile e forse chiuso con le catene come tanti altri parchi simili. 

VIA TARANTO A SENSO UNICO

Uno stradone imbarazzante. Ma perché qui dovrebbe esserci questa autostrada californiana a quattro corsie con tra l'altro sosta su entrambi i lati (e dunque sosta selvaggia!)? Con addirittura la sosta che cambia da spina di pesce a stalli in linea contribuendo al caos. Nessun arredo urbano (i marciapiedi restano gli stessi) e dunque sosta selvaggia libera in curva e sulle strisce pedonali. La grande opportunità di mettere mano a Piazza Imola (un gioiellino, ma abbandonato) viene mancata. E non c'è nessuna chance per chi si muove in bici: dovete da morì!

Chi ha altri spunti, li aggiunga nei commenti. 

Come Roma è riuscita a rovinare uno straordinario concerto degli U2. Le testimonianze

17 luglio 2017
A noi sembra tutto normale. Che un grande evento internazionale si tramuti in caos, sopraffazione, umiliazione degli utenti, nullafacenza degli addetti preposti, spregio di chi viene da fuori per passare una serata da noi. E enorme occasione per ogni profittatore di, appunto, approfittarsene.
Per Roma questo è normale. E che non ce lo sai, e che ce voi fa, e che je voi dì, eh ma è sempre stato così. E così via. Ma per chi viene da fuori, per chi vive in altre città italiane, tutto questo, per fortuna, è anomalia bella e buona.
E chi riscontra un'anomalia a Roma cosa ti fa? Scrive a Roma fa Schifo naturalmente! Ebbene allora eccoci qui a gestire una valanga di segnalazioni da parte di decine e decine di cittadini colpevoli solo di aver deciso di venire a Roma per assistere ad un indimenticabile concerto rock.
Quello che si porteranno a casa sarà soltanto il senso di una disorganizzazione totale, di un disinteresse assoluto per la cura degli ospiti, della sciatteria che qui a Roma ben conosciamo, dell'atteggiamento banditesco delle solite lobbies che, complice da sempre chi amministra, si continuano a rosicchiare la città. 
Abbiamo raccolto una parte delle testimonianze e le abbiamo elencate qui di seguito. Nella convinzione che tanto per i romani che le leggeranno tutto apparirà ordinario, lineare, spiegabile: aho ma è normale, c'è sta un sacco deggente quindi è ovvio che è ncasino aho... Peccato che sia ovvio solo a Roma e che in nessuna altra città al mondo disservizi simili siano plausibili e accettabili.


PARTIAMO DALL'INIZIO
In direzione dell'Olimpico. Sono costretto pertanto a raggiungere lo stadio Olimpico con i mezzi, arrivati a piazzale Flaminio noto con stupore dei taxi parcheggiati in attesa di clienti, alla mia richiesta di pagare con il bancomat ricevo risposta negativa da parte di tutti, l'ultima vettura parcheggiata era del 3570, so che sono obbligati ad accettare le carte e infatti l'autista acconsente. A bordo mi spiega candidamente che i suoi "colleghi" erano a caccia di turisti o forestieri per portarli allo stadio a tariffe gonfiate... Come avvoltoi.

LASCIATI DALLA PARTE OPPOSTA
Io non sono molto pratica di Roma e soprattutto della zona stadio. All'andata siamo arrivati in taxi che ci ha lasciato vicino ad una pompa di benzina davanti ad un vialone che porta allo stadio (ricordo che sulla sinistra a circa metà viale ci sono i palazzi del coni) , una volta arrivati al cancello dopo aver fatto circa 500 m a piedi sotto il sole ci dicono che dobbiamo tornare indietro per tutto il viale e fare il giro dello stadio perché da quell'ingresso si entrava solo x il prato mentre noi avevamo i posti in tribuna Tevere...


USCITA NELL'ABBANDONO
Sessantamila persone (probabilmente qualcosa in più) lasciate a piedi: nessuna traccia di mezzi pubblici di rinforzo. Una marea umana costretta ad utilizzare i pochi autobus notturni della domenica.. .moltissimi, compreso chi scrive, raggiungono (a piedi) piazzale Flaminio.

50 EURO ALL'NCC
All'uscita è stata una vera e propria odissea. Premetto che abbiamo assistito a centinaia di concerti in varie città (essendo di Milano la maggior parte a San Siro) e quindi per esperienza usciamo sempre un po' prima della fine del concerto ed abbiamo fatto la stessa cosa anche quella sera. Ci siamo incamminati e dopo un bel po' di strada abbiamo attraversato un ponte (credo il ponte della Musica) e ci siamo fermati sul lungotevere Flaminio a cercare un mezzo x tornare a casa. Beh è passata più di un'ora e niente. Nessun taxi, nemmeno a chiamarlo. Fermate dei bus fuori dallo stadio affollate in un modo impressionante, strade tutte chiuse, sembrava di essere in un posto dimenticato dal mondo. Noi avevamo l'hotel in Via della Conciliazione e sinceramente dopo la giornata a camminare sotto il sole non ce la sentivamo di andare a piedi. Abbiamo trovato un NCC libero.. voleva 50 euro per fare 5 km.
Chiaramente non abbiamo accettato. La nostra salvezza sono state due signore di passaggio che impietosite dalla nostra storia ci hanno accompagnati in hotel con la loro auto. D'ora in avanti solo San Siro per i concerti...

ABUSIVI DOVUNQUE
Camion bar, porchettari, bibitari e ambulanti abusivi... il top è la coppia che vende ciambelle e bombe fritte davanti alla municipale!

A PIAZZALE FLAMINIO
A piazzale Flaminio troviamo l'ennesimo girone dantesco, centinaia di persone in attesa del notturno N1 e altrettante in attesa di taxi...

A LUNGOTEVERE CADORNA
Stavo aspettando uno dei vari autobus che erano stati previsti all'uscita dal concerto, precisamente a Lungotevere Cadorna! Il concerto è finito alle 23.30, i primi autobus che sono passati non si sono nemmeno fermati da quanto erano pieni! Da mezzanotte e mezzo in poi non ne è passato nemmeno più uno, nonostante il display segnasse "in arrivo". Neppure i taxi era disponibili in zona! Alla fine all'1 tutte le persone alla mia stessa fermata si sono dovute incamminare a piedi fino alla fermata di Ottaviano, che ovviamente alla fine era... chiusa!

ODISSEA PIU' LUNGA DEL CONCERTO
Nel mio caso sono riuscita a trovare un taxi a Via cola di Rienzo... ritorno a casa (zona Termini) ore 2.30! È durata più l'odissea Stadio Olimpico-Termini che il concerto! Mai più.

IN SEI + IL GUIDATORE IN UN'AUTO
Un taxi ci ha preso in sei. In sei. In sei più lui. Per arrivare a San Giovanni ci ha chiesto una tariffa a persona: 15€. Gli abbiamo dovuto dare 90 euro.

L'ATTEGGIAMENTO DEGLI SCIACALLI CHE SOLO A ROMA CHIAMIAMO TAXI
Cerco di fermare un taxi accorgendomi che nonostante sembrassero quasi tutti liberi (con la luce accesa) c'erano sempre dei passeggeri all'Interno... l'unico taxi che sono riuscito a fermare (ero arrivato ormai a piazzale della Marina) mi ha chiesto € 35 per portarmi a piazza Bologna.

LA NORMALITA' A LARGO CHIGI
Noi abbiamo deciso di proseguire la camminata per arrivare a Largo Chigi (dallo Stadio a Largo Chigi a piedi!) nella speranza di ottenere una parvenza di normalità e uscire dall'incubo. La situazione non varia molto fino al materializzarsi di un tassista gentile e sorridente, con la radio sintonizzata sulla musica classica che mi ha riconciliato con il genere umano...

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