Scrivo per sottolineare un aspetto della nostra economia cittadina che più volte avete trattato, ma vorrei ribadirlo perché a forza di lasciar passare il tempo ci stiamo condannando (sperando di non essere già definitivamente condannati) alla disoccupazione generale.
Lo premetto, rivolgo la mia attenzione ad un ambito che mi coinvolge per lavoro, perché di gru e autocarri mi occupo, e per questo ovviamente è corretto rimanere anonimo anche se firmo la lettera.
I lavori pubblici a Roma lo sappiamo, sono eseguiti molto male, in deroga a qualsiasi norma tecnica, nella migliore delle ipotesi sono “presentabili” a tempo determinato, perché poi la logica ribassista da cui nascono determina il deterioramento di tutto, a cui si aggiunge lassismo e noncuranza dei cittadini. Ma questa è solo una parte dell’inferno economico a cui siamo sottoposti.
Nelle foto che allego c’è un camion con una gru, stazionato per lavori di non si sa chi, eseguiti con le solite tracce di scavi riasfaltate, sul solito manto stradale già ampiamente devastato.
Non si sa per conto di chi siano stati eseguiti questi lavori perché ovviamente non ci sono tracce di segnaletiche, tabelle di cantiere e tutto quel che dovrebbe essere “trasparenza”.
Non mi interessa attribuire la responsabilità a questa giunta o alle precedenti, mi interessa il presente ed il futuro economico della mia città.
Il camion avrà una trentina d’anni abbondanti, e la gru venti se va bene. Età che da professionista del settore, vi assicuro essere anche mal portate.
Mi chiedo come sia possibile, nel 2017, che proprio chi esegue lavori pubblici o infrastrutturali di aziende partecipate possa annoverare tra le strumentazioni disponibili dei rottami del genere.
Funzionano lo stesso, obietterebbe qualche cialtrone, ma se non si capisce che la crescita di un territorio passa soprattutto dalla crescita e dall’innovazione delle imprese, siamo falliti prima di tutto moralmente, e poi economicamente. Ancor prima di cominciare.
Alle imprese quelle “normali”. cioè che non hanno a che fare con i lavori del comune o dei committenti semi-pubblici, non è assolutamente concesso di utilizzare questi rottami, e giustamente direi.
Cito solo alcuni motivi del perché ai “normali” non sarebbe concesso:
- i camion ad emissioni pari all’era del carbone li hanno dovuti abbandonare nel 2006 quando la normativa Euro IV ha indotto le amministrazioni a limitare l’utilizzo di mezzi inquinanti (almeno per le zone centrali, visto che in periferia si può circolare ed inquinare senza problemi a quanto pare)
- le revisioni su questo genere di mezzi per chi non è “ammanicato” non ne consentirebbero certamente la circolazione
- è dal 2000 che le gru devono obbligatoriamente avere dei sistemi di sicurezza per evitare rischi sia all’operatore che a chi potrebbe ruotare nell’ambito del cantiere
- dal 2011 è cambiata la direttiva macchine che ha fatto introdurre norme molto stringenti che in qualche modo hanno rivoluzionato il settore del sollevamento, imponendo dispositivi che quel pezzo di ferro in foto di certo non ha, e sono ovviamente tesi a garantire condizioni di lavoro con una sicurezza molto elevata, o comunque con un notevole abbattimento dei rischi.
- a seguito di queste norme è fatto obbligo di effettuare delle verifiche ventennali sulle gru, che impongono a chi le compie (enti notificati privati o INAIL) di certificare la vita residua della struttura e i costi per questo genere di certificazioni sono elevati ( o lo sarebbero se non ci fossero lestofanti anche qui…) perciò arrivati ad un certo punto un’impresa “normale” deciderebbe di sostituire la gru (il camion nemmeno al proprio museo potrebbe tenerlo)
- il DL81 del 2008 sulla sicurezza quasi vieterebbe di usare quei rottami, o quanto meno imporrebbe di modificarne alcune parti che renderebbero necessario valutarne la sostituzione
Si potrebbe pensare che queste prerogative determinino chissà quali investimenti costanti. Niente. Stallo. Asfissia da almeno 8 anni.
Tante imprese “normali”, in un contesto come quello romano, in cui la maggior parte degli indotti gravitano proprio sul pubblico che si avvale di questi rottami, ad effettuare sostituzioni di mezzi o ad ammodernare il parco delle attrezzature non ci pensano proprio.
Fanno quel che possono con quello che hanno fino a quando non sono costrette a pianificare investimenti o a chiudere, perché poi quelle stesse imprese che lavorano per il pubblico, se le ritrovano in concorrenza anche nei lavori privati.
Cornuti e mazziati: non si aggiudicano le gare perché non possono ribassare come chi opera con questa robaccia, e se li ritrovano in concorrenza forti dei capitali introitati dagli appalti stessi.
Ci sono anche quelli che se ne infischiano ed investono, competono seriamente ed hanno crescita ed opportunità costanti: sono quegli eroi che hanno finanza+ASL+municipale+ispettori+fisco attaccati al collo ogni giorno (loro si), ma vanno avanti lo stesso per fortuna. Ma sono sempre di meno.
Se tutte le imprese “normali" e non, alzassero i prezzi uscendo dal ribassismo imperante, il pubblico farebbe uscire i suoi mezzi degli anni ’80 parcheggiati e cannibalizzati nella marea dei depositi che ci sono.
È già accaduto ed accadrà sempre di più visto il tasso di chiusura delle imprese. È disoccupazione per chi non se ne rendesse conto: imminente e devastante ancor più della situazione che viviamo.
Ogni giorno cerco di far capire che non si tratta di una crisi, perché una crisi è congiunturale, temporanea, per definizione. Qui si tratta di qualcosa di sistemico, di molto più complesso da debellare.
Vi assicuro, perché svolgo il mio lavoro in tutta Italia ed ho anche l’opportunità di interfacciarmi con l’estero, che a Roma questo problema è molto più grande che in altre realtà, straordinariamente più grande: non ci sono controlli random nei cantieri, non ci sono controlli negli accessi ad aree in funzione delle emissioni, non c’è un briciolo di cultura della sicurezza perché altrimenti tutte (dico TUTTE) le squadre di operai dovrebbero andare in pellegrinaggio a ringraziare di non essere crepati fino ad oggi, non esiste uno straccio di regolamento che imponga di affidare gli appalti a chi non solo abbia i mezzi, ma li abbia di un certo tipo, non esiste più una conoscenza finanziaria in grado di sbloccare risorse.
È quasi sparita la fantasia di ricercare il bello e il meglio. Ed è normale, perché quando ogni giorno vivi a contatto con queste forme di degrado, che imprenditori di domani vuoi che nascano?
Vi ho indicato un aspetto del ciclo economico della città, ma se guardiamo bene a tutta l’economia cittadina è un problema che coinvolge tentacolarmente qualsiasi ambito.
Lo avete sottolineato molte volte che chi investe in questa città è un marziano e nella migliore delle ipotesi è tacciato di speculazione, ma ci tenevo a focalizzare l’attenzione su ciò che è in pianura del ciclo dei lavori pubblici o che dal pubblico dovrebbero essere controllati; dico pianura perché a monte c’è il degrado umano e di competenze della classe dirigente, e a valle ci sono i lavori fatiscenti oltre ai cittadini che poi subiscono le frane del sistema.
Investire con queste condizioni non conviene, e senza investimenti, senza lo sforzo di qualcuno che poi da quello sforzo ambisce a trarne un miglioramento (economico, di qualità, di performance, di tutto), siamo condannati alla disoccupazione o alla precarizzazione delle nostre vite.
Vi ringrazio anticipatamente se vorrete condividere con la nostra città queste righe di preoccupazione e di denuncia, oltre che rinnovare la mia stima per il vostro lavoro incessante.
MARCO
P.S. le foto sono fatte a Selva Candida, nel municipio dove l’esimio Ass. Menna e il Pres. Campagna vantano successi che ampiamente avete rendicontato…ma a Roma è così da decenni. Forse ci si aspettava qualcosa dal nuovo che avanza, ma finora, a quanto pare, sono avanzi del passato.
*Davvero interessante e tutta da leggere questa comunicazione dall'interno. La nostra ricetta in questo senso è sempre la stessa da dieci anni e radicale: a Roma bisogna attuare tutte le misure possibili per far lavorare ditte grandi o grandissime e far tornare al loro posto quelle che noi chiamiamo "dittuncule", ovvero società che per dimensioni e storia non sono all'altezza di mettere le mani ai lavori pubblici di una grande capitale occidentale. Purtroppo l'amministrazione sta andando esattamente nel senso opposto, lo abbiamo raccontato quando abbiamo criticato il progetto (o meglio l'hashtag) #stradenuove. Siamo, in ogni caso, nel quadro della ben nota eutanasia economica della città. E tutto sommato la maggioranza è felice così. Anche perché far lavorare "e murtinazionali" e i "poteri forti" sia mai...
-RFS