Nell'ambito dell'assurda restaurazione a Cinque Stelle che sta investendo la città da ormai 10 mesi riportandola dritta dritta, su praticamente tutti i fronti eccettuato qualcosa sulla mobilità, agli anni buissimi di Alemanno e recentissimamente sanzionati dall'autorità giudiziaria con secoli e secoli di condanne nell'ambito del processo chiamato Mafia Capitale, il fatto che risciò e centurioni ritornino sotto i grandi monumenti della Roma imperiale sta nelle cose. Nei prossimi mesi aspettatevi il ritorno anche dei simpatici camioncini che vendono acqua, osceni gelati e raccapriccianti panini a oscurare qualsiasi visuale nell'area archeologica centrale. A patto che siano "beige" e che abbiano sulle fiancate le "riproduzioni dei monumenti del centro di Roma" come riporta il grottesco Regolamento per il Commercio su Area Pubblica che il presidente della Commissione Commercio sta cercando di far approvare in commissione e in assemblea. Ma la stampa nel dare la notizia dell'annullamento della delibera di Raggi su risciò e centurioni, è tendenzialmente stata condiscendente - come d'abitudine - con la sindaca di Roma, ed ha invece incolpato il Tar. Peccato tuttavia che, al di là di qualche evidente eccesso e scivolone (vi ricordate quando annullarono l'impianto sulle strisce blu di Marino\Improta dicendo che non si potevano aumentare i costi dei parcheggi perché i romani avevano poca simpatia per prendere i mezzi pubblici?) il Tar non fa altro che guardare l'impianto normativo e capire se i provvedimenti sono coerenti o non coerenti con esso. Ovviamente in questo caso il provvedimento di Raggi non era coerente con le norme, le leggi, i regolamenti in vigore. E il Tar lo ha sospeso. Non si può, naturalmente, far passare per urgente una delibera che norma delle faccende che urgenze non sono. La presenza o l'assenza dei centurioni era urgentemente affrontabile durante il Giubileo, è comprensibile, ma una volta finito non c'è più motivo. Per governare la questione gli strumenti sono altri. E precisamente, secondo quando ci risulta, due: un Regolamento specifico sul decoro che dia corpo all'omonimo Tavolo sul Decoro che è stata l'arma con cui Marta Leonori, durante la Giunta Marino, ha iniziato a pulire la città dopo quarant'anni di schifo; e il Regolamento di Polizia Urbana: è vecchio di 70 anni ed è uno dei motivi per cui a Roma non si riesce ad amministrare la normalità. Già nel 2015 spiegavamo che il nuovo regolamento è pronto e basterebbe solo una firma. Perché non viene apposta non è spiegabile.
Un figurante festeggia il pronunciamento del Tar con un'allegra pisciata giusto addosso al manufatto appena riqualificato da Retake Roma. Siamo di fronte a Colosseo, Arco di Costantino, Celio e Palatino. Pensate un contesto simile in qualsiasi altra città del mondo e immaginatevi un pagliaccio in maschera che si mette a pisciare. Finisce sui tg...
Ne deriva che la colpa per la situazione che si è venuta a creare non è chiaramente del Tar, ma di chi ha avuto 10 mesi di tempo per "far cambiare il vento" e che invece è andato avanti col vento di prima. Anzi si è tornati all'epoca pre-Marino e pre-Sabella quando il Comune era una factory di delibere scritte appositamente per essere impugnabili e stoppabili dai giudici. Alfonso Sabella spiega perfettamente questa china che a quanto pare sta tornando. Ma la Sindaca ha un precedente che riguarda l'ultimo dell'anno. Che c'entra? C'entra perché anche all'epoca la Raggi tentò di mettere una pezza ad una questione facendo una delibera d'urgenza e anche all'epoca il Tar la bocciò. Si trattava di una sacrosanta norma che vietava i botti nelle case private: pericolosi, insidiosi per bambini e animali, portatori di costi assurdi per il sistema sanitario regionale. La Raggi giustamente li vietò, il Tar giustamente spiegò che per vietarli bisognava fare un Regolamento, farlo approvare in Consiglio, pubblicarlo per tempo. Non una delibera d'urgenza. Stessa storia per i pittori di strada. Lì addirittura si è dovuti arrivare a nominare un commissario. Le comiche.
I centurioni oggi a Roma. Piove, quindi cuffia e non scopa in testa
Il fatto è che fare un Regolamento richiede competenza, dedizione, tantissime ore di lavoro. Se ti sei circondato di lacché, incapaci, falliti e yesman difficilmente hai alla portata persone in grado di aiutarti a scriverne uno dignitoso e al massimo ti trovi a farti scrivere il regolamento dalle persone che dovrebbero essere regolate, come abbiamo dimostrato qui. In ben 10 mesi di amministrazione ci si sarebbe aspettati da questi nuovi politici rivoluzionari e honesti un autentico stravolgimento normativo della città, regolamenti su regolamenti per allineare Roma alle migliori esperienze non solo italiane, ma internazionali. E invece nulla di nulla. Il Consiglio non lavora e tutte le questioni emergenziali o sono state abbandonate o hanno subito dei clamorosi ritorni indietro che hanno cancellato tutto il buon lavoro fatto durante il biennio Marino. L'amministrazione trova il tempo per confezionare assurdi ricorsi al Tar (16 pagine!) contro le norme statali che riformano in maniera sacrosanta l'area del Colosseo e non trova il tempo per approvare regolamenti che tutelerebbero l'area del Colosseo e tutto il resto del centro. È immondizia politica, è spazzatura amministrativa. Dunque di chi è la colpa del ritorno di risciò e centurioni? Del Tar? Rispondete voi.
Parliamo di docu-film per auto prenderci in giro. In realtà anche se questi temi meriterebbero ben altra scrittura televisiva, ben altra sceneggiatura, ben altre attrezzature e soprattutto ben altro speaker noi comunque ci proviamo. Convinti che una parte dei concetti passino comunque. E invitiamo tutti voi a farlo: quando siete fuori per lavoro, quando visitate una città straniera per vacanza. Esercitatevi nel confronto. Aprite la fotocamera, documentate le cose che marcano la differenza con Roma e applicatevi a marcare il confronto. E' una delle cose più utile che una piattaforma come questa può fare. E allora ecco un confronto, su tantissimi piani, tra Roma e Bruxelles. Diteci cosa ne pensate.
Quando parliamo delle condizioni del verde pubblico i post non hanno un grande seguito di pubblico e di visualizzazioni. Evidentemente i romani, su questo fronte, rispetto ad altri problemi, hanno completamente alzato bandiera bianca. Rassegnazione totale. Nessuno più si aspetta a quanto pare di avere questo servizio: parchi puliti, con servizi, dove poter star tranquilli, dove poter lasciare i bambini liberi. Nessun cittadino più ha aspettative reali nel ricevere questo servizio fondamentale. E' una cosa a nostro modo di vedere tristissima. E molto significativa. Ieri siamo stati a Piazza Vittorio e abbiamo immortalato con quasi 4 minuti di video la situazione che ovviamente, come accade in questi casi, non rende l'idea nell'essere filmata. Dal film non si sentono gli afrori, gli odori, la tanfa lancinante di feci umane e di urina, il puzzo di polvere e di abbandono. Ormai il paesaggio "a spighe di grano" che caratterizza tutte le aree verdi romane ha conquistato anche questo che potrebbe e dovrebbe essere un giardino modello. I pochi turisti sono allucinati. La fontana del Rutelli è nascosta dietro ad una coltre di vegetazione e piena di immondizia: come si può ben vedere, le siepi hanno una "ricrescita" ancor più elevata dell'altezza delle siepi stesse. In alcuni punti le erbe infestanti superano, in altezza, gli stessi arbusti. Tantissime persone dormono sulle panchine rendendole infruibili, negli spiazzi verdi tanti cartoni, ognuno è un giaciglio per chi dorme qui la notte perché, dal 1 aprile (e non è uno scherzo purtroppo!) l'area non viene più chiusa la sera visto che il Comune non ha rinnovato l'appalto per questo servizio ne ha bandito un appalto per farlo continuare. L'abbandono più profondo. E poi la monnezza, dappertutto, pervasiva. Guardate i cittadini e alcuni turisti come ormai ci sguazzano dentro senza rendersi conto. Stanno seduti su panchine che appoggiano su tonnellate di rumenta senza fare una piega. La totale abitudine allo schifo e al degrado. Se chiami l'Ama ti dice "in questi giorni non lavoriamo, si ricomincia mercoledì". L'unica municipalizzata della nettezza urbana che non solo non lavora nei giorni festivi, ma che perfino fa ponte.
Il tema meriterebbe un bel servizione come Le Iene ad esempio sanno fare, noi lo abbiamo fatto coi nostri mezzi che sono poverissimi. Però il lavoro rende l'idea: si tratta di raccontare la differenza abissale di condizioni, sicurezza, manutenzioni delle strade tra le arterie gestite dai dipartimenti del Comune di Roma e le arterie gestite da altri enti. La cosa migliore è farlo su strade che, nel loro percorso, cambiano ad un tratto competenza. Come ad esempio Via Salaria, che passa dalla gestione Anas (segnaletica impeccabile, asfalto liscio, illuminazione buona) alla gestione Roma Capitale all'altezza del Raccordo. E appena entri in città, dopo il cartello che segnala la fine della gestione Anas, giù buche, cartelloni pubblicitari allucinanti, segnaletica sparita e erbacce nello spartitraffico che sono diventate alberi. Poi c'è l'altro video. quello su Via Kennedy, piccola grande arteria che collega il Comune di Roma con il Comune di Ciampino. Il filmato dice tutto e noi non aggiungiamo nulla. Godetevelo. Godete di meno però quando vi ricordiamo una cosa: l'Anas - che in queste settimane sta con Ferrovie Spa creando un grande gruppo di caratura globale di trasporti e logistica guidato da persone in gamba e pieno di ingegneri, funzionari, dirigenti e professionisti capaci - aveva proposto al Comune di Roma un accordo per la gestione delle strade. Era la fine del 2016. Nella somma eleganza istituzionale che contraddistingue l'ente retto da Virginia Raggi, ad Anas manco è arrivata una risposta. Ovviamente i rapporti con le dittuncole di "manutenzione" fanno gola e portano voti. E il Comune, anche se questo significherebbe finalmente strade in sicurezza e manutenute in maniera professionale, non vuole rinunciarci. E' un po' lo stesso motivo per cui l'Ama "deve restare pubblica" e l'Atac "è un patrimonio dei cittadini". In realtà l'unico patrimonio è un patrimonio di lottizzazione e voto di scambio, utilissimo per chi vuole conservare il potere puntando non sulla qualità dell'azione di governo ma sul garantirsi sacche di consenso in cambio di quieto vivere, se non peggio. Per lo meno, magra consolazione, la retorica sulle "strade nuove" che ha tenuto banco nelle settimane scorse, è un po' venuta meno. Era fuffa totale e come neve al sole si è sciolta...
A Roma, il posto da Assessore alla Casa (così come quello a Assessore ai Lavori Pubblici ad onor del vero) è vacante da 10 mesi, cioè da quando Virginia Raggi si è insediata in Campidoglio senza essersi minimamente preoccupata di predisporre prima la sua squadra di governo, o semplicemente senza avere i margini di manovra per farlo stretta com'è tra le maglie di un movimento di radice fascisteggiante, privo di democrazia interna, senza regole certe e con zero contendibilità di leadership. Insomma, qualcosa di proprietà di qualcuno. Qualcosa dove, per fare qualsiasi movimento, devi chiedere il permesso.
Peccato che a Roma il problema della casa sia abnorme. Peccato che in quel posto si debba immaginare una presenza competentissima, forte, credibile, con il massimo appoggio e copertura politica da parte della Sindaca, della Giunta e del Consiglio.
Nella scorsa Consiliatura, quando su tutti i fronti delle politiche abitative si è iniziato a smontare il sistema mafioso che ha portato la città al collasso, l'assessore Francesca Danese finì sotto scorta dopo poche settimane dal suo insediamento. Questo per dire quale è la caratura della sfida.
La delega è pesantissima: all’Assessore alla Casa competerebbero facoltà di indirizzo politico ed amministrativo rilevanti, come il “superamento” del sistema dei residence (una delle sfide della Danese, appunto), le occupazioni illegali, la gestione delle graduatorie delle case popolari, l'affermazione del buono casa.
Ma il dubbio è che al Campidoglio qualcuno abbia confuso “assessore alla casa “ con “agente immobiliare”, perché il linguaggio utilizzato nell’annuncio delirante che da alcuni giorni sta, semiclandestinamente, girando via mail tra i simpatizzanti dei 5stelle, sembra preso in prestito dalle inserzioni di Tecnocasa: “cercasi giovane motivata disposta a lavorare in team”...
Insomma, se vi sentite i nervi abbastanza saldi per combattere a mani nude contro le camorre che sovraintendono il mondo delle politiche abitative a Roma fatevi sotto: avete ancora qualche ora di tempo per aderire e gli estremi sono tutti qua sotto. Ma attenzione: non basta che voi siate bravi, preparati, abbiate esperienza, vi siate formati magari all'estero con enorme investimento economico. No. Il prerequisito basilare è essere iscritto ("almeno dal 1 gennaio 2016") al partito di Giuseppe Grillo. Una visione della meritocrazia tutta particolare che in anni passati si chiamava "lottizzazione" e che invece ora fa parte della grammatica operativa dei "ragazzi meravigliosi" che amministrano Roma e grazie ai quali "il vento sta cambiando".
In sintesi: il sindaco non ha la più vaga idea riguardo a chi affidare questo delicato e importantissimo incarico politico.
Il posto è libero e se siete disoccupate e iscritte ai 5Stelle (nel testo si dice “indipendenti e… iscritte”. Sic!), inviate il vostro curriculum al buon Frongia, perché potreste ricevere un prestigioso incarico a tempo determinato.
Roma è definitivamente in mano a veri e propri professionisti dell’incompetenza. Un insulto alle oltre 8000 famiglie in lista d'attesa per le case popolari. L’inoperosità di sindaco, Giunta e consiglieri è ormai totale: zero atti approvati, qualche réclame sui social-network (alle quali anche i più grulli cominciano ormai a credere poco) e ogni tanto una nomina per questa o quella poltrona lasciata vuota da chi è costretto a dimettersi a seguito di qualche scandalo.
Per emergere da questo nulla cosmico, capita poi che il Campidoglio produca queste perle di scempiaggine che quasi imbarazzano a leggerle, se non servissero a costituire ulteriore prova della china tragica e suicida assunta da questa città. Ma è possibile un'altra lettura: che magari il bando e la cagnara che gli girerà attorno servano a liberarsi della figura scomoda di Aldo Barletta, il tostissimo direttore di dipartimento delle Politiche Abitative che non ne fa passare una ai cialtroni pentastellati che sono convinti di poter utilizzare il bene comune per pagare i loro debiti elettorali e per mantenere le mille promesse fatte per accaparrarsi centinaia di migliaia di voti non proprio pulitissimi?
Stupisce poi come i campioni dell’anticasta e del “no ai professionisti della politica”, si siano trasformati in lottizzatori selvaggi come mai se n'era visti e dimostrino di non aver minimamente compreso la differenza tra linguaggio politico e cultura aziendale, tra incarico di governo e incarico professionale.
Un buon assessore deve godere della fiducia politica di chi lo nomina e non di referenze curriculari da centro per l’impiego. Non saranno questi “casting” da pantomima a colmare le tragicomiche deficienze del sindaco e dei suoi miracolati accoliti. Anche e soprattutto su temi delicati come questo: dove ballano i diritti di famiglie in difficoltà da una parte e gli interessi mafiosi dall'altra.
Qualunque cittadino che segue Roma fa
Schifo (è uno dei temi che più di ogni altro abbiamo
approfondito in questi dieci anni), ma in realtà qualsiasi abitante
della città dotato di buon senso e di occhi per guardare è in grado
di mettere in fila quali siano i problemi che affliggono nella
capitale il settore dell'ambulantato, del commercio su area pubblica,
delle bancarelle e dei mercati.
Le bancarelle sono troppe,
migliaia e migliaia. A tal punto che trasfigurano intere strade
commerciali, anche centrali, cambiando le sembianze alla città e
trasformandola in un autentico suq. Qualcosa che non ha paralleli e
raffronti da nessuna altra parte del mondo, terzo mondo incluso in
realtà.
Le bancarelle pagano poco. Non è
rara l'equazione, in molte zone della città, del 1000-1000. Cosa
significa? Significa che molte bancarelle (ma per alcune l'algoritmo
è ancora più favorevole agli “imprenditori”) incassano 1000
euro al giorno – quasi sempre esentasse visto che per queste
attività commerciali sembrano sospesi gli obblighi fiscali che tutti
gli altri imprenditori hanno – e pagano 1000 euro all'anno di
occupazione di suolo pubblico. Insomma avere una bancarella a Via
Cola di Rienzo, la zona commerciale più lussuosa della città, costa
1000 euro all'anno, avere nella stessa strada un negozio delle
medesime dimensioni costa 30 o 40 mila euro all'anno. La differenza
la mette il Comune che rinuncia a far fruttare il suo principale
patrimonio che è il suolo pubblico. La differenza è il motivo per cui gli appetiti sull'ambulantato sono quelli che sappiamo.
Le bancarelle sono brutte, orribili, hanno un'estetica allucinante, contribuiscono al degrado urbano a
causa della loro struttura, della loro illuminazione, dei loro
ombrelli, delle loro merci. Le bancarelle rappresentano un grumo inaudito di evasione fiscale e di lavoro nero. Ovviamente non tutte, ovviamente ci saranno chiaramente degli operatori onesti. Ma in linea di massima il problema è gigantesco.
Le bancarelle occupano i
marciapiedi, cancellano i percorsi pedonali, oscurano le insegne
e le vetrine dei negozi danneggiandoli gravemente. Le bancarelle sono anche pericolose quando obbligano i pedoni a camminare sulla strada e quando ostruiscono le vie di fuga o le uscite di sicurezza. Ci sono già stati morti.
Le bancarelle sono mal dislocate: si concentrano in alcuni punti con grappoli e cluster di punti
vendita tali da somigliare a mercati.
Le bancarelle vendono prodotti
scadenti sia per quanto riguarda oggetti e abbigliamento sia per
quanto riguarda il cibo.
Le bancarelle vivono su licenze che
sono parte di un mercato protetto, privo di concorrenza, non
contendibile – a dispetto delle normative europee! - e dunque privo
di qualità: gli operatori di eccellenza di cui hanno beneficiato
altri contesti (si pensi a Londra e ai suoi ottimi foodtruck) sono
sostanzialmente impossibilitati dall'affacciarsi in città,
dall'investire qui, dal portare qui la loro qualità.
Per quanto riguarda i mercati
rionali i problemi sono differenti: c'è un problema di orari, un
problema di possibilità di somministrare cibo (ormai solo a Roma è
vietato), c'è un problema di tante e tante strutture fuori norma per
le quali bisogna pianificare radicali trasformazioni a costo zero per
il Comune (modello Mercato di Testaccio, ovviamente con le dovute
correzioni e nell'ambito di un quadro normativo e strategico chiaro,
trasparente e di visione) e c'è infine un grandioso problema di
banchi non assegnati. Un problema che può essere girato in
opportunità andando a inserire in questo quadro l'eccesso di
bancarelle su suolo pubblico di cui sopra: molte di quelle
concessioni potrebbero essere trasferite nei mercati prendendo i
proverbiali due piccioni con una fava.
*****
Qualsiasi riforma del mercato
dell'ambulantato a Roma, se fatta in maniera onesta e seria e per il
bene della città, non deve fare che una cosa: osservare questi
problemi e trovare la strada per risolverli. Anche Andrea Coia,
attuale capo della Commissione Commercio dell'Assemblea Capitolina (la medesima commissione che ha affossato la riforma dei cartelloni, quasi portata a termine da Marino),
la pensava allo stesso identico modo nostro. Per anni ha fatto
opposizione, nel VII Municipio (pieno di bancarelle, tra l'altro),
ripetendo questi concetti in maniera lucida e ricorsiva. Sembrava un
redattore di Roma fa Schifo. Quando il Movimento 5 Stelle ha vinto le
elezioni e quando egli è diventato capo della Commissione Commercio
il suo approccio, un giorno scopriremo anche il perché magari, è
cambiato in maniera profonda e netta dalla sera al mattino. L'ambulantato da cancro da
debellare è diventato una risorsa da tutelare al di là di ogni
vergogna e di ogni dignità. Le sue posizioni sono divenute
sovrapponibili e identiche a quelle dei vecchi volponi della politica
(contro i quali il M5S ha stravinto le elezioni) che a tutt'oggi sono
in forze alla Commissione. E così, dopo un percorso di mesi in cui il
lavoro è stato fatto “assieme ai portatori di interesse” (lo
scrive Coia su Facebook senza alcun ritegno, amettendo candidamente di aver scritto un regolamento assieme a chi dovrà esserne regolamentato), Coia a braccetto con
Orlando Corsetti e Davide Bordoni ha partorito un Regolamento delle
Attività Commerciali su Area Pubblica da fare accapponare la pelle a
chiunque trovi 20 minuti per leggersi le quaranta pagine di cui il
testo (che ora rischia di approdare in Aula) è composto.
In questo preciso momento storico, con
la Direttiva Bolkestein che sta finalmente andando in porto e con i
bandi previsti per il prossimo anno, l'amministrazione ha una
opportunità grande, unica e irripetibile per riformare in toto il
settore. È un treno che non passerà più. Se la città perderà
questo treno, come sembra voglia fare, certificherà il suo stato per
i prossimi decenni: Roma firma la sua condanna e si suicida
dichiarando, ufficialmente e inderogabilmente, che la situazione
dell'ambulantato rimarrà questa, che le bancarelle non diminuiranno,
non smetteranno di fare concorrenza sleale ai negozi, che non
smetteranno di essere di proprietà di poche famiglie, che Via
Tuscolana, Via Appia, la Stazione, Via Cola di Rienzo, Piazzale
Flaminio rimarranno delle favelas vergognose per sempre. A vita. In cambio peraltro di pochi spicci. Anche nella città dei nostri figli e dei nostri nipoti. La città,
con questa proposta, sta svendendo la sua capacità di riformare
profondamente un settore sull'altare del consenso elettorale, del
voto di scambio, del sostegno economico che queste caste e queste
lobbies hanno sempre storicamente garantito alla politica romana e
alle sue alte spese per iniziative e campagne elettorali. Se una cosa
del genere fosse successa durante il governo Alemanno ci sarebbe
stata una rivolta nazionale, visto che la porcata la fanno i grillini
sta tutto passando pian pianino in cavalleria, con ovviamente il PD e
Forza Italia ben favorevoli di fare gli interessi delle caste che li
hanno sempre sostenuti senza neppure la seccatura di doversi sporcare
le mani.
Rileggete la lista di complain che
abbiamo elencato sopra. La riforma proposta da Coia e dal Movimento 5
Stelle, che ora rischia di approdare in aula e di essere approvata
definitivamente, non risolve nessuno dei problemi in lista. Anzi
spesso considera i problemi come non problemi, ma come normalità da
certificare, da fotografare e ufficializzare. Sarebbe gravissimo di per se, ma è
doppiamente gravissimo se si pensa che ci troviamo nell'unico momento
utile per proporre una riforma davvero coraggiosa per risolvere uno
dei problemi più profondi della città. Tra sanatorie, condoni
mascherati (tutte le concessioni anomale diventano concessioni normali, praticamente il racket dei bancarellari fa bingo su tutta la linea) e regali alle categorie (il regolamento sembra proprio scritto dai
bancarellari, e sostanzialmente Coia ammette che così è), il
regolamento fotografa la raccapricciante situazione attuale e la
trasforma in regola abdicando a qualsiasi trasformazione dell'immondi status quo che fa di Roma un posto da cui viene voglia di fuggire.
Le bancarelle sono troppe abbiamo
detto. Benissimo, il Comune oggi e solo oggi potrebbe risolvere
questo grave problema. Le autorizzazioni e le concessioni scadono
tutte il prossimo anno: è la legge europea. A quel punto non sta
scritto da nessuna parte che i bandi per il rinnovo debbano essere
uguali alle concessioni scadute, possono essere di meno, le
concessioni anomale possono essere eliminate, si possono spostare
delle autorizzazioni dalla strada ai mercati, si può decidere di
indennizzare gli operatori offrendo altri cespiti (licenze taxi ad
esempio) in cambio della rinuncia alle attuali licenze. Si può fare
tutto, al di là di quello che vi raccontano una amministrazione
democraticamente eletta può fare tutto. Basta che pianifichi. Se le
decisioni sono prese nel quadro di una seria pianificazione nulla è
escluso, nulla è davvero impugnabile. Questo ci si sarebbe aspettati
dall'amministrazione a Cinque Stelle: pianificare una città
radicalmente diversa dal punto di vista del commercio ambulante. Una
città in cui le bancarelle sono molte meno, in cui i prodotti che
vendono saranno di qualità altissima, una città in cui il Comune
cede suolo pubblico a imprenditori solo in cambio di fior di denari
poi da reinvestire nell'abbattimento dell'abnorme debito che grava
sui nostri figli o nei servizi da erogare alle fasce deboli, una
città che attira in questo settore investimenti, anche dall'estero,
e che dà una opportunità ai giovani di talento che dal commercio
ambulante vogliono far partire da loro carriera (invece nel dispositivo diabolico di Coia le concessioni per itineranti sono bloccate: chi è dentro al mercato è dentro, chi è fuori non potrà entrare mai). Una città in cui un
banco di vendita su strada è motivo di riqualificazione urbana
(magari in aree che ne hanno bisogno), non di degrado urbano.
Nulla di tutto questo, neppure
lontanamente, è ricompreso nella scandalosa riforma del commercio su
strada firmata dal Movimento 5 Stelle.
Invece di proporre una visione
innovativa, ricalcata sulle migliori esperienze occidentali, i
grillini hanno deciso (chi ha deciso? La sindaca? Coia da solo?
Giuseppe Grillo? Da chi proviene l'input politico di appiattirsi
sulle posizioni delle lobbies bancarellare? Da chi?) di farsi
scrivere la riforma dagli ambulanti. La prova schiacciante di questo
– al di là della lettura del provvedimento di cui riporteremo
qualche passo agghiacciante – è il silenzio delle categorie: se
tu, amministrazione, metti mano ad un settore incancrenito,
anchilosato e problematico, è normale che la tua azione sia seguita
da proteste di ogni tipo. Ignazio Marino lo diceva sempre: “se non
vedo gente che protesta in Piazza del Campidoglio significa che
abbiamo sbagliato qualcosa durante la giornata”. Voi vedete le categorie, le lobbies,
le caste che si sono divorate la città protestare in questi mesi? In realtà, dopo
anni, tutto questo mondo di mezzo che andrebbe spazzato via o
profondamente riformato e riportato su standar europei, collabora
gomito a gomito con l'amministrazione. Nel silenzio. E così una
enorme riforma dell'ambulantato sta andando a dama senza un pelo di
protesta – manco finta, perché loro organizzano anche proteste
finte e strumentali alla bisogna – da parte degli ambulanti. Praticamente, come
durante il fascismo o come durante il medioevo, governano la città
le corporazioni. Al di là della legge, delle norme europee, del buon
senso e delle speranze di riscatto futuro della città.
Gli indizi che ci dimostrano come i
“portatori gli interesse” (così li chiama Coia stesso) siano
riusciti a farsi scrivere un regolamento tagliato sulle loro esigenze
sono numerosissimi. Nel Comma 4 punto 3 dell'articolo 36 (quello
sulle rotazioni) si concede solo ad alcune rotazioni – guardacaso
quelle relative alla vendita di dolciumi – di cambiare tipologia
commerciale passando anche a quella non alimentare. Si tratta
probabilmente dei camion bar che Marino e Leonori riuscirono a
togliere da Colosseo e Fori Imperiali ricollocandoli sul Lungotevere:
lì i gestori hanno sempre detto che vendere dolciumi, sorbetti (?) e bibite non
aveva senso, ora potranno vendere anche altro e così questi
posteggi, fino ad oggi lasciati vuoti, potranno essere occupati e il
Lungotevere Testaccio si potrà popolare di venditori di panciere,
calzini e mutande. Incredibile, poi, quanto fatto su Piazza Navona.
La fiera della Befana, che per fortuna da alcuni anni (anche qui
grazie a Marino) non si svolge perché era diventata una bidonville a
unico vantaggio delle pochissime famiglie bancarellare che l'avevano
conquistata negli anni trasformandola in qualcosa di riprovevole,
viene sfilata alle competenze del I Municipio e portata nell'alveo
del Comune (al I Municipio, ovviamente, silenzio!). Tra la caratteristiche per parteciparvi vince su tutto la
“anzianità” a prescindere dalla qualità. E vedrete cosa
succederà a dicembre a Piazza Navona, d'altro canto quest'anno già
Coia ci aveva provato per fortuna non riuscendoci in extremis. Anche
qui si ritorna ai tempi di Alemanno.
“Anzianità” abbiamo detto. Il
nuovo Regolamento pentastellato si sofferma molto su questo che è,
appunto, un cavallo di battaglia delle caste bancarellare a Roma in
vista delle temute gare Bolkestein. Se le gare le vince chi ha più
anzianità, ragionano i bancarellari romani, nessun nuovo soggetto di
qualità potrà entrare nel mercato e noi continueremo come nulla
fosse in barba a meritocrazia e concorrenza. Fin'ora questo
principio, probabilmente illegale e anti concorrenziale, era
contenuto in norme regionali fatte approvare, come te sbagli, dai
tempi di Francesco Storace e anche lì scritte sottobanco dalle
lobbies degli ambulanti. Da oggi, se il Regolamento-vergogna di Coia
passerà, anche il Comune sposerà questa logica. “Ma noi citiamo
solo una norma Regionale” spiega Coia sul suo Facebook “e poi se
non piaceva questa norma Zingaretti poteva anche cambiarla”. Siamo
a questo signori: le mancanze e le collusioni, che ci sono eccome,
del Governo di Nicola Zingaretti non vengono più attaccate, messe in
evidenza, pungolate, stimolate a risolversi per il bene comune. No. Vengono utilizzate come strumenti e
trampolini per favorire le proprie clientele. È un precedente
gravissimo. La vecchia politica ha fatto delle norme pessime? Vero.
Puoi decidere di combatterle e contrastarle oppure di utilizzarle e
strumentalizzarle per favorire i tuoi clientes elettorali esattamente
come la vecchia politica ha fatto per decenni. A Roma il Movimento 5
Stelle ha scelto questa squallida opzione. Si trattava di fare una battaglia in Regione per modificare norme assurde che bloccano il mercato e
condannano Roma, al contrario hanno usato queste norme assurde per
cucirci sopra un nuovo regolamento. Questo è il nuovo. Di più: se
domani la Regione, finalmente, in preda a qualche impeto d'orgoglio,
dovesse finalmente approvare la Legge Quadro sul Commercio e dovesse
eliminare le follie inserite da Storace negli anni Novanta, allora ci
troveremmo nella condizione che il Comune avrebbe comunque, nei suoi
“nuovi” regolamenti nel frattempo approvati, queste norme in
vigore. Questa autentica follia accade senza la minima opposizione, nessuno in Consiglio o in Commissione apre bocca. Totale e profondissimo consociativismo, tutti d'accordo: Grillini, Pd, Forza Italia. Non era mai successo.
Ma i paradossi non sono finiti qui. Per
capire quale sia lo spirito di questo regolamento dovete
assolutamente leggervi il passaggio in cui, nell'articolo 37, si dice
che “gli automezzi adibiti alla vendita del settore alimentare
devono essere di colore beige, o bianco, o rosso”. Incredibile, no?
Per quale motivo il Comune entra nel merito della carrozzeria dei camion bar imponendo delle tonalità assolutamente a caso. Camion rossi che vendono cibo? È presto spiegato: si
tratta dei furgoni (quelli fuori allo stadio o ai concerti) già
esistenti, i famosi “Empori” appartenenti ad una specifica
famiglia di venditori ambulanti. Ancor più incredibile il dettaglio
dei venditori di alimenti nel centro storico. Secondo il regolamento
i camion devono essere “beige, avere la scritta 'bibite e gelati'
sulle tende e avere delle riproduzioni fotografiche dei monumenti del
centro storico”. Praticamente la descrizione degli orrendi e
vomitevoli camion bar romani, ora finalmente certificati da un
regolamento (ci aveva già provato Alemanno con il fido Bordoni). Così magari un domani, quando le attuali famigghie che
umiliano la città monopolizzando il commercio ambulante si saranno
messe a fare un lavoro vero e avranno lasciato la palla ad altri,
anche questi altri saranno costretti all'estetica micidiale da pseudo
carretto siciliano degli attuali camion bar. Per regolamento. Guardatevi il video che abbiamo girato (la prima parte la mattina, la seconda la sera) fuori dalla Stazione Termini ieri. L'amministrazione sta certificando che tutto rimanga così. Guardatevi il video mentre vi leggete il vero capolavoro protagonista di questo articolo: la mitologica riforma-Coia sull'ambulantato.
Dalla fine di marzo, a causa della scadenza di un appalto che nessuno si è premurato di rinnovare o di ribandire, aree verdi, giardini e ville della città restano aperte anche la notte. In ossequio alle necessità di decoro, di tutela delle aree storiche e anche di sicurezza, tutti possono entrare, bivaccare, dormire in parchi e verde pubblico. Non ne parla nessuno, ma è un altro disastro che si assomma ai tanti disastri che giorno dopo giorno la Giunta (per colpe sue o per colpe pregresse) sta inanellando. Al di là dell'inefficienza della macchina grillina e dell'incapacità dell'assessore Pinuccia Montanare di mettere in fila e predisporre una gerarchia dei problemi, c'è da dire che gli uffici capitolini sono la quintessenza della palude. Chiedi un capitolato per fare una gara e possono passare dei mesi: secoli di assistenzialismo clientelare ha portato ad uffici pubblici popolati di personaggi imbarazzanti, inquietanti, totalmente incapaci anche di svolgere le mansioni più basiche. E la città è completamente bloccata. Certo, si tratta di voto di scambio e di assunzioni clientelari effettuate dalle precedenti amministrazioni, ma la grande colpa del M5S è che invece di rappresentare un nuovo approccio chiedendo ad esempio il licenziamento per gli incapaci o i lavativi, si è subito posto in difesa di questa gentaglia. Che oggi si sente coperta e protetta. Le conseguenze di tutto questo sono sotto casa di ciascuno di noi. Nel Parco di Via Statilia ad esempio, che fa pure più rabbia perché è nuovissimo e realizzato da pochi anni (ne abbiamo già parlato qui e ancora qui), i fornici di un antico acquedotto romano sono stati trasformati in favela, uno di questi fornici è usato come gabinetto e l'arco si sta riempiendo di feci umane in decomposizione in attesa che parta qualche seria epidemia che ci proietti sulla stampa mondiale. Il tutto nell'ambito di un'area archeologicamente importantissima. E, tra erba alta un metro e mezzo non sfalciata da mesi, da qualche giorno è sorta pure una tenda. Non per la notte, ma ormai fissa tutto il giorno. Immaginatevi uno scenario del genere in qualsiasi parco o giardino iper-centrale di Londra, di Berlino, di Parigi, di Madrid. Qui siparietti simili iniziano ad essere assolutamente normali. I cittadini stessi guardano tutto con una tristissima condiscendenza mista di rassegnazione e di zero ambizione di vivere in una città normale.
Lungi dall'essere un gradevole momento di svago tra amici o in famiglia ai primi soli della primavera, la Pasquetta a Roma è tradizionalmente e specie negli ultimi decenni, motivo di incremento delle attività illegali, delle prepotenze da cittadini verso altri cittadini e di grandi e diffuse sciatterie. Quest'anno però tutto doveva cambiare. C'è una nuova amministrazione rivoluzionaria che è ormai solidamente al potere da praticamente un anno e che dunque poteva e doveva prevenire il delirio che ogni anno si genera. E' andata così? Purtroppo no. Anche qui, come dovunque, l'apporto grillino al potere e all'amministrazione non solo non ha migliorato le cose rispetto all'incapacità collusa delle amministrazioni precedenti, ma le ha addirittura peggiorate. Mare, parchi, trasporti, sosta selvaggia. Dovunque degrado e sopraffazioni. Come prima, più di prima.
Nelle ville e nei parchi pubblici situazione inenarrabile. Tra disagi, degradi e disastri che hanno rovinato a moltissime persone la giornata di festa e di sole. La bellezza dei nostri giardini nulla può contro la totale disorganizzazione e la sciatteria più inaudita. Questo qui sopra, ovviamente chiuso, era ieri l'unico servizio igienico disponibile in tutta Villa Ada, un parco grosso come il Liechtestein! Vi potete immaginare le scene. A Villa Pamphili invece c'era un gabinetto aperto, con una fila incredibile davanti. Chi poteva (bambini e uomini) ha provveduto tra alberi e cespugli trasformando la villa in un letamaio. I nostri parchi sono totalmente privi di servizi (in tutta Villa Pamphili, parco gigantesco, c'è soltanto un punto di ristoro perché si preferisce tenere decine di stupendi casali abbandonati, e quei progetti che sono partiti - Casale dei Cedrati, Casale di Giovi - sono stati bloccati da una burocrazia infame) per cui le esigenze di migliaia e migliaia di persone vengono assolte dagli abusivi. Il tutto è favorito dalla totale assenza di controlli. Dovunque. Dalle stazioni della metro, alle piazze del centro (piene di venditori abusivi fino all'inverosimile), fino appunto alle aree verdi: non l'ombra di un controllo. Bastava affacciarsi in qualsiasi altra città italiana - senza affacciarsi all'estero - per accorgersi come i turisti fossero tutelati da una grande quantità di vigilanti pubblici e privati. A Roma nulla.
Ovviamente assieme alla zero sorveglianza c'era anche la zero manutenzione. I parchi (qui sopra l'Eur) si sono facilmente riempiti di spazzatura senza che nessuno fosse addetto a smaltirla. Simpatico il confronto con Central Park, nel cuore di New York. Il parco è grande il doppio di Villa Pamphili, stando in media dovrebbe avere due punti di ristoro, in realtà ne ha 43 (quarantatre!!! Vedi qui). Oltre che 20 (venti!) servizi igienici. Stessa solfa sul mare, dove si sono riversate 200mila persone tra turisti e romani: il degrado e l'abbandono più assoluto. Con spiagge, come dimostra la nostra prima foto, trasformate in giganteschi negozi abusivi. Imbarazzante poi lo scenario della sosta selvaggia. Dall'Appia Antica all'Aurelia Antica tutte le strade che lambivano aree verdi - anche se vietate al traffico - sono state prese d'assalto dal transito e soprattutto dalla sosta selvaggia più assurda. Zero le multe da parte dei vigili. In compenso gli autobus del servizio pubblico sono stati costretti a deviare il loro percorso: così chi ha parcheggiato da criminale l'ha avuta vinta, chi si è invece recato nei parchi con i bus è stato penalizzato. Nel bel mezzo di questo caos dove i prepotenti hanno avuto sistematicamente la meglio sulle persone civili e per bene, le agenzie hanno battuto la notizia che la Giunta ha approvato, venerdì santo, l'assestamento di bilancio per ben 78 milioni di euro. Nuovi investimenti per la manutenzione, la pulizia, i controlli, i servizi e magari gli arredi urbani in strade invase dalla sosta irregolare? Niente di tutto ciò, i soldi andranno al salario accessorio, ovvero quella parte di stipendio degli atroci dipendenti comunali che non è dovuto e che giustamente Marino stava togliendo o vincolando alla produttività. Anche qui si torna indietro, togliendo i soldi alla città e foraggiando clientele elettorali e autentiche caste. Composte magari da quelle stesse persone - o comunque da quei tipi culturali - che ieri hanno bloccato la città pur di cercare un posteggio regolare. Il vento doveva cambiare, qui sembra di stare nelle Giunte di Carraro, Darida e Signorello. Con tanto di Sbardella.
Ogni giorno peggiora la situazione nelle stazioni più turistiche di quel che resta della metropolitana di Roma. Dopo alcuni mesi di relativa tranquillità dovuta al progetto di controlli in parallelo al Giubileo della Misericordia (a riprova che con controlli seri gli episodi più gravi spariscono), le bande di scippatori provenienti dai peggiori campi nomadi della città e della provincia sono tornate totalmente padrone - ma davvero padrone! - delle stazioni.
La quantità di scippatrici, spesso giovani ragazze ma non solo, è impressionante. Nel video qua sopra si può apprezzare (appena vedono la telecamera come al solito cercano di coprirsi il volto e mostrano il sedere in segno di sfida e di disprezzo per chi osa anche in maniera pacifica e innocua disturbare i loro disegni criminali) il numero spaventoso. Parliamo di branchi di ragazzini che ricordano la criminalità di strada sudamericana e che non hanno paragoni in nessun altro luogo d'occidente. Le istituzioni e l'ordine costituito se la cava ripetendo "non possiamo fare niente". Ovviamente non è vero (e se fosse vero bisognerebbe, nel breve volgere di qualche settimana, impegnarsi e adeguare le norme), ma poco importa: tanto le vittime di tutto questo sono i turisti e, si sa, i turisti non votano dunque si può andare avanti così. Poi giù convegni su convegni per spiegare il perché del crollo turistico della capitale rispetto ad altre città italiane e europee. Il problema ovviamente è nazionale e riguarda il sistema giudiziario, la magistratura, la Polizia di stato e le norme che escono e che non escono dal parlamento. Ma è significativo che neppure una parola sia stata detta a riguardo dall'assessore comunale al turismo, dall'assessore ai trasporti ne da nessun membro della Giunta e del Consiglio. Per loro è tutto normale. Ma d'altro canto il sindaco di Roma guadagna più di Donald Trump (10 o 11mila euro al mese) e dunque non ha bisogno di prendere i mezzi pubblici e di sapere quale è la qualità della vita al loro interno.
Ma andiamo avanti. Sempre per smentire la ridicola retorica dei "controlli", della "città militarizzata" e delle misure "antiterrorismo". Ma di quale antiterrorismo parliamo quando si lascia la più importante stazione metropolitana della città, Termini, ad un gruppo di criminali? Dichiarando e ammettendo che è impossibile contrastarli? Dopo aver filmato questo scempio notiamo che le borseggiatrici vengono seguite da un vigilante, nel frattempo escono questi ragazzini che si danno di gomito con le borseggiatrici e urlano verso il vigilante che, in tutta risposta, se la ride. Cambiano banchina e iniziamo di nuovo a riprenderli. Scoperti, ci strappano il telefonino di mano come si vede dalle immagini (cosa dobbiamo fare più di mostrare, da anni, i volti di questi criminali?). Gli strappiamo noi il cellulare di mano per recuperarlo e il ragazzo si mette in guardia con i pugni. Ci dice "andiamo fuori". Cominciano ad essere molto, molto pericolosi. Nella impunità e nell'indifferenza generale e diffusa. E in questa atmosfera sempre meno è la gente che si ribella: noi vi invitiamo, invece, a farlo tutti. C'è qualche rischio da correre, ma il rischio di lasciarli fare è superiore. Smettetela di far finta di non vedere, è il vostro egoismo, la vostra ipocrisia e la vostra mediocrità che ha generato tutto questo.
Ha poco senso aggiungere commenti e parole a queste foto e al video sotto. L'unica nota che ci sentiamo di sottolineare riguarda i precedenti di questo spicchio di Secondo Muncipio che affaccia sulla parte più pregiata del Primo. Si tratta di un piazzale sul quale nelle scorse settimane si sono susseguite le retate della Polizia Municipale che ha ravvisato come la schiacciante maggioranza delle bancarelle fosse abusiva, priva di regolare autorizzazione, illegale. D'altro canto è normale: come fa ad essere regolare un autentico immenso suk subito fuori da una stazione (una delle più importanti stazioni) della metro e delle ferrovia suburbane? In caso di incidente, incendio, attentato, necessità di fuga migliaia e migliaia di persone farebbero la morte del sorcio per colpa del mancato deflusso. C'è dunque un problema di decoro, enorme, è un problema di sicurezza, evidente. E poi c'è un problema di legalità doppio: non solo tutto è illegale, ma tutto è illegale e resta lì dopo azioni e retate ripetute. Cascano le braccia. In più, per finire, c'è da sottolineare che neppure durante le festività pasquali, con la città invasa di turisti, si è pensato di fare un minimo di pulizia. Per lo meno per fare un minimo di scena nei giorni di maggiore afflusso di ospiti. Una vergogna assoluta che però fa vergognare tutti fuorché gli amministratori, fuorché le forze dell'ordine e fuorché quella parte di opinione pubblica - forse ormai maggioritaria - che li sostiene e li vota.
Sarebbe interessante avere, nell'ambito della trasparenza che connota la nostra amministrazione grillina, la risposta ad alcune domande: a chi fanno capo queste autorizzazioni e licenze? Ci sono autorizzazioni e licenze? Se ci sono è possibile sapere chi le ha rilasciate? Durante quale amministrazione? Chi ha firmato le delibere? Difficilmente una amministrazione totalmente appiattita sulle posizioni del racket bancarellaro possa mai rispondere...
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