L'invasione delle vele pubblicitarie. Analisi dell'ennesimo assurdo fenomeno romano

13 marzo 2017



Tantissime, dilaganti, ma invisibili. Le vele pubblicitarie invadono silenziosamente la città. Sono dovunque, ma non ne parla nessuno. Muovono un sacco di soldi, ma sottotraccia: il modo migliore per fare business. Non sono legali ma non sono neppure illegali perché per quel che le riguarda le norme sono confuse ed è facilissimo eluderle standosene al confine tra illegalità e perfetta legalità magari sfruttando quell'alea di non detto presente nelle leggi.

Se vai sull'Appia o su altre consolari trovi interi parcheggi dedicati a questo genere di veicoli. Sconfinati ettari di furgoni dotati di vela. Gli spazi pubblicitari vengono venduti e i mezzi partono. Non potrebbero fermarsi mai, ma lo fanno tranquillamente. Spesso lo fanno (vedi foto) proprio di fronte a altri cartelloni pubblicitari (cornuti e mazziati) ancor più spesso davanti a monumenti, aree verdi, modificando il panorama.

Perché succede in maniera così vasta. Perché ci siamo abituati come se fosse normale? Perché la industry di settore non si fa sentire a riguardo? Se solo qualcosa di lontanamente paragonabile succedesse a Londra, a Parigi o a New York ci sarebbe una sollevazione da parte di chi, pagando fior di tasse e oneri all'amministrazione, gestisce l'impiantistica pubblicitaria "regolare". Ma a Roma non è così e così non può essere. In attesa di una riforma della pubblicità esterna - che l'amministrazione Marino aveva instradato e quasi concluso e che l'attuale amministrazione sta insabbiando con tutte le armi proprie della vecchia politica clientelare e meschina - il settore è abbandonato e preda della peggiore imprenditoria che si possa immaginare: tra ditte e comune il compromesso è rigorosamente al ribasso. Io Comune non ti chiedo nulla, non ti controllo, non ti rompo le scatole, non ti faccio le pulci sugli abusi, tu ditta non pretendere di poter fare il tuo business in un contesto sano. Esattamente il contrario di ciò che crea qualità, affari puliti e riqualificazione.

In questo contesto stanno le vele pubblicitarie, sempre di più, sempre più squallide, sempre ferme in sosta selvaggia, con inserzioni sempre più mediocri (siamo finiti ai supermercatini di quartiere o ai negozi di alimenti per animali da compagnia, esercizi commerciali che sono a Roma si rivolgono alla pubblicità esterna e che dovunque in occidente si pubblicizzano esclusivamente su web e su carta tra l'alto sostenendo l'attività editoriale di aziende che qui da noi sono fallite da una vita). Una dimostrazione plastica di come un settore lasciato sgovernato e in mano ad una imprenditoria pessima porti conseguenze non solo sul settore stesso, ma anche in tutti gli ambiti adiacenti: la non sistemazione della pubblicità esterna priva la città di un moderno schema di bike-sharing, impedisce la presenza di toilette pubbliche automatiche, rende le strade più sicure, alimenta la presenza del fenomeno delle vele pubblicitarie che, in presenza di un serio gestore dell'impiantistica esterna, nella migliore delle ipotesi resterebbero posteggiate sull'Appia...

Forse l'amministrazione non si rende conto che sfregio sta facendo alla città (e che regalo alle lobbies) nell'insabbiare la riforma dell'impiantistica pubblicitaria. 

20 commenti | dì la tua:

Anonimo ha detto...

L'industria del degrado a Roma e' prolifica ed inventiva come quella Hi-Tech nella Silicon Valley....

Anonimo ha detto...

Sempre meglio delle vele di Calatrava.

cittadino residente ha detto...

Sulla pubblicita' su carta, parliamone. Fara' pur campare qualche copisteria, ma le strade di Roma sono autentici immondezzai soprattutto a causa del volantinaggio (basta focalizzarsi su cosa c'e' a terra per rendersene conto), che fa quindi danni ben peggiori di queste brutture a 4 ruote.

Anonimo ha detto...

A Tone', fai pace col cervello pero'. Prima rompi il cazzo coi cartelloni, poi rompi il cazzo che le vele coprono i cartelloni. Pur di avere ragione copriresti uno stupro. E poi basta co' Parigi, New York e Londra, ce l'hai fatte a peperini, se ti piacciono tanto mi chiedo perche' ancora non ci sei andato a vivere. Perche' non c'e' il gammaro rozzo che te finanzia? Perche' ti mancherebbero quei ciccioni di Corelli e Hiro? Quella leccafregna della Ravaioli o Max il paninaro? Pero' c'e' il Cordon Bleu, un posto da cameriere lo troveresti. Vai a lavorare, seriamente pero'.

Anonimo ha detto...

Massimilia', ma ancora usi il profilo daje noto come Giuseppe Morabito su facebook? Non conosci vergogna. E metticela la faccia ogni tanto no?

Anonimo ha detto...

Per come la vedo io, Massimiliano Tonelli potrebbe anche farsi una plastica facciale per non farsi riconoscere, ma quello che scrive in questo articolo è sacrosanto.

Anonimo ha detto...

ha ragione, è roba da terzo mondo, da simme a napule paisà
si può pensare che dietro ci sia la camorra, come immagine sono loro
per di più questi magari non pagano nulla, se arriva la polizia municipale sgommano...

Anonimo ha detto...

e la chioso, te parli con i romani, anche diplomati che insomma le scuole dell'obbligo e qualcosa di più le hanno fatte e tutti ti confermano che Roma ormai è meridionalizzata senza rimedio
questo dice che sbaglia e invece no, sbaglia lui, e no

Anonimo ha detto...

il bello e' che buona parte degli impianti che oscurano sono a loro volta abusivi. Il prossimo passo sarà la vela più grande parcheggiata a fianco in doppia fila per oscurare la prima.

Anonimo ha detto...

A BECEROPOLIS (FU Roma) località CAPANNELLE in pieno parco Appia Antica Gigantesca "VELA" alta 12 metri a stento issata su furgonazzo parcheggiato a fianco Appia Nuova.

Con la speranza di tempesta eradicante.

Anonimo ha detto...

C'avete ragione, ma "industry" di settore proprio non se pò leggere! Ma vi fa così schifo la lingua italiana?

Anonimo ha detto...

Fatta la legge trovato l'inganno.
In Italia gli organi di governo servono a creare dis-governo, e gli strumenti di regolamentazione vengono usati a proprio vantaggio dai corruttori. E' una forma mentis nel suo estremamente evoluta.
Nella pubblica amministrazione per esempio vige l'indebita pratica di dare in discarico pregevoli pezzi degli arredi storici delle sedi ospitanti, pratica apparentemente imputabile a una crassa ignoranza da parte degli amministratori, o a possibili sottrazioni indebite mascherate da discarichi. Ma sono ipotesi inadeguate all'ingegno perverso dell'homo italicus. Insieme a pregevoli pezzi di storia dei palazzi ospitanti, vengono liquidate anche nuovissime e costose dotazioni informatiche. Dotazioni informatiche aggiornate, di cui gli uffici della pa si dichiarano costantemente carenti.
La ragione della distruzione dei beni dello Stato è che, onde garantire sistematiche commesse alle ditte fornitrici, le sponde delle ditte all'interno degli uffici devono attestare periodiche dismissioni del patrimonio disponibile. Per giustificare spese inutili è infatti necessario attestare lo smaltimento dei beni già disponibili, registrati in inventario.
In sostanza, due meccanismi escogitati per garantire la pa da furti e sprechi, ossia l'inventario e la centrale per gli acquisti, diventano meccanismi per coprire furti e sprechi.
L'inventario, perché il meccanismo del discarico consente di ratificare acriticamente la dismissione di quel patrimonio che dovrebbe tutelare, la centrale per gli acquisti perché si avvale di ditte pre-selezionate, che hanno modo di stringere prospettici accordi coi responsabili dei preventivi di spesa.
Praticamente, per garantire alla ditta aumma aumma l'acquisto annuale di 500 sedie di plastica, bisogna dimostrare che sono state buttate 500 sedie già in dotazione della pa, non importa se tra queste hai buttato il trono di Sisto V, Sisto V la mazzetta non la dà.
Ma la corruzione del sistema emerge evidente nel fatto che riescono malgrado il dispendio ignominioso, a mantenere gli uffici pubblici in uno stato di necessità degno del biafra.
E così vi spiegate anche certe luminose e misteriose carriere di loschi tipi in difficoltà con le addizioni a due cifre, che vengono collocati come fulcri dei sistemi di gestione economica in quanto si assumono la responsabilità di dichiarare la necessità di spese assurde.

Anonimo ha detto...

E la necessità non solo di selezionare il personale pubblico con concorso, ma anche di non consentire ai sindacati di collocare con losche manovrine o inconsistenti "concorsi interni", pedine di certi interessi in mansioni non in linea col profilo concorsuale. E tanto meno personale ad assunzione diretta.
Infine, queste pratiche ovviamente portano alla distruzione di un enorme patrimonio storico, che il più delle volte finisce in discarica.
Si narra che la Biblioteca Rispoli intorno al 2000 diede al macero i fondi storici, comprensivi di introvabili prime edizioni, per far spazio ai "nuovi acquisti".
Chiaro che deve esistere un meccanismo di controllo non automatico ma critico sui preventivi di spesa, che gli inventari devono diventare vincolanti e che la dismissione sui beni elettronici deve essere soggetta a parametri ministeriali.
Ma siccome la longa mano mazzettara coinvolge tutti, continueranno i falò.

Anonimo ha detto...

la risposta è semplice, perchè la maggior parte della popolazione romana si sposta in maghina.

Che senso avrebbe spendere i soldi in vele pubblicitarie se le persone fossero nelle stazioni, nelle metro, nei bus, nei parchi o nelle piazze?

Theresa williams ha detto...

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