Cari lettori e commentatori del blog, sono sempre io, Enrico, e dopo avervi analizzato antropologicamente nelle varie fenomenologie dei commentatori del blog (vi ricordate? Qui, qui e ancora qui), ho pensato di dedicarvi un bel racconto ambientato in una simpatica ma inquietante Roma futura. Vi anticipo il primo capitolo.
E.
Roma Futura
Capitolo 1
Il gruppo di paleontologi internazionali aspettava con ansia il risveglio di un esemplare unico nel suo genere, preservatosi perfettamente nei ghiacci del Terminillo, accanto a quello che sembrava essere il suo arcaico mezzo di locomozione, uno scooterone Burgman Gold 750 TurboX. Dopo anni di pressione politica, la comunità scientifica internazionale era inaspettatamente riuscita a convincere le autorità romane a rimuovere il corpo dal museo in cui era esposto congelato, ormai da secoli, per tentare di rimetterlo in vita con le ultime tecnologie disponibili. Il cuore aveva da poco ricominciato a battere, tanto che i medici avevano assicurato che presto avrebbe ripreso coscienza, mandando in fibrillazione i tanti scienziati venuti da tutto il mondo: l'uomo romano poteva finalmente mettere luce su un misterioso periodo storico di cruciale importanza, fonte di aspri dibattiti accademici, e aiutare a rintracciare le radici dei molti mali della società moderna romana.
John Bonnet percorreva a passo svelto il perimetro della stanza di osservazione, fermandosi solo per fissare il lento respiro dell'uomo romano dal vetro di protezione. All'inaspettata notizia del rilascio da parte delle autorità aveva immediatamente interrotto i suoi studi sui recenti ritrovamenti di Pontida, fatti di anacronistici e misteriosi cappelli vichinghi, oltre che di poco decifrabili reperti audio di un’oscura Radio Padania, di cui stava ancora cercando di tradurre le incomprensibili chiamate gutturali degli ascoltatori. Aveva quindi cancellato tutte le sue lezioni ed era corso all'aeroporto di Oxford per prendere il primo volo per il centro Italia.
Anche se ancora giovane, veniva considerato da molti come la figura di riferimento della cultura italica di inizio millennio. Evitava comunque di mettersi in mostra più del dovuto, e si distingueva solo per un inusuale attenzione verso il proprio look. Si presentava infatti in pubblico sempre ben vestito, spesso con abiti italiani, e con la folta capigliatura bionda ben pettinata. Veniva per questo amichevolmente deriso dai colleghi – troppo presi dai loro studi per curare il proprio stile e seguire le mode del tempo – che però non potevano che ammirare il livello delle sue pubblicazioni, oltre che la personalità disponibile e mai altera. I colleghi apprezzavano anche la passione smisurata che manifestava per i suoi studi, la quale lo portava però ad immedesimarsi eccessivamente nei personaggi storici e ad adottare antichi comportamenti italici considerati ormai non appropriati.
Continuò a camminare insistentemente avanti e dietro, cercando di concentrarsi sulle tante domande che avrebbe potuto formulare al risveglio di Lucio. Pensò che che forse non avrebbero più dovuto riferirsi a lui con quel nome, Lucio, affibbiatogli inizialmente dal fortunato paleontologo che lo ritrovò tra i ghiacci, per poi essere successivamente adottato dai media internazionali nei loro pittoreschi racconti dal dubbio contenuto storico.
Mentre era preso da questi pensieri, la sua attenzione si soffermò su una donna che sedeva in un angolo della stanza, vestita con una gonna succinta rossa e un’elegante maglia in lino con decorazioni floreali, concentrata nella lettura di uno strano libro cartaceo dalla copertina colorata e dall’aspetto non proprio accademico. Notò che interrompeva la lettura, quasi ad intervalli regolari, solo per osservare l’uomo romano dal vetro che separava le loro stanze. Non gli sembrava di averla mai vista a nessuno dei recenti convegni sulla noiosa Roma premariniana, e risultava in forte contrasto con quell'affollata stanza ospedaliera: vestiva con gusto e attenzione, e non aveva quell'aspetto esile e consumato che sembrava invece contraddistinguere molti colleghi del mondo accademico. John notò anche un piccolo tatuaggio sul collo, il quale venne però subito coperto dal movimento dei suoi lunghi capelli neri sciolti, prima che potesse osservarlo bene.
“He's moving!” esclamò lei, alzandosi dalla sedia, interrompendo bruscamente la catena di pensieri di John e facendolo scattare con un balzo verso il vetro di separazione.
Mentre era preso da questi pensieri, la sua attenzione si soffermò su una donna che sedeva in un angolo della stanza, vestita con una gonna succinta rossa e un’elegante maglia in lino con decorazioni floreali, concentrata nella lettura di uno strano libro cartaceo dalla copertina colorata e dall’aspetto non proprio accademico. Notò che interrompeva la lettura, quasi ad intervalli regolari, solo per osservare l’uomo romano dal vetro che separava le loro stanze. Non gli sembrava di averla mai vista a nessuno dei recenti convegni sulla noiosa Roma premariniana, e risultava in forte contrasto con quell'affollata stanza ospedaliera: vestiva con gusto e attenzione, e non aveva quell'aspetto esile e consumato che sembrava invece contraddistinguere molti colleghi del mondo accademico. John notò anche un piccolo tatuaggio sul collo, il quale venne però subito coperto dal movimento dei suoi lunghi capelli neri sciolti, prima che potesse osservarlo bene.
“He's moving!” esclamò lei, alzandosi dalla sedia, interrompendo bruscamente la catena di pensieri di John e facendolo scattare con un balzo verso il vetro di separazione.
Un gruppo di medici si avvicinò a Lucio, il quale iniziava a muoversi lentamente, prima con quasi impercettibili movimenti degli arti, per poi passare a dei veri e propri sussulti del busto e della testa. I vari esperti fissavano con un misto di ansia e felicità quel corpo che si stava risvegliando dopo centinaia di anni, sospirando ad ogni suo movimento. John chiese di accendere il microfono della stanza, così da non perdersi neanche una delle prime parole che l’uomo romano avrebbe pronunciato. I suoi tanti anni di studi sulla parlata dell'epoca si sarebbero rivelati finalmente utili, ed era eccitato di poter finalmente interagire in quella forma così culturalmente singolare.
Lucio aprì finalmente gli occhi e iniziò a fissare con sguardo assente la parete bianca davanti a lui. Man mano che riprendeva i sensi, la sua attenzione si spostò verso la stanza, piena di dispositivi dall'aspetto inconsueto, e le facce sconosciute dei presenti. La sua espressione passò però rapidamente da un misto di curiosità e smarrimento ad un panico delirante, come se si fosse ricordato di un evento importante del passato o percepisse in qualche modo l'assurdità della sua situazione. Fissò quindi con agitazione gli occhi del medico più vicino e gli afferrò il braccio, aprendo e chiudendo la bocca più volte, cercando di trovare il fiato per parlare.
“C'ha fatto 'a Lazio?!?” esclamò infine, quasi inaspettatamente, con voce forte ma rauca, voltandosi nervosamente verso i vari dottori ed infermieri presenti.
Gli esperti internazionali si guardarono sbigottiti con gli occhi spalancati. Alcuni accennarono un sorriso incerto. Non era possibile, già la fortuna li aveva assistiti fin troppo, preservando per oltre nove secoli il corpo dell'uomo romano, non potevano essere così fortunati.
“È un Laziale!” esultò John, rompendo quel pesante silenzio e confermando ciò che pensavano i suoi colleghi, ma che sembrava troppo bello per essere vero.
Lucio aprì finalmente gli occhi e iniziò a fissare con sguardo assente la parete bianca davanti a lui. Man mano che riprendeva i sensi, la sua attenzione si spostò verso la stanza, piena di dispositivi dall'aspetto inconsueto, e le facce sconosciute dei presenti. La sua espressione passò però rapidamente da un misto di curiosità e smarrimento ad un panico delirante, come se si fosse ricordato di un evento importante del passato o percepisse in qualche modo l'assurdità della sua situazione. Fissò quindi con agitazione gli occhi del medico più vicino e gli afferrò il braccio, aprendo e chiudendo la bocca più volte, cercando di trovare il fiato per parlare.
“C'ha fatto 'a Lazio?!?” esclamò infine, quasi inaspettatamente, con voce forte ma rauca, voltandosi nervosamente verso i vari dottori ed infermieri presenti.
Gli esperti internazionali si guardarono sbigottiti con gli occhi spalancati. Alcuni accennarono un sorriso incerto. Non era possibile, già la fortuna li aveva assistiti fin troppo, preservando per oltre nove secoli il corpo dell'uomo romano, non potevano essere così fortunati.
“È un Laziale!” esultò John, rompendo quel pesante silenzio e confermando ciò che pensavano i suoi colleghi, ma che sembrava troppo bello per essere vero.
Non avevano molte speranze infatti che il romano fosse anche un laziale, le statistiche storiche parlavano chiaro: sebbene il loro numero fosse soggetto a lievi variazioni date dai risultati stagionali, i romani laziali rimanevano sempre un'esigua minoranza, concentrata prevalentemente in limitate zone dei quartieri di Roma nord, con qualche trascurabile eccezione periferica, dove cercavano di difendersi con coraggio dalla maggioranza romanista.
Avere a che fare con un laziale significava però avere a disposizione un'importante chiave di lettura della società romana dell'epoca, visto il loro peculiare approccio verso la vita politica e sportiva. Come infatti i laziali nello sport andavano fieri di sostenere la squadra meno prestigiosa, sia economicamente che nei risultati, ostentando, in una sorta di masochismo sportivo, il proprio orgoglio di minoranza cittadina anche nella sconfitta, così anche politicamente si professavano spesso nostalgici di un periodo storico che la maggioranza aveva invece condannato in modo assoluto. Avevano quindi finalmente la possibilità di analizzare, alla radice e in maniera diretta, questo strano masochismo intellettuale, il quale affliggeva, in forma simile, la città di Roma moderna.
“Ha vinto, la Lazio ha vinto” rispose quindi il dottore, non volendo causare stress non necessario ad un paziente risvegliatosi da così poco.
“Ma...er derby?” mormorò confuso Lucio, fissando prima con una smorfia il dottore, poi l’arredamento inusuale della stanza.
“Vinto pure quello, 2 a 0...doppietta di Totti!” rispose il medico per tranquillizzarlo, fingendo un certo entusiasmo e rispolverando le sue non proprio precise conoscenze su quell'antico sport.
“Doppietta de Totti?” domandò a bassa voce l'uomo romano, iniziando a tremare e a guardare nervosamente i presenti nella stanza, come preso da convulsioni.
Avere a che fare con un laziale significava però avere a disposizione un'importante chiave di lettura della società romana dell'epoca, visto il loro peculiare approccio verso la vita politica e sportiva. Come infatti i laziali nello sport andavano fieri di sostenere la squadra meno prestigiosa, sia economicamente che nei risultati, ostentando, in una sorta di masochismo sportivo, il proprio orgoglio di minoranza cittadina anche nella sconfitta, così anche politicamente si professavano spesso nostalgici di un periodo storico che la maggioranza aveva invece condannato in modo assoluto. Avevano quindi finalmente la possibilità di analizzare, alla radice e in maniera diretta, questo strano masochismo intellettuale, il quale affliggeva, in forma simile, la città di Roma moderna.
“Ha vinto, la Lazio ha vinto” rispose quindi il dottore, non volendo causare stress non necessario ad un paziente risvegliatosi da così poco.
“Ma...er derby?” mormorò confuso Lucio, fissando prima con una smorfia il dottore, poi l’arredamento inusuale della stanza.
“Vinto pure quello, 2 a 0...doppietta di Totti!” rispose il medico per tranquillizzarlo, fingendo un certo entusiasmo e rispolverando le sue non proprio precise conoscenze su quell'antico sport.
“Doppietta de Totti?” domandò a bassa voce l'uomo romano, iniziando a tremare e a guardare nervosamente i presenti nella stanza, come preso da convulsioni.
Il dottore chiamò in fretta due infermieri che lo immobilizzarono e lo sedarono, il tutto sotto gli occhi preoccupati dei paleontologi nell'altra stanza. Temevano che l'adattamento ad un periodo storico così distante sarebbe stato difficile, tanto che vi erano state forti discussioni sull'approccio da avere per facilitare la cosa. C'era chi affermava che il rientro doveva essere graduale, mentre altri spingevano per una reintroduzione rapida e totale. La comunità scientifica internazionale era perlomeno riuscita, facendo leva sulle loro conoscenze governative, a convincere le autorità romane a trasferire Lucio da un famigerato ospedale romano ad uno più rinomato del centro Italia. John aveva anche più volte chiesto di intermediare le prime comunicazioni, proprio per evitare questo tipo di inconvenienti, ma gli era stato negato il permesso dal primario.
Quando i medici entrarono nella loro sala, non riuscì quindi a trattenere la sua ira.
“Ve l'avevo detto! Un minimo di preparazione sul periodo storico! Menzionare una doppietta di Totti ad un laziale appena risvegliato, dopo nove secoli! Er Pupone cazzo! Voi lo volete morto!” urlò ai due medici, intimoriti dall'inaspettata ira dello studioso.
“Non è colpa nostra, noi abbiamo le mani legate” disse uno di loro, allargando le braccia, usando un gesto e l'antica espressione idiomatica che John conosceva bene dopo i suoi tanti anni di studi. Trovò curioso che ancora adesso venivano utilizzati dalle genti italiche per giustificare l’immobilismo e la propria ignavia.
“Ora però ci occupiamo noi delle comunicazioni con il romano, voi vi concentrate sull’aspetto medico, capito?” gridò John.
“Noi chi? Non potete entrare tutti nella stanza!” replicò perplesso il medico.
“Andiamo io e lei” e senza pensarci afferrò il braccio della donna dai vestiti vivaci, che incuriosita si era avvicinata ad ascoltare quello scambio concitato, e si diresse con lei verso l'entrata della stanza del romano.
Il medico guardò confuso il resto degli esperti, cercando una qualche forma di dissenso verso quella decisione apparentemente non proprio democratica. I colleghi di John rimasero fermi ad osservare la scena e, conoscendo lo spessore accademico di John, accettarono passivamente di conferirgli quel gran privilegio, facendo istintivamente prevalere l'interesse scientifico alla competizione accademica.
John e la donna entrarono nella stanza del romano, sotto gli sguardi incuriositi dei medici ed infermieri. Presero due sedie ai lati della stanza, li avvicinarono velocemente all'uomo che dormiva e si sedettero preoccupati e un po’ in colpa al suo fianco, come fossero parenti in ritardo per l'orario di visita.
“Comunque piacere, Kate, Università di Berkeley. Penso sia meglio comunicare in italiano, non pensi?” esordì lei, porgendo la mano e interrompendo quell'imbarazzante silenzio. John notò che aveva un possesso della lingua praticamente perfetto, se non per le erre pronunciate leggermente all'americana.
“Piacere John Bonnet, Oxford University. Concordo con te, non penso il romano se la cavi troppo con l'inglese, e non vogliamo stressarlo più del necessario. Sbaglio o non ti ho mai vista ai convegni? Di che campo ti occupi?”
“Eh, sfortunatamente non posso essere troppo presente nella comunità scientifica, il mio campo non è dei più popolari tra i vostri colleghi, spesso devo condurre i miei studi sola e senza supporto. Oltre che partecipare ad alcuni programmi televisivi...”
Quando i medici entrarono nella loro sala, non riuscì quindi a trattenere la sua ira.
“Ve l'avevo detto! Un minimo di preparazione sul periodo storico! Menzionare una doppietta di Totti ad un laziale appena risvegliato, dopo nove secoli! Er Pupone cazzo! Voi lo volete morto!” urlò ai due medici, intimoriti dall'inaspettata ira dello studioso.
“Non è colpa nostra, noi abbiamo le mani legate” disse uno di loro, allargando le braccia, usando un gesto e l'antica espressione idiomatica che John conosceva bene dopo i suoi tanti anni di studi. Trovò curioso che ancora adesso venivano utilizzati dalle genti italiche per giustificare l’immobilismo e la propria ignavia.
“Ora però ci occupiamo noi delle comunicazioni con il romano, voi vi concentrate sull’aspetto medico, capito?” gridò John.
“Noi chi? Non potete entrare tutti nella stanza!” replicò perplesso il medico.
“Andiamo io e lei” e senza pensarci afferrò il braccio della donna dai vestiti vivaci, che incuriosita si era avvicinata ad ascoltare quello scambio concitato, e si diresse con lei verso l'entrata della stanza del romano.
Il medico guardò confuso il resto degli esperti, cercando una qualche forma di dissenso verso quella decisione apparentemente non proprio democratica. I colleghi di John rimasero fermi ad osservare la scena e, conoscendo lo spessore accademico di John, accettarono passivamente di conferirgli quel gran privilegio, facendo istintivamente prevalere l'interesse scientifico alla competizione accademica.
John e la donna entrarono nella stanza del romano, sotto gli sguardi incuriositi dei medici ed infermieri. Presero due sedie ai lati della stanza, li avvicinarono velocemente all'uomo che dormiva e si sedettero preoccupati e un po’ in colpa al suo fianco, come fossero parenti in ritardo per l'orario di visita.
“Comunque piacere, Kate, Università di Berkeley. Penso sia meglio comunicare in italiano, non pensi?” esordì lei, porgendo la mano e interrompendo quell'imbarazzante silenzio. John notò che aveva un possesso della lingua praticamente perfetto, se non per le erre pronunciate leggermente all'americana.
“Piacere John Bonnet, Oxford University. Concordo con te, non penso il romano se la cavi troppo con l'inglese, e non vogliamo stressarlo più del necessario. Sbaglio o non ti ho mai vista ai convegni? Di che campo ti occupi?”
“Eh, sfortunatamente non posso essere troppo presente nella comunità scientifica, il mio campo non è dei più popolari tra i vostri colleghi, spesso devo condurre i miei studi sola e senza supporto. Oltre che partecipare ad alcuni programmi televisivi...”
John collegò immediatamente le informazioni e riconobbe finalmente chi aveva davanti, capendo il motivo di quella strana attrazione che aveva avuto nei suoi confronti. Cercò di non mostrare stupore, ma era eccitato di avere a che fare con Kate Wilson, famosa ricercatrice e scrittrice, disprezzata dai suoi colleghi per il suo approccio non proprio accademico e per le sue teorie non convenzionali, ma autrice di numerosi bestsellers. Alcune delle sue misteriose fonti storiche erano state messe più volte aspramente in discussione, per poi essere però confermate da nuovi ritrovamenti ed esami incrociati. Famose le sue pubblicazioni sulla Casalinga di Voghera, personaggio mitologico lombardo, su cui venne fondato un culto politico religioso nel ventiduesimo secolo, incentrato sulla ricerca della pace interiore attraverso il rimbambimento televisivo e il rinnegamento di ogni attività intellettuale. John non aveva certo il suo stile popolare, con un occhio ovviamente attento al marketing delle sue pubblicazioni, ma non condivideva il disprezzo dei colleghi, e la vedeva semplicemente come un male necessario, un utile ponte di collegamento tra il difficile mondo accademico e la massa.
“Kate Wilson, giusto? Un piacere conoscerti finalmente” disse quindi lui sorridendo, cercando di comunicarle l'assenza di asti accademici.
“Piacere tutto mio,” rispose Kate, contraccambiando il sorriso “sto seguendo con attenzione i tuoi studi sull'uomo padano. Il lavoro che stai facendo sui ritrovamenti audio di Radio Padana è ammirabile, e il tuo paper Ruspa: metafora salviniana di catarsi sociale potrebbe essere insegnato nelle scuole. Triste però la parabola politica di Salvini, non pensi? Chissà che strana crisi mistica o di coscienza deve averlo portato a convertirsi all'islam sunnita e diventare l’orgoglioso kebabaro del campo rom di Tor di Quinto!”
“Triste anche la storia moderna di quel popolo. Noi però di rifugiati padani, con i loro modi strani e un po' retrogradi, ne abbiamo accolti fin troppi in Inghilterra, sarebbe pure il vostro turno.” replicò John, toccando un tasto dolente di attualità. Rendendosi conto della cosa, cercò di cambiare svelto il discorso: “I reperti di Radio Padania saranno pure interessanti, ma sicuramente ti sarai divertita di più te a scrivere il libro Guida agli insulti mediatici di inizio millennio: dai ruminanti Sgarbiani alle culone inchiavabili. Sapevano come insultarsi a quei tempi eh?”
“Eh si,” replicò lei, accennando una risata “un peccato che molte delle registrazioni di quelli che chiamavano, forse con ironia, talk show, sono andate perdute. Sarebbero una fonte infinita di turpiloqui per teenager e adulti del nuovo millennio!”
“Kate Wilson, giusto? Un piacere conoscerti finalmente” disse quindi lui sorridendo, cercando di comunicarle l'assenza di asti accademici.
“Piacere tutto mio,” rispose Kate, contraccambiando il sorriso “sto seguendo con attenzione i tuoi studi sull'uomo padano. Il lavoro che stai facendo sui ritrovamenti audio di Radio Padana è ammirabile, e il tuo paper Ruspa: metafora salviniana di catarsi sociale potrebbe essere insegnato nelle scuole. Triste però la parabola politica di Salvini, non pensi? Chissà che strana crisi mistica o di coscienza deve averlo portato a convertirsi all'islam sunnita e diventare l’orgoglioso kebabaro del campo rom di Tor di Quinto!”
“Triste anche la storia moderna di quel popolo. Noi però di rifugiati padani, con i loro modi strani e un po' retrogradi, ne abbiamo accolti fin troppi in Inghilterra, sarebbe pure il vostro turno.” replicò John, toccando un tasto dolente di attualità. Rendendosi conto della cosa, cercò di cambiare svelto il discorso: “I reperti di Radio Padania saranno pure interessanti, ma sicuramente ti sarai divertita di più te a scrivere il libro Guida agli insulti mediatici di inizio millennio: dai ruminanti Sgarbiani alle culone inchiavabili. Sapevano come insultarsi a quei tempi eh?”
“Eh si,” replicò lei, accennando una risata “un peccato che molte delle registrazioni di quelli che chiamavano, forse con ironia, talk show, sono andate perdute. Sarebbero una fonte infinita di turpiloqui per teenager e adulti del nuovo millennio!”
Cosi continuarono per qualche ora, a parlare delle proprie pubblicazioni, scambiandosi complimenti ma anche confrontandosi, in modo pacato, sui loro diversi approcci alla materia. Avrebbero potuto continuare per ore, ma sapevano che a breve il romano si sarebbe risvegliato e che avrebbero dovuto iniziare il difficile processo di riadattamento.
“Te come la pensi? domandò quindi John, facendosi serio in viso e interrompendo a malincuore quel piacevole scambio di idee. “Sei dalla parte dei colleghi che pensano di non rivelare niente al romano, o di farlo gradualmente, o sei per la sincerità e per svelare il tutto subito?”
“A meno che le sue capacità intellettive non siano state danneggiate,” rispose lei, contenta di poter condividere le sue lunghe riflessioni sull'argomento, “sarà impossibile nascondere il fatto che c'è qualcosa di profondamente diverso nel mondo in cui si è risvegliato. Perché non c'è la sua famiglia in ospedale? E i suoi amici? Per non parlare dei nostri vestiti, le pareti, questi macchinari o i nostri accenti. Non riusciremmo mai ad adattare il tutto alla sua epoca. Tanto vale rivelare la cosa il prima possibile e sperare che l'impatto non sia troppo traumatico.”
“Temo che tu abbia ragione” convenne John, prendendo in mano la sua borsa e controllandone il contenuto. “Ho portato con me un po' di materiale dell'epoca, potremmo mostrarglielo se venisse preso da un eccesso di nostalgia. Speriamo però che prevalga la curiosità di scoprire il nostro mondo ‘futuro’”
“Io ho del materiale sulla Roma moderna che potremmo mostrargli” proseguì Kate.“Come ben saprai, si può dire le differenze del contesto romano di inizio e di fine millennio non sono poi così tante: cambiano le tecnologie, i governi e la gente, ma Roma è sempre Roma. Forse l'adattamento non sarà poi così difficile, e con il suo aiuto riusciremo a mettere finalmente luce sulle radici dei mali di Roma.” Rovistò quindi vigorosamente nella sua borsa. “Eccola! Una Lonely Planet del 2753, ultima edizione vintage cartacea! Pensavo di leggergli qualche estratto, alla fine i monumenti e la Roma turistica sono più meno sempre quelle; sentire che le cose non sono poi tanto cambiate potrebbe fargli bene.”
Così dicendo aprì il libro all'introduzione e, notando l'interesse di John, iniziò a leggerne il contenuto:
Roma, ex capitale dell'antica Repubblica Italiana, rimane da secoli la città delle grandi bellezze e degli eterni contrasti. Il turista coraggioso che sarà in grado di avventurarsi per le strade della città eterna potrà ammirare i resti delle rovine dell'enorme patrimonio storico che la città un tempo vantava. Una volta soddisfatto il proprio interesse archeologico, il fortunato visitatore avrà la possibilità di passare la giornata in una vera e propria anarchia distopica e partecipare ad uno dei più bizzarri esperimenti antropologi del mondo moderno, interagendo con individui completamente avversi alla cooperazione sociale, in un'affascinante e divertente realizzazione di società hobbesiana...
Katie interruppe bruscamente la lettura, distogliendo lo sguardo dal libro, senza che John ne capisse il motivo. Seguì lo sguardo della collega e si rese conto anche lui che il corpo sdraiato accanto a loro aveva ripreso a muoversi.
Lucio si stava svegliando.
Disponibile in Ebook su Amazon (a breve in cartaceo!)
“Te come la pensi? domandò quindi John, facendosi serio in viso e interrompendo a malincuore quel piacevole scambio di idee. “Sei dalla parte dei colleghi che pensano di non rivelare niente al romano, o di farlo gradualmente, o sei per la sincerità e per svelare il tutto subito?”
“A meno che le sue capacità intellettive non siano state danneggiate,” rispose lei, contenta di poter condividere le sue lunghe riflessioni sull'argomento, “sarà impossibile nascondere il fatto che c'è qualcosa di profondamente diverso nel mondo in cui si è risvegliato. Perché non c'è la sua famiglia in ospedale? E i suoi amici? Per non parlare dei nostri vestiti, le pareti, questi macchinari o i nostri accenti. Non riusciremmo mai ad adattare il tutto alla sua epoca. Tanto vale rivelare la cosa il prima possibile e sperare che l'impatto non sia troppo traumatico.”
“Temo che tu abbia ragione” convenne John, prendendo in mano la sua borsa e controllandone il contenuto. “Ho portato con me un po' di materiale dell'epoca, potremmo mostrarglielo se venisse preso da un eccesso di nostalgia. Speriamo però che prevalga la curiosità di scoprire il nostro mondo ‘futuro’”
“Io ho del materiale sulla Roma moderna che potremmo mostrargli” proseguì Kate.“Come ben saprai, si può dire le differenze del contesto romano di inizio e di fine millennio non sono poi così tante: cambiano le tecnologie, i governi e la gente, ma Roma è sempre Roma. Forse l'adattamento non sarà poi così difficile, e con il suo aiuto riusciremo a mettere finalmente luce sulle radici dei mali di Roma.” Rovistò quindi vigorosamente nella sua borsa. “Eccola! Una Lonely Planet del 2753, ultima edizione vintage cartacea! Pensavo di leggergli qualche estratto, alla fine i monumenti e la Roma turistica sono più meno sempre quelle; sentire che le cose non sono poi tanto cambiate potrebbe fargli bene.”
Così dicendo aprì il libro all'introduzione e, notando l'interesse di John, iniziò a leggerne il contenuto:
Roma, ex capitale dell'antica Repubblica Italiana, rimane da secoli la città delle grandi bellezze e degli eterni contrasti. Il turista coraggioso che sarà in grado di avventurarsi per le strade della città eterna potrà ammirare i resti delle rovine dell'enorme patrimonio storico che la città un tempo vantava. Una volta soddisfatto il proprio interesse archeologico, il fortunato visitatore avrà la possibilità di passare la giornata in una vera e propria anarchia distopica e partecipare ad uno dei più bizzarri esperimenti antropologi del mondo moderno, interagendo con individui completamente avversi alla cooperazione sociale, in un'affascinante e divertente realizzazione di società hobbesiana...
Katie interruppe bruscamente la lettura, distogliendo lo sguardo dal libro, senza che John ne capisse il motivo. Seguì lo sguardo della collega e si rese conto anche lui che il corpo sdraiato accanto a loro aveva ripreso a muoversi.
Lucio si stava svegliando.
Disponibile in Ebook su Amazon (a breve in cartaceo!)
bella l'anarchia distopica. però chi sono i "romani" ? quanti non romani vivono a roma permanentemente per motivi di lavoro o studio, o la affollano per motivi di turismo, e quanti tra loro hanno gli stessi difetti dei romani nella vita quotidiana? E quanti non romani l'hanno governata (male) ? Fate uno studio antropoligico pure su di loro ! Perchè forse sono la maggioranza !
RispondiEliminaI "romani" odierni sono perlopiù meridionali immigrati a Roma nel dopoguerra. I romani che sono qui dal 1900 sono nemmeno 300 mila (su quasi 4 milioni).
RispondiEliminavero, se roma fa schifo lo si deve molto ai non-romani che la usano malamente
RispondiElimina3.6 e 3.34 Tutto vero
RispondiEliminaPERO
anche se io discendo da romani che abitano a roma almeno dalla fine dell'800 (non ho fatto ricerche piu addietro, ma 5 generazioni bastano a qualificarmi romano, specie visti gli infimi standard attuali)
Bisogna ammettere che simili osservazioni si potrebbero fare per Milano e Torino eppure li i fenomeni di incivilta importata dal meridione non si sono riprodotti e imposti con la stessa pervasivita che si e' verificata a Roma.
Purtroppo Roma aveva il ventre molle e prono alla degenerazione piu di altre citta italiane che hanno subito il rimescolamento demografico del regno delle due sicilie. Bisogna riconoscerlo
Io non faccio fatica a riconoscerlo 5:31 pm ;)
Eliminadopo la proclamazione di roma capitale dell'Italia unita l'immigrazione era soprattutto da marche, toscana e piemonte, poi arrivarono - per le bonifiche a sud del litorale - veneti e romagnoli (ancora presenti nei toponimi). Col dopoguerra soprattutto immigrati dal sud. Basti vedere i luoghi di nascita e i cognomi di molti sindaci passati. Roma è stata città d'arte, di amministrazione, poi di terziario. Infine l'immigrazione recente, dall'estero, a roma molto più forte che nel resto del lazio. Insomma concordo : se roma è come è, anche nello schifo oltre che nella bellezza ( non erano romani ne michelandelo, ne raffaello, ne bernini ne i tanti papi che l'hanno resa magnifica ) lo si deve ad una categoria (il romano) che in realtà non esiste, perchè cambia in continuazione.
RispondiEliminaBisogna ammettere che simili osservazioni si potrebbero fare per Milano e Torino eppure li i fenomeni di incivilta importata dal meridione non si sono riprodotti e imposti con la stessa pervasivita che si e' verificata a Roma
RispondiEliminaanche questo è vero. infatti Roma moderna non si impone con un suo modello a chi arriva a stabilirvisi, come fa Milano, ma assorbe e in questo si trasforma. Il contrario di quello che facevano gli antichi romani
C'è solo una correzione in questo delizioso racconto e cioè che la Lazio non è la squadra meno prestigiosa di questa città visto l'anno di nascita (1900)e i trofei vinti. Il resto promette bene, complimenti...
RispondiEliminain effetti ir omani vengono tradizionalmente da tutto il mondo : basta vedere la toponomastica, la presenza di chiese delle varie nazioni (nel senso medievale e rinascimentale : sassoni, lombardi, fiorentini etc.) quindi è vero che siamo davanti ai "più bizzarri esperimenti antropologi del mondo". ma altrettanto succede nelle megalopoli del mondo, rispetto alle quali roma pare un paesello persino ordinato.
RispondiEliminaButtace pure la storia dello scudetto del 1915. Si sveglia dicendo: L'avemo vinto o no 'o scudetto della pri.a guerra mondiale che devo strombazzare per tutta la città..
RispondiEliminaIl libro, visto l'incipit, promette bene e se esce cartaceo lo comprerò sicuramente, se potrò con dedica dell'autore possibilmente.
RispondiEliminaIntanto un sincero in bocca al lupo ad Enrico.
Romani, non Romani.... con tutto il dovuto rispetto, per me sono discussioni di lana caprina. I "Romani" a Roma, intesi come Romani da sette generazioni, per pochi che siano, sono sempre, in proporzione, molti di più dei Milanesi a Milano. Meridionali (e anche, per l'esattezza, settentrionali e centrali) romanizzati i primi, meridionali (per lo più) milanesizzati i secondi. Ci si adatta all'ambiente in cui ci si innesta. Così, mentre i primi ben presto si adattano al modus vivendi anarcoide, sciatto e menefreghista dell'imperante "a me m'aspetta" capitolino, i secondi vengono assorbiti dll'efficenza, dall'operosità e dal senso civico meneghino, interpretandolo egregiamente. Con le dovute eccezioni, da una parte come dall'altra. Ciò detto dal sottoscritto, romano nato a Roma d genitori Romani di almeno tre generazioni, emigrato in Lombardia dove ha vissuto per dodici anni, ben integrandosi nel contesto lombardo e nordico che, con tutti i suoi immigrati meridionali, fieri di esserlo, che hanno contribuito alla crescita socioeconomica della locomotiva d'Italia, per nulla somiglia alla nostra tristemente sciatta e decadente Capitale. Alessandro
RispondiEliminaSpettacolare, idea originale e stimolante, sono proprio curioso di leggerlo, penso proprio che lo comprerò !
RispondiEliminaVeramente di romani con quattro nonni romani non ne ho mai visti. Milanesi ne è pieno, anche tra i personaggi famosi. Se pensiamo che l'immigrazione nel Nord sia stata più sostanziosa è solo perché è più recente, ergo ha avuto più risalto mediatico, e perché fu rigettata da una sorta di "razzismo" (assente nella cattolica capitale). Famosi i cartelli nella Torino anni 70 "Non si affitta ai meridionali".
RispondiEliminaOltretutto Milano e Torino erano grandi città anche prima dell'immigrazione meridionale, prima dell'unità d'Italia. Roma è diventata metropoli proprio a causa dell'immigrazione interna; prima era una piccola città come Firenze.
RispondiEliminaL'incipit è interessante ed incuriosisce, ricorda un po' il film di W Allen The sleeper, ma non lascia prevedere lo sviluppo narrativo, rivelando una certa arguzia dell'autore in fatto di marketing editoriale.
RispondiEliminavorrà dire che lo leggerò,ma per ora non dico altro.