Siamo stati denunciati, processati e infine condannati per aver fatto un torto a Casa Pound. Le sentenze ovviamente si rispettano, ma anche si raccontano e noi questa storia ve la vogliamo condividere.
Come molti di voi sapranno Casa Pound (come decine e decine di altre realtà a Roma, ed infatti tutte queste sono prese di mira dai nostri blog) è solita affiggere tanti manifesti in giro per la città. Manifesti abusivi, dichiaratamente abusivi, orgogliosamente abusivi. “I media non parlano di noi” è il ragionamento “e noi ricopriamo monumenti, scuole, palazzi, edicole, arredi urbani per comunicare quello che facciamo e il nostro punto di vista”. Evitiamo in questa fase di dire la nostra su questo modus operandi, ci limitiamo a sottolineare che è un modus operandi di molte entità para-politiche in città: non si tratta dunque di prendere di mira Casa Pound in particolare (fanno lo stesso decine di centri sociali di sinistra, e sui nostri blog le critiche si sono sprecate). Un costume illegale, prepotente e dannoso per i conti della città (che deve ripulire, e son decine di milioni all'anno). Inoltre un costume insensato in un periodo in cui con un post su Facebook, con una mailing list e con un tweet puoi arrivare in un istante, a costo zero e senza violare alcuna norma a decine di migliaia di cittadini. Una abitudine, insomma, che rende brutti gli spazi comuni dove si forma la cittadinanza condivisa. E in luoghi brutti e pieni di illegalità, è ampiamente dimostrato, si forma una pessima cittadinanza.
Come sapete abbiamo sempre condannato tutto questo soprattutto ospitando contributi di lettori stufi, esausti, indignati. Così è successo per quanto riguarda un articolo uscito tempo fa su Degrado Esquilino, uno dei blog che fanno parte del nostro network di informazione e sensibilizzazione civica attivo ormai da anni. In quel caso su Degrado Esquilino, a seguito di una campagna di affissioni abusive di Casa Pound particolarmente virulenta, un lettore ha pubblicato un articolo in cui si era arrabbiato un po' troppo. Nulla di clamoroso e nulla di diretto particolarmente a qualche individuo specifico, ma il cittadino apostrofò l'organizzazione di Via Napoleone III con frasi un poco sopra le righe (per intenderci l'offesa più grave era, se non ricordiamo male, “pezzi di me**a”).
Casa Pound, come si fa in questi casi, avrebbe potuto scrivere al blog chiedendo la rimozione di contenuti considerati diffamatori e in un istante si sarebbe provveduto. O avrebbe semplicemente potuto ignorare quello che era un semplice sfogo di un cittadino, come ce ne sono a migliaia in giro per la rete e i social network. Ma evidentemente attaccare la nostra piattaforma era cosa che aveva una logica e un valore peculiare. La strategia infatti fu diversa: una bella denuncia per diffamazione a mezzo stampa alla persona di Massimiliano Tonelli il quale, lungi dall'essere il proprietario, l'editore, men che meno il direttore del blog, è semplicemente tra i tanti attivisti e cittadini impegnati nella piattaforma quello che più di altri appare in dibattiti e interviste pubbliche mettendoci, quando indispensabile, la faccia. Banalmente uno dei fondatori della piattaforma, una delle persone che se ne occupa insieme a tante altre. Massimiliano Tonelli aveva scritto quell'articolo? No. Aveva firmato quell'articolo? No. Aveva materialmente inserito quell'articolo pur non firmandolo? Neppure. Ha rivendicato quell'articolo? Neanche, anzi ha ammesso in sede di dibattimento che i contenuti erano fin troppo forti, dissociandosene. Ha omesso il controllo? Assolutamente no: il blog è aperto ai contributi di tutti e non è una testata registrata, non esiste qualcuno titolato a controllare e responsabile per questo.
Ciononostante GIP ha ritenuto di rinviare a giudizio e il Giudice ha ritenuto di condannare. La condanna penale non corrisponde a mesi o anni di reclusione, come pur richiesto dal Pubblico Ministero, bensì in una multa molto contenuta (1000 euro), in un risarcimento a Casa Pound che nel frattempo si era costituita parte civile (5000 euro) e nel pagamento delle spese processuali dell'una e dell'altra parte (per un totale di 3500 euro o giù di lì). Uno scherzo da 10mila euro in totale.
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Articolo apparso su Repubblica nel mese di giugno |
Naturalmente speriamo di ribaltare tutto in Appello. Nel frattempo, mentre - come potete vedere dalle foto - neppure questo processo ha fatto sparire dai muri della città le migliaia di manifesti abusivi, vi chiediamo una mano.
Come in altre circostanze avete dimostrato, è necessaria la vostra vicinanza. Siete ormai, i numeri parlano chiarissimo, in decine di migliaia (talvolta centinaia di migliaia) a seguire ogni giorno i nostri spunti, i nostri dibattiti, le nostre prese di posizione. Tutto questo lavoro vi viene offerto gratuitamente ogni giorno, ma quando queste battaglie hanno conseguenze economiche così pesanti vogliamo avere la dimostrazione di non essere da soli a combattere e chiediamo un simbolico aiuto a tutti per coprire una parte delle spese che stiamo sostenendo. Un piccolissimo impegno da parte di tutti può essere sufficiente a coprire le spese e a dare forza a battaglie di civiltà che altrimenti saremo costretti ad interrompere come tantissimi in questo momento vorrebbero.
Dateci un segnale che volete che si vada avanti. Viceversa, ignorando questo appello, fateci capire che la si può anche smettere qui.