I nostri lettori sono talmente smart che non hanno bisogno di chiavi di lettura sul riferimento all'attualità per leggere questa celeberrima inchiesta italiana risalente a qualcosa come 58 anni fa. Il giornalista che l'ha firmata, Manlio Cancogni, ha cent'anni ed è ancora vivo. Sarebbe interessante andargli a chiedere cosa ne pensa del fatto che le faccende, le modalità, gli approcci, le furfanterie che denunciava si ripetano con gli stessi format quasi sessant'anni dopo. L'articolo, riletto oggi, fa realmente impressione. Prendetevi dieci minuti.
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Presto il sindaco Rebecchini ci lascerà. Andrà a Madrid, ambasciatore presso il governo di Franco. Al suo posto si presenterà una personalità politica di maggiore prestigio, forse un ministro. Questi sono progetti dei democristiani di Roma, preoccupati per l’avvicinarsi delle elezioni comunali che si annunciano così pericolose per la giunta che amministra la capitale.
Durante l’amministrazione Rebecchini il Comune ha fatto centoventi miliardi di debiti che costano dieci miliardi d’interessi l’anno, per pagare i quali non è sufficiente l’intero gettito annuale delle imposte dirette. Il deficit annuo si aggira intorno ai dieci miliardi.
Tutte le aziende autonome, come l’Atac, ad esempio, sono diventate passive. In compenso, quelle private, come la Pia Acqua Marcia, hanno continuato a realizzare utili enormi e le aree fabbricabili hanno avuto incrementi di valore di sessanta, settanta miliardi l’anno.
Gli abusi, le manchevolezze dell’amministrazione Rebecchini avrebbero portato in qualsiasi altro comune alla nomina di un commissario prefettizio. A Roma non è avvenuto oltre che per il volere del partito di maggioranza, perché i principali gruppi speculatori della capitale desiderano la permanenza dell’attuale consiglio in Campidoglio. Nessuno potrebbe garantir loro vita più facile di quella che hanno avuto fino ad oggi. Nell’attuale inchiesta non si vuole parlare tuttavia né del sindaco né del disservizio del Campidoglio. Vogliamo invece fare un quadro delle speculazioni che il sindaco e il Campidoglio hanno permesso e incoraggiato. La più grave di tutte, chiave di volta dell’intero sistema, è quella sulle aree fabbricabili. La vita dell’intera popolazione ne è compromessa. Se Roma non ha sviluppo industriale la colpa è di chi specula sulle aree; se ventottomila famiglie vivono nelle baracche della Tuscolana, della Prenestina o del Campo Parioli, la colpa è degli speculatori sulle aree; ma se trecentomila famiglie di professionisti, commercianti, impiegati, operai pagano affitti sproporzionati alle loro possibilità o vivono in case vecchie, sovraffollate, sprovviste di conforts moderni, la colpa è degli speculatori delle aree.
Otto anni fa, quando l’ingegnere Rebecchini fu nominato (per scherzo dissero alcuni maligni del suo partito) sindaco di Roma, Vigna Clara non esisteva. Quattrocento metri a nordovest dal punto in cui la nuova Cassia e la vecchia Flaminia si incrociano, c’erano prati e poggi da cui si poteva vedere la vallata del Tevere, e dall’altra parte le colline di Villa Glori o dei Parioli.
Vigna Clara, oggi, è un quartiere di lusso. Per il momento è un nucleo di abitazioni raccolto su una breve collina, circondato dalla campagna. Come un villaggio americano possiede tutte le attrezzature più moderne: i negozi, dal droghiere al parrucchiere per signora, sono sistemati ai diversi piani di un unico edificio che occupa l’intero lato della piazza centrale. Le palazzine, fresche, pulite, pitturate a nuovo, sono rifinite alla perfezione. Non esistono cortili ma praticelli con l’erba all’inglese: nel mezzo, la piscina.
Un vano a Vigna Clara si vende a 1.300.000 lire. Il costo, si valuta 650.000 lire. Il margine va per metà alla Società edilizia Vigna Clara che ha costruito il quartiere, e per metà alla Società Generale Immobiliare, proprietaria dei terreni e che ha fatto il piano regolatore, subentrando al Comune, e ha dato alla zona il suo carattere di residenza di lusso.
Oggi, grazie a questo nucleo così spiccatamente signorile, e naturalmente grazie ai lavori del Comune che oltre ad avere fatto la grande arteria di raccordo con la vecchia Cassia, ha portato sul luogo tutti i servizi, l’Immobiliare vende i terreni intorno a Vigna Clara a 40.000 lire al metro quadrato. Li aveva comprati a prezzo agricolo, intorno alle quattrocento lire.
A questo punto facciamo una parentesi e citiamo le parole che Pio XII rivolse ai presidenti degli Istituti delle Case Popolari convenuti a Roma per celebrare il cinquantesimo anniversario di quell’Istituto. Disse il Pontefice: “Le competenti autorità, senza dubbio non debbono né possono sottrarre direttamente o indirettamente alla proprietà ogni accrescimento di valore derivante unicamente dalla evoluzione delle circostanze locali; ma la funzione sociale della proprietà esige che tale guadagno non impedisca agli altri di soddisfare convenientemente e a prezzo equo un bisogno così essenziale come quello di un’abitazione. Combattete dunque con tutti i mezzi che il bene comune giustifica l’usura fondiaria ed ogni speculazione finanziaria economicamente improduttiva con un bene così fondamentale qual è il suolo”.
Il suolo della zona di Vigna Clara era ed è in gran parte ancora della Società Generale Immobiliare, le cui azioni sono per la metà almeno nelle mani della Santa Sede. Uno dei principali consiglieri della Società è il principe Marcantonio Pacelli, nipote del papa. Il discorso di Pio XII risale al 21 novembre del ’53. In questi due anni, fra Vigna Clara, che allora non esisteva, e altre zone, l’Immobiliare ha realizzato utili di miliardi.
Ma torniamo sulle colline fra la Cassia e la Flaminia. Presidente della Società Edilizia Vigna Clara è il dottor Samaritano. Si consulti un annuario delle grandi società per azioni e si vedrà che il dottor Samaritano è anche il direttore generale dell’Immobiliare. In realtà Vigna Clara e Immobiliare sono la stessa cosa. Come sono la stessa cosa Immobiliare e Edilizia Due Pini, Immobiliare e Edilizia Tor Carbone, Immobiliare e Società Edilizia Piazza Clara, Immobiliare e un numero infinito di società che hanno come fine sociale la compravendita di terreni, la costruzione di case, il fitto, la vendita d’immobili ecc. ecc. Fine reale di queste società è alleggerire fiscalmente la società madre e coprire le sue manovre speculative sulle aree fabbricabili.
I terreni dell’Immobiliare sono disposti intorno a Roma in maniera strategica. Ne ha per 470.000 metri sulla via Tuscolana, per 530.000 a Tor Carbone, per 90.000 sulla Prenestina, per 215.000 sulla Trionfale, per 50.000 sulla Salaria, per 1.336.000 sulla Nomentana, per 1800.000 sulla Casilina, ecc. ecc. In questo modo essa può decidere volta a volta in che direzione le conviene che la città avanzi.
Scelto il campo di operazioni viene affidata a una società di comodo la sistemazione di un certo tratto stabilendo se debba essere edificato a intensivo, a palazzine, a villini, se debba essere di carattere medioborghese o signorile. In genere l’Immobiliare preferisce quest’ultimo tipo, che dà i margini più alti. Tutte le altre società fondiarie e edilizie hanno seguito il suo esempio.
La società edilizia alla cui testa viene messo uno dei consiglieri o dei funzionari dell’Immobiliare costruisce un primo gruppo di abitazioni. Il Comune è obbligato a portare servizi, dall’acqua all’autobus, e il prezzo dei terreni sale. Tutti adesso vogliono costruire nella zona e piccole e medie società edilizie chiedono di comprare il terreno. Naturalmente questi costruttori si adegueranno in seguito ai prezzi base dettati dalla prima società. Fra di loro si trovano, non di rado, impiegati o funzionari del Comune, che, Dio sa perché, si sono trovati a un tratto proprietari di una strisciolina di terra.
Ecco come si svolge la manovra. Riguardo alla zona, l’Immobiliare ha soltanto l’imbarazzo della scelta. Essa possiede infatti, nel solo comune di Roma, circa otto milioni di metri quadrati, di cui due già compresi nel piano regolatore, e gli altri in zone dove la città si sta estendendo grazie all’interessamento delle società proprietarie di aree.
Intanto l’Immobiliare è passata a coltivare un’altra zona. Adesso, per esempio, ha messo gli occhi su una fetta di 800.000 metri quadrati fra la via Appia nuova e quella antica, in località Villa dei Quintili. I proprietari, fra cui anche gente modesta, non sono in grado di valorizzarli. L’Immobiliare in questi casi crea una società in cui entrano a far parte quei proprietari incapaci e con questi alleati procede all’esecuzione dei suoi piani. Essa ha una lunga pratica, e anche quando una zona come quella fra le due Appie è al centro di aspre polemiche, sa come farsi valere presso gli uffici del Comune. Fra l’altro uno dei più importanti consiglieri in Campidoglio, Bardanzellu, è uno dei suoi avvocati.
Certo non è facile in Campidoglio resistere a una potenza come l’immobiliare. I funzionari comunali, i tecnici, i membri delle commissioni ricevono stipendi assai bassi. I tre più importanti azionisti della società sono: la Santa Sede, la Fiat, l’Italcementi, rappresentati rispettivamente da Eugenio Gualdi, Vittorio Valletta, e Carlo Pesenti.
È interessante scorrere i nomi delle altre persone che reggono i destini dell’Immobiliare.
Il vicepresidente, Guido Traves, è uno dei principali azionisti della Bastogi, della Centrale e della Meridionale di Elettricità; l’amministratore, ingegnere Enrico Galeazzi, è membro del consiglio della Pia Acqua Marcia e della Società Romana di Elettricità; il consigliere, Bernardino Nogara, che cura gli affari finanziari del Vaticano è consigliere della Beni Stabili (l’altra grande società che regola la sorte delle aree e dell’edilizia romane), consigliere della Società Molini e Pastifici Pantanella, delle Strade Ferrate Meridionali, della Montecatini, della Adriatica di Elettricità, dell’Elettrochimica del Caffaro, delle Cartiere Burgo, dell’Istituto Italiano di credito Fondiario, della Società Anonima Condotte d’Acqua, ecc ecc.; il consigliere principe Marcantonio Pacelli è amministratore della Pantanella, della Sogene (filiale dell’Immobiliare), della Lai; il consigliere avvocato Osio è consigliere dell’Italgas che è la stessa cosa della Romana Gas. Non occorre parlare degli altri. Il quadro è sufficiente a mostrare che le grandi potenze della capitale, e cioè l’Immobiliare, la Beni Stabili, la Pia Acqua Marcia, la Roma Gas e la Romana di Elettricità, sono collegate fra loro (e tutte hanno legami col Vaticano) con un unico scopo (che negli statuti viene chiamato fine sociale): il controllo economico di Roma.
Abbiamo finora accennato soltanto all’attività dell’Immobiliare perché il suo esempio è classico e perché essa non fa mistero dei suoi programmi. In una recente seduta dell’assemblea dei soci fu fatta una dichiarazione sufficiente a chiarire i rapporti fra questa società privata e la legge. Fu detto: “Il comune di Roma dovrà in avvenire mostrarsi più comprensivo nei riguardi dell’Immobiliare lasciandola libera di applicare il piano regolatore secondo le sue vedute. L’Immobiliare possiede tutti i mezzi, architetti, tecnici, urbanisti, ecc. ecc. per dare a Roma lo sviluppo che compete a una città delle sue tradizioni”.
Gli altri grossi proprietari non hanno altrettanto potere, ma sanno anche essi agire con sufficiente abilità. I più ragguardevoli sono: il marchese Alessandro Gerini con sei milioni di metri quadrati, la sorella del marchese, Isabella, con due milioni e mezzo, i principi Lancellotti con sette milioni. Per dare un esempio di qualcuna delle speculazioni compiute da queste famiglie citiamo le parole pronunciate nell’aula del consiglio comunale, in una seduta del febbraio ’54, da Aldo Natoli, il consigliere che con Leone Cattani si è dedicato al compito di denunciare le grosse speculazioni edilizie del comune di Roma. Né il sindaco, né altri consiglieri osarono ribattere.
Disse Natoli: “Parlerò di ciò che è avvenuto in una ristretta zona del Quadraro, lungo via Tuscolana. Nel 1950, l’Ina-Case comprò dal marchese Gerini a 1200 lire a metro quadrato e iniziò la costruzione di un importante centro di abitazioni. Il Comune naturalmente impiantò i servizi pubblici.
In tre anni i prezzi dei terreni di proprietà del marchese Gerini compresi nei piani particolareggiati sono arrivati a cifre che variano dalle 15 alle 20.000 lire sul fronte della Tuscolana, fino alle 10.000 lire nell’interno. Si tratta in complesso di 57 ettari del marchese Gerini, di 117 ettari di sua sorella Isabella: un calcolo non arduo dimostrerebbe che il valore è aumentato di alcuni miliardi: 5 o 6 per il marchese Alessandro, un decina per la signora Isabella.
Nel 1951 il Comune decise di costruire Villa Gordiani (un blocco di case popolari sulla Prenestina). Il Comune possiede ancor oggi, per quanto il suo patrimonio si trovi in uno stato deprecabile, circa cinque milioni di metri quadrati di aree. Noi sostenevamo allora che il Comune avrebbe dovuto costruire su aree proprie perché così avrebbe risparmiato la spesa per l’acquisto di nuovi terreni e avrebbe inoltre valorizzato il patrimonio proprio, non quello altrui.
Il Comune invece comprò dieci ettari di terreno… dopodiché cominciò a costruire, a impiantare servizi pubblici valorizzando così tutta quella zona. Il risultato a tre anni di distanza è che i prezzi dei terreni sono aumentati di una diecina di volte lungo la Prenestina. La proprietà dei principi Lancellotti è in questa località di 96 ettari”.
Accanto agli immobiliari, di cui abbiamo citato i maggiori, ci sono poi i costruttori. Ma qui bisogna fare una distinzione. I grossi, come Antonio Scalera, Romolo Vaselli, Tudini e Talenti, Federici ecc. ecc., sono nello stesso tempo proprietari di aree (due milioni e mezzo di metri quadrati Vaselli, nove milioni Scalera lungo la via Cristoforo Colombo fatta naturalmente a spese del Comune); gli altri, medi o piccoli, comprano invece il terreno volta a volta, rifacendosi dei costi maggiorati della vendita o nell’affitto degli appartamenti.
La procedura è sempre la stessa. Una ditta affiliata a Vaselli, per esempio mettiamo alla Società Palazzine Valadier, costruisce un piccolo blocco di abitazioni all’estremo di un terreno di cui il conte è proprietario; un’altra società, non meno fittizia, fa analogo lavoro all’altra estremità. Di colpo l’area che si trova in mezzo alle due zone costruite sale di valore. La città si estende da quella parte. Le grandi ditte costruttrici allora vendono e lasciano costruire alle piccole.
Con questi metodi, sollecitati dalla speculazione sulle aree, l’edilizia romana non ha cessato di svilupparsi. Dai 26.673 vani costruiti nel ’50 si è passati ai 41.881 del ’52 e ai 75.127 del ’54. La media annua in questo periodo è stata di 46.762. la più alta in tutta Italia. Sono alloggi i cui fitti vanno da un minimo di 30-35.000 lire per appartamenti di tre vani dove la fabbricazione ha carattere intensivo, a massimi che toccano le 100.000 nelle palazzine o nei villini delle zone favorite.
Abbiamo detto l’edilizia romana, ma avremmo dovuto precisare: l’edilizia romana privata. La situazione di quella pubblica infatti è molto meno brillante. In sette anni l’Ina-Case che dovrebbe assicurare ai meno abbienti fitti economici mai superiori alle 10.000 lire al mese ha allestito soltanto 6300 alloggi pari a 31.110 vani. L’Istituto Case Popolari non ha nemmeno raggiunto queste cifre. E tuttavia è proprio in questo campo che la richiesta è enorme. Vi sono nella città 66.467 alloggi con un indice di affollamento superiore alle due persone per vano. Vi vive il trenta per cento della popolazione. In 25.000 alloggi l’affollamento supera le tre persone per vano. Poi ci sono le 28.000 famiglie che vivono nelle baracche, spesso in vista, come accade per il campo Parioli, delle zone di lusso dove più sfrenata è stata la speculazione sulle aree che li condanna a quella vita miserabile.
Volendo risolvere in dieci anni il problema della casa per i romani (oltre all’eliminazione delle baracche e alla riduzione dell’affollamento è necessario sostituire le case logore e provvedere alle 35.000 persone che ogni anno affluiscono nella capitale) l’ufficio statistica del Comune ha calcolato che bisognerebbe costruire 80.000 vani all’anno. L’edilizia privata è quasi arrivata, nel ’54, a questa cifra. Ma essa offre un prodotto che si rivolge a tutt’altro mercato. E, monopolizzando a suo profitto le aree, impedisce che un’edilizia economica abbia il suo naturale sviluppo.
Utilizzando certi articoli del Testo Unico dell’Edilizia popolare il Comune avrebbe potuto porre la questione dell’esproprio. Ma anziché espropriare il Comune preferisce vendere ai privati anche quel poco che ha. È di questi giorni la vendita all’asta delle terre comunali del Campo Parioli, andata deserta perché le grosse società hanno preferito attendere per acquistarla al prezzo più basso.
Vi è un’altra legge fatta espressamente per Roma nel 1931 che, se applicata, avrebbe dato un enorme vantaggio al Comune e alla cittadinanza. Essa autorizza a imporre ai proprietari dei beni che siano avvantaggiati dalla esecuzione delle opere previste dal piano regolatore un contributo pari alla metà dell’aumento effettivo del valore. Gli incrementi di valore delle aree, tra il ’48 e il ’53 sono valutati a non meno di 300 miliardi. Se il Comune avesse applicato la legge avrebbe avuto un beneficio di 150 miliardi con i quali avrebbe potuto pagare tutti i suoi debiti. Ebbene in questo periodo la ripartizione Tributi dell’amministrazione capitolina ha fatto accertamenti solo per un miliardo e 178 milioni.
Proprietari di aree ed edili sono dunque gli incontrastati padroni della città e ne regolano la sorte e l’avvenire a loro arbitrio. Il comune di Roma è stato dal ’50 ad oggi zona di speculazione fondiaria e edilizia e tale deve restare.
Questo è in sintesi il quadro di ciò che è avvenuto nei sette anni dell’amministrazione Rebecchini. Durante questo tempo il sindaco non ha cessato di sorridere. Egli pare non avverta nemmeno il pericolo che gli si sta scavando, e non retoricamente, il terreno sotto i piedi. Le perdite d’acqua dovute all’invecchiamento delle condutture, la rottura di molte fognature dovuta all’incuria dell’amministrazione hanno formato nel sottosuolo fra il Pantheon e il Campidoglio una palude che un giorno potrebbe inghiottire gli edifici di quei quartieri e le persone che vi abitano.
E i belli addormentati nel bosco del PD, FI NCD.....di nulla si erano accorti......
RispondiEliminaEd è per questo che continuerà per altri 60 anni (almeno). Lo ripeto, chi può scappi via.
RispondiEliminaVolendo andare ancor più indietro, Roma è una cloaca sin dai tempi dell'Impero Romano (già Tacito se ne lamentava, dicendo che tutte le cose più schifose e atroci prima o poi confluiscono a Roma). Purtroppo è il destino di questa città...preda di tutti i magnoni di questo mondo, abitata da una popolazione per una buona parte composta di incivili o totali indifferenti, mancante di un autentico ceto borghese che conferisca moralità e dignità alla città (a Roma c'è solo il cosiddetto "generone", una specie di minestrone di preti, bottegari, impiegatucci, azzeccagarbugli, politicucci, etc. etc.).
RispondiEliminaChe dire...prospettive per il futuro? Non proprio rosee...
Se non altro l'impero romano e il rinascimento ci hanno lasciato in eredità la Roma che tutto il mondo ammira. Il dopoguerra cosa ci ha lasciato?
RispondiElimina@ Anonimo 10:35: Sì, su questo sono perfettamente d'accordo. Bisogna dire che per vedere le ultime cose valide a Roma bisogna andare al Fascismo (il bellissimo Eur). Dal dopoguerra in poi sono state fatte solo mostruosità (con qualche modesta eccezione).
RispondiEliminaCancogni. Sostituite la vocale.
RispondiEliminaUna citta avvitata nella mediocrita e nel malaffare che si nutrono a vicenda, finche non rimarra piu niente da rosicchiare... e non manca molto
RispondiEliminaBene. Grazie.
RispondiEliminaLo diceva già Pirandello, e ancor prima molti altri...Roma è sempre stata un covo di faine, il problema di questi anni è che si fa finta di nulla
RispondiElimina@10.39
RispondiEliminaA parte l'Eur ci sono stati interventi in tutta la città. Magari la gente pensa solo a via dei Fori imperiali (che Marino vuole smantellare, pensa te), ma ci sono anche la Farnesina, il Foro Italico con lo stadio dei marmi, una serie di grandi uffici postali, mi viene in mente quello di piazza Bologna, la città universitaria, l'inizio del rifacimento della stazione Termini (poi, in questo caso per fortuna, il progetto fu pesantemente modificato), la stazione Ostiense, viale della Conciliazione, i primi progetti della metropolitana, la stazione della Roma Nord con il completamento della linea ferroviaria, e mi scordo qualcosa.
Ora, ogni opera pubblica si può criticare e può piacere o non piacere, ma è incontestabile che la differenza tra prima e dopo la guerra è una visione d'insieme che durante il fascismo l'urbanistica di Roma ha avuto, mentre dopo la guerra no, per cui anche le cose buone fatte dal 1945 ad oggi sono finite sommerse in un mare di mediocrità e speculazione.
Tornando all'articolo dell'Espresso, si legge:
"Vi è un’altra legge fatta espressamente per Roma nel 1931 che, se applicata, avrebbe dato un enorme vantaggio al Comune e alla cittadinanza. Essa autorizza a imporre ai proprietari dei beni che siano avvantaggiati dalla esecuzione delle opere previste dal piano regolatore un contributo pari alla metà dell’aumento effettivo del valore"
Questa legge all'epoca dell'articolo non era praticamente stata applicata. Dopo? Oggi è ancora valida?o
@10:24
RispondiEliminaBeh, impero romano e Chiesa cattolica, cioe' le piu' grandi espressioni di potere politico e di civilta' in Europa non mi sembrano proprio una grande manifestazione di mediocrita', come anche non mi sembra che a fondare e far perdurare tali istituzioni siano stati lituani o svizzeri.......
@11:35: sì, è vero. Bisogna anche dire, a onor del vero, che accanto a questi buoni interventi sono state fatte anche tante scempiaggini dal Fascismo (e prima ancora dal Regno d'Italia, come quando distrusse completamente il Porto di Ripetta e buona parte di Piazza Venezia per far posto al mediocre Vittoriano), tipo gli sventramenti e la distruzione di interi, meravigliosi quartieri medievali, o la creazione delle borgate, la "deportazione" degli abitanti dal centro storico in periferie che erano poco più che baraccopoli (come Tiburtino III) e la distruzione di interi caseggiati e palazzine di interesse storico-artistico solo perché non erano degni dell'idea fascista della "grande Roma" e intralciavano i nuovi progetti urbani. Comunque, allora almeno c'era ancora un'idea di cosa fossero le "grandi opere" (come quelle che tu hai elencato); dopo la guerra invece Roma è diventata il trogolo di palazzinari, politici e speculatori. Basta vedere lo schifo che hanno combinato anche in zone nemmeno troppo periferiche, come l'orrido Viale Marconi, per capire perché Roma oggi sia una merda invivibile...
RispondiEliminaSiete un popolo che non ha nel sangue la correttezza è il rispetto per l'altro... Per gli italiani fare i furbi è normale.
RispondiEliminaE poi vi fatte gli offesi quando all'estero vi dicono mafiosi, purtroppo è la verità!!! In Italia la gente onesta e sincera è in minoranza.
Una domanda per tutti gli abitanti di Roma che frequentano questo blog: chi e' di voi che fa la spesa ai supermercati Pewex?
RispondiElimina@1:05 PM
RispondiEliminaLa distruzione del porto di Ripetta non l'ho mai digerita, quella è stata proprio un delitto. Ma anche la traslazione del modello urbanistico torinese a Roma, come all'Esquilino e a Prati non è stata molto felice. Mentre il Vittoriano in fondo mi è sempre piaciuto, la considero l'opera più riuscita di quel periodo. Se vogliamo restare ai Savoia ci sarebbero da considerare anche le modifiche all'interno del Quirinale che francamente trovo pessime.
Gli sventramenti del fascismo sono noti e fanno parte della mentalità dell'epoca, era comune in tutto il mondo buttare giù interi quartieri per fare strade piazze e palazzi rappresentativi dell'epoca. Probabilmente la perdita maggiore è da considerare la distruzione della Spina di borgo per far posto alla scenografica via della Conciliazione.
Mentre il discorso della popolazione costretta ad andare via dai quartieri demoliti mi fa sorgere spontaneo un paragone tra i metodi adottati allora (demolizione e spostamento coatto) e quelli di oggi ("riqualificazione"), per far andare via i più poveri e sostituirli con chi ha più soldi. A New York interi quartieri sono stati bonificati, per così dire, dalla violenza e povertà semplicemente facendo alzare il loro valore immobiliare e rendendoli quindi inaccessibili agli abitanti originari, che erano per lo più in affitto e quindi facilmente sloggiabili.
A Londra, col fatto che la città è diventata il rifugio di miliardari americani, oligarchi russi, sceicchi arabi e vip di ogni ordine e grado, negli ultimi 20 anni il costo della vita è aumentato tanto da far emigrare centiaia di migliaia di abitanti fuori dai confini cittadini, perché impossibilitati a far fronte ad affitti, prezzi e tariffe.
Oggi si demolisce meno ma il risultato alla fine cambia poco.
Roma ladrona!
RispondiEliminaVERGONIA!
Il degrado di roma viene da molto lontano, vedete che non è solo veltroni o alemanno... c'è qualcosa di molto più profondo e diffuso.
RispondiEliminaArticolo interessante che pero male si sposa con l'operazione di fiancheggiamento del blog alla speculazione di tor di valle ....
RispondiEliminaROMA è un VERO SCHIFO, CITTA' PIENA DI ROZZI SCHIFOSI, LADRI LEGALIZZATI (CHIAMATI POLITICI) E SPORCHI SPECULATORI. Presto tutte le loro malefatte si ritorceranno contro di loro, come in un girone dantesco, presto il popolo li ucciderà uno per uno....c'è solo da aspettare
RispondiEliminaSperiamo tutti e preghiamo che qualche EROE si carichi sulle spalle il futuro di qeusto territorio; speriamo e preghiamo per una azione estrema che ripulisca il territorio!! Preghiamo tutti insieme
RispondiEliminaHai ragione preghiamo per un nuovo Nerone, che dia fuoco alla città, per una sua totale distruzione. Per uno sterminio di massa di tutti i palazzinari, che vengano tutti sterminati con le loro famiglie, per evitare che le speculazioni si ripetano nella storia
RispondiEliminaPreghiamo tutti insieme e invochiamo una azione estrema
Lo dicevano anche in antichità: SPQR
RispondiEliminaSono proprio sporchi Porci questi luridi politici Romani
Speriamo in un Eroe che risani la nazione
Uniamoci e preghiamo
aspettiamo un eroe che in modo estremo faccia piazza pulita di tutti i falsi ladri che fingono di governare la res publica
RispondiEliminasperiamo in un eroe che si carichi sulle spalle il peso e la responsabilità del nuovo risorgimento e che si sacrifiche per il bene di tutti
Speriamo in un eroe che ridia la dignità a un popolo trattato in modo infame
Speriamo in un eroe che faccia pulizia
Ricordate che baste ripulire solo alcuni di questi sporchi ladri che fingono di governare per educarne 100
Invochiamo e Preghiamo per l'ascesa e l'avvento di uno ,10, 100, 100o eroi , pronti al sacrificio
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RispondiEliminaSono Romano e Vi ricordo che mentre io discendo da una delle piu avanzate civilta e città del mondo voi nella migliore delle ipotesi discendete da popolazioni barbare e dalle puttane che seguivano gli eserciti barbarici in guerra. Tanto è dovuto .
RispondiEliminaContinuate a sfogarvi nei blog a farvi seghe mentali col duce e coi signori onesti come il trota e suo padre.Se potete evitate di pensare a ROMA e se proprio dovete passare di qui respirate e un po' di storia e di grandezza che non avrete mai. Ve la regalamo!!!