In bici lungo la ciclabile del Tevere. Tutte le foto. Perché a Roma chi usa la bicicletta deve essere umiliato
28 febbraio 2014
"Ti tagliamo la gola". Io inseguito dai rom e dai loro cani nel campo della Magliana. Tante foto da non credere
Per un appuntamento di lavoro mi trovavo in via della Magliana, essendo un po' in anticipo inizio a notare un via vai continuo di carrelli della spesa carichi e stracarichi di qualsiasi materiale. Quando dico continuo intendo circa due ogni minuto. Tutto senza soluzione di continuità e nella massima normalità tra mamme con bambini e nonne che portano a spasso i nipoti nel passeggino. Decido di fermare un signore sulla cinquantina con delle buste della spesa in mano e gli domando se quella appena descritta è una situazione che si ripete sempre oppure se oggi è un caso particolare. Mi risponde: "oggi ce ne sono pochi io da qui me ne vado sto vendendo casa prima che ammazzo qualcuno".
Esco dal mio appuntamento, dopo circa mezz'ora, e mi ritrovo davanti la stessa situazione. Decido allora di seguire uno di questi carrelli per capire dove vanno.
Punto una signora con il carrello all'altezza della stazione Villa Bonelli e inizio questa processione fino ad arrivare alla rampa che porta alla Roma-Fiumicino. Durante il percorso incontriamo diversi altri soggetti dotati di carrello che scambiano opinioni e sorrisi benevoli con la mia compagna di viaggio. Tutto questo avviene in mezzo alla carreggiata e tutto nella più totale normalità. Arriviamo appunto alla rampa, dove non è presente nessun marciapiede, che la donna carrellata prende contromano a tutta velocità dando una bella spinta (è in salita) schivando le auto che scendono direttamente dall'autostrada.
La cosa non è molto sicura, ma decido di seguirla ancora.
Ci ritroviamo nel tratto di pista ciclabile che costeggia l'autostrada sopra al viadotto della Magliana e lo spettacolo che mi si presenta sotto è difficile da descrivere e per questo decido di fare qualche foto. La mia compagna di viaggio se ne accorge ed inizia ad urlarmi contro. Vedendo che continuo lascia il carrello, mi viene sotto, mi fa il gesto di tagliarmi la gola e subito se ne va.
Io rimango lì ad aspettare che si allontani e faccio altre foto ma un'altra signora da sotto si accorge di me, si volta e mi mostra il sedere (si vede in una foto) iniziando ad urlare. Le sue urla richiamano l'attenzione di alcuni uomini lì intorno che iniziano a correre verso di me con un paio di cani al seguito. A questo punto il racconto però si interrompe. E io scappo a gambe levate.
Roma (Capitale d'Italia), 2014.
Lettera Firmata
La città fallisce e va in default? Sarebbe una benedizione di Dio. Il perché ve lo spiega il nuovo servizio delle Iene nei dipartimenti comunali a Viale Manzoni. Ecco come 'lavorano' i dipendenti pagati da noi
27 febbraio 2014
QUI IL VIDEO
Un residente del Comune di Roma paga 1.040 euro pro capite di tasse, in media, contro una media nazionale di 440 euro. Ben più del doppio. Questi soldi servono, esclusivamente, per mantenere in vita corruzioni, malversazioni, ruberie, inefficienze tenute artificialmente in vita per foraggiare chi ci mangia sopra e una pletora spaventosa di dipendenti: qualcosa come 65mila persone, la più grande azienda italiana dopo l'Eni a occhio e croce. Solo il Comune di Roma (escluse le municipalizzate) ne ha circa 30mila: questi 30mila sono molto costosi ma erogano dei servizi impeccabili? Niente affatto. Il servizio è incredibilmente scadente, non solo l'amministrazione non aiuta la vita dei cittadini contribuenti, ma la ostacola terribilmente. E, sovente, al costo diretto dei dipendenti si aggiunge il costo della corruzione, oltre a quello, altissimo, dell'inefficienza.
Chiunque a Roma conosce la caratura e il calibro dei dipendenti comunali. Ma quando questa consapevolezza viene fissata da filmati e documentazioni video non si può fare a meno di parlarne. E Le Iene, in questo senso, stanno facendo un lavoro egregio. Un lavoro giornalisticamente egregio ma all'atto pratico inutile visto che la risposta, si veda il sindaco Ignazio Marino, sta nella retorica delle mele marce. Due, tre, cinque mele marce? Ovviamente niente di tutto questo. Le eccezioni, al contrario, sono le mele sane. Pochissime e, come mille racconti che ci sono pervenuti, ghettizzate e mobbizzate. In ogni ambito della macchina comunale (dai Dipartimenti ai Vigili Urbani), se vuoi lavorare come si deve e con onestà sei visto come un pericolo e vieni messo all'angolo. Se sei uno che è incaricato di fare i controlli e i controlli li fai davvero sei un "infame" o un "fijo de na mign...". E poi, ennesimo attore di questa messinscena, c'è la sindacalista che urla "qui si lavora", ma soprattutto urla che "i problemi so artri". Tutte le comparse di questo teatro dell'osceno sono presenti in questo video. Non ci sorprendiamo, ma, ribadiamo, vedere tutto in un filmato è fondamentale ed è fondamentale che questi filmati girino il più possibile. A proposito questo è il servizio precedente.
E' la perfetta fotografia che vi motiva perché la città sta, da anni ormai, al fallimento. Oltre un miliardo di euro all'anno di deficit, che si accumula ogni anno formando un debito gigantesco che grava su tutti noi, pari a 15miliardi di euro. Significa che ciascun cittadino della città parte, appena nato, con qualcosa come 5 o 6mila di debito sulle spalle. Parliamo solo di debito comunale, lasciato dalle precedenti amministrazioni, a cui si aggiunge ovviamente il debito statale. Una tara che impedisce qualsiasi margine di manovra. Questo filmato vi fa capire perché il dramma di un commissariamento e, successivamente, di un default della città potrebbe essere comunque inferiore al dramma che ogni giorno che gli dei mandano in terra si consuma nella macchina di questa amministrazione marcia e atroce. Il commissario sarebbe costretto a licenziare questa gentaccia, sarebbe costretto a vendere o a liquidare le municipalizzate imbottide anche lì di nulla facenti, prepotenti e concussori, sarebbe costretto a prendere atto che le farmacie (pure le farmacie, pare incredibile!) comunali produto non reddito ma debito, sarebbe costretto a prendere atto che le case popolari di proprietà del Comune rendono, in media 50 euro l'una al mese. Cinquanta euro al mese per ogni appartamento. Sarebbe costretto a prendere atto che le pubbliche affissioni, a causa dell'abusivismo, sono le uniche in Italia a rendere meno di quanto costa gestirle. Sarebbe costretto a prendere atto che dai cartelloni, benché la città ne sia sepolta viva, si ricavano 17 milioni quando le potenzialità parlano di 70 o 80 milioni. E tutto per lasciare le decine di milioni di differenza nelle tasche della camorra che gestisce questo business e tutto ciò per mille altri business, dal commercio ambulante alle occupazioni di suolo pubblico, dall'edilizia alle ristrutturazioni, dai parcheggi ai mezzi pubblici che si permettono di essere in deficit ed al contempo di non combattere l'evasione tariffaria.
Tutta la gente che ha generato questa situazione, in presenza di un fallimento che ormai si avvia ad essere improcrastinabile, andrebbe in mezzo ad una strada. Le famiglie di questi maledetti, ridotte alla fame. La prepotenza e l'impunità trasformata in sofferenza e disagio. A quel punto, con quelli bravi e di qualità, si potrebbe iniziare a ricostruire da zero. Questo sarebbe il famoso incubo del default da evitare a tutti i costi? Salva Roma? E perché...?
QUI IL VIDEO
Un residente del Comune di Roma paga 1.040 euro pro capite di tasse, in media, contro una media nazionale di 440 euro. Ben più del doppio. Questi soldi servono, esclusivamente, per mantenere in vita corruzioni, malversazioni, ruberie, inefficienze tenute artificialmente in vita per foraggiare chi ci mangia sopra e una pletora spaventosa di dipendenti: qualcosa come 65mila persone, la più grande azienda italiana dopo l'Eni a occhio e croce. Solo il Comune di Roma (escluse le municipalizzate) ne ha circa 30mila: questi 30mila sono molto costosi ma erogano dei servizi impeccabili? Niente affatto. Il servizio è incredibilmente scadente, non solo l'amministrazione non aiuta la vita dei cittadini contribuenti, ma la ostacola terribilmente. E, sovente, al costo diretto dei dipendenti si aggiunge il costo della corruzione, oltre a quello, altissimo, dell'inefficienza.
Chiunque a Roma conosce la caratura e il calibro dei dipendenti comunali. Ma quando questa consapevolezza viene fissata da filmati e documentazioni video non si può fare a meno di parlarne. E Le Iene, in questo senso, stanno facendo un lavoro egregio. Un lavoro giornalisticamente egregio ma all'atto pratico inutile visto che la risposta, si veda il sindaco Ignazio Marino, sta nella retorica delle mele marce. Due, tre, cinque mele marce? Ovviamente niente di tutto questo. Le eccezioni, al contrario, sono le mele sane. Pochissime e, come mille racconti che ci sono pervenuti, ghettizzate e mobbizzate. In ogni ambito della macchina comunale (dai Dipartimenti ai Vigili Urbani), se vuoi lavorare come si deve e con onestà sei visto come un pericolo e vieni messo all'angolo. Se sei uno che è incaricato di fare i controlli e i controlli li fai davvero sei un "infame" o un "fijo de na mign...". E poi, ennesimo attore di questa messinscena, c'è la sindacalista che urla "qui si lavora", ma soprattutto urla che "i problemi so artri". Tutte le comparse di questo teatro dell'osceno sono presenti in questo video. Non ci sorprendiamo, ma, ribadiamo, vedere tutto in un filmato è fondamentale ed è fondamentale che questi filmati girino il più possibile. A proposito questo è il servizio precedente.
E' la perfetta fotografia che vi motiva perché la città sta, da anni ormai, al fallimento. Oltre un miliardo di euro all'anno di deficit, che si accumula ogni anno formando un debito gigantesco che grava su tutti noi, pari a 15miliardi di euro. Significa che ciascun cittadino della città parte, appena nato, con qualcosa come 5 o 6mila di debito sulle spalle. Parliamo solo di debito comunale, lasciato dalle precedenti amministrazioni, a cui si aggiunge ovviamente il debito statale. Una tara che impedisce qualsiasi margine di manovra. Questo filmato vi fa capire perché il dramma di un commissariamento e, successivamente, di un default della città potrebbe essere comunque inferiore al dramma che ogni giorno che gli dei mandano in terra si consuma nella macchina di questa amministrazione marcia e atroce. Il commissario sarebbe costretto a licenziare questa gentaccia, sarebbe costretto a vendere o a liquidare le municipalizzate imbottide anche lì di nulla facenti, prepotenti e concussori, sarebbe costretto a prendere atto che le farmacie (pure le farmacie, pare incredibile!) comunali produto non reddito ma debito, sarebbe costretto a prendere atto che le case popolari di proprietà del Comune rendono, in media 50 euro l'una al mese. Cinquanta euro al mese per ogni appartamento. Sarebbe costretto a prendere atto che le pubbliche affissioni, a causa dell'abusivismo, sono le uniche in Italia a rendere meno di quanto costa gestirle. Sarebbe costretto a prendere atto che dai cartelloni, benché la città ne sia sepolta viva, si ricavano 17 milioni quando le potenzialità parlano di 70 o 80 milioni. E tutto per lasciare le decine di milioni di differenza nelle tasche della camorra che gestisce questo business e tutto ciò per mille altri business, dal commercio ambulante alle occupazioni di suolo pubblico, dall'edilizia alle ristrutturazioni, dai parcheggi ai mezzi pubblici che si permettono di essere in deficit ed al contempo di non combattere l'evasione tariffaria.
Tutta la gente che ha generato questa situazione, in presenza di un fallimento che ormai si avvia ad essere improcrastinabile, andrebbe in mezzo ad una strada. Le famiglie di questi maledetti, ridotte alla fame. La prepotenza e l'impunità trasformata in sofferenza e disagio. A quel punto, con quelli bravi e di qualità, si potrebbe iniziare a ricostruire da zero. Questo sarebbe il famoso incubo del default da evitare a tutti i costi? Salva Roma? E perché...?
QUI IL VIDEO
Capolinea dei mezzi pubblici a Roma. Questo è Largo Pugliese e noi non abbiamo commenti, vi chiediamo solo di condividere il più possibile questo scandalo mondiale
Qui non viene umiliato solo chi si serve del mezzo pubblico, non viene umiliata solo la città, questa è una umiliazione di tutto l'occidente civilizzato ed evoluto. Che ci siano luoghi così in Europa è una cosa di cui si dovrebbe occupare Bruxelles. Non ci sono parole. Non ce la facciamo a trovarle. Trovatele voi.
Vandali di ieri e di oggi. Ecco l'imbrattatore miserabile Bosi in un filmato di qualche anno fa
26 febbraio 2014
Una discarica addosso alla facoltà universitaria. Lo scandalo della Vasca Navale
Sono una studentessa dell'università di Roma Tre. Le condizioni in cui verte il Lungotevere e la zona di Vasca Navale sono a dir poco penose. Questa è la discarica a cielo aperto, ironicamente allestita nella zona fra il deposito Ama, l'istituto Cinetv Rossellini e la Facoltà di Ingegneria Roma Tre.
La nostra esasperazione è totale, e la mondezza si accumula giorno per giorno. Nessuno interviene e periodicamente assistiamo a quei falò terribili che avete segnalato ieri sulla vostra pagina Facebook. La zona è quella che fa angolo con Vicolo Savini, a ridosso di una piscina costruita per i mondiali di nuoto del 2010 e ovviamente mai terminata.
Isabella
*Isabella, quando ci arrivano foto dalla Vasca Navale pensiamo ad uno studente erasmus tedesco o inglese o francese. Ammesso e non concesso che ne arrivi qualcuno in Italia (roba da amatori proprio eh...). Pensiamo ai suoi mesi a Roma, alle percezioni che ricava dallo studiare in un contesto simile. Lo immaginiamo tra 10 o tra 20 anni imprenditore di successo con necessità di espandersi in Europa. Egli sceglierà la nostra città? Consiglierà i suoi colleghi a sceglierla? Il -50% di investimenti stranieri di cui ieri parlava il neo premier Renzi non sono altro che frutto di degrado: nessuno, sano di mente, investe i propri quattrini nello schifo.
-RFS
Di chi è la colpa se il tram 3 si ferma a Ostiense invece di andare fino a Trastevere? Una lettera comparsa qualche giorno fa sul Corriere della Sera
25 febbraio 2014
La quotidiana follia dei mezzi pubblici a Roma. Un incubo? No, peggio: la realtà
Roma. Ore 07:10. Il suono della sveglia del cellulare mi butta giù dal letto; la tecnica di posizionare il cellulare lontano da me per costringermi ad alzarmi funziona sempre e mi permette di evitare di chiudere la sveglia mentre sono semidormiente e semisveglio, cosa che talvolta è accaduta.
Mi alzo, vado a lavarmi e mi preparo una buona colazione.
Sono fresco e riposato, pronto a cominciare questo nuovo giorno.
Esco di casa per andare a lavoro.
Percorro i soliti trecento metri per arrivare alla fermata del tram di Largo Telese, sulla Prenestina.
Sono le 07:53, devo essere in ufficio per le 09:00, un’ora dovrebbe avanzarmi per arrivare all’altezza di Piazza Navona, dove lavoro.
Per fortuna il tempo è ottimo, fa molto caldo ed a Giugno è più che normale, c’è un bel sole che illumina una città che si prepara a vivere un altro giorno della sua storia lunga e gloriosa.
Giunto alla fermata, vedo molta gente sulla banchina, quasi tutti con il viso rivolto verso un tram che pare lontano all’orizzonte.
Mi avvicino, noto che si vocifera, dunque mi decido a chiedere informazioni.
“Mi scusi, è molto che aspetta ?”
“Guardi – mi dice con un sorriso misto di consolazione e sarcasmo – ero un giovanotto quando giunsi a questa fermata, ora ho 56 anni.”
Accolgo con un sorriso l’ironia, ma anziché assecondarlo con un’altra battuta che inevitabilmente genererebbe una discussione polemica sul servizio pubblico, non volendo perdere tempo per non fare tardi a lavoro, ribatto con una domanda seria.
“Ma sa se è successo qualche cosa ?“
“Non si sa nulla, sono passati una decina di tram dall’altra parte, ma da qui sarà almeno mezz’ora che non passa nulla.”
“Ok, la ringrazio.”
Cominciamo ad essere troppi alla fermata, molti hanno cominciato a fumare e di conseguenza anche io, pur non essendo un fumatore, attivo si intende, perché come fumatore passivo sono un veterano.
Quando il mormorio comincia a salire, ecco finalmente intravedersi in lontananza un mezzo che somiglia a un tram, diretto proprio nella nostra direzione. Gli animi lentamente si placano, ma comincia uno strano movimento.
Come nelle migliori strategie del gioco degli scacchi, ogni persona si sceglie una posizione strategica.
Il tram arriva, ma è già stracolmo, vedo delle facce spiaccicate sui finestrini, scompare quasi subito l’illusione di alcuni di trovare posto a sedere, è già tanto se riusciremo a trovare posto per viaggiare, qualcuno probabilmente dovrà restare fuori, aspettando un’altra chance o rinunciando prendendosi un giorno di ferie.
Le porte del tram si aprono a fatica, ma si aprono, c’è qualcuno che scende, non si sa se perché sia giunto alla propria destinazione o per motivi di salute, giunta anch’essa al capolinea.
Il problema ora è che chi volesse scendere non può neanche esercitare tale facoltà poiché non appena è avvenuta l’apertura delle porte, i passeggeri in attesa sulla banchina si iniziano il loro lancio tipo kamikaze. C’è qualche scambio sereno di battute tra chi sale e chi scende, ma il clima è ancora accettabile.
Passano circa cinque o sei minuti di contrattazioni, alla fine quasi tutti siamo riusciti ad entrare nel tram, ma dobbiamo ringraziare il metodo “Tetris” per esserci riusciti.
Il metodo “Tetris” funziona così.
Ogni persona si spinge con forza, nonostante non vi sia apparentemente spazio sufficiente, fino ad entrare per incastro tra una o due persone, l’utilizzo di olio sulle braccia può facilitare tale inserimento. È importante inoltre avere una certa malleabilità e flessibilità, oltre a scegliere di volta in volta il verso corretto per introdursi. Una volta che la persona si è incastrata tra due o più persone, non avrà nemmeno bisogno di reggersi agli appositi sostegni, poiché resterà in piedi qualsiasi cosa accada, anche se dovesse avere un infarto.
Sono le 8:08, finalmente ci muoviamo da Largo Telese, destinazione finale, per me, Stazione Termini, ovvero il capolinea.
L’aria non è molta, siamo davvero tanti, qualcuno più fortunato è alto oltre il metro e ottanta quindi riesce a sfruttare quel minimo di circolazione di ossigeno, ma non oso immaginare come si sta ad un metro e sessanta centimetri.
Ogni fermata sembra una stazione della Via Crucis, ognuno vive la propria passione personale ed ognuno la viva in maniera distinta. C’è chi si arrabbia, chi tace, chi sbuffa, chi mormora, chi fa battute, chi ha gli occhi chiusi, chi dorme, chi è svenuto.
Fortunatamente ci sono anche le distrazioni che aiutano a portare la croce.
Alcune delle possibilità sono:
- ascoltare le storie di vita che si raccontano i due vicini accanto
- se lo spazio lo permette, leggere le notizie sul giornale o un libro
- ascoltare in cuffia un po’ di musica
Può capitare anche di fare due chiacchiere con qualcuno, il che è quasi sempre piacevole.
Il viaggio prosegue molto lentamente perché ad ogni stazione devono ripetersi tutte le operazioni di incastro e disincastro.
La domanda che si sente più spesso in questi casi è: “Scende alla prossima?” , ed è una domanda carica di speranza, speranza che l’altro risponda “Si”.
Mentre il viaggio prosegue, avverto un certo disagio e una delle prima goccia di sudore in fronte mi suggerisce una questione profonda.
“Come mai, pur essendoci almeno 28° gradi ed usufruendo del tanto calore umano a disposizione, tutti i finestrini sono chiusi ?
Possibile che nessuno abbia caldo ?
Possibile che nessuno cominci ad avvertire questo pesantissimo odore di aria viziata ? Possibile che nessuno si accorga che non c’è l’aria condizionata ?”
Da notare che quando capita di avere in funzione l’aria condizionata, i finestrini sono miracolosamente e stupidamente tutti aperti; paradossi della vita che sempre stenterò a capire.
Intanto giungiamo ad un’altra fermata. In teoria dovremmo essere al completo e non potremmo contenere altre persone, eppure le persone che in sosta alla fermata urlano:”Andate al centro! Al centro c’è tanto spazio!” ed è a questo punto che si accende un piccolo caos, poiché da una parte le persone che sono sul tram non accennano a spostarsi, e hanno pure ragione poverini, difficile biasimarli, d’altra parte peraltro coloro che si trovano alla fermata hanno tutto il diritto di viaggiare con i mezzi per i quali pagano biglietto o abbonamento. Dunque, la diatriba è aperta: “E’ giusto che chi sta già sul mezzo possa viaggiare e chi invece si trova alla fermata debba aspettare il mezzo successivo, facendo così tardi e per di più col rischio che anche il successivo sia pieno, dovendo quindi sopportare la medesima pena ?”
Come si risolve la cosa ? Molto praticamente, attraverso il metodo “UNZIP”.
Questo metodo consiste nel aumentare la capienza del bus o del tram attraverso la compressione delle persone. Si attua dando forti spinte e facendo pressione sulle persone che automaticamente si appiccicano l’un l’altra diventando, come le prime comunità cristiane dopo Cristo, “un cuor solo e un’anima sola”. In questo caso si arriva a condividere anche il cervello, le braccia, tutto tranne borse e portafogli, gelosamente custoditi e supervisionati da sguardi polizieschi.
A questo punto un ragazzo esclama: “Evidentemente oggi è il giorno della memoria, ricordiamo l’Olocausto”.
Un signore casca in pieno nella battuta, e non comprendendola risponde seriamente:”Davvero? Perché?”
E il ragazzo: “Viaggiamo stretti come gli Ebrei… non vede?”
Beh, con l’assist servito, la battuta non poteva che riuscire, probabilmente è anche un po’ eccessiva, però comprensibile vista la situazione critica a cui siamo sottoposti; dopotutto, il fisico e la psiche sono messi davvero a dura prova.
Intanto un altro ragazzo, rivolgendosi a una ragazza, dice: “Una volta una mia amica è salita su un tram normale ed è scesa incinta.”
Le battute si sprecano, forse si cerca di distrarsi per ammazzare il tempo che sembra essere rallentato dal caldo o forse dall’autista che va a passo d’uomo nonostante la corsia preferenziale. Sta riuscendo a prendere tutti i semafori rossi, quando è verde rallenta e aspetta il giallo, e quando scatta il giallo si ferma e aspetta il rosso. Secondo me se li prende tutti rossi da capolinea a capolinea vince un premio, altrimenti non si spiega questo fatto.
Comincia a mancare l’aria, siamo troppi e troppo stretti. Qualcuno scende per la disperazione.
Siamo così stretti che è facile fidanzarsi, infatti la vicinanza con una ragazza talvolta è tale che nemmeno con la propria fidanzata si è stati così vicini.
Sembra un film di fantascienza, “2007 – Odissea nel tram”.
Cerco di non pensare che giunto a Termini, dovrò prendere un altro autobus e continuare la Via Crucis.
Sono le 08:35 e siamo a Porta Maggiore.
Molta gente scende, ma che succede ? Chiedo a una signora:
“Mi scusi, che succede adesso ?”
“Eh… ogni giorno una nuova, si è rotto il tram… dobbiamo scendere e aspettare il successivo.”
Incredibile. Sconforto. E il ritardo cresce. Scendo tra il mormorio generale.
Fortunatamente il tram seguente arriva quasi subito, ma sfortunatamente è stracolmo di tutte quelle persone che non riuscirono a salire in precedenza.
Nemmeno il miglior Dante poteva immaginare un contrappasso di tale portata.
Adesso noi che siamo giù osserviamo i volti soddisfatti di quelli che sono sul tram e che sorridendo sotto i baffi stanno consumano la loro vendetta.
“In quale girone dell’inferno mi trovo oggi ?” , penso tra me e me.
E mi rispondo anche.
“Il girone dei pendolari a Roma, uno dei peggiori, dove solo i più pazienti e tolleranti sopravvivono… ma chissà per quanto…”
Qualcuno cerca di usare il metodo UNZIP per salire, ma io ci rinuncio, sono troppo stanco e già troppo in ritardo, preferisco arrivare in salute all’ufficio.
Dopo altri cinque minuti giunge un altro mezzo, stavolta c’è spazio, posso riprendere il mio cammino verso la santità.
Non manca molto verso la destinazione tanto ambita, comincio a sentirmi meglio a tale pensiero. Intanto mi godo alcune scene grottesche, di quelle che capitano praticamente tutti i giorni.
Ci sono, infatti, quelli che si piazzano davanti le porte e lì sostano, come se dovessero scendere da un momento all’altro, ma in realtà devono giungere al capolinea; così facendo si beccano ogni due minuti l’insulto da parte del soggetto di turno che deve scendere e si era messo in fila supponendo che colui che gli stava davanti avesse buon senso, e non ponendo la mitica domanda:”Scende alla prossima ?”.
Guai a non fare questa semplice domanda.
Affidarsi alle supposizioni può risultare comodo ma è molto pericoloso oggi giorno, visto che il buon senso non esiste ormai più e siamo nel regno dell’assurdo.
Fermata. Succede quello che temevo accadesse.
Le porte si aprono. Molte persone devono scendere, ma il tizio in sosta (vietata) che sta in prima fila non si muove e blocca tutti.
“Allora si muove ?”
“Perché si mette davanti alle porte se non deve scendere ?”
“Mi fa passare per cortesia!”
“Si sposti!”
Dopo un po’, questo piccolo putiferio si placa, si ripeterà comunque alla fermata successiva se quel genio non si sposterà da lì.
Poi ci sono quelli che stanno seduti e si ricordano solo all’ultimissimo minuto che debbono scendere.
La scena è questa.
Il tram arriva alla fermata, si aprono le porte, la gente scende.
Il tizio è ancora seduto. Le porte cominciano a chiudersi. Improvvisamente lo stesso si ricorda che forse deve scendere, si alza di scatto e, sgomitando e divincolandosi come può, comincia a chiedere:”Permesso! Permesso! Scusate….devo scendere!! Mi scusi, autista, può aprire ??”.
Ora, a questo punto le sorti sono nelle mani del conducente, tutto dipende dalla sua misericordia.
Sulla base delle ultime statistiche, nel 93% dei casi l’autista fa finta di nulla, chiude le porte e prosegue il suo viaggio.
Ripartiamo.
Sono le 08:48. Piazza Vittorio Emanuele.
Qui molta gente scende e finalmente si può tornare a respirare e a riprendere l’uso degli arti superiori e inferiori.
Ormai manca poco alla Stazione Termini, da lì prenderò un altro autobus, o due se il 70 non passerà, e giungerò in ritardo all’ufficio, ma almeno arriverò, di questi tempi e con questi mezzi è già qualcosa.
Ore 09:13.
Sono arrivato.
Stanco e sudato.
Roma. Ore 07:10. Il suono della sveglia del cellulare mi butta giù dal letto.
“Azz… ma allora era un incubo ?” – mi chiedo.
Già… doveva essere proprio un brutto sogno, perché la realtà non è questa, per fortuna.
Altrimenti, sai che vita, ogni giorno una giornata in quel modo.
Ogni giorno, vivere una quotidiana follia.
Mi alzo, vado a lavarmi e mi preparo una buona colazione.
Sono fresco e riposato, pronto a cominciare questo nuovo giorno.
Esco di casa per andare a lavoro.
Percorro i soliti trecento metri per arrivare alla fermata del tram di Largo Telese, sulla Prenestina.
Sono le 07:53, devo essere in ufficio per le 09:00, un’ora dovrebbe avanzarmi per arrivare all’altezza di Piazza Navona, dove lavoro.
Per fortuna il tempo è ottimo, fa molto caldo ed a Giugno è più che normale, c’è un bel sole che illumina una città che si prepara a vivere un altro giorno della sua storia lunga e gloriosa.
Giunto alla fermata, vedo molta gente sulla banchina, quasi tutti con il viso rivolto verso un tram che pare lontano all’orizzonte.
Mi avvicino, noto che si vocifera, dunque mi decido a chiedere informazioni.
“Mi scusi, è molto che aspetta ?”
“Guardi – mi dice con un sorriso misto di consolazione e sarcasmo – ero un giovanotto quando giunsi a questa fermata, ora ho 56 anni.”
Accolgo con un sorriso l’ironia, ma anziché assecondarlo con un’altra battuta che inevitabilmente genererebbe una discussione polemica sul servizio pubblico, non volendo perdere tempo per non fare tardi a lavoro, ribatto con una domanda seria.
“Ma sa se è successo qualche cosa ?“
“Non si sa nulla, sono passati una decina di tram dall’altra parte, ma da qui sarà almeno mezz’ora che non passa nulla.”
“Ok, la ringrazio.”
Cominciamo ad essere troppi alla fermata, molti hanno cominciato a fumare e di conseguenza anche io, pur non essendo un fumatore, attivo si intende, perché come fumatore passivo sono un veterano.
Quando il mormorio comincia a salire, ecco finalmente intravedersi in lontananza un mezzo che somiglia a un tram, diretto proprio nella nostra direzione. Gli animi lentamente si placano, ma comincia uno strano movimento.
Come nelle migliori strategie del gioco degli scacchi, ogni persona si sceglie una posizione strategica.
Il tram arriva, ma è già stracolmo, vedo delle facce spiaccicate sui finestrini, scompare quasi subito l’illusione di alcuni di trovare posto a sedere, è già tanto se riusciremo a trovare posto per viaggiare, qualcuno probabilmente dovrà restare fuori, aspettando un’altra chance o rinunciando prendendosi un giorno di ferie.
Le porte del tram si aprono a fatica, ma si aprono, c’è qualcuno che scende, non si sa se perché sia giunto alla propria destinazione o per motivi di salute, giunta anch’essa al capolinea.
Il problema ora è che chi volesse scendere non può neanche esercitare tale facoltà poiché non appena è avvenuta l’apertura delle porte, i passeggeri in attesa sulla banchina si iniziano il loro lancio tipo kamikaze. C’è qualche scambio sereno di battute tra chi sale e chi scende, ma il clima è ancora accettabile.
Passano circa cinque o sei minuti di contrattazioni, alla fine quasi tutti siamo riusciti ad entrare nel tram, ma dobbiamo ringraziare il metodo “Tetris” per esserci riusciti.
Il metodo “Tetris” funziona così.
Ogni persona si spinge con forza, nonostante non vi sia apparentemente spazio sufficiente, fino ad entrare per incastro tra una o due persone, l’utilizzo di olio sulle braccia può facilitare tale inserimento. È importante inoltre avere una certa malleabilità e flessibilità, oltre a scegliere di volta in volta il verso corretto per introdursi. Una volta che la persona si è incastrata tra due o più persone, non avrà nemmeno bisogno di reggersi agli appositi sostegni, poiché resterà in piedi qualsiasi cosa accada, anche se dovesse avere un infarto.
Sono le 8:08, finalmente ci muoviamo da Largo Telese, destinazione finale, per me, Stazione Termini, ovvero il capolinea.
L’aria non è molta, siamo davvero tanti, qualcuno più fortunato è alto oltre il metro e ottanta quindi riesce a sfruttare quel minimo di circolazione di ossigeno, ma non oso immaginare come si sta ad un metro e sessanta centimetri.
Ogni fermata sembra una stazione della Via Crucis, ognuno vive la propria passione personale ed ognuno la viva in maniera distinta. C’è chi si arrabbia, chi tace, chi sbuffa, chi mormora, chi fa battute, chi ha gli occhi chiusi, chi dorme, chi è svenuto.
Fortunatamente ci sono anche le distrazioni che aiutano a portare la croce.
Alcune delle possibilità sono:
- ascoltare le storie di vita che si raccontano i due vicini accanto
- se lo spazio lo permette, leggere le notizie sul giornale o un libro
- ascoltare in cuffia un po’ di musica
Può capitare anche di fare due chiacchiere con qualcuno, il che è quasi sempre piacevole.
Il viaggio prosegue molto lentamente perché ad ogni stazione devono ripetersi tutte le operazioni di incastro e disincastro.
La domanda che si sente più spesso in questi casi è: “Scende alla prossima?” , ed è una domanda carica di speranza, speranza che l’altro risponda “Si”.
Mentre il viaggio prosegue, avverto un certo disagio e una delle prima goccia di sudore in fronte mi suggerisce una questione profonda.
“Come mai, pur essendoci almeno 28° gradi ed usufruendo del tanto calore umano a disposizione, tutti i finestrini sono chiusi ?
Possibile che nessuno abbia caldo ?
Possibile che nessuno cominci ad avvertire questo pesantissimo odore di aria viziata ? Possibile che nessuno si accorga che non c’è l’aria condizionata ?”
Da notare che quando capita di avere in funzione l’aria condizionata, i finestrini sono miracolosamente e stupidamente tutti aperti; paradossi della vita che sempre stenterò a capire.
Intanto giungiamo ad un’altra fermata. In teoria dovremmo essere al completo e non potremmo contenere altre persone, eppure le persone che in sosta alla fermata urlano:”Andate al centro! Al centro c’è tanto spazio!” ed è a questo punto che si accende un piccolo caos, poiché da una parte le persone che sono sul tram non accennano a spostarsi, e hanno pure ragione poverini, difficile biasimarli, d’altra parte peraltro coloro che si trovano alla fermata hanno tutto il diritto di viaggiare con i mezzi per i quali pagano biglietto o abbonamento. Dunque, la diatriba è aperta: “E’ giusto che chi sta già sul mezzo possa viaggiare e chi invece si trova alla fermata debba aspettare il mezzo successivo, facendo così tardi e per di più col rischio che anche il successivo sia pieno, dovendo quindi sopportare la medesima pena ?”
Come si risolve la cosa ? Molto praticamente, attraverso il metodo “UNZIP”.
Questo metodo consiste nel aumentare la capienza del bus o del tram attraverso la compressione delle persone. Si attua dando forti spinte e facendo pressione sulle persone che automaticamente si appiccicano l’un l’altra diventando, come le prime comunità cristiane dopo Cristo, “un cuor solo e un’anima sola”. In questo caso si arriva a condividere anche il cervello, le braccia, tutto tranne borse e portafogli, gelosamente custoditi e supervisionati da sguardi polizieschi.
A questo punto un ragazzo esclama: “Evidentemente oggi è il giorno della memoria, ricordiamo l’Olocausto”.
Un signore casca in pieno nella battuta, e non comprendendola risponde seriamente:”Davvero? Perché?”
E il ragazzo: “Viaggiamo stretti come gli Ebrei… non vede?”
Beh, con l’assist servito, la battuta non poteva che riuscire, probabilmente è anche un po’ eccessiva, però comprensibile vista la situazione critica a cui siamo sottoposti; dopotutto, il fisico e la psiche sono messi davvero a dura prova.
Intanto un altro ragazzo, rivolgendosi a una ragazza, dice: “Una volta una mia amica è salita su un tram normale ed è scesa incinta.”
Le battute si sprecano, forse si cerca di distrarsi per ammazzare il tempo che sembra essere rallentato dal caldo o forse dall’autista che va a passo d’uomo nonostante la corsia preferenziale. Sta riuscendo a prendere tutti i semafori rossi, quando è verde rallenta e aspetta il giallo, e quando scatta il giallo si ferma e aspetta il rosso. Secondo me se li prende tutti rossi da capolinea a capolinea vince un premio, altrimenti non si spiega questo fatto.
Comincia a mancare l’aria, siamo troppi e troppo stretti. Qualcuno scende per la disperazione.
Siamo così stretti che è facile fidanzarsi, infatti la vicinanza con una ragazza talvolta è tale che nemmeno con la propria fidanzata si è stati così vicini.
Sembra un film di fantascienza, “2007 – Odissea nel tram”.
Cerco di non pensare che giunto a Termini, dovrò prendere un altro autobus e continuare la Via Crucis.
Sono le 08:35 e siamo a Porta Maggiore.
Molta gente scende, ma che succede ? Chiedo a una signora:
“Mi scusi, che succede adesso ?”
“Eh… ogni giorno una nuova, si è rotto il tram… dobbiamo scendere e aspettare il successivo.”
Incredibile. Sconforto. E il ritardo cresce. Scendo tra il mormorio generale.
Fortunatamente il tram seguente arriva quasi subito, ma sfortunatamente è stracolmo di tutte quelle persone che non riuscirono a salire in precedenza.
Nemmeno il miglior Dante poteva immaginare un contrappasso di tale portata.
Adesso noi che siamo giù osserviamo i volti soddisfatti di quelli che sono sul tram e che sorridendo sotto i baffi stanno consumano la loro vendetta.
“In quale girone dell’inferno mi trovo oggi ?” , penso tra me e me.
E mi rispondo anche.
“Il girone dei pendolari a Roma, uno dei peggiori, dove solo i più pazienti e tolleranti sopravvivono… ma chissà per quanto…”
Qualcuno cerca di usare il metodo UNZIP per salire, ma io ci rinuncio, sono troppo stanco e già troppo in ritardo, preferisco arrivare in salute all’ufficio.
Dopo altri cinque minuti giunge un altro mezzo, stavolta c’è spazio, posso riprendere il mio cammino verso la santità.
Non manca molto verso la destinazione tanto ambita, comincio a sentirmi meglio a tale pensiero. Intanto mi godo alcune scene grottesche, di quelle che capitano praticamente tutti i giorni.
Ci sono, infatti, quelli che si piazzano davanti le porte e lì sostano, come se dovessero scendere da un momento all’altro, ma in realtà devono giungere al capolinea; così facendo si beccano ogni due minuti l’insulto da parte del soggetto di turno che deve scendere e si era messo in fila supponendo che colui che gli stava davanti avesse buon senso, e non ponendo la mitica domanda:”Scende alla prossima ?”.
Guai a non fare questa semplice domanda.
Affidarsi alle supposizioni può risultare comodo ma è molto pericoloso oggi giorno, visto che il buon senso non esiste ormai più e siamo nel regno dell’assurdo.
Fermata. Succede quello che temevo accadesse.
Le porte si aprono. Molte persone devono scendere, ma il tizio in sosta (vietata) che sta in prima fila non si muove e blocca tutti.
“Allora si muove ?”
“Perché si mette davanti alle porte se non deve scendere ?”
“Mi fa passare per cortesia!”
“Si sposti!”
Dopo un po’, questo piccolo putiferio si placa, si ripeterà comunque alla fermata successiva se quel genio non si sposterà da lì.
Poi ci sono quelli che stanno seduti e si ricordano solo all’ultimissimo minuto che debbono scendere.
La scena è questa.
Il tram arriva alla fermata, si aprono le porte, la gente scende.
Il tizio è ancora seduto. Le porte cominciano a chiudersi. Improvvisamente lo stesso si ricorda che forse deve scendere, si alza di scatto e, sgomitando e divincolandosi come può, comincia a chiedere:”Permesso! Permesso! Scusate….devo scendere!! Mi scusi, autista, può aprire ??”.
Ora, a questo punto le sorti sono nelle mani del conducente, tutto dipende dalla sua misericordia.
Sulla base delle ultime statistiche, nel 93% dei casi l’autista fa finta di nulla, chiude le porte e prosegue il suo viaggio.
Ripartiamo.
Sono le 08:48. Piazza Vittorio Emanuele.
Qui molta gente scende e finalmente si può tornare a respirare e a riprendere l’uso degli arti superiori e inferiori.
Ormai manca poco alla Stazione Termini, da lì prenderò un altro autobus, o due se il 70 non passerà, e giungerò in ritardo all’ufficio, ma almeno arriverò, di questi tempi e con questi mezzi è già qualcosa.
Ore 09:13.
Sono arrivato.
Stanco e sudato.
Roma. Ore 07:10. Il suono della sveglia del cellulare mi butta giù dal letto.
“Azz… ma allora era un incubo ?” – mi chiedo.
Già… doveva essere proprio un brutto sogno, perché la realtà non è questa, per fortuna.
Altrimenti, sai che vita, ogni giorno una giornata in quel modo.
Ogni giorno, vivere una quotidiana follia.
A Re di Roma suona l'allarme anti-incendio senza che ci vi sia alcun incendio. Niente di più pericoloso che gridare 'al lupo, al lupo' su queste cose
24 febbraio 2014
Ecco un video della situazione registrata a Re di Roma l'altro giorno alle ore 17 circa. Secondo voi qual è stata la risposta dei due addetti di stazione presenti?
“Eh, lo sappiamo”. Ma allora perché non lo spengono? Perché non sono partiti automaticamente gli idranti antincendio? Perché la stazione non è stata evacuata per precauzione?
Non c’è niente di più pericoloso che far pensare alla gente (e ormai lo pensano, visto che nessuno era minimamente preoccupato) che l’allarme antincendio possa essere un bluff. Pochi secondi, in caso di vera emergenza, possono fare la differenza tra la vita e la morte.
Lettera Anonima
L'ennesima campagna di affissioni pirata di Fratelli d'Italia. Questi sporcaccioni sono la nuova destra italiana?
Soldi rubati al bilancio di Ama per pulire.
Soldi rubati agli inserzionisti regolari che vengono coperti.
Soldi dilapidati in incidenti dovuti alle cartacce abusive che finiscono a terra e rendono insidioso il manto stradale
Soldi rubati al Comune per inserzioni che non pagano la
Soldi rubati alla città che più è elevato l'abusivismo e la bruttezza e più riduce il numero di turisti, di investimenti
Soldi intascati dal volgare e violento racket delle ditte e delle cooperative di affissini
Tutto questo e molto altro sono le affissioni abusive a Roma. Un fenomeno che non esiste da nessuna altra parte del mondo. Che è anche difficile da spiegare uscendo dai nostri confini, ma che è difficile da spiegare anche a Bologna, a Firenze, a Torino, a Milano. L'ultima campagna è quella di Fratelli d'Italia, un partito che fin dalla sua nascita si è sempre contraddistinto per una illegalità diffusa, una violenza sulla città assurda fatta di continui imbrattamenti sempre completamente all'insegna dell'abusivismo e dell'evasione fiscale. Quando glielo fai notare i loro esponenti come Federico Mollicone o l'elegantissima Chiara Colosimo, o ti rispondono male (chi combatte per il bene comune e per il rispetto della città è secondo loro sotto sotto uno sfigato) oppure ti spiegano loro sono piccoli e non hanno canali per cui devono fare per forza così. Non spiegano però perché l'abusivismo e l'illegalità la esercitino solo a Roma, come hanno fatto per il patetico esercizio delle loro Primarie (???), e non in altre città. A Torino, a Milano o a Bologna la storia che sono piccoli e che dunque devono fare abusivismo per farsi largo non vale? Oppure lì si ha paura di venire realmente multati e repressi?
Sia chiaro dunque che chi ha votato per queste primarie lo scorso fine settimana è stato complice dell'ennesimo scempio: affissioni dovunque, sui cantieri, sui muri privati, sui monumenti, sui cartelloni coprendo pubblicità regolarmente pagate. Basta nominati dicono i manifesti totalmente pirata, non sarebbe il caso di dire invece Basta politici sporcaccioni abusivi?
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