Una lunga storia di occupazione di suolo pubblico: i furgoni-cantina

22 gennaio 2024

 


Cara Roma fa Schifo,


era da un po' che vi volevo raccontare una storia che, almeno secondo me, rende perfettamente l'idea di come a Roma, in fondo, sia possibile disporre a proprio piacimento del suolo pubblico, anche grazie alla collaborazione della sempre 'solerte' polizia municipale.

Questa storia, in particolare, inizia tanto tempo fa, per la verità addirittura più di venti anni fa, quando in Piazza Madonna del Cenacolo, nella signorile Balduina, qualcuno decide che tutto quello spazio (che in città normali sarebbe stato usato per verde pubblico) poteva avere un altro scopo, ovvero ospitare un vecchio malandato furgone da utilizzare come cantina personale.

Passano gli anni, cambia tutto, dall'asfalto della piazza (rifatto due volte) all'edicola vicina (ormai chiusa), ma quel furgone resta sempre lì (compare anche nella prima foto di Google Street View), anzi, tanto per rendere la cosa più interessante, intorno al 2010 il proprietario, forse desideroso di contribuire all'estetica della piazza, decide di sostituirlo con un altro. Ovviamente stessa posizione e stessa funzione di cantina personale.


Arriviamo così ai giorni nostri, in cui quel furgone si erge ancora lì fiero monumento dell'incuria romana. Gomme sgonfie, carrozzeria arrugginita, ultima revisione probabilmente fatta nel '15/'18, muschio che cresce ovunque e, al di sotto, l'asfalto che ha lentamente ceduto il passo alla terra e alla vegetazione infestante; ma no, non c'è modo da farlo schiodare, neanche il divieto di sosta apposto in questi giorni per realizzare il cantiere necessario per effettuare il rifacimento della strada che, ovviamente, si è adattato ad un momento di tale importanza.

Anzi, a rendere tutto ancor più divertente è il fatto che, nel tracciare la zona di divieto di sosta, la sempre 'solerte' polizia municipale abbia addirittura prestato omaggio ad un'opera di tal rilievo, di fatto ponendo i segnali in modo da tale da non ricomprenderlo.


Insomma, viste come sono andate le cose sinora sono sicuro che tra diversi decenni probabilmente potrò mostrare 'fiero' un simile monumento ai miei nipotini e dire loro "Questo furgone era qui quando era ragazzo e resterà qui quando voi diventerete adulti, a dimostrazione del fatto che a Roma tutto è eterno, anche l'inciviltà dei suoi cittadini e l'inutilità delle sue istituzioni".

Un saluto pieno di tristezza per lo stato di questa città,
FEDERICO

p.s.
Pensavate fosse finita e invece no, perché, da quel che posso intuire, il proprietario del furgone in tempi recenti ha deciso di ampliare la cantina con un altro mezzo, un fuoristrada enorme, anche se, facendo una gentilissima concessione al quartiere, ogni tanto lo sposta... giusto quei 3/4 giorni all'anno in cui ha evidentemente necessità di andare in guerra col suo mezzo altrimenti adibito a cantina 2.0.

C'era una volta, a Roma, il Museo del Risorgimento

7 aprile 2022


Aveva un ingresso imponente su un lato del Vittoriano e la scritta "Museo del Risorgimento" sovrastava la grande porta. Fino a circa 15 anni fa era gratuito, si accedeva da questo bell'ingresso utilizzato anche per le mostre temporanee ed oltre al museo stesso si poteva visitare il sacrario delle bandiere. Ogni volta che se ne aveva voglia, si poteva entrare liberamente e respirare quella parte di storia così importante per l'Italia; ricordo di aver passato ore cercando di decifrare alcune lettere esposte, scritte con una forma ed una eleganza ormai perdute.

Ci sono poi tornata 4 o 5 anni fa, l'ingresso era stato spostato, era più defilato, ma pazienza. Si pagava un piccolo biglietto di € 5,00 che valeva già da solo le spiegazioni che uno degli addetti, un signore sui 55 anni, ti dava liberamente per passione.
Ho tentato di tornarci due settimane fa, ho girato attorno al Vittoriano per trovare l'ingresso e quando con sconforto ho capito che l'unico accesso era attraverso una porticina del cancello alla base della scalinata, mi sono fatta scoraggiare dalla lunga fila di turisti, a cui probabilmente del Museo del Risorgimento non interessava nulla, e me ne sono andata.
Ci sono tornata sabato scorso, il 2 aprile, certa che la pioggia ed il freddo non mi avrebbero fatto trovare fila, e così è stato.
Varco la porticina, salgo le scale seguendo un percorso obbligato nonostante l'immenso spazio. Un percorso obbligato che anziché disperdere chi entra, tiene tutti più vicini come se non ci fosse in corso una pandemia. 
Salgo la prima scalinata, poi ne salgo un'altra ed arrivo sulla terrazza dove c'è la statua equestre di Vittorio Emanuele II. Mi dirigo verso la porta alla base del propileo: chiusa. Che strano.
Attraverso la terrazza seguendo il percorso obbligato, sorpasso il bar e mi ritrovo alla biglietteria dell'ascensore. Chiedo ad un addetto dove posso trovare l'ingresso del Museo del Risorgimento, mi dice che quella è la biglietteria e che devo fare prima lì il biglietto. "Ma io non voglio prendere l'ascensore, voglio solo vedere il museo", dice che è la stessa biglietteria, poi controlla l'ora e mi comunica che sono le 11.25 e che alle 11.30 c'è il prossimo ingresso contingentato, altrimenti quello successivo sarebbe stato alle 14.30.
Mi metto in coda in mezzo ad almeno una ventina di persone ammucchiate che volevano per lo più salire sull'ascensore.
Alla biglietteria mi comunicano che il biglietto è integrato e che DEVO acquistare quindi l'ingresso anche per Palazzo Venezia e per l'ascensore panoramico: totale? € 12.

Entro alle 11.40 e chiudono il portone dietro di me. Inizio la visita lentamente, leggendo tutto dato che sono andata per approfondire alcuni aspetti del Risorgimento.
Dopo 10 minuti dal mio ingresso (h. 11.50), un'addetta Ales mi comunica che per mezzogiorno, massimo mezzogiorno e dieci devo uscire. Guardo il resto velocemente, senza poter leggere nemmeno tutte le didascalie più corte. L'addetta mi aspetta sulla porta, tenendola socchiusa perché aspetta che me ne vada. Prima di uscire le chiedo perché chiudano, di sabato, all'ora di pranzo.

Mi guarda perplessa ed inizia a dare risposte contrastanti e campate per aria.
Mi dice che devo uscire perché PROBABILMENTE deve entrare un gruppo. Le rispondo che gli ingressi contingentati servono a questo, a fare entrare le persone scaglionate e che man mano che le prime procedono le altre seguono, senza dover buttare fuori le persone. Le faccio inoltre notare che non mi si può chiedere di lasciare un museo dopo solo mezzora dal mio ingresso, non essendo orario di chiusura e che anzi, mancano più di 6 ore (sul sito del Museo del Risorgimento, si legge che è aperto "Tutti i giorni, ingresso con partenza ogni ora dalle 9.30 alle 18.30").
Rimarco sul fatto che ho speso dodici euro per comprare tre biglietti quando invece ne volevo solo uno, che non sono riuscita a vedere il museo e che nessuno non solo non mi ha avvertita che avevo solo mezzora per la visita (e che magari così ci avrei rinunciato) ma nemmeno mi spiega perché devo uscire.
La ragazza (Ales) si altera e con sguardo aggressivo quasi mi urla che probabilmente è perché sono pochi, apre la mano a raggiera e continua "Cinque. Le vede le dita??? Siamo solo in cinque". Io continuo a non capire perché me ne devo andare ma rendendomi conto che la conversazione non porta a nulla saluto e me ne vado.
Esco, scendo le scale e nel brutto gabbiotto di legno che hanno costruito di fianco alla porta e di fronte al busto del povero Ing. Sacconi, progettista del Vittoriano, rivolgo le stesse obiezioni e domande all'addetta Ales che se ne sta rintana là dentro.
La conversazione è stata più o meno come quella precedente, solo più strafottente.

Come si pensa di poter valorizzare così un museo di per sè sempre poco visitato?
A me personalmente è passata la voglia di tornarci.
SUSANNA CANTUCCI

Sono tornato a Parigi e le differenze con Roma mi hanno lasciato...

22 febbraio 2022


Mi sono recato alcune settimane fa a Parigi, dopo alcuni anni che mancavo da questa splendida città. Avevo letto qualche articolo che parlava molto male della nuova gestione comunale da parte della sindaca Anne Hidalgo, per cui mi ero veramente preparato al peggio. Come al solito, ho trovato invece una città efficientissima, abbastanza pulita (quantomeno in linea con le altre capitali europee), piena di iniziative culturali e imprenditoriali, ancora leader per quanto riguarda le novità architetturali ed urbanistiche, senza paragoni per ciò che concerne i trasporti pubblici. 


Però mi sono detto: le differenze con l'amata Roma le apprezzi solo se provi a mettere a confronto punto-punto i vari aspetti che le caratterizzano. Strade, arredo urbano, trasporti, ciclabili, fruizione del proprio fiume. Ed ecco che è uscito un piccolo reportage fotografico che confronta le due Capitali e qualche considerazione personale, su cui invito tutti a meditare.

ATTRAVERSAMENTI PEDONALI E ARREDO URBANO
Sappiamo bene che non esistono a Roma strisce pedonali che non siano anche un (pericoloso) parcheggio abusivo. Molto potrebbe essere risolto proteggendo gli attraversamenti pedonali con opportuni paletti, come hanno pensato bene di fare oltralpe 





MARCIAPIEDI
Stesso concetto si applica ai marciapiedi: in un caso, ampi spazi dedicati al passeggio e alla fruizione in tranquillità dei negozi, nell'altro spazi adibiti a piazzole di sosta per le bancarelle o a sgarrupati e risicati passaggi per i pedoni, tra un'auto e l'altra. Impossibile lasciarsi sfuggire anche la netta differenza qualitativa nei materiali usati: asfalto a Roma, lastre di basalto o altro materiale duraturo nella Capitale francese, così da consentire una resistenza più duratura e meno costi di manutenzione nel tempo (ovviamente assumendo che nessuna auto o furgone ci parcheggi poi sopra...) 










TRASPORTI - METRO
Va bene, questa è facile, però il confronto è sempre utile. Lasciando perdere il numero spropositato di linee metro/RER presenti a Parigi, concentriamoci un attimo sui servizi disponibili: a Roma, in quasi tutte le stazioni, troviamo box informazioni non presidiati oppure, ove presidiati, con i vetri coperti da fogli di vario genere, così da rendere difficile qualsiasi interazione con gli addetti. A Parigi esiste ovunque o un box informazioni sempre aperto (e con personale gentilissimo) oppure un sistema di comunicazione con la centrale, che permette di parlare con un operatore remoto. Tutto provato e funzionante. A ciò si aggiungono totem informativi di ultima generazione, sempre aggiornati, e biglietterie automatiche che -da anni- accettano tutti i tipi di pagamento.









TRASPORTI - TRAM
Altra bella scoperta fatta a Parigi, il sistema tranviario. Anche in questo caso, vetture di ultima generazione, naturalmente pulitissime, banchine informatizzate con gli orari di transito dei mezzi, binari protetti e camuffati con un bel manto erboso. Sappiamo tutti a Roma quale sia la situazione, sia come età delle vetture, sia come percorsi.






CICLABILI
La città ha avuto negli ultimi 10 anni un vero e proprio boom di questo tipo di mobilità: al servizio Vélo Paris, dotato di rastrelliere e aree di parcheggio specifiche, si sono affiancati numerosi operatori internazionali free floating. A differenza di Roma, però, da un lato le piste ciclabili vengono realizzate con canoni di qualità e manutenute in maniera impeccabile, dall'altro esistono numerosi spazi dedicati alla sosta e ricoveri protetti lungo molte strade. 






BANCHINE LUNGO IL FIUME
Ultimo aspetto, non trascurabile: la fruizione del proprio fiume. Ho potuto osservare decine e decine di persone a passeggio lungo le banchine della Senna, tenute anche queste in maniera impeccabile. Impossibile non fare il confronto con il Tevere, tra muri sporchi e piccole tendopoli per i più disperati.




Insomma, Parigi avrà pure accumulato un bel po' di problemi negli ultimi anni (sicurezza, pulizia, periferie), ci mancherebbe. Ma Roma ne ha accatastati in maniera esponenziale e, senza un serio cambio di passo e una volontà precisa anche da parte del Governo centrale, sarà impossibile uscirne.

Andrea Castellani

Arrivare a Fiumicino la sera. Semplicemente un incubo

2 gennaio 2022


Vorrei portare all’attenzione la terribile situazione dei trasporti tra l’aeroporto di Fiumicino e Roma, che dopo le 23 sono vergognosamente inesistenti. 

Sono tornato con un volo da Budapest e sono atterrato poco dopo le 23. Quello che ci si aspetta è che un aeroporto internazionale abbia svariati mezzi per raggiungere la capitale d’Italia, ma ho scoperto a mie spese che non è cosi! 

Il primo treno per termini è alle 6, gli autobus (di linea e privati) passano solo a partire dalla mattinata, non c’era nulla di car sharing, e in poche parole l’unico modo che si ha per raggiungere Roma sono loro... i taxi. E qui viene il bello. 

All’uscita del Terminal 3 si trovano degli abusivi che con un atteggiamento aggressivo si litigano i poveri turisti da spennare come avvoltoi sul cadavere, e gli rifilano delle fregature vomitevoli. Davanti a me un tassista abusivo urlava in faccia a chiunque provasse a sindacare che 80 euro non era il prezzo corretto per la corsa, ma lui con fare aggressivo diceva che “quelli dii taxi bianchi dicono le cazzate, portamoo qua quello che te dice ssi prezzi che ce penso io!!! nun ce stanno e tariffe fisse è notte costa de più, meno de 80 euro nun lo trovi se vuoi sali senno o dormi qua o vattene co quessi dii taxi bianchi!”…non ho mai visto una situazione simile in nessun aeroporto europeo. 

Una signora straniera era talmente impaurita e pallida in viso che se l’è data a gambe. Il bello è che i tassisti regolari sono sotto scacco di questi soggetti che con fare mafioso decidono chi lavora e chi no. Se parli con i tassisti regolari ti spiegano che hanno paura. Non è possibile che le uniche alternative per chi arriva a Roma dopo le 23 (non le 4 di mattina… le 23!) sia dormire come i clochard alla stazione aspettando le 6, o pagare 60 euro e prendersi insulti strattonamenti e urli in faccia da questi banditi. 

Ovviamente non si faccia di tutta l’erba un fascio, i tassisti regolari e onesti ci sono, e io sono riuscito a trovarne uno che mi facesse pagare col pos (si, perché poi una volta trovato il taxi, devi sperare anche che ti faccia una ricevuta o ti faccia pagare col pos, cosa molto ma molto complicata). Eppure dentro l’aeroporto ci sono Guardia di Finanza, Polizia, Carabinieri, e chi più ne ha più ne metta… possibile nessuno faccia niente su questa situazione vergognosa che perdura da anni? Possibile che nessuno si occupi della carenza di trasporto delle persone da e verso l’aeroporto? 

Solo per fare un confronto, l’aeroporto di Budapest distava dalla città di una 30ina di km, e c’erano taxi, Uber, navette private che ti portano sia nei punti centrali sia davanti la porta (a partire da 6 euro), autobus di linea ogni 10 minuti (3 euro) treni e metro, il tutto disponibile in qualunque orario. Possibile che un turista che viene a visitare e a portare economia a Roma debba essere umiliato in questa maniera? Personalmente mi sono vergognato come un cane a vedere quella gente trattata in quel modo...

LETTERA FIRMATA

Quartieri di Roma in mano a bande di ladri e predoni. Un video mentre svaligiano

27 marzo 2020
Altro che lockdown alla cinese con videosorveglianza, app, georeferenziazione e controlli con i droni. Qui c'è il lockdown alla romana: ovvero la gente normale rispetta le norme, mentre i prepotenti fanno come gli pare. 
Ma secondo voi chi organizza autentiche bande di scippatori minorenni per tenere in scacco i turisti che usano la metro, si ferma davanti alle restrizioni per una pandemia? Sai che gli importa a loro!?


E allora eccoli: girano in gruppo, forse fingono di fare la spesa portandosi dietro dei carrelli, ma all'interno c'è solo refurtiva. Lo vediamo nella seconda parte del video, con il giovane predone che una volta forzata una vettura ne fuorisce dopo aver riempito di maltolto il solito carrellino, mentre la compare fa il palo all'angolo. Naturalmente in pieno giorno tanto la città è totalmente deserta e tanto anche se prendi una salatissima multa fai come sempre: non la paghi. Questa gente si fa beffe della legge rubando e scippando, figuriamoci cosa gli importa di una contravvenzione o di una ammenda presa per aver violato le restrizioni causa epidemia.


Il video è girato a Trastevere, ma la storia si ripete in molti altri quartieri della città. Chissà se nell'Italia del Dopoepidemia queste assurde situazioni di violenza, sopruso e ingiustizia potranno venire finalmente sanate una volta per tutti e chissà se finalmente i cittadini potranno essere tutti uguali per davvero senza allucinanti sacche di prepotenza di chi, ben consapevole dei limiti della norma, arriva a inanellare gravidanze con l'unico scopo di non finire in carcere per furto. Sperando che tutto questo abbia fine, per il momento dovrete sacrificare i cristalli delle vostre auto. 

Lo strano mistero del Coronavirus che sembra non esistere a Roma

2 marzo 2020
Ormai è chiaro che l'epidemia virale provocata dal Coronavirus e le sue conseguenze potranno essere arginate solo appellandosi ad un miracolo stagionale, o alla immediata messa a punto di un farmaco rapido ed efficace adatto alla somministrazione domestica (in attesa del vaccino), o infine alla implementazione di misure restrittive sul modello cinese che però il Governo non sembra intenzionato a attuare e che forse saranno attuate quando sarà troppo tardi. 

In tutto questo caos che ricordiamolo non è solo italiano ma mondiale, c'è però una particolarità: Roma
In Italia, per ragioni che si chiariranno in futuro, abbiamo avuto un significativo focolaio nella Bassa lombarda. Questo focolaio è stato scoperto probabilmente molto tardi rispetto al suo inizio e in maniera assolutamente casuale: un ragazzo, affetto da polmonite, è stato ricoverato come tanti altri ricoverati di polmonite a partire dalle festività di Natale nella zona di Lodi e Piacenza. Un anestesista però, chiacchierando con la moglie in ospedale, scopre che il ragazzo - dirigente all'Unilever - era stato a cena con un collega tornato dalla Cina. Così per mero scrupolo viene fatto lo screening per Coronavirus che dà esito positivo. Senza questa casualità magari oggi lo sconquasso che sta perturbando il mondo non si sarebbe (ancora) generato e avremmo semplicemente negli ospedali alcune decine di ricoverati per polmonite come avviene peraltro ogni anno e alcuni anziani morti per complicazioni dovute a influenza e polmonite esattamente come avviene ogni inverno.

Da quel momento però la macchina si è avviata e in Italia si è iniziata la ricerca dei positivi prelevando tamponi dalle gole di migliaia e migliaia di persone anche e soprattutto tracciandone i contatti. Essendo il virus con ogni probabilità circolante da settimane ed essendo appunto stato trovato solo per caso, i positivi sono stati molti e in crescita esponenziale. Il contagio in Lombardia si è rivelato essere ampio, molte persone passate dalla Lombardia (per una settimana bianca ad esempio) e poi tornate nel loro paese si sono insospettite e al primo sintomo di raffreddore hanno richiesto uno screening risultato positive: molti casi individuati all'estero risultano di "origine" italiana. Il virus è arrivato a contagiare rappresentanti delle più significative istituzioni milanesi come La Scala o, oggi stesso, addirittura un assessore della Giunta Regionale.

Bene, dove sta la stranezza? La stranezza sta nel fatto che Milano e la Lombardia hanno appiccicato il virus a mezzo Mondo fin su su in Islanda o giù giù in Nigeria ma non sembrerebbe che l'abbiano appiccicato all'area con la quale Milano e la Lombardia hanno maggiori interscambi quotidiani: Roma e il Lazio. Come è possibile questa circostanza?

La risposta verosimile è soltanto una: non si fanno controlli. Se in Lombardia e in Veneto (e anche in Emilia Romagna) si è andati - o si andava fino a qualche giorno fa - a "cercare" il virus (molto spesso trovandolo) perfino in persone prive del minimo sintomo, a Roma e nel Lazio si tralasciano - a dar credito alle esperienze riportate da molti cittadini - anche persone con 39 e mezzo di febbre. Ed empiricamente lo potrà verificare chiunque di voi chiederà uno screening al 1500 o al 118. Anche in presenza di sintomatologie, si tende a fare tamponi solo e soltanto a chi può dimostrare incontrovertibilmente di aver avuto interscambi con la zona rossa (come ha potuto affermare la signora di Fiumicino che con la sua famiglia è oggi l'unica ricoverata per Coronavirus nel Lazio assieme ad un Vigile del Fuoco che ha potuto dimostrare di essere venuto in contatto con una persona della zona rossa e, stessa history, per un Poliziotto. Come se per ottenere uno straccio di tampone a Roma si debba utilizzare l'autorevolezza della divisa...). 
Essere stati in zona rossa significa però davvero poco: ovviamente la percentuale di rischio è ben maggiore, ma il livello di capacità infettiva del virus è talmente significativo che limitarsi a quello è risibile per restituire una reale fotografia delle condizioni della città.

Chiaramente gli ospedali romani non possono andare a fare i tamponi a chiunque abbia febbre e mal di gola a fine febbraio e inizio marzo altrimenti occorrerebbero alcune centinaia di migliaia di tamponi nel solo Lazio, ma neppure restare così indietro rispetto ad altre regioni. Come si può vedere dai dati di oggi riportati qui sopra, su 21mila tamponi complessivi effettuati in Italia, Roma e il Lazio ne hanno fatti un po' meno di 800.

Si potrebbe obbiettare però come segue: è vero che i tamponi sono pochi, ma è anche vero che nel Lazio non c'è nessuno che ha richiesto un ricovero in terapia intensiva, se ci fosse stato in circolo il virus avremmo avuto anche i ricoverati  con difficoltà respiratorie come hanno al Nord. Questa lettura può essere corretta e possiamo provare anche a spiegarla: magari a Roma il virus c'è (perché come abbiamo detto è inverosimile che non ci sia) ma attecchisce meno, ha più difficoltà, è indebolito, magari il virus è più virulento e aggressivo nelle pianure inquinate dall'agricoltura intensiva del nord Italia, della Bassa Lodigiana, delle Valli Bargamasche, della Pianura Veneta. E magari da noi con l'aria buona, la ventilazione che pulisce, un inquinamento inferiore gli effetti sono minimi e assolutamente non superiori ad una normalissima influenza. Questo contribuirebbe a dimostrare (sempre in maniera totalmente empirica, intendiamoci: si sta facendo del puro brainstorming) anche la larga propagazione dell'epidemia in aree storicamente molto inquinate come Wuhan in Cina e Daegu in Corea del Sud.

Bene. Questa è una risposta. Ma ce ne possono essere mille altre di letture. Un'altra lettura è che semplicemente da noi l'incubazione del virus è più indietro. Ci sta concedendo dei giorni in più rispetto al nord Italia. Il virus c'è, ma è ancora spento. Nella condizione in cui era probabilmente in Lombardia un mese fa. Ma se abbiamo un mese o due settimane di "vantaggio" (ovvero se tra un mese avremo noi nel Lazio lo scenario che oggi vediamo in Lombardia) perché sciupare questo vantaggio senza prendere ora contromisure che potrebbero essere decisive tra qualche settimana per tenere a bada il numero di riproduzioni di base dell'epidemia? Perché aspettare l'eventuale "tsunami" (così lo hanno definito all'ospedale Sacco di Milano) di casi gravi facendosi cogliere di sorpresa? Curare le persone non sarebbe di per se un problema perché il SARS COV2 (Covid19) è largamente curabile, ma c'è un particolare: le cure sono molto lunghe (i due cinesi, autentici pazienti zero romani, sono usciti dall'emergenza dopo un mese quasi!) e impegnative e spesso richiedono la terapia intensiva penumologica in isolamento. A Roma, stando alle dichiarazioni apparse sulla stampa negli ultimi giorni, ci sono 11 posti complessivi in terapia intensiva penumologica. Molti altri se ne potranno creare ma se dovessimo replicare tra qualche giorno lo scenario Lombardo come faremo a fronteggiare decine e decine di casi in terapia intensiva? Il sistema sanitario rischierebbe di andare in panne con conseguenze per chi deve curarsi le polmoniti provocate dal nuovo virus e con conseguenze su tutti gli altri: da chi ha un infarto, un ictus, una peritonite o altro.

Forse una strada potrebbe essere quella di aumentare il numero degli screening. Smetterla di ignorare tutte le segnalazioni non relative a contatti con la zona rossa e capire effettivamente quale è lo scenario reale della città in relazione ai positivi e fare le relative proiezioni, attrezzando gli ospedali per quello che potrà succedere. Magari si potrà scoprire che è opportuna una settimana o due di chiusura delle università, delle scuole, delle manifestazioni anche a Roma. O magari si potrà scoprire che c'è meno da preoccuparsi perché il virus perde di violenza in zone più salubri come per fortuna è la Capitale. Ma oggi, in assenza di dati, nessuna considerazione si riesce a fare.

Dopodiché incrociamo le dita e speriamo che l'arrivo delle temperature miti della primavera indebolisca e fiacchi il virus come avviene storicamente per tutti i virus influenzali. Ma gestire le epidemie sperando nel fato è cosa che attiene al medioevo...

Elezioni comunali del 2021 a Roma. Il borsino dei possibili candidati con tanto di voti

13 febbraio 2020
Come i nostri lettori sanno alla perfezione, siamo del parere che nessun sindaco e nessuna nuova classe dirigente in sostituzione a quella - rivoltante - del Movimento 5 Stelle possa salvare la città. Non lo consente il contesto, non lo consentono le condizioni drammatiche della città, non lo consente l'ecosistema normativo. Roma è un malato terminale e per i malati terminali occorrono procedure d'urgenze, in deroga a tutte le profilassi: andare di nuovo a normali elezioni, eleggere un normale sindaco sostenuto da un normale consiglio d'amministrazione è semplicemente un suicidio. Chiunque vincerà, già sappiamo che fallirà e - addirittura - avrà l'opportunità di fare perfino peggio dei predecessori anche se sembra impossibile (ma anche dopo Alemanno sembrava impossibile far peggio, e invece...).

Tuttavia sembra che ciò che auspichiamo da anni, ovvero un commissariamento lungo, non si concretizzerà e sembra dunque che si andrà di nuovo ad elezioni il prossimo anno. Mancando una 15ina di mesi alle consultazioni è fatalmente il momento dei nomi. Le squadre si devono comporre, gli schieramenti si devono articolare e i nomi e i cognomi si devono fare. Ecco dunque che inizia ad essere utile passare in rassegna le forze in piazza. Tra nomi davvero papabili e autentiche utopie. Vediamo: 




MONICA LOZZI
Bravina è bravina eh, bisogna ammetterlo. Tra uno stuolo di presidenti di municipio al limite della lobotomia mentale (oppure ben oltre il limite), lei si salva decisamente sotto molti punti di vista. Potrebbe essere la candidata del M5s. Una candidatura necessariamente di bandiera visto che il partito di Casaleggio difficilmente andrà a due cifre dopo il quinquennio di disastro imperdonabile. 
Voto: 5+




FABIO RAMPELLI
Figura oramai folkloristica della destra romana. Un uomo in realtà intelligente facente parte di una destra non del tutto becera e tal volte anche colta, ma immersa anche a volte per motivi di mero e squallido posizionamento in una cultura di vecchiume, di paure, di chiusure, di grettume. Adatto per fare il sindaco di Guidonia o di Pomezia. Al massimo.
Voto: 4 




AMEDEO CIACCHERI
Si candida sindaco mentre i suoi amici dei centri sociali abusivi di Garbatella organizzano manifestazioni, affissioni illegali e spargono adesivi per urlare "RetakeMerda". L'unica forma di reazione civile degli ultimi anni non va bene a questa gentaglia perché questa gentaglia vuole affermare che l'unico attivismo possibile è quello ideologizzato e ignorante dei movimenti politicizzati e degli spazi occupati. Uno dei tanti cancri della città e il presidente dell'VIII Municipio ci sta dentro fino al collo. 
Voto: 3




ANTONIO TAJANI
Giusto nel caso si addivenisse ad una candidatura dal profilo più compassato e istituzionale da centro-destra. Non sposterebbe nulla rispetto alla sciagura attuale. 
Voto: 5




VIRGINIA RAGGI
Non è escluso che mossa dalla disperazione personale (tornare a lavorare a 10mila euro l'anno di redditi dichiarati dopo aver guadagnato per anni 10mila euro al mese?) Raggi si ricandidi con una lista civica magari per raggranellare al ballottaggio qualche apparentamento, o un posto in consiglio comunale, o uno scranno da vicesindaco o vicequalcosaltro. Sarebbe una mossa tristissima da parte di uno non dei peggiori sindaci di Roma, ma uno dei peggiori sindaci occidentali del dopoguerra in assoluto. Questo personaggio inquietante ha addirittura rimosso tutte le promesse e il programma elettorale del 2016: è impossibile da tempo (forse da quando ha deciso di riprovarci) trovare alcunché in rete. Imbarazzante.
Voto: 2




GIOVANNI CAUDO

Un grande assessore ai tempi. Divenne poi popolare (quando assessore non era già più) essenzialmente grazie a noi che, ad un certo punto, iniziammo a glorificarne le gesta su tante partite, in primis lo Stadio della Roma. Del resto se lo meritava perché è bravo.
Anche grazie a questo nostro lavoro intenso, insistito e ripetuto vinse le elezioni nel Terzo Municipio. Una volta vinto si scelse come assessore Christian Raimo dimostrando di non aver capito un ciufolo di questa città. O meglio di averla capita come la capiscono tutti, in maniera drammaticamente superficiale. Dimostrando di non saper distinguere il problema dalla soluzione. Dimostrando di non aver capito che ci sono delle cose di Roma che vanno totalmente cambiate, sovvertite, rivoluzionate; non perpetrate. Da quel momento Caudo, figura con grandi potenzialità, si è trasformato in una figura in continuità coi difetti peggiori della città, con i tic peggiori, con i vizi peggiori. Quelli appunto che Raimo rappresenta e personifica alla perfezione. Una occasione persa che fa malissimo a Roma.
Voto: 5 (in caso di ticket con Ciaccheri voto 4)




RICCARDO MAGI

Figura pulita, vergine, giovane. L'impostazione radicale dovrebbe essere ancora intatta. Con una squadra di gente totalmente fuori dai giri potrebbe far vedere i sorci verdi a chi lotta affinché tutto resti così com'è.
Voto: 8




CARLO CALENDA
Allure competente capace di bucare lo schermo di questi tempi. La gente è stufa di cialtroni, di bugiardi, di incompetenti patentati e Calenda è tutto il contrario. Preparato, spesso circondato di gente preparata, infonde sicurezza (salvo quando è su Twitter, dove non è capace di contenersi). Il suo tono di voce e posizionamento risulta oggettivamente vincente. Ma il personaggio è noto per farsi del male da solo essendo bravo nell'amministrazione e nella gestione ma non sempre ben consigliato nella politica e nel governo di se stesso. Cosa ti fa per "debuttare" nell'agone elettorale capitolino? Si presenta in ticket con Max Smeriglio rischiando di fare la fine di Caudo: non essere in grado di distinguere il problema dalla soluzione. Ma davvero Calenda non è nelle condizioni di capire che il milieu che gira o ha girato attorno a Smeriglio è una delle cause per cui la città è in ginocchio? 
Altro piccolo problema che non fa salire per ora il voto sopra la striminzita sufficienza: ai tempi del Ministero Calenda dimostrò molta attenzione per Roma, ma nella maniera sbagliata. Cercò in tutti i modi di trovare soldi e finanziamenti. Ma Roma non ha bisogno di soldi. Zero. Roma ha bisogno di efficientare quel che già ha e quel che già produce e genera. Se non si capisce questo passaggio, è impossibile aggiustare le cose.
Voto: 6 (ma può crescere o, in caso di ticket con Smeriglio o Ciacchieri, può decrescere. E molto!)




CARLO COTTARELLI
Sarebbe semplicemente il sindaco dei sogni. Sistemare Roma significa risistemare la sua efficienza, i suoi numeri, i suoi introiti. Lavorare sulle cifre. Perché Roma - spiegatelo a Calenda - non ha bisogno di soldi, Roma ha bisogno di togliere le enormi risorse che è in grado di generare dalle tasche delle cricche per metterle nelle tasche dell'erario comunale.
Davvero tutte le forze politiche dovrebbero fare un passo indietro, non candidare nessuno e lasciare che si crei la situazione di una candidatura unica di Carlo Cottarelli con una lista civica fatta di gente di prim'ordine dalla quale poi pescare per una giunta d'eccellenza, anche con nomi internazionali. Una giunta di salute pubblica. Sarebbe l'unica strada. Ecco perché nessuno vorrà percorrerla mai.
Voto: 9




ALFONSO SABELLA
Il magistrato antimafia funziona, c'è poco da fare. E poi basta leggere il libro di Alfonso Sabella, scritto dopo l'esperienza da assessore con Marino, per capire quanto egli abbia compreso la situazione romana e quanto l'abbia approfondita e digerita. E quanto abbia chiari i problemi. E dio solo sa quanto serve qualcuno che ha chiari i problemi invece che qualcuno che stia lì a farsi abbindolare dai tanti stregonismi capitolini. Anche per lui conterebbe moltissimo la squadra. Ma è una potenziale candidatura da non trascurare affatto. Capacissima di mettere assieme voti del Pd e del M5s senza necessariamente formalizzare un'alleanza. 
Voto: 7




LUCA BERGAMO
Paziente tessitore di trame di potere, potrebbe venir buono nel caso per qualche bizzarria della politica e della circostanza, il Pd e il M5s dovessero decidere di replicare a Roma lo scenario nazionale presentandosi insieme in alleanza fin dal primo turno. 
Bergamo tuttavia, al netto di qualche buona intuizione amministrativa, ha dimostrato in questi anni di non avere la più vaga idea di come risollevare la città, di non avere nessuna lucidità e di interpretare l'essere di sinistra in una maniera clamorosamente vecchia e superata. Quell'essere di sinistra che ha portato Roma a tramutarsi nella caricatura di una capitale europea. Nella caricatura più agghiacciante che vi sia in occidente.
Voto: 4




GIULIA BONGIORNO
Candidatura di grande e oggettiva debolezza. Rischierebbe di essere una specie di figura telecomandata da Meloni e Rampelli priva di mordente e di presa sulla città. E scevra di autorevolezza. Darebbe seguito, senza avere grande forza di contrastarlo, al declino della città.
Voto: 4




ROBERTO MORASSUT
E' abbastanza clamoroso che un esponente dei clamorosi abbagli urbanistici dei primissimi anni duemila non solo non chieda scusa per i suoi errori ma addirittura li rivendichi come scelte felici e manifesti la sua voglia di candidarsi a sindaco.
Intendiamoci: Morassut è persona per bene, onesta, seria e pure preparata. Ma la sua urbanistica - atterrata sulla città quando egli era assessore competente durante la giunta Veltroni - è la dimostrazione plastica di quello che non bisogna fare ovvero costruire in larghezza in una città che invece deve pensarsi per il futuro in densità e in altezza, riempiendo il più possibile e ossessivamente gli spazi vuoti e i brownfields.
Voto: 5




ENRICO LETTA
Candidatura di alto profilo internazionale. Letta è un politico rispettato un po' in tutto il mondo, ha contatti a livello europeo, è un professore, un economista, una persona seria e con una immagine di eccellente standing. A livello politico e di visione secondo noi troppo debole, facile preda degli estremismi romani che non hanno ancora capito che la responsabilità di una città moribonda è la loro e che vogliono ancora contare e aprire bocca purtroppo. Diverso sarebbe il discorso con una candidatura dal profilo squisitamente tecnico. Fatta di liste zeppe di gente competente nei vari comparti e con assessori tecnici di alto livello. 
Voto: 5 (se candidatura politica) o 7 (se candidatura tecnica)

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